Il 14 gennaio 2005 rilascia testimonianza Angiola Caligiani dipendente dell’esercizio “Skipper”, in cui, all’epoca dei fatti, Alfredo Brizioli svolgeva funzioni di amministratore. Riporta dichiarazioni sull’attività di Brizioli nei giorni della scomparsa dell’amico Francesco Narducci.

Questo uno stralcio della testimonianza:

“….Risposta: ” Confermo integralmente quanto da me dichiarato. Preciso che sono rimasta molto irritata da articoli di stampa nei quali sono riportate affermazioni secondo cui le dichiarazioni da me rese circa la presenza della muta e delle pinne erano false perché nel negozio Skipper non sarebbero stati venduti quegli oggetti. In realtà, tutto quello che riguardava la pesca e la barca a vela, ivi comprese mute, pinne e maschere, non venivano venduto nello spaccio interno della fabbrica Skipper. La Ditta riforniva di tale materiale i vari negozi sparsi in tutta Italia che vendevano prodotti per la nautica, ivi comprese le scarpe da vela e quello che rimaneva invenduto io lo potevo conservare all’interno del negozio, in un magazzino predisposto per queste cose. In quel magazzino, che era all’interno dell’immenso capannone celeste della ditta Skipper, che si trova di fronte alla casa di Dino Fanini, io non avevo accesso e, per entrarvi, dovevo chiedere il permesso all’addetto giornaliero a quel magazzino che cambiava quotidianamente. Purtroppo, ho una pessima memoria solo per i nomi tanto che l’8 dicembre scorso ho rivisto una collega che non vedevo da quell’epoca. L’ho subito riconosciuta, l’ho chiamata Agnese e lei mi ha risposto che si chiamava Ida. Lei mi ha subito riconosciuto e mi ha chiesto che cosa stesse facendo l’Avvocato Alfredo Brizioli, che aveva visto in televisione e mi ha anche chiesto come mai continuasse a fare l’avvocato visto che era stato radiato dall’ordine. Recentemente mia sorella e i miei fratelli mi hanno raccontato che, nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda su Tef, “Nero su Bianco”, il conduttore, un giornalista di colore, aveva chiesto al Brizioli se avesse partecipato anche lui alle ricerche del Narducci e lui ha risposto che si trovava a Parma. Ribadisco invece, con assoluta sicurezza, che il Brizioli è stato sempre presente in fabbrica e non solo nel giorno in cui prese la muta e le pinne, che era quello della scomparsa del Narducci, ma tutti i giorni, mentre gli altri soci venivano solo di tanto in tanto per comprare delle cose. La sera di quel giorno telefonai a mia cugina Paola, molto amica di Gianni Spagnoli, che mi confermò che il Narducci era scomparso dopo essere andato al Lago. Il Brizioli controllava tutto e, quando doveva farmi una comunicazione, si firmava Direttore e Amministratore unico. Ricordo che mi dava disposizioni di formalizzare solo una parte degli incassi. Quel giorno, cioè quello della scomparsa del Narducci, lui c’era, tanto che io ne parlai, come ho detto, con mia cugina Paola, mio fratello Giancarlo e mia sorella Isabella. Come potevo inventarmi una cosa del genere ? Desidero aggiungere che nel 1986-1987, Luca Mirabassi, uno dei soci della ditta, venne a casa da me e, in tono inquisitorio, mi chiese se io facessi “le cose” in nero e gli risposi che ero stata autorizzata in tal senso dall’Avv.to Alfredo Brizioli. Mi resi conto che i soci non ne sapevano niente. Non so quale fosse l’ammanco constatato dai soci, sta di fatto che, di lì a poco, chiusero la ditta e lasciarono senza lavoro una cinquantina di persone. Poco prima della chiusura, di sera, fui chiamata da tra soci, Coletti Paolo, Mirabassi Luca e un altro che non ricordo, Borri o Fanini, che mi portarono alla Cassa di Risparmio di Perugia di cui era presidente l’Avv.to Antonio Brizioli. Quando arrivai con i soci nello studio di quest’ultimo, all’ultimo piano di Madonna Alta, me lo presentarono e uno dei tre soci, dopo avermi presentata al Brizioli, mi invitò a dire quello che era successo ed io gli dovetti riferire che facevo il ”nero” in parte, su disposizioni dell’Avv.to Alfredo Brizioli. In quell’occasione, vi fu evidentemente, una trattativa tra i soci e il Brizioli padre, durante la quale fui allontanata e, in conseguenza della quale, credo che fu ripianato il buco. Aggiungo che, come ho detto, Alfredo Brizioli stava sempre alla Skipper, ma che, di tanto in tanto, faceva dei viaggi all’estero e che, in due occasioni, l’ho visto in preda ad una specie di collasso, non so da che dipeso. Sono molto impaurita dall’atteggiamento che ha l’avvocato Alfredo Brizioli nei miei confronti e che è stato evidenziato in quella trasmissione. Ho appreso con stupore e indignazione che il conduttore della trasmissione, cioè il giornalista di colore, rivolto al Brizioli, gli ha detto: “denuncerà la commessa che ha detto questo cose!”, come se lo invitasse a farlo, ma il legale ha risposto che non l’avrebbe fatto. Sono molto intimorita da questa situazione e dal tenore di questa trasmissione. ”Domanda: ” Sa se gli avvocati Antonio e Alfredo Brizioli abbiano legami con ambienti massonici?” Risposta: ” Per sentito dire so che sono legati alla massoneria. Sottolineo anche che mi appare molto grave anche il comportamento dell’Avv.to Luciano Ghirga che, al giornalista Carmignani, ha detto testualmente:” ti toglierò anche le mutande !” alludendo ad articoli di stampa su un procedimento che vede indagato il suo cliente Lucio Paroli. Mi risulta che, al Carmignani e a Francesca Bene, sono stati richiesti 2 miliardi delle vecchie lire di risarcimento dal Paroli. A.D.R. Conosco la moglie del Brizioli, Luciana Servadio, che, un giorno, ha cercato di consolarmi dopo gli insulti di cui ero stata fatta oggetto da Alfredo Brizioli che mi trattava come una pezza da piedi. Sono molto preoccupata per un processo che abbiamo in corso contro Lucio Paroli, per usura, in danno di mio marito, ammontante a circa 350 milioni di vecchie lire, di cui 250 sono stati restituiti dall’Avv.to Ghirga, nell’interesse del cliente, a mio marito nel giugno 2003.
Non vorrei che vi fosse un legame tra le due vicende, visto che il Brizioli e il Paroli sono difesi dallo stesso avvocato. Mio marito, oltre che usurato e taglieggiato, è stato anche portato al fallimento un anno fa. Mi è stato detto che se Lucio Paroli, in questi dieci anni, ha potuto fare quello che ha fatto, è dipeso dalla protezione di cui aveva goduto da parte di un esponente della massoneria deceduto recentemente. Debbo anche aggiungere che, dopo essere stata sentita la prima volta, con segregazione dell’atto, una giornalista, poco dopo, mi ha chiesto se fossi io la commessa che aveva parlato della muta ”.

Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 79/80/81

 

 

14 Gennaio 2005 Testimonianza di Angiola Caligiani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *