L’8 Aprile 2003 rilascia testimonianza Stefano Fiorucci.

Questo uno stralcio della testimonianza:

“…. Domanda: ” Lei conosceva il professor Francesco Narducci?” • Risposta: ” Si, ho lavorato con lui negli anni 1981 e fino alla sua morte. Io generalmente lavoravo dalle ore 08,00 del mattino, sino alla sera, circa fino alle ore 20,00; a volte capitava che uscivo anche più tardi. Chiaramente il sabato finivo alle ore 14,00 mentre le domeniche non lavoravo, salvo qualche mattina.” • Domanda: ” cosa ricorda della mattina in cui fu ritrovato il cadavere?” • Risposta: “Ricordo che qualcuno telefonò in ospedale per avvisare che era stato rinvenuto il cadavere di Francesco Narducci; noi lavorammo fino alle ore 12,00 circa e poi andammo alla villa di San Feliciano, dove c’erano non molte persone. Ricordo che vidi il cadavere attraverso una porta e riconobbi il giacchetto di renna marrone che solitamente Francesco portava. Il padre di Francesco era particolarmente agitato e ricordo che ricevette una telefonata da parte di un giornalista, in quanto le voci su Francesco già erano uscite, e lui attaccò il telefono con rabbia. Sono sicuro che il giorno che venimmo avvisati era un giorno lavorativo ed infatti andammo alla villa dopo aver finito di lavorare. In quell’occasione andammo a San Feliciano ed eravamo in tre in macchina: io, la Dottoressa Federica Franciosini, dell’Ospedale di Orvieto ed il dottore Claudio Cassetta, attualmente esercitante la professione a Civitanova Marche. ” • Domanda: ” Lei ricorda con esattezza se era un giorno lavorativo?” Risposta: ” Si, ne sono sicuro perché questo è il ricordo che ho, con il quale convivo da diciotto anni. Ricordo che andammo con la macchina di Claudio Cassetta che era una Citroen Visa, di colore nero. Per certo arrivammo alla villa verso le ore 14,30. Ricordo ancora, per precisione, che Cassetta faceva la guardia medica e quindi il sabato e la domenica prestava tale servizio presso la città di Civitanova Marche. Di questo ne sono certo e , a conferma dico ancora di più. Prendemmo la macchina di Claudio Cassetta perché egli abitava di fronte la clinica medica, sopra il Bar Loris. Infatti, dopo aver consumato un qualcosa al bar dell’ospedale, partimmo alla volta di San Feliciano. Inoltre il fatto del rinvenimento del cadavere di Francesco lo venni a sapere in ospedale nella prima mattinata, tra le ore 09,00 e le dieci e quindi decidemmo io ed i miei colleghi di recarci sul posto, come finivamo l’attività lavorativa. Ricordo che anche la dottoressa Franciosini faceva la guardia medica, quindi era sicuramente un giorno lavorativo. Quando arrivammo alla villa, non ricordo chi ci venne ad accogliere ma ricordo che entrammo nel salone, dove vi erano sei o sette persone, in un ambiente dove vi era il telefono che squillava in continuazione. Dalle percezioni delle conversazioni si è potuto comprendere che durante una telefonata, il professor Ugo Narducci ringraziava l’interlocutore per quello che aveva fatto in quanto non veniva eseguita l’autopsia. Ricordo anche che qualcuno, forse un giornalista, chiamò al telefono e lui sbattè la cornetta in quanto si era risentito di ciò che gli avevano detto. Io ero a pochi metri dall’apparecchio. Verso le ore 16,30, forse le 17,00, comunque all’imbrunire, arrivò il Professor Morelli che si recato dal padre di Francesco, si salutarono e, dopo i convenevoli, si spostarono in una stanza lì vicino, dove vi era la salma di Francesco. Mentre noi stavamo alla villa, arrivarono gli addetti alle pompe funebri, credo tre o quattro persone, che portavano una bara; questo avvenne nel tardo pomeriggio, sicuramente prima di cena. Ricordo che, nella stanza dove entrò il Morelli, io intravidi il cadavere e, ripeto, vidi il giacchetto di pelle di camoscio. Il volto l’ho intravisto ed ho potuto notare che aveva la faccia gonfia, di colore scuro ma era irriconoscibile.” • Domanda del Tenente Morra: ” Ricorda come era vestito il giorno della scomparsa?” • Risposta: ” Ricordo che aveva il giacchetto di renna, perché lo portava