Il 14 aprile 2004 viene inviata una Nota GIDES che comunica degli approfondimenti di indagine rispetto alla nota GIDES n°134/04 dell’8 marzo 2004.
Viene inviata dal Dirigente della Squadra Mobile Michele Giuttari alla Procura della Repubblica di Firenze nella persona di Paolo Canessa e alla Procura della Repubblica di Perugia nella persona di Giuliano Mignini.
Questa la nota: Gides 14 aprile 2004 nota 172/04 integrativa al Gides dell’8 marzo 2004
Questa la trascrizione:
Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza GRUPPO INVESTIGATIVO DELITTI SERIALI
FIRENZE-PERUGIA
Viale Gori 60, 50127 Firenze Fax +3955/3238179 email gidesfirenze@libero.it
Nr.172/04 G.L.De.S.
Firenze, 14 aprile 2004
OGGETTO: P.P. 1277/03 R.g.n.r. Mod. 44 P.M. Firenze
P.P. 17869/01 R.g.n.r. Mod. 44 P.M. Perugia. – Indagini collegate ex articolo 371 c.p.p. – Risposta a nota del 5 marzo 2004, relativa al sollecito degli esiti delle deleghe del P.M di Firenze del 14/6 e 30/10/2002.
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI = FIRENZE = c.a. dott. Paolo CANESSA Sost.
e, per conoscenza:
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI = PERUGIA = c.a. dott. Giuliano MIGNINI Sost.
Di seguito alla nota n. 134/04/Gides dell’ 8 marzo 2004, relativa all’oggetto, si comunica quanto segue.
Innanzitutto si riferiscono gli approfondimenti su quanto segnalato alla S.V. con la suddetta nota e, segnatamente, alle pagine 3 e 4, in riferimento ad alcuni oggetti rinvenuti il 3 ottobre 1985 sul luogo dell’ultimo delitto da parte di tale DUBEX Walter, il cui verbale di consegna, né quello di assunzione di informazioni, ed ancora quello della consulenza disposta dalla S.V. 1’11.10.1985, sono stati rinvenuti negli atti del procedimento penale n. 4592/85.
Al riguardo si è accertato quanto appresso:
- DUBEX Walter è stato identificato compiutamente per DUBEX Valter nato a Carrara il 27.03.1959, residente a Prato in viale Montegrappa nr. 149.
Il predetto, invitato in questi uffici, si è presentato in data 20 marzo 2004 unitamente alla sorella DUBEX Catia, nata a Carrara il 25.09.1960, residente a Prato in via Bologna nr. 427/7.
Nella circostanza i due hanno fornito precise informazioni, che, a giudizio di quest’ufficio, assumono un’importanza rilevante proprio nella nuova ottica investigativa volta a individuare altri responsabili, anche come mandanti, dei duplici delitti.
Si ritiene pertanto utile riportare le loro dichiarazioni.
Hanno dichiarato:
– di ricordare bene l’episodio, avvenuto a distanza di appena qualche giorno dal delitto degli Scopeti, probabilmente tre o quattro, quando loro due, insieme al marito di Catia, Benedetto SAPUTO, si erano recati in quel posto, dove avevano appreso che era stata uccisa la coppia di francesi. Con loro c’era anche il loro cane, di razza Cocker, ancora cucciolo;
– sul posto, si erano fermati con la macchina sulla strada che porta a S. Casciano e a piedi si erano avviati lungo la salita che porta alla piazzola del delitto;
– avevano notato che c’erano ancora i segni dell’intervento della Polizia, e cioè il nastro a strisce rosso e bianco che ancora delimitava l’area di interesse e che ancora era ben disteso e fissato tra un albero e l’altro;
– di ricordare bene di essersi fermati al di qua del nastro vicino ad una siepe che divideva lo spiazzo stesso dal bosco proprio per non oltrepassare un’area ancora interdetta agli estranei;
– di ricordare che, quando erano arrivati sul posto, avevano trovato una persona in tenuta da ginnastica, di mezza età (circa 50 anni) alta, di corporatura normale con i capelli brizzolati, taglio corto, che era in compagnia di una donna bionda, più giovane di lui, di statura media, che non era in tuta, e che avevano pensato che i due fossero insieme perché stavano parlando tra di loro, di ricordare che sul posto c’era anche un’altra persona con una video-camera, di tipo professionale, che avevano ritenuto potesse trattarsi dell’operatore di qualche televisione, e che era impegnata a fare delle riprese;
