Il 15 luglio 2002 rilascia la sua testimonianza Lorenzo Bruni.

Dichiara: Seppe da Trovati (era l’indomani della scomparsa) che i familiari di Narducci avevano trovato la barca e un biglietto scritto dal professore. Vedi Nota Finale Gides 4 aprile 2007 Pag. 18

Venni allertato il giorno del rinvenimento e cioè il 13.10.1985 dall’allora Comandante della Compagnia di Perugia, Capitano Francesco Di Carlo. Ricordo che quel giorno mi misi a riposo perché dovevo fare una scappata a Roma per mie cose personali. Nel contesto il Capitano Di Carlo mi disse che era stato ripescato il cadavere del Dr. Narducci e che per questo dovevo recarmi sul molo di Sant’Arcangelo; non ricordo l’orario ma posso supporre si trattasse della prima mattinata. Tempo dieci minuti ed arrivai sul molo vestendo la divisa su espressa richiesta del Capitano che volle ch’io indossassi l’uniforme… In quella circostanza, atteso che l’ordine di portarmi sul luogo del ritrovamento era stato impartito personalmente dal Cap. Di Carlo, ritenevo che lo stesso avesse provveduto ad inviare il personale abilitato alle foto. Cosa che non avvenne.
Ricordo che sul pontile ne dovetti parlare per forza con il Cap. Di Carlo, mio comandante e superiore diretto, il quale mi disse testualmente: “Lascia stare per le foto tanto si tratta di annegamento”…. della Dott.ssa Seppoloni me ne parlò in prima persona il Cap. Di Carlo il quale, quando mi ordinò di andare sul pontile ancorché io fossi a riposo, mi disse anche che sul posto avrei trovato la Dott.ssa Seppoloni della USL di Panicale. A quel punto domandai al Capitano chi fosse questa Seppoloni e cosa c’entrasse Panicale visto che io non l’avevo mai sentita né vista, né sui luoghi in cui rinvenivo qualche cadavere, né altrove, oltre al fatto che dovevo chiamare qualche medico di Magione, cosa che in caso di decessi avevo sempre provveduto personalmente. Il Capitano Di Carlo mi disse fin da subito che non dovevo preoccuparmi “tanto si trattava di una cosa sbrigativa”. Io rimasi alquanto sorpreso della risposta datami e siccome era un ordine legittimo non eccepii… finite le operazioni di stesura del verbale mi avvicinai al Cap. Di Carlo al quale dissi: “Capitano qui le cose non mi sembrano tanto chiare!”, riferendomi anche al fatto che ci fosse una fretta che non mi sembrava normale. Ricordo che poi iniziai a controbattere al Capitano al quale dissi pure: “Ma le sembra questo il modo di fare una rimozione del cadavere?”. Mi rispose testualmente e questo lo ricordo con certezza: “Ma non ti stare a preoccupare, fatti gli affari tuoi tanto la vita continua, ci sono tante Autorità..”, lasciando intendere che io ero l’ultima ruota del carro. A quel punto gli feci notare che la Dott.ssa Seppoloni poco prima aveva detto a Nazzareno Moretti che poteva portare via la salma e metterla a disposizione dei familiari. Aggiunsi, ovviamente, che a quel cadavere doveva essere fatta l’autopsia. Il Capitano mi disse testualmente: “Ma lascia stare!”.” 