sulla spalla, lato sinistro, tenendolo con una mano; aveva una camicia di colore azzurro ma non ricordo se avesse avuto la cravatta, anche se lui spesso la portava. ” • Domanda: ” Dell’ultimo periodo di vita di Francesco, cosa ricorda?” • Risposta: ” Ricordo che Francesco, non molto lontano dalla morte, credo verso Luglio – Settembre 1985, si recò al Saint Mark Hospital in Inghilterra; tale centro era rinomato sempre per la gastroscopia, infatti noi adducemmo che la morte di Francesco, che all’epoca davamo per scontato fosse stato un suicidio, fosse dovuta al fatto che lui scoprì di sapere di essere malato di un tumore. Non ricordo di un suo viaggio in America in quel periodo. Un ricordo che ho molto nitido di un fatto che avvenne pochi giorni prima della sua scomparsa, uno o due giorni prima, è che verso le ore 14,00, finito di lavorare, mi recai nella stanza dell’ecografia e trovai Francesco Narducci steso sul lettino che si stava facendo da solo un’ecografìa all’altezza dell’addome. Gli chiesi stupito cosa facesse e lui mi rispose che non faceva nulla; si rivestì e se ne andò.” • Domanda: ” Cosa altro ricorda della vita di Francesco?” • Risposta: ” Francesco, da quel che veniva detto, era un uomo a cui piacevano le donne; in particolare vi erano tre donne che lo interessavano. Una donna, che non si è mai vista e non si sa come si chiamasse, ma veniva indicata come una persona molto bella, una caposala che prestava le sue mansioni alla clinica medica, tale Gasparini o Gasperini, che dopo la morte di Francesco, all’incirca dopo un anno e mezzo, cadde in depressione e dopo circa un anno da questi fatti, si lasciò completamente andare ed alla fine venne lasciò il lavoro; infine un’infermiera, una certa Paola. Le voci che giravano erano che Francesco gradiva molto fare l’amore di gruppo e probabilmente gli appuntamenti avvenivano nell’abitazione della Gasperini o Gasparini; ricordo anche che questa persona, la caposala, aveva anche un negozio di immagini sacre in Assisi. Queste notizie mi furono date da Carlo Clerici, mio collega che attualmente lavora ancora presso l’Ospedale di Monteluce che una volta fu invitato a partecipare a questa festa particolare, si presentò all’appuntamento ma rifiutò perché gli comparirono le due infermiere, la Gasperini e la Paola completamente nude, ed essendo non proprio piacenti, Clerici se ne andò. Ricordo anche che il giorno dopo la scomparsa di Francesco, qualcuno telefonò a casa di questa Paola, per sapere se Francesco stava con lei e si venne a sapere che lei non aveva dormito a casa nella notte tra l’otto ed il nove ottobre 1985; la Paola, quando montò di servizio regolarmente alle ore 14,00, si giustificò dicendo che aveva dormito a casa della madre. La cosa che colpì era il fatto che questa Paola aveva due figli che erano rimasti con il padre.” • Domanda: ” Chi poteva sapere di queste storie?” • Risposta: ” Credo che Ferruccio Farroni lo potesse sapere, perché era più vicino a Francesco. Ribadisco che la voce che girava insistentemente è che Francesco partecipava a queste serate particolari. Ricordo anche un particolare curioso sulla Gasparini ed è che lei faceva le carte, cosa che è capitato anche in ospedale. Ricordo che una sera, ad una festa, probabilmente avvenuta nell’anno 1984, ma non ricordo dove, Francesco, che partecipava alla festa in parola, era totalmente esagitato; tentava di allungare le mani, non in modo volgare ma certamente inusuale per lui. Un comportamento totalmente opposto a quello che aveva sul lavoro dove appariva estremamente pieno di controllo e non alzava mai il tono in nessuna occasione, nemmeno quando solitamente ci si può alterare. Aggiungo che dopo la morte di Francesco fu costituita la fondazione Francesco Narducci per dare una borsa di studio a studenti bisognosi. Di tale fondazione io sono stato uno dei soci fondatori, ma in 17 anni la fondazione non ha mia funzionato e non ha concesso nessuna borsa di studio, anche perché non era possibile superare il dissidio tra la vedova e la famiglia di lui.” •