– che si erano messi a parlare con la persona in tuta commentando il delitto c che in questo frangente il cane si era infilato dentro un cespuglio che si trovava accanto al punto in cui si erano fermati e che divideva la piazzola dal bosco:
– di ricordare bene che accanto a questo cespuglio c’era un viottolino che a sua volta divideva il cespuglio dal bosco;
– che in questo contesto la DUBEX Catia ad un certo punto si era avvicinata al cespuglio, dove si era piegata sulle gambe per cercare di tirare fuori il cane. Durante questa operazione si era accorta che in mezzo al cespuglio c’era un involucro di carta che si presentava appallottolato;
– Dubex Catia aveva richiamato l’attenzione degli altri, compreso l’uomo in tuta, che avvicinatosi aveva prelevato l’involucro. Lo aveva poi allargato e tutti quanti avevano visto che all’interno c’erano un paio di guanti del tipo chirurgico che sembravano usati, perché alcune dita erano rimaste rigirate come quando uno si sfila dalle mani i guanti lasciandoli rovesciati;
– che il particolare del risvolto aveva fatto loro dedurre che quanto meno quei guanti fossero stati infilati nelle mani;
– che subito dopo, spinti dalla curiosità, tutti si erano piegati per guardare meglio dentro a quel cespuglio. Durante questa operazione avevano rinvenuto un fazzolettino di carta che presentava macchie di colore rosso che a loro giudizio sembravano macchie di sangue ed anche uno o due capelli;
– che il fazzolettino era stato materialmente prelevato, dal SAPUTO Benedetto, marito della DUBEX Catia, con molta cautela probabilmente con due dita o con un bastoncino;
che a quel punto tutti avevano discusso fra di loro su cosa fare e sulla necessità di andare dai Carabinieri. L’uomo in tuta non aveva dato la propria disponibilità dicendo che non voleva avere niente a che fare con quei fatti, tanto che aveva loro detto qualcosa del tipo: per me potete rimettere tutto li dove si trovava;
– che insieme al SAPUTO si erano invece recati alla stazione dei Carabinieri di S. Casciano, dove avevano parlato con un carabiniere di mezza età, al quale avevano raccontato tutto, consegnando quanto era stato rinvenuto;
– di ricordare che il carabiniere, quando vide i guanti, aveva detto loro che erano guanti da chirurgo e che, secondo lui, erano stati quanto meno usati, e che si trattava di una misura molto piccola;
– che dopo qualche giorno, circa una settimana, erano stati chiamati dai carabinieri per tornare sul luogo insieme a loro e indicare il punto preciso del ritrovamento, cosa che avevano fatto;
– che dopo quella volta i carabinieri non si erano fatti più sentire, mentre dopo qualche giorno un giornalista della Nazione aveva telefonato presso l’abitazione della suocera della DUBEX Catia, proponendogli un intervista che la stessa aveva rifiutato. Si erano meravigliati che la stampa fosse in possesso della notizia anche perché si erano raccomandati di mantenere riservato il loro racconto,
– di non ricordare di aver firmato atti presso i carabinieri, ma di aver loro lasciato solo le loro generalità ed i loro recapiti;
che la macchia rossa sul fazzolettino, che a loro era sembrata sangue, non aveva dato affatto l’impressione che fosse una macchia vecchia, ma relativamente fresca, almeno a giudicare a vista dal colore. In pratica quella macchia non era secca-secca;
– di ricordare, circa la data del rinvenimento, che erano passati tre o quattro giorni dal delitto;
– di ricordare che il giorno del rinvenimento degli oggetti l’uomo con la tuta e la donna bionda erano rimasti sul posto e di non ricordarsi di aver visto altre macchine oltre alla loro.