Vedi Nota Finale Gides 4 aprile 2007 Pag. 47/48

“….venni allertato, il giorno del rinvenimento e cioè il 13.10.1985 dall’allora Comandante della Compagnia di Perugia, Capitano Francesco di CARLO. Ricordo che quel giorno mi misi a riposo perchè dovevo fare una scappata a Roma per mie cose personali. Nel contesto il Capitano di Carlo mi disse che era stato ripescato il cadavere del Dr. Narducci e che per questo dovevo recarmi sul molo di Sant’Arcangelo; non ricordo l’orario ma posso supporre si trattasse della prima mattinata. Tempo dieci minuti ed arrivai sul molo vestendo la divisa su espressa richiesta del Capitano che volle ch’io indossassi l’uniforme. DOMANDA: nella precedente audizione fatta dinanzi al Magistrato Dr. Mignini lei parlò del biglietto che qualcuno rinvenne e che pare contenesse i motivi della morte del Dr. Narducci. Ci chiarisca meglio quell’aspetto. RISPOSTA: Ricordo che mi arrabbiai parecchio per la storia del biglietto poichè la sera stessa dell’8 10 1985- giorno della scomparsa- allorquando venne rinvenuto il motoscafo del medico si iniziò a parlare di questo scritto lasciato da quest’ultimo. Ricordo che del rinvenimento del motoscafo mi parlò il titolare della darsena tale Peppino Trovati dicendomi che la sera prima i familiari del defunto avevano rinvenuto la barca. Quella mattina eravamo solo io e Peppino Trovati- chiesi appunto allo stesso dove fosse la barca e lui mi rispose indicandomene l’ubicazione. Da un primo controllo nella barca non vi era niente. Non vi erano segni di eventuali urti ne tantomeno rinvenni cose appartenute in vita al citato professore. Chiesi spiegazioni al Trovati il quale mi rispose affermando che i familiari, ripeto, avevano rinvenuto la barca e che era stato rinvenuto anche un biglietto scritto dal professore, dove non me lo disse. Dedussi quindi che il biglietto poteva averlo trovato anche in un altro posto che non fosse la barca ma il Trovati da me sentito non sapeva altro. Non credo, conoscendomi, che il fatto del biglietto lo abbia tenuto per me sono certo quindi di averlo riferito al Comandante della Compagnia Capitano DI CARLO il quale mi disse di soprassedere in quanto si trattava di una chiacchiera. Io ribadì al Sig. Capitano che era necessario vedere che fine avesse fatto questo biglietto perché erano possibili diversi scenari, anche se io pensai ad un possibile suicidio, e lo stesso ufficiale mi disse di lasciare perdere perché si trattava di chiacchiere. Ricordo perfettamente che del biglietto ne venni a conoscenza durante il periodo della scomparsa e non dopo il ritrovamento; nel contesto sono sempre più convinto che a dirmi del biglietto fu Peppino Trovati che oltre al fatto di essere stata l’unica persona da me sentita il giorno dopo era anche conosciuto dalla famiglia dello scomparso trattandosi di clienti di vecchia data. Ricordo inoltre che la conversazione con il Capitano DI CARLO la tenni telefonicamente. Nella fattispecie quando rientrai in caserma telefonai al comando compagnia, parlai con il comandante Cap. DI CARLO che mi rispose come ho già descritto. Dopo la conversazione mi sorse un dubbio e mi chiesi:” Ma come mai il Capitano mi ha risposto in questo modo”. Ecco perché a distanza di qualche giorno dal ritrovamento ne parlai, arrabbiato, con il M.llo Calzolari della Sezione Anticrimine che mi rispose in maniera interlocutoria. Ricordo che, probabilmente, ne parlai anche con qualcuno dei miei collaboratori. Ora non ricordo effettivamente con chi ma con qualcuno sono certo di aver parlato perchè la cosa mi fece arrabbiare parecchio. Mi fece arrabbiare molto soprattutto perchè a quel cadavere non venne fatta l’autopsia. Anche perchè per la maggior parte dei cadaveri rinvenuti veniva sistematicamente effettuato l’esame