Il 4 febbraio 2003 rilascia testimonianza Marzia Pellecchia.
Riferiva di aver partecipato ad alcune “festicciole a luci rosse” in un cascinale nelle campagne di San Casciano, su consiglio della signora Lina Giovagnoli, la quale si era prestata ad aiutarla economicamente in cambio di prestazioni sessuali.
In pratica, la Pellecchia si era prostituita facendo sesso con persone da lei definite “con problematiche sotto l’aspetto sessuale” e con qualcuno che manifestava “una certa brutalità”. Nelle citate circostanze, la testimone aveva dichiarato, così come risultava in sede di individuazione fotografica, di aver conosciuto alcuni dei personaggi presenti nelle “festicciole” e, oltre al Pacciani, al Vanni ed al Lotti, riconosceva anche Calamandrei Francesco e Narducci Francesco, quest’ultimo a lei noto come un medico di Prato.
A proposito del Narducci poi aveva fornito una descrizione fisica perfettamente sovrapponibile proprio a quel Narducci Francesco, sulla cui morte il P.M. di Perugia stava investigando.
Dichiarava, infatti, che quel medico “era più giovane di tutti gli altri uomini…vestiva elegantemente;……. in particolare ricordo che portava una catena a maglie larghe con una medaglia (particolare riscontrato positivamente); lo stesso parlava correttamente l’italiano senza inflessione particolare;….. aveva un fisico sportivo, alto circa 1.80, capelli chiari… parlava più degli altri dei viaggi che aveva fatto. Lo sentii parlare della Thailandia ed anche di sport acquatici (in effetti il Narducci era stato in Thailandia e faceva sci acquatico)“.
Inoltre, riconosceva anche con assoluta certezza Jacchia Gian Eugenio tanto che aveva affermato che avrebbe potuto metterci “la mano sul fuoco” e che si trattava di “un tipo proprio strano, vizioso, nel senso di pervertito e notai che a lui piaceva farsi toccare nelle parti intime”, nonché Vinci Francesco, con cui aveva fatto sesso.
Gides 2 Marzo 2005 Nota riassuntiva Nr.133/05/GIDES Pag. 16/17/18.
“la persona raffigurata nella foto contraddistinta con il nr. 8 (Francesco Narducci) non sono sicura di averla vista, ma mi sembra che si tratta di quel medico di Prato che una volta era venuto nella casa di San Casciano in compagnia di una ragazza italiana, alta circa mt. 1,62, capelli lunghi lisci castano chiaro, snella, dall’apparente età di 24-25 anni, ben vestita. Di questo medico di Prato posso dire che era più giovane di tutti gli altri uomini, ed era una persona distinta, tanto che si distingueva dagli altri clienti della casa di San Casciano, vestiva elegantemente; in particolare ricordo che portava una catena d’oro a maglie larghe con una medaglia; lo stesso parlava correttamente l’italiano senza inflessione particolare; aveva un fisico sportivo, alto circa mt. 1,80, capelli chiari… La persona nella foto contraddistinta con il nr. 11 mi sembra che sia il precitato medico di Prato che credo di aver visto nella casa di San Casciano per due volte, una in compagnia della ragazza sopraccitata e l’altra da solo“
Vedi Nota Finale Gides 4 aprile 2007 Pag. 75
Ha riferito di avere frequentato a “festicciole a luci rosse” in un cascinale nelle campagne di San Casciano, nell’estate del 1982 ed ha riconosciuto, oltre a Pietro Paccini, Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Gian Eugenio Jacchia, il Francesco Calamandrei il Dr. Francesco Narducci, presentatosi come “medico di Prato“, con cui ebbe un rapporto sessuale, descrivendolo in termini assolutamente sovrapponibili al Narducci (altezza 1,80, fisico sportivo, capelli chiari, elegante, diverso dagli altri, viaggio in Thailandia e sport acquatici). La donna era stata portata in quell’ambiente da Giovagnoni Angiolina che, da parte sua, aveva avuto rapporti sessuali col Calamandrei.