A quel punto, al fine di poter ben documentare il luogo esatto del rinvenimento degli oggetti in questione sono state mostrate ai due escussi alcune riproduzioni fotografiche contenute nel fascicolo dei rilievi tecnici della Questura di Firenze in data 11 settembre 1985.
Dopo aver esaminato la fotografia, la sig.ra DUBEX ha dichiarato: in questa foto vedo proprio il nastro che delimitava il posto così come l’abbiamo trovato noi. Guardando questa ripresa, posso dire che il cespuglio all’interno del quale trovammo gli oggetti è quello che si vede nella parte bassa destra della foto e che è delimitato proprio dalla striscia bianca e rossa. In pratica si tratta di quella parte finale del cespuglio, venendo dalla salitina che porta alla piazzola, e che delimitava la piazzola stessa da un lato ed il sentiero confinante con il bosco dall’altro lato. Su quest’ultimo sentiero abbiamo saputo che era stato ucciso il giovane francese.
L’ufficio ha quindi mostrato anche le foto nr. 23 e 24, estrapolate dalla relazione con documentazione fotografica della Polizia Scientifica di Firenze e che porta sulla copertina il datario della Procura della Repubblica di Firenze 19 marzo 1986.
La signora DUBEX, dopo averle osservate attentamente, ha dichiarato: la carta appallottolata e che conteneva i guanti credo proprio che sia quella riprodotta nella foto 23. Ricordo bene che su questa carta c’erano diverse scritte in lingua straniera e ricordo bene in tedesco e francese. Credo anche in inglese.
… questo frangente anche il Dubes Walter ha conferma quanto dichiarò fa sorella, specificando che, a suo giudizio e secondo i suoi ricordi la carta de conteneva i guanti era proprio quella di cui alla foto n. 23
- In data 2 aprile 2004 è stato escusso, quale persona informa
SAPUTO Benedetto, nato a Palermo il 11.08.1961 e residente presso via
Bologna 427/7, marito della DUBEX Catia
In tale circostanza ha dichiarato con grande precisione:
– di ricordare molto bene l’episodio del ritrovamento di una imbevuto di sangue con dei capelli attaccati e di un involucro contenente dei guanti di gomma nella piazzola degli Scopeti,
– di ricordare con certezza che il mercoledì o il giovedì successive al ritrovamento dei cadaveri, insieme alla moglie, al cognato Valter Dubex ed al cane di nome Raf, si erano recati con la sua auto, Renault 18 di colore Celeste metallizzato, nella piazzola degli Scopeti,
– di essere sicuro che il giorno fosse un mercoledì o un giovedì in quanto ricordava nitidamente che nella fabbrica dove lavorava, successive i suo colleghi avevano commentato il ritrovamento dei guanti nella piazzola degli Scopeti;
– di essere arrivato sul posto verso le ore 15.00, e sicuramente dopo le ore 14.00 e di aver lasciato l’auto su via degli Scopeti di fronte ad un cancello di
dun una villa che si trova dalla parte opposta della carreggiata e precisamente davanti alla piazzola dove si verificò il duplice delitto
– di aver raggiunto a piedi il luogo del delitto e di aver notato che la zona era ancora delimitata dalle strisce di colore rosso e bianco messe dalla Polizia
– di non ricordare se c’era ancora l’auto dei ragazzi uccisi
– che, mentre si stavano avvicinando alla piazzola, un uomo di mezz’età munito di una telecamera del tipo a spalla di grosse dimensioni, che dava l’impressione di essere un giornalista, era uscito dal bosco riprendendo tutta la
– di ricordare che quest’ultimo si era poi allontanato continuando a riprendere il posto e che non aveva partecipato al ritrovamento di quanto indicato precedentemente;
– di aver notato sulla piazzola un uomo e una donna con i quali avevano commentato i fatti. L’uomo era una persona alta, capelli brizzolati, indossava una tuta ginnica ed era di aspetto curato, aveva un accento fiorentino e non aveva avuto modo di vedere se avesse la macchina o fosse a piedi; la donna, che gli diede l’impressione che si accompagnasse a quell’uomo, poteva avere circa 35/38 anni, aveva i capelli lunghi, lisci, biondi e vestiva con jeans. Anche lei aveva un accento fiorentino;