autoptico. Aggiungo che i pescatori che erano presenti sul posto, sia dopo il rinvenimento che in altri giorni, si meravigliarono del fatto che per altri erano state disposte le autopsie e il prof. Narducci no. Ricordo che qualcuno me lo disse proprio in faccia ed io risposi “Mistero”. Nei giorni successivi alla telefonata intercorsa con il Cap. DI CARLO e cioè nel periodo in cui si effettuarono le battute volte alla ricerca del medico – incontrai lo stesso ufficiale durante i servizi di cui prima e rammento di essere ritornato sull’argomento biglietto. Il Cap. DI CARLO il quale mi ribadì di non preoccuparmi perché si trattava di chiacchiere. Non ricordo di aver parlato con altre persone, cioè il mio ricordo non è preciso quindi non voglio dire cose di cui non sono perfettamente a conoscenza. Ricordo ora che dopo la morte del Dr. Narducci uscirono sulla stampa alcuni articoli che paventavano che il defunto Narducci potesse essere coinvolto, non si sa a quale titolo, con i delitti attribuibili al cosiddetto mostro di Firenze. A quell’epoca venivo quasi giornalmente al Comando Compagnia di Perugia per effettuare lo scambio posta e ricordo che mi recai nell’ufficio del Cap. DI CARLO al quale dissi testualmente:” Ha visto Sig. Capitano cosa dicono i giornali sulla scomparsa del Dr. Narducci, volevo intendere io degli aspetti relativi alle vicende di Firenze. Il Cap. DI CARLO quasi non volle rispondermi facendo spallucce, poi aggiunse.” Ma tanto sono cose che succedono”. Da quel momento in poi non ne ho più parlato con l’allora Comandante della Compagnia di Perugia. DOMANDA: Lei ha proceduto all’intera operazione di recupero della salma ed ha conseguentemente stilato gli atti che la procedura impone. Ci spiega come mai non sono state effettuate le fotografie al cadavere? Inoltre in caso di suicidio lei ha a volte omesso di effettuare tali atti di P.G.? RISPOSTA: Innanzi tutto premetto che il cadavere non è stato da me rinvenuto. Ho visto per la prima volta quel cadavere solo dopo che lo stesso era stato portato sul molo di Sant’Arcangelo. Poi voglio precisare che in caso di suicidio venivano sistematicamente, e lo ripeto, effettuati rilievi tecnico-fotografici sui cadaveri da parte del personale tecnico del Reparto Operativo e ricordo che gli addetti alle foto erano C.re Camera e l’App. Fiore. Nella mia carriera non ho mai omesso di effettuare tali atti di P.G. in presenza di un suicidio o di una disgrazia. In quella circostanza, atteso che l’ordine di portarmi sul luogo del ritrovamento era stato impartito personalmente dal Cap. DI CARLO, ritenevo che lo stesso avesse provveduto ad inviare il personale abilitato alle foto. Cosa che non avvenne. Ricordo che sul pontile ne dovetti parlare con forza con il Cap. DI CARLO, mio comandante e superiore diretto, il quale mi disse testualmente:” Lascia stare per le foto tanto si tratta di annegamento”. Sicuramente avrò cercato di far capire allo stesso la necessità di effettuare le foto ma lui ribadì che non era necessario trattandosi di un banale annegamento. Ovviamente io non insistetti in quanto il mio superiore aveva deciso in quel modo. DOMANDA: Quanti cadaveri di annegati Lei nella sua carriera professionale ha visto, e per questo ha effettuato degli atti? RISPOSTA: Non so indicare il numero però ne ho fatti tanti sia in Toscana che in Umbria. Le foto le ho sempre fatte fare in tutti i casi di rinvenimento di cadavere. Posso anche aggiungere che in qualche circostanza le foto le ho pagate di tasca mia rivolgendomi a personale esterno. Questo è accaduto però in Toscana visto che in Umbria avevo vicino il Reparto Operativo. A questo punto voglio ripetere ancora una volta che sul posto e cioè sul pontile non vi fossero state tutte quelle Autorità che io voglio elencare ed in particolare Ufficiali dei CC., Capitano Di Carlo, Dirigenti e Funzionari della Polizia di Stato, tra cui il Questore Dr. Trio, L’Ispettore Napoleoni, ricordo che vi erano anche dei Magistrati tra cui riconobbi il Dr. Arieti, forse anche il Dr. Restivo ed altri che non ricordo, avrei certamente chiamato personalmente il fotografo per effettuare i necessari e previsti rilievi tecnici nonchè fotografici….” Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 120/121/122/123

