Mostro, spunta un testimone quarratino
QUARRATA. Escono dalla naftalina, dopo dieci anni di oblio, le dichiarazioni sui delitti delle coppiette di Morella Sali, una commerciante quarratina che nel corso del 1988 raccolse le confidenze della moglie di Francesco Calamandrei, il farmacista di San Casciano indagato nell’ambito dell’inchiesta sul mostro di Firenze.
Sali è morta per un tumore nel 1997 ma oggi, con l’inchiesta sul mostro all’ennesimo colpo di scena, è il marito Mario Caramelli a confermare quanto la moglie raccontò agli inquirenti nel 1994 e di cui anche lui è stato testimone diretto. Racconti, quelli dei coniugi quarratini, che con la nuova indagine del gruppo investigativo sui delitti seriali diventano particolarmente attuali. Dal memoriale di Morella Sali infatti emergono due elementi interessanti rispetto al nuovo filone di indagine: il fatto che la moglie di Calamandrei attribuisse al marito la proprietà di due pistole (e di due pistole ha recentemente parlato anche Mario Vanni) e la presenza della coppia (sempre in base a quanto riferito dalla donna) da una veggente prima del delitto del 1968.
Anche Caramelli, oggi in pensione ma all’epoca dei fatti titolare con la moglie di un bar a Signa, ascoltò direttamente gli sfoghi della signora Calamandrei, convinta che il marito avesse partecipato ai delitti del mostro di Firenze.
«Non sono mai stato sentito dagli inquirenti – ha raccontato Caramelli che abita ancora a Quarrata – nonostante mia moglie nel suo memoriale mi avesse inserito tra coloro che erano a conoscenza delle cose da lei riferite. All’epoca fu lei ad essere ascoltata ma adesso che non c’è più, con le notizie che ho letto sui giornali, mi sarei aspettato di essere chiamato».
«Ho poca fiducia – ha poi aggiunto Caramelli – che si arrivi a scoprire qualcosa. Sono passati troppi anni. Da parte mia c’è comunque la disponibilità a raccontare tutto quello che so su questa storia. Entrambi frequentavamo la moglie del farmacista che Morella aveva conosciuto, presentanta da una cartomante, durante una festa, l’8 marzo. Lei usava venire nel nostro bar nelle ore meno frequentate dai clienti per sfogarsi e per parlare di quei dubbi che le creavano ansia e paura».
Mario Caramelli riferisce di aver addirittura accompagnato la Calamandrei sul luogo del primo delitto attribuito al mostro, quello del 1968. «Si ricordava di un bambino accompagnato davanti a un ristorante. Era convinta che fosse lo stesso posto dove era avvenuto l’omicidio ma riteneva che lei fosse stata imbottita di medicinali. Voleva ricordare e facemmo quel viottolo avanti e indietro varie volte con lei che tentava di ricostruire quanto fosse accaduto tanti anni prima».
Caramelli credeva a quanto gli riferiva quella donna. «Non sembrava pazza – ha commentato – ma disperata. Raccontava di episodi che facevano accapponare la pelle e lo faceva piangendo disperata».
La donna non si esimeva dal riferire particolari e dettagli. «Delle due pistole – ha concluso Caramelli – disse che venivano custodite in due scatole da scarpe: una era rossa, l’altra bianca. Diceva si trattasse di una calibro 22 e di una pistola a canna lunga».
Ilenia Reali
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