– di ricordare che, mentre stavano commentando i fatti, il cane, senza guinzaglio, si era infilato completamente in un cespuglio a pochi metri da loro e che sua moglie nel tentativo di prenderlo aveva notato all’interno del cespuglio un involucro di colore bianco con delle scritte di colore blu. Si erano tutti avvicinati a quel posto;
– che a quel punto l’uomo con la tuta aveva infilato completamente un braccio all’interno del cespuglio e aveva tirato fuori l’involucro, aprendolo immediatamente;
– che tutti avevano notato che all’interno dell’involucro c’erano dei guanti di
tipo chirurgico avvolti in carte stropicciate;
– che, dopo aver deciso di portare quanto rinvenuto ai Carabinieri, avevano dato un’altra occhiata più accurata al cespuglio, notando, sempre all’interno dello stesso, un fazzolettino di carta, ancora ripiegato ma stropicciato e macchiato di sangue;
– che aiutandosi con un bastoncino era riuscito a tirarlo fuori e poi aveva notato che, oltre alla macchia di sangue, c’erano dei capelli;
– di ritenere, dato il modo in cui gli oggetti si trovavano occultati all’interno del cespuglio, che gli stessi non fossero stati gettati da qualche passante, ma piuttosto che fossero stati nascosti volontariamente;
– di ricordare che il cognato DUBEX Valter aveva insistito per andare dai carabinieri di San Casciano V.P. e consegnare quanto ritrovato;
di aver invitato anche l’uomo in tuta a recarsi con loro dai carabinieri, ma lo stesso aveva rifiutato senza specificare il motivo;
– di ricordare che una volta giunti dai carabinieri di S. Casciano lui era rimasto in auto, mentre sua moglie e suo cognato erano entrati all’interno della caserma e avevano consegnato l’involucro contenente i guanti e il fazzolettino e di non ricordare se nell’occasione i carabinieri avessero stilato un verbale;
– di ricordare che dopo alcuni giorni, forse una settimana, i carabinieri li avevano contattati invitandoli a tomare sul luogo del ritrovamento dell’involucro e del fazzolettino per indicare loro il punto preciso del ritrovamento:
– di ricordare che nell’occasione si erano recati in caserma, lui, la moglie ed il cognato e che successivamente con i carabinieri si erano recati alla piazzola degli Scopeti, dove avevano indicato il luogo preciso del rinvenimento degli oggetti;
– di non ricordare se nell’occasione era stato redatto un verbale o se erano state scattate delle fotografie.
A questo punto l’Ufficio ha mostrato delle fotocopie, numerate progressivamente, raffiguranti la piazzola degli Scopeti, una cartina della piazzola stessa e i guanti ritrovati.
Dopo averle attentamente osservate il sig. Saputo ha detto: Nella fotocopia contrassegnata con il n. 1 segno di mio pugno il luogo preciso dove è stato ritrovato quanto indicato precedentemente. Anche nella cartina contrassegnata con il n. 2 viene indicato da me e segnato dallo scrivente il luogo preciso del ritrovamento.
…. contrassegnate con i n.n. 3 e 4 riconosco senza ombra di dubbio i da noi rinvenuti all’interno del cespuglio nella piazzola degli Scopeti.
In questo contesto, il SAPUTO Benedetto ha inteso raccontare due episodi, accaduti successivamente. Il primo, il fatto che, dopo circa una settimana dal ritrovamento, aveva telefonato a casa di sua madre un giornalista che si era presentato come Fiesoli della Nazione. Il secondo, il fatto che, dopo circa quindici giorni dal ritrovamento, presso la sua abitazione si era presentato un altro giornalista il quale si era qualificato come Mario Spezi della Nazione, che gli aveva chiesto un’intervista sulle modalità del ritrovamento degli oggetti. Era rimasto stupito dal fatto in quanto le sue generalità le aveva lasciate solo ai carabinieri, i quali si erano raccomandati di non far parola con nessuno del ritrovamento. Egli comunque non aveva dato la propria disponibilità.