Vedi l’informativa: 29 giugno 2004 Informativa stato indagini Perugia Pag.27
“La Lina l’ho conosciuta. lo feci uno spot pubblicitario per il giornale “Il Marziano” (ciò avvenne nell’anno 1978) “Ci sarò andata per un anno, un anno e mezzo”. Poi: “Con la Lina sono andata sì a San Casciano, nell’epoca che andavo dalia Lina, negli anni Ottanta”, a pag. 17. “Si iniziò anni ’80, ’80-’81, giù di lì. Era una casa di campagna, un rudere” – pag. 18 – “perché era diroccato. No, no, giardino non c’era. La strada era con dei massi in terra. Era un po’ difficoltosa. Il pavimento era in cotto. Era uno dei pavimenti vecchi di prima, c’era un camino, me lo ricordo perché cuocevano la carne lì gli uomini. In questa casa andai con la Lina, quindi la Giovagnoli me lo propose lei. Trovai uomini. C’erano uomini, tre-quattro persone. Non avevo mai visto queste persone”. “Poi, un’altra volta” – pag. 21 – “andai anche con un’altra signora, sempre amica della Lina, tale Loredana Miniati”. “Andai massimo tre volte, una con la Lina e la Miniati e due con la Miniati e la Lina non c’era”, – pag. 22. Poi a precisa domanda su che tipo di prestazioni venissero richiedeste da questi soggetti, a pag. 24 riferiva: “No, le prestazioni che venivano fatte erano normali, normali, no, no, normali. Erano atteggiamenti, erano persone un po’ , scortesi con le ragazze, volgarotti, gente che beveva, sì”. A pag. 25: “Un po’ contadinotti, le solite facce di sempre”. Negli anni Ottanta lei ricordava di essere stata in una casa di campagna diroccata, mezza diroccata, aggiungendo “non c’era la superstrada”. Poi descriveva la casa, che era sul piano terra e non su due piani. Poi, a pag. 32, descriveva le ragazze viste a casa della Lina, in via Bellini ove c’era la Giovagnoli, che, come risulta dagli atti e come definito del resto dallo stesso difensore dell’imputato nella sua arringa, doveva essere definita la prostituta “di fiducia” del Calamandrei. La Pellecchia riferiva sul punto: “Ragazze viste a casa della Lina in via Bellini: Angela, che stava a Prato, l’Emma, una volta ci vidi una brasiliana. A San Casciano invece c’ero io, poi la Lina, poi la Angela Giovagnoli e poi Anna Cantini”…. “Una volta ho visto un medico:” – a pag. 33 – “diceva che faceva il medico e lui si era portato la sua donna: l’ho visto due volte, una volta venne solo e una volta portò una ragazza, bella, giovane, alta un metro e settantacinque; questo medico non era fiorentino”, Pag. 35: “Io ho smesso di andare sia a Firenze, sia in via Bellini, sia nella casa di campagna a San Casciano, nell’anno ’82-’83”. “Ho smesso” – pag. 36 – “perché la Lina mi disse che non se la sentiva più. Sull’82 così si finì”, “Oltre a San Casciano” — Pag. 37 – “sono stata anche in una casa a Prato”. Poi a domanda su che cosa avvenisse in questi incontri, la Pellecchia diceva: “c’erano sempre e solo queste tre o quattro persone, molto volgari”; a domanda se si facessero orge, lei rispondeva testualmente a pag. 38: “No, ma di molti si andava ognuno per conto proprio”. Poi gli si chiedeva: “Che c’era qualche cosa di strano? Aveva notato qualche cosa di strano”? “No, non c’era niente di strano, roba di droga, niente, bevevano tanto, io non ho visto che si drogassero”…”Gente volgarotta, si spogliavano, si mettevano a ballare nudi”, “si cominciava alle sette, sette e mezzo, le otto, fino alle ore ventiquattro”, pag. 40. Veniva mostrato alla Pellecchia l’album fotografico numero 4 del 4 febbraio 2003 e alla foto numero 1, le veniva chiesto: “Le mostro la foto numero 1 e poi lei mi dice quale cosa questa foto oppure se non le dice nulla”. E la Pellecchia rispondeva, pag. 42: “Mi pare di conoscerlo, questo è il Pacciani”. Poi altra domanda : “Ma di quale foto sta parlando?” E lei rispondeva: “Di questa, della foto numero…Francesco”… non si capisce. “Questo signore poi mi pare di averlo già visto”. “Dove, signora”? La Pellecchia: “Non mi ricordo se a San Casciano o in via Bellini”. E lei poi diceva: “SÌ, non è una faccia nuova, ecco… anche questo non è una faccia nuova”. “Di chi sta parlando, signora”? “Della foto numero 2” – sempre a pag. 42 – “Della foto numero 2, non mi è una faccia nuova” (trattasi del Vanni). Poi veniva mostrata altra foto, (la numero 3) e la Pellecchia riferiva: “Anche questo, il seguente signore, io l’ho visto o a San Casciano o in via Bellini”. La foto numero 3 era quella del Lotti. Poi la foto n. 4. “Anche questo io l’ho visto o in via Bellini o a San Casciano”. “Di questa… di questo è sicura, della foto numero 4”? “Dj queste… di queste sono più sicura di tutte”. Poi vi era la foto n. 5 bis, (Vinci Salvatore), e diceva: “Anche questo mi pare di averlo visto o a San Casciano o in via Bellini”, pag. 43. Poi alla foto n. 6 la Pellecchia evidenziava. “Anche questa l’ho già vista, o a San Casciano o in via Bellini, più a San Casciano”. La foto numero 6 corrispondeva al Calamandrei. E a precisa domanda: “Ma dov’è che l’ha visto? E’ sicura, signora?” la Pellecchia replicava: “Ora… eh, son foto” – pag. 44 – “che di vent’anni fa è un po’ un problema; mi sembra più di averlo visto in via Bellini; forse l’anno scorso andrei sul sicuro, foto di vent’anni fa potrebbe essere, l’ho già detto”. Poi gli si mostrava la foto n. 7. “Anche questo l’ho già visto”. “Di chi parla, signora”? “Eh, questo è lo Zucconi”. Le si domandava: “L’ha vista anche questa persona?”