Tengo a precisare ancora una volta ed ora che mi viene in mente ancora più specificatamente che della D.ssa SEPPOLONI me ne parlò in prima persona il Cap. DI CARLO il quale, quando mi ordinò di andare sul pontile ancorché io fossi a riposo, mi disse anche che sul posto avrei trovato la D.ssa SEPPOLONI della USL di Panicale. A quel punto domandai al Capitano chi fosse questa SEPPOLONI e cosa c’entrasse Panicale visto che io non l’avevo mai sentita né vista né sui luoghi in cui io rinvenivo qualche cadavere né altrove, oltre al fatto che dovevo chiamare qualche medico di Magione, cosa che in caso di decessi avevo sempre provveduto personalmente. Il Capitano DI CARLO mi disse fin da subito che non dovevo preoccuparmi, tanto si trattava di una cosa sbrigativa. Io rimasi alquanto sorpreso dalla risposta datami e siccome era un ordine legittimo non eccepii. Certamente quando vidi la dott.ssa SEPPOLONI non mi resi conto, anche perché l’aveva mandata il capitano, che non si trattasse di un medico legale, cosa che seppi dopo. Infatti, il mio stupore sulla presenza della D.ssa che era alquanto giovane e secondo me inesperta, fu causato anche dal fatto che in genere quando si trattava di ispezionare un cadavere interveniva sempre il medico legale da Perugia tra cui ricordo la D.ssa BARONE. Ora ricordo che nel caso in cui interveniva un medico condotto tra cui ricordo il Dr. TRIPPETTI o la D.ssa MENCUCCINI, attraverso le disposizioni emanate dall’A.G. e da questi ultimi si disponeva la traduzione della salma presso l’obitorio di Perugia. Ricordo che la D.ssa SEPPOLONI era intenta a verificare lo stato del cadavere e che qualcuno da dietro, probabilmente medici, gli dicevano cosa dettare a me che ero preposto alla stesura del verbale. Infatti la circostanza delle 110 ore non venne decisa, credo, dalla Dottoressa in quanto non si poteva stabilire quante ore prima fosse morto quel cadavere. Certamente pensai che si trattava di una cosa strana ma non la esternai a causa, ripeto, della presenza di tutte quelle Autorità. Siccome la cosa, però non mi era molto chiara, finite le operazioni di stesura del verbale mi avvicinai al cap. DI CARLO al quale dissi:” Capitano qui le cose non mi sembrano tanto chiare” riferendomi anche al fatto che ci fosse una fretta che non mi sembrava normale. Ricordo che un po’ iniziai a controbattere al capitano al quale dissi pure “ma le sembra questo il modo di fare una rimozione del cadavere”. Mi rispose testualmente e questo lo ricordo con certezza: “Ma non ti stare a preoccupare, fatti gli affari tuoi tanto la vita continua; ci sono tante Autorità”, lasciando intendere che io ero l’ultima ruota del carro. A quel punto gli feci notare anche che la D.ssa SEPPOLONI poco prima aveva detto a MORETTI NAZZARENO che poteva portare via la salma e metterla a disposizione dei familiari. Aggiunsi, ovviamente, che a quel cadavere doveva essere fatta l’autopsia. Il Capitano mi disse testualmente “ma lascia stare”. Ricordo a quell’affermazione del Comandante DI CARLO la presi molto male, me ne andai e da quel momento fino ad oggi non ne ho mai parlato con nessuno. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 168

15 Luglio 2002 Testimonianza di Lorenzo Bruni

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