- I guanti in questione, risultano essere modello “TRIFLEX”, prodotti dalla ditta
statunitense “TRAVENOL”.
Personale di questo Ufficio ha avviato quindi i primi accertamenti.
Prima di tutto si è recato presso l’ospedale di Careggi per assumere ulteriori notizie ed informazioni sul modello di guanto.
Sono stati presi contatti prima con personale addetto alle Sale Operatorie, e successivamente con quello dell’ufficio acquisti, ai quale venivano mostrate le fotografie nr. 1, 2, e 3.
Tutto il personale interessato ha dichiarato unanimemente che si trattava di guanti da chirurgo, ma che quel tipo non l’avevano mai visto. A riprova di ciò hanno mostrato e consegnato un paio di guanti chirurgici modello TRIFLEX, prodotti dalla ditta ALLEGIANCE e attualmente in uso presso le sale operatorie di quell’ospedale, la cui confezione è molto più ridotta.
Sono stati poi presi contatti con la ALLEGIANCE, che ha indirizzato il personale di questo Ufficio verso la ditta BAXTER ITALIA, con uffici in Roma, viale Tiziano nr. 25.
E’ stata così contattata quest’ultima azienda nella persona della Dottoressa Alessandra DI LEVA, Regolarity Manager, alla quale sono state mostrate le fotografie nr. 1, 2, e 3, chiedendo possibili spiegazioni circa la provenienza dei guanti in questione
La DI LEVA, dopo aver visionato le riproduzioni fotografiche, informalmente ha riferito quanto segue:
– che la ditta TRAVENOL, negli anni 90, si era trasformata in BAXTER, società Statunitense che attualmente si occupa soltanto della produzione di prodotti medici, mentre per quanto riguarda la produzione di guanti ed affini, essa è attualmente effettuata dalla Allegiance – Cardinal Health Company, -che tali prodotti di natura professionale sono in prevalenza ad uso esclusivo di ospedali e di cliniche;
– che dalla visione dell’involucro dei guanti, fotoriprodotto, la stessa rilevava la mancanza di scritte in lingua Italiana. In questo contesto la DI LEVA ha riferito che, per quanto a sua conoscenza, la legislazione sanitaria italiana prevedeva la possibilità di commercio solo di prodotti che contenessero descrizioni degli stessi anche nella lingua Italiana;
– che attualmente la commercializzazione di prodotti della Baxter reca il “CE”, valido per tutta la comunità Europea;
– di impegnarsi ad effettuare ricerche presso i propri colleghi francesi per accertare la provenienza dei guanti in questione.
La stessa, in data 8 aprile 2004, ha inviato un fax col quale ha comunicato che il guanto in questione potrebbe essere stato distribuito in Italia nel periodo 1984 – 1989, ma che non è possibile rintracciare gli eventuali acquirenti dal momento che le loro procedure prevedono l’archiviazione dei dati per 10 anni.
FOTOGRAFIE DEI REPERTI
A questo punto, alla luce delle suddette emergenze, appare utile riferire quanto SEGUE:
- Gli oggetti in questione rinvenuti, ben nascosti all’interno di un cespuglio sul luogo del delitto proprio vicinissimo al luogo del rinvenimento del cadavere del giovane francese, a suo tempo non furono presi nella dovuta considerazione, tanto che non furono redatti verbali di assunzione di informazioni, di consegna, né quelli di sopralluogo e di sequestro.
L’unica traccia, come comunicato con la nota dell’8 marzo 2004, si rileva nel faldone “37”, che solo recentemente quest’ufficio ha avuto la possibilità di esaminare perché è uno di quei faldoni processuali qui consegnati dalla S.V. negli ultimi mesi.
In questo faldone, infatti, esiste solo il verbale di conferimento d’incarico, nel quale la S.V. dà atto che gli oggetti erano stati consegnati il 3 ottobre 1985 (non si sa sulla base di quale atto!), mentre in realtà adesso si sa direttamente da chi li rinvenne che furono consegnati dopo tre, quattro giorni dal delitto. Data, questa, che appare fondata dal momento che sul posto ancora c’era intatto il nastro della Polizia che delimitava la zona e che sicuramente a distanza di quasi un mese non ci sarebbe stato più.