. “Sì, sì”. “Lei guardi bene la fotografia numero 7 e ci dica che cosa le dice”. “Mi dice che io l’ho già vista anche questa persona qui, non sono sicura dove l’ho visto. L’ho visto a San Casciano o in via Bellini, anche qui sono incerta, sono incerta”. Poi le veniva mostrata la foto n. 8, corrispondente al Narducci, e la Pellecchia riferiva: “Sono incerta”. E a domanda: “Incerta in che senso?”.. “Incerta in dove lo posso aver visto”. “Ma lei è sicura di averlo visto”? “Sì. Può anche darsi che lo abbia visto, non sono sicura però”. “E che cosa le dice? Qual è il ricordo”? “Una persona di buone maniere, molto raffinata, di buona educazione”. Poi a pag. 48 si parlava della foto n. 8, “Le sembra”… “potrebbe essere anche questo, però non ne sono sicura. Mi disse “sono dottore””. Si trattava sempre del Narducci. Poi si passava alla foto n. 9: “A me non mi pare di averlo visto in nessun posto”. E poi si continuava: “Nemmeno questo”, diceva la Pellecchia a pag. 48. “Di che sta parlando?”…. “Della foto numero 10″. La foto numero 10 corrispondeva al Calamandrei. Quindi, quest’ultimo era stato riconosciuto nella foto numero 6, mentre nella foto n. 10, a pag. 48 non veniva riconosciuto dalla Pellecchia, avendo detto prima di “non averlo visto in nessun posto”. Poi si passava, pag. 49, alla foto n. 11 (corrispondente ancora al Narducci). “E questo l’ho visto a San Casciano”, E a precisa domanda: “Ah. E’ sicura di questo”? La Pellecchia replicava: “Sì, sì, questo sì”…: “Se lo ricorda bene? Le disse chi era questo signore”? “No, no”. “Le disse che lavoro faceva”? “No, no”. “Era venuto in macchina” – sempre a pag. 49 – “poteva essere un industriale”. Poi si passava a chiederle in quali altri posti lei ricordava di essere stata; e lei diceva: “Sono stata anche in una villetta a Poggio a Caiano”. A domanda se ricordasse qualche nome delle persone con le quali si incontrava, a pag. 51 rispondeva: “Non mi ricordo di aver conosciuto qualcuno di nome Francesco di San Casciano. Sono persone che ho visto due volte in questa casa, ci sono stata due volte e basta, sto parlando della casa di San Casciano”… “Queste feste nella casa di San Casciano venivano fatte infrasettimana, mai di sabato né di domenica, e venivano fatte dalle diciannove e trenta a mezzanotte”, A pag. 56 a domanda: “Ci ribadisce le donne che venivano con lei nella casa di San Casciano?”, la Pellecchia le elencava: “La Angiola Giovagnoli, detta Lina, l’Anna Cantini, che abita in via della Casella, vicino a me, e la Loredana Miniati. Non ho mai visto ragazze minorenni”, pag. 56. Poi, pag. 61, a domanda: “Ma il proprietario di questa casa di San Casciano chi potrebbe essere?”, “Ma, potrebbe essere quello rappresentato dalla foto numero 4”, corrispondente a tale Faggi, che era un coimputato nel processo dei “Compagni di merende”, insieme al Vanni e al Lotti, e che venne assolto nella sentenza della Corte d’Assise di primo grado, confermata in appello e passata in giudicato. Circa la foto num. 11, ove era rappresentato il medico Jacchia, la Pellecchia diceva: “Anche questo mi pare, ma non son sicura, non lo so, La casa a me non dava l’idea di essere abitata, era diroccata”. Poi a pag. 67 le veniva mostrato un appunto e a domanda: “Ma questo signore che è scritto su questo foglio intestato qui” — pag. 67, che il sovrintendente Natalini riferiva essere Francesco Calamandrei – “le dice nulla?” la Pellecchia rispondeva: “No, non saprei”. Poi a domanda: “Ma è sicura?”, a pag. 68 lei testualmente rispondeva: “io non lo conosco questo Francesco Calamandrei”. “Non le dice nulla?”, E lei rispondeva: “Nulla”. Poi a domanda: “Ma fra questi uomini c’era qualcuno, li ha mai sentiti parlare di Perugia, dell’Umbria”? “No, io non li ho mai sentiti parlare di Perugia e dell’Umbria”, pag. 74. A domanda: “Ii nome Narducci Francesco l’ha mai sentito nominare”? Pellecchia replicava: “Nz”, che sembrerebbe un no. La P.G.: “E in questi ambienti qui si parlava di magia nera, si parlava di riti?”, la Pellecchia replicava: “No, no, non ho mai sentito parlare”….- pag. 76 – : “Nemmeno che riguarda le messe nere, le sette sataniche, così, crocifissi, questa robaccia qui. Non ho mai visto mai roba così, mai vista”. Vedi 22 dicembre 2008 motivazioni sentenza Silvio De Luca processo a Francesco Calamandrei Pag: 90/91/92/93