L’enigma del memoriale d’accusa
Il tribunale della libertà di Perugia ha fissato per il 28 aprile, ultimo giorno utile, l’ udienza per esaminare il ricorso degli avvocati Sandro Traversi e Nino Filastò contro l’ arresto del giornalista Mario Spezi per calunnia e depistaggio. Quattro giorni prima, lunedì 24 aprile, si terrà nell’ ufficio del pm Giuliano Mignini il confronto fra Mario Spezi e la sua «fonte», il muratore Luigi Ruocco, richiesto dal difensore di quest’ ultimo, avvocato Luca Cianferoni. Il depistaggio di cui Spezi è accusato sarebbe consistito, secondo le accuse, nel piazzare reperti riferibili ai delitti del mostro nell’ area di Villa Bibbiani a Capraia e Limite. I reperti non sono stati trovati e Ruocco ha dichiarato di aver indicato al giornalista il luogo come rifugio di un gruppo di malviventi sardi solo per raggranellare un po’ di soldi. Il suo difensore, Luca Cianferoni, sostiene che Ruocco «è stato usato da Spezi, non gli ha fornito notizie». Alla base delle gravissime accuse che il 7 aprile hanno condotto in carcere Spezi e Ruocco, vi è la convinzione dei magistrati di Perugia che il giornalista sia implicato nell’ uccisione del medico perugino Francesco Narducci, che scomparve nel Trasimeno l’ 8 ottobre 1985, un mese dopo l’ ultimo duplice delitto del mostro e che, a loro giudizio, sarebbe stato eliminato dai mandanti degli omicidi, che temevano di essere traditi. Nell’ ordinanza del gip Marina De Robertis si rende noto che Spezi è indagato per il delitto Narducci insieme con l’ ex farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei e con altre cinque persone, fra cui quattro pregiudicati di origine siciliana. Nella stessa ordinanza si afferma che i nomi di queste persone sono stati fatti da Domenico Rizzuto, le cui dichiarazioni vengono definite «articolate, precise e puntuali». Domenico Rizzuto, a suo tempo presidente della associazione Progetto Futura che si proponeva di svolgere indagini difensive e attività da «avvocati di strada», è sotto processo a Firenze per vari reati, fra cui calunnie nei confronti di diversi poliziotti. Il suo memoriale, che – come si afferma nell’ ordinanza di Perugia – ha impresso una svolta fondamentale alle indagini, è uno stupefacente miscuglio di fatti veri e di invenzioni. L’ atto di accusa di Rizzuto si concentra su una comunità che esiste veramente in provincia di Firenze, che da anni accoglie bambini in difficoltà, malati di mente e tossicodipendenti, e che – per giudizio unanime – svolge un lavoro prezioso di recupero. Per contro, Rizzuto la descrive come il centro di ogni perversione. Sostiene che è stata frequentata per anni da persone irreprensibili di giorno che si trasformavano in mostri di notte, fra cui magistrati, poliziotti e giornalisti, e che al suo interno si svolgevano orge anche con bambini. Sostiene che vi si nascondevano latitanti, «perfino del clan dei sardi». Indica fra i frequentatori Pietro Pacciani, Mario Spezi e Francesco Narducci. Aggiunge che al suo interno «era facile uccidere e procurare anche un cadavere da sostituire a quello vero» e che la cupola massonico-esoterica-pedofila che proteggeva la comunità poteva disporre anche di manovalanza mafiosa, procurata facilmente da un avvocato oggi molto noto (ma all’ epoca appena laureato). Quali riscontri abbiano trovato i magistrati per fondare sulle dichiarazioni di Rizzuto accuse tanto gravi è la domanda centrale dell’ inchiesta. Intanto a Spezi continuano a giungere decine di attestati di solidarietà. E da New York la Cpj (Committee to protect journalists) ha scritto al presidente Berlusconi invitandolo a fare «tutto quanto in suo potere per fermare la persecuzione» del giornalista italiano.
FRANCA SELVATICI