Vengono mostrate a questo punto al Professor Fiorucci, che si dichiara disposto a prendere visione, le foto dal numero 33 al nr. 39 del fascicolo fotografico del gabinetto regionale di Polizia Scientifica della Questura di Perugia e lo stesso dichiara: ” il giacchetto non è quello che ho visto nella bara di San Feliciano ed i capelli non sono gli stessi che vedo nella foto; il cadavere che io ho intravisto aveva i capelli molto radi, tirati indietro. Ricordo che quando le persone andarono nella stanza dove vi era il cadavere, noi avemmo l’impressione che Francesco venisse vestito.” • Domanda: ” che cosa ha sentito dire dopo la morte di Francesco?” • Risposta: ” ho sentito dire che Francesco aveva lasciato una lettera nella casa dei genitori, lì trovata, contenente informazioni che avevano spinto il padre di ritenere superflua l’autopsia ed anche che avesse una casa a Scandicci, dove sarebbero stati rinvenuti reperti umani sotto formalina. Quest’ultima cosa l’ho sentita dire recentemente…..” Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 186/187/188/189

Ricordo che qualcuno telefonò in ospedale per avvisare che era stato rinvenuto il cadavere di FRANCESCO NARDUCCI; noi lavorammo fino alle ore 12,00 circa e poi andammo alla villa di San Feliciano, dove c’erano non molte persone. Ricordo che vidi il cadavere attraverso una porta e riconobbi il giacchetto di renna marrone che solitamente FRANCESCO portava. Il padre di FRANCESCO era particolarmente agitato e ricordo che ricevette una telefonata da parte di un giornalista, in quanto le voci su FRANCESCO già erano uscite, e lui attaccò il telefono con rabbia.
Sono sicuro che il giorno che venimmo avvisati era un giorno lavorativo ed infatti andammo alla villa dopo aver finito di lavorare. In quell’occasione andammo a San Feliciano ed eravamo in tre in macchina: io, la Dottoressa FEDERICA FRANCIOSINI, dell’ospedale di Orvieto ed il dottore CLAUDIO CASSETTA, attualmente esercitante la professione a Civitanova Marche.
Domanda: “Lei ricorda con esattezza se era un giorno lavorativo?”
(..) Sì, ne sono sicuro perché questo è il ricordo che ho, con il quale convivo da diciotto anni. Ricordo che andammo con la macchina di CLAUDIO CASSETTA che era una Citroen Visa, di colore nero. Per certo arrivammo alla villa verso le ore 14,30. Ricordo ancora, per precisione, che CASSETTA faceva la guardia medica e quindi il sabato e la domenica prestava tale servizio presso la città di Civitanova Marche. Di questo ne sono certo e, a conferma, dico ancora di più. Prendemmo la macchina di CLAUDIO CASSETTA perché egli abitava di fronte la Clinica Medica, sopra il Bar Loris. Infatti, dopo aver consumato un qualcosa al bar dell’ospedale, partimmo alla volta di San Feliciano. Inoltre il fatto del
rinvenimento del cadavere di FRANCESCO lo venni a sapere in ospedale nella prima mattinata, tra le ore nove e le dieci e quindi decidemmo io ed i miei colleghi di recarci sul posto, come finivamo l’attività lavorativa. Ricordo che anche la dottoressa FRANCIOSINI faceva la guardia medica, quindi era sicuramente un giorno lavorativo. Quando arrivammo alla villa, non ricordo chi ci venne ad accogliere ma ricordo che entrammo nel salone, dove vi erano sei o sette persone, in un ambiente dove vi era il telefono che squillava in continuazione. Dalle percezioni delle conversazioni si è potuto comprendere che durante una telefonata, il professor UGO NARDUCCI ringraziava l’interlocutore per quello che aveva fatto in quanto non veniva eseguita l’autopsia. Ricordo anche che qualcuno, forse un giornalista, chiamò al telefono e lui sbatté la cornetta in quanto si era risentito di ciò che gli avevano detto. Io ero a pochi metri dall’apparecchio. Verso le ore 16,30, forse le 17,00, comunque all’imbrunire, arrivò il Professor MORELLI che si recò dal padre di FRANCESCO, si salutarono e, dopo i convenevoli, si spostarono in una stanza lì vicino, dove vi era la salma di FRANCESCO. Mentre noi stavamo alla villa, arrivarono gli addetti alle pompe funebri, credo tre o quattro persone, che portavano una bara; questo avvenne nel tardo pomeriggio, sicuramente prima di cena. Ricordo che, nella stanza dove entrò il MORELLI, io intravidi il cadavere e, ripeto, vidi il giacchetto di pelle di camoscio. Il volto l’ho intravisto ed ho potuto notare che aveva la faccia gonfia, di colore scuro ma era irriconoscibile.
(..)
Domanda: “Dell’ultimo periodo di vita di FRANCESCO, cosa ricorda?”
(..) Ricordo che FRANCESCO, non molto lontano dalla morte, credo verso luglio – settembre 1985, si recò al Saint Mark Hospital in Inghilterra; tale centro era rinomato sempre per la gastroscopia, infatti noi adducemmo che la morte di FRANCESCO, che all’epoca davamo per scontato fosse stato un suicidio, fosse dovuta al fatto che lui scoprì di sapere di essere malato di un tumore. Non ricordo di un suo viaggio in America in quel periodo.
Un ricordo che ho molto nitido di un fatto che avvenne pochi giorni prima della sua scomparsa, uno o due giorni prima, è che verso le ore 14,00, finito di lavorare, mi recai nella stanza dell’ecografia e trovai FRANCESCO NARDUCCI steso sul lettino che si stava facendo da solo un’ecografìa all’altezza dell’addome. Gli chiesi stupito cosa facesse e lui mi rispose che non faceva nulla; si rivestì e se ne andò. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 291/292/293

8 Aprile 2003 Testimonianza di Stefano Fiorucci

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