Il 30 (o 29) Aprile 2005 rilascia testimonianza la Signora Anna Maria Feligetti, conosceva bene il Narducci e fu una delle ultime persone a vederlo in vita.
Questo uno stralcio della testimonianza:
“Affermo di essere stata una delle ultime ad aver visto Francesco Narducci in vita. In particolare il giorno 8 ottobre 1985 ero in servizio presso il Policlinico di Monteluce nell’Ufficio Radiodiagnostica di Settore che è attaccato alla struttura della Clinica Medica. Erano circa le ore 13.45 – 14.00, perché stavo andando via, quando entrò nel mio ufficio Francesco Narducci il quale mi disse che avrebbe fatto una telefonata dal mio telefono, non mi disse a chi avrebbe telefonato ma ho la sensazione che Francesco chiamò casa sua o casa della madre. Era assolutamente tranquillo ed il saluto fu naturale e cordiale, non ricordo se indossasse il camice oppure no. Da quel giorno non ho più visto Francesco. “
Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 17
La signora Anna Maria FELIGETTI, negli anni 1990, così come da lei dichiarato, ha collaborato con l’investigatore privato Raniero ROSSI, che stava indagando proprio sul conto di Francesco Narducci, visto che all’epoca si vociferava un presunto coinvolgimento del medico nei delitti di Firenze. La FELIGETTI riferiva:
“….Posso dire di si nel senso che un giorno Raniero, eravamo nell’anno ’90 ma non ricordo il mese, mi rappresentò la volontà di recarsi a Vicchio, nel Mugello, presso la famiglia RONTINI. Tale sua volontà era riconducibile all’interessamento investigativo dei delitti del “mostro di Firenze”, cui associava un’ambizione di fondo che lo portava ad indirizzarsi in fatti di cronaca a rilevanza nazionale. Un altro aspetto di cui voglio parlare è dato dal fatto che Raniero voleva anche escludere, con queste sue attività, quel collegamento di Francesco NARDUCCI con quei delitti.
Collegamenti di cui si parlava a Perugia sia al bar che in altri ambienti. Accompagni volentieri Raniero ed andammo a casa RONTINI. Ci ricevette il Sig. Rontini e la moglie. Il Sig. RONTINI ci raccontò tutta la vita della famiglia e di sua figlia, compresi i sacrifici ed altro. Ci parlò della figlia di come un delitto così orrendo avesse potuto privarlo di un bene così forte, ma la cosa che fu un senso di angoscia che lo pervadeva. In particolare ci disse che lui, per fare luce sul delitto, aveva speso tutti i soldi ed era arrivato alla conclusione che, a commettere i delitti, non poteva essere stata una sola persona. Il suo scoramento era dato dal fatto che egli riteneva che, qualche persona inserita in questo gruppo di delinquenti, fosse tanto potente da riuscire a coprire la verità. Ricordo che ci portò anche sul luogo dove fu assassinata la figlia, in quel frangente notai un fatto strano e cioè la presenza di un’autovettura Alfa Romeo chiara che transitò in quei pressi ad una velocità eccessiva e non giustificabile per quel tipo di strada. Quando ci congedammo parlammo del fatto che ci saremmo risentiti se vi fossero state novità di rilievo. Non sono a conoscenza se Raniero ROSSI si recò di nuovo presso la famiglia RONTINI. Il Sig. RONTINI, ora ricordo, fece riferimento ad un appezzamento di terreno adiacente al luogo ove fu uccisa la figlia, che secondo lui poteva avere non so quale titolo un collegamento con la vicenda del delitti o dei delitti del c.d. “mostro di Firenze”; non ricordo bene ma mi usò un nome come Ponchielli, Mongilli o Monghilli. Lei mi chiede se ho avuto contatti con altre persone a Firenze e io le rispondo che un giorno, forse un anno dopo della morte del NARDUCCI, mi trovavo a Firenze in quanto all’epoca convivevo con il mio ex compagno, Emanuele SOTTINI, professore, agronomo, nativo di Firenze con incarichi all’estero per la cooperazione internazionale. Volli parlare con l’allora capo della Mobile, della S.A.M., Ruggero Perugini perchè mi dispiaceva molto pensare ad un coinvolgimento del NARDUCCI e, quindi, stuzzicai PERUGINI. Mi ricevette nel suo ufficio e parlammo di NARDUCCI. In particolare gli rappresentai la mia perplessità circa un presento coinvolgimento di Francesco MNARDUCCI, ma lui rispose che nulla a lui risultava; mi fece capire che era persona a lui non nota. Ho un flash che mi porta a ricordare, forse, la figura del Dott. Canessa che quel giorno transitò lungo il corridoio, ma non ricordo se entrò nell’ufficio del PERUGINI. Continuando ancora con
quest’ultimo andammo a prendere un caffè al bar e gli suggerii di porre attenzione sulla Beretta cal. 22 di cui tanto di parlava. Aggiunsi che bene avrebbero fatto a verificare le persone che andavano al tiro a segno e a verificare eventuali personaggi che avessero potuto sotterrare la stessa in qualche posto. Dissi: “FORSE E’ UN FERRO VECCHIO SOTTERRATO IN UN GIARDINO”. Di questi fatti ne parlai anche con il mio ex compagno il quale mi diede ragioni su queste mie supposizioni, relativamente al fatto della pistola. Ricordo che dissi al Perugini che, secondo il mio parere, l’autore o uno degli autori dei delitti poteva avere un problema al piede perchè colpiva durante periodi asciutti….”
Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 247/248/249