Nel verbale, poi, si parla genericamente del rinvenimento “tra l’altro di un fazzolettino di carta intriso di sangue con un capello”.
Ora, non viene dato atto che cosa fosse “l’altro”, ma dalle testimonianze adesso si sa che c’era il paio di guanti di tipo chirurgico, usati, tanto che erano stati rivoltati, nonché sul fazzolettino più capelli, e non già un capello.
Dall’esame degli atti non si è trovato l’esito della perizia sul sangue del fazzolettino e sul capello, e questo mancato rinvenimento probabilmente risale a tempo prima perché nell’indice degli atti accanto alla voce della perizia c’è un punto interrogativo.
Da articoli di stampa, che avrebbero riportato le dichiarazioni del perito, si è appreso che si sarebbe trattato di sangue umano non appartenente ai gruppi sanguigni delle due vittime francesi.
Dei guanti, invece, c’è traccia fotografica (ma non viene dato atto dove siano stati trovati e come) in un fascicolo fotografico della Polizia Scientifica che fa riferimento agli esami esperiti sulle dita di guanto chirurgico all’interno dei quali un’anonimo aveva collocato il proiettile recapitato il 1 ottobre 1985 alla S.V., al dottor Fleury e al dottor Vigna.
Da quella foto, comunque, si rilevano i dati relativi alla marca e al tipo, nonché quelli della misura, la n. 7, che è una misura piccola che lascia ipotizzare quindi che chi li ha indossati (e i guanti, stando alle precise testimonianze, sono stati indossati) doveva avere una mano piuttosto piccola. Sempre da quella foto si rileva anche che non figurano scritte in lingua italiana, ma in altre lingue, tutte diverse, e che figurano gli estremi di un’autorizzazione ministeriale sotto la scritta in francese per cui, come si è accennato, è verosimile non solo che siano stati prodotti all’estero, ma anche acquistati. Il tipo “chirurgico” dei guanti non può non richiamare alla memoria un altro dato, emerso sempre a seguito di quel delitto, e che riporta anche quello ad un ambiente chirurgico. Ci si riferisce alle tracce di zinco e di solfato di calcio, cioè gesso, nonché ai residui di grasso al silicone, che i periti rilevarono su alcuni bossoli repertati sul luogo del delitto, e che avevano evidenziato che si trattava di collanti di quelli utilizzati ad esempio nel campo ortopedico.
Appare chiaro pertanto che sul luogo del delitto furono lasciate tracce riconducibili ad un ambiente medico o ospedaliero; ambiente che non era quello di Pacciani, di Vanni e di Lotti. Come pure appare chiaro che la misura dei guanti, molto piccola, indossati, non può essere quella delle mani di Pacciani, di Vanni e di Lotti, ma di altra persona, non identificata, sicuramente presente sul posto in virtù di quei precisi riscontri oggettivi.
E allora: chi c’era sul luogo del delitto, oltre ai personaggi già noti e condannati?
Di chi è il sangue lasciato sul fazzolettino?
Di chi sono i capelli lasciati anch’essi sul fazzolettino?
Chi custodi alcuni bossoli tra il materiale utilizzato in ortopedia?
Tante domande, che di certo sarebbe stato più agevole sciogliere all’epoca solo se ci fosse stata una maggiore attenzione.
E non bisogna dimenticare che sicuramente sul posto del delitto quella notte c’erano altre persone, oltre ai noti Pacciani, Vanni, Lotti e Pucci. E questo sulla base di precisi dati testimoniali, alcuni emersi già all’epoca subito dopo la notizia del duplice omicidio.
Infatti, giova ricordare che:
- Lotti, nelle udienze del 28.11.1997 e 9.12.1997, ha dichiarato di aver visto sul posto un’auto, che era andata via poco prima di lui e Pucci;
- Pucci, anche lui, ha fatto riferimento ad una macchina con una o due persone a bordo;
- I testimoni Taylor e Gracili, sentiti all’epoca, hanno riferito che sotto la piazzola del delitto in un’ora compatibile con l’esecuzione del duplice omicidio avevano notato un’auto ferma, che per Taylor era una Fiat 131, mentre per la Gracili una Fiat di grossa cilindrata, verosimilmente bianca;
- Il testimone Mazzocchi Fabrizio, la notte del delitto, in orario perfettamente compatibile con esso, poco più sotto dal luogo del delitto (a circa 150 metri), ha notato ferma – e la circostanza per il teste fu subito sospetta perché transitando ogni sera da li mai aveva notato auto ferme Mercedes mod. 240 o simile, con la luce dell’abitacolo accesa e lo sportello del lato dell’autista socchiuso e non completamente spalancato, targata FI.
- Il medico svizzero di cui ha parlato la Ghiribelli avrebbe avuto all’epoca un Mercede di colore scuro e nei rilievi fotografici fatti all’epoca nel parcheggio della villa “La Sfacciata” è ripreso anche un Mercedes scuro, vecchio tipo, modello 240 o simile).
Senza considerare, inoltre, il fatto che, la notte del delitto, Salvatore Indovino, all’epoca gravemente ammalato, aveva chiesto di poter passare proprio da quel posto ed aveva guardato in direzione della tenda commentando la presenza di quella coppia (dichiarazioni di Galli Norberto del 27.12.1995); circostanza questa che lascia supporre che l’uomo sapesse già quello che si stava verificando o che di lì a poco si sarebbe verificato, anche per tutti gli elementi acquisiti nei suoi confronti (era stato amante di Milva Malatesta; la sua casa era frequentata da persone pervertite dedite a riti di magia sessuale; era frequentata anche da Pacciani, da Vanni e da Lotti; aveva spiegato ad una occasionale visitatrice, la pittrice Del Secco Silvia, come bisognava fare i filtri per legare indissolubilmente una coppia con dettagli che alla donna avevano richiamato alla memoria proprio i delitti del “Mostro” tanto che si era presentata spontaneamente alla polizia per riferire quei fatti).
Si vuole ricordare, infine, che agli atti risulta che, dopo il delitto degli Scopeti, sia il Calamandrei Francesco che il Narducci Francesco furono notati con ferite al viso e al braccio, il primo, al solo braccio, il secondo.
- Alla luce delle nuove emergenze (guanti e fazzolettino) si è ritenuto opportuno rileggere ancora una volta i sopralluoghi relativi agli altri duplici omicidi. E si vuole segnalare un altro dato oggettivo che appare di specifico interesse, soprattutto oggi che, essendoci indagati e comunque personaggi sospettati, si potrebbero fare esami comparativi.
In relazione al sopralluogo del duplice omicidio ai danni di Baldi Stefano e Cambi Susanna, risulta che il cadavere della giovane era mutilato dell’apparato genitale e stringeva in mano un ciuffo di capelli (nota n. 1691/81 R.G. del 24.10.1981, a firma del Procuratore della Repubblica di Prato, dr. Elio Pasquariello, che dichiara di essersi recato personalmente sul posto).
Dall’esame autoptico sul cadavere del Baldi, risulta l’unghia del primo dito della mano destra presenta una piccola soluzione di continuo pressoché quadrangolare di pochi millimetri di dimensioni, che interessa il lato ulnare dell’unghia con infiltrazione ematica sottostante. Da di sotto dell’unghia vengono asportati due capelli di colore castano lunghi ed alcuni piccoli e sottili peluzzi, verosimilmente appartenenti a indumenti di maglia.
Non si trova traccia dell’esito di eventuali esami sul ciuffo di capelli nella mano della ragazza, né sui due capelli di colore castano sotto l’unghia di lui, che farebbero pensare a tentativi di difesa, anche perché sull’unghia – cosi come rilevano i periti – c’era una ferita (piccola soluzione di continuo)! La rilettura degli atti di questo duplice omicidio ha evidenziato anche un altro dettaglio che potrebbe essere utile alla luce delle nuove conoscenze dei fatti. Ci si riferisce al fatto che il giovane Baldi all’epoca stava lavorando in un lanificio di Vaiano. Come è noto, in questa località, aveva lo stabilimento per la lavorazione delle lane proprio il tedesco Reinecke Rolf, di cui si è parlato ampiamente in altre note (tra cui quella del 17.11.2003), nonché in quella stessa località viveva Vinci Salvatore, stranamente resosi volontariamente irreperibile dopo la sua scarcerazione. Inoltre, risulta oggi che anche l’americano Parker Mario Robert, la cui presenza nella villa “La Sfacciata” all’epoca era quanto mai sospetta, come riferito in altre note, lavorava nel campo delle lane e dei tessuti.
Queste ultime comunque sono solo ipotesi, forse anche suggestive, soprattutto dopo che Vanni nel colloquio in carcere ha fatto riferimento a un nero americano (e it Parker guarda caso ora americano e negro e per di più è resultate in rapporti con Lotti, ma il ciuffo di capelli, i capelli sotto l’unghia, il fassolettino intriso di sangue, il capello su di esso (è lo stesso di quelli sotto l’unghia di Baldi o di quelli trovati nella mano della Cambi?), i guanti di tipo chirurgico, i bossoli con le tracce di zinco, proprie dell’ortopedia sono dati oggettivi, chiari, inequivocabili, mai presi nella dovuta considerazione o addirittura ignorati.
Tornando ancora, invece, un attimo al campo delle ipotesi, anche queste forse suggestive, non può non ricordarsi che tante altre morti appaiono collegate alla vicenda del cosiddetto “Mostro di Firenze” e che lasciano supporre che ancora ci siano effettivamente altri responsabili liberi. Basti pensare alle morti di Milva Malatesta (amante di Indovino Salvatore e di Francesco Vinci, come ebbe a dichiarare Calamosca Giovanni) e del figlio di 3 anni; di Francesco Vinci e del suo servo pastore (quel Vinci di cui Lotti disse che avrebbero dovuto fare uscire dal carcere perché detenuto per i fatti del Mostro); di Milvia Mattei (presso cui viveva all’epoca il figlio di Francesco Vinci, Fabio). Basti considerare che tutte queste uccisioni, ad opera di ignoti, e eseguite con modalità che hanno avuto in comune l’utilizzo del fuoco, riguardano persone comunque legate alla vicenda del Mostro o ai soggetti indagati e che si sono verificate in un momento in cui le indagini su Pacciani si stavano concludendo (agosto 1993) o quando c’era il processo a suo carico (aprile 1994).
Forse, sono troppi questi episodi per credere che possano essere state delle semplici coincidenze!
Basti pensare ancora alla morte improvvisa di Pacciani, in attesa del nuovo giudizio d’appello, trovato per terra privo di vita in condizione quanto meno sospetta e la morte, altrettanto improvvisa, dello stesso Lotti, che certamente ancora avrebbe avuto tante cose da raccontare. E, andando in un periodo di tempo più recente, il danneggiamento per ben due volte (la seconda in maniera piuttosto sofisticata) dell’auto privata di questo dirigente, che non può avere altra motivazione se non quella dell’averlo voluto colpire per l’impegno profuso nell’inchiesta. O come l’attività di “controllo” che risulta svolta nel 2000, dopo essere tornato in servizio, nei confronti di questo dirigente e che è stata documentata con apposita nota, senza che ci siano stati gli approfondimenti che il caso avrebbe richiesto.
Certo è che in passato sono state fatte valutazioni che si sono rivelate errate (la prima, quella di avere creduto d’individuare l’autore dei delitti in un serial killer solitario e poi in Pacciani quale unico responsabile di tutta la serie omicidiaria).
Quest’ufficio si augura però che quel passato porti a meditare.
Si fa riserva di riferire gli esiti degli ulteriori accertamenti delegati con le note di cui all’oggetto.
Si allega:
- verbale di s.i.t. di Dubex Catia e Dubex Valter;
- verbale di s.i.t. di Saputo Benedetto;
- nota della ditta Baxter;
- annotazione dell’isp. Capo Michelangelo Castelli.
Il Responsabile
Dott. Michele Giuttari