Prosciolta la vedova del ginecologo non narcotizzò la moglie di Pacciani
Il 22 gennaio 1996, alla vigilia del processo d’ appello che avrebbe mandato assolto Pietro Pacciani dai delitti del mostro, una misteriosa donna bionda si presentò a casa della Angiolina Manni, la moglie di Pacciani, con le borse cariche di spesa. Le disse che era amica di sua figlia Rosanna e trascorse la notte con lei nella casuccia di Mercatale Val di Pesa. L’ indomani Angiolina uscì in strada completamente stravolta e con il volto insanguinato. Era stata narcotizzata e svegliandosi era caduta a terra. La donna bionda era scomparsa. Due anni più tardi, il 6 febbraio ‘ 98, la procura e la polizia pensarono di essere riusciti a identificarla. Sotto inchiesta finì la vedova di un noto ginecologo, morto alla fine degli anni Ottanta e sfiorato come molti colleghi dalle indagini sui delitti del mostro. Per la signora, che oggi ha 69 anni ed è medico come lo era il marito, fu l’ inizio di un incubo che si è chiuso soltanto l’ altro ieri, quando il giudice dell’ udienza preliminare Anna Favi la ha prosciolta «per non aver commesso il fatto» dalle accuse di rapina di 200 mila lire, sequestro di persona e lesioni. Il 22 giugno 2002 suo cognato, fratello del suo defunto marito, consegnò a «Repubblica» un amarissimo sfogo sui sospetti che avevano investito la sua famiglia. Contro la signora deponevano il riconoscimento piuttosto confuso della Angiolina, che è morta nel novembre 2005, e quello altrettanto incerto della farmacista di Mercatale, cui la misteriosa bionda si era rivolta per acquistare il Tavor con il quale fu narcotizzata la Angiolina. Inoltre la polizia trovò in casa della vedova del medico una pelliccia e una parrucca simili a quelle della misteriosa visitatrice. Il pm Paolo Canessa ha chiesto perciò il rinvio a giudizio della signora. Ma gli avvocati difensori Umberto e Francesco Paolo Guidotti hanno confutato tutti gli elementi raccolti dall’ accusa. Il test del dna su un capello trovato nel letto in cui dormì la signora bionda ha escluso che appartenesse alla loro assistita. Né era sua la calligrafia trovata sul retro di un biglietto ferroviario. Inoltre la loro cliente non parla toscano, come la misteriosa visitatrice che peraltro – hanno sottolineato – non indossava affatto una parrucca. La sua pelliccia ha poco o niente in comune con quella descritta dai testimoni. E perché mai avrebbe dovuto farsi rilasciare una ricetta per il Tavor, dato che è medico? E che cosa avrebbe sperato di trovare nella casa di Pacciani, che era stata setacciata più volte dalla polizia? Argomenti che hanno convinto il giudice. (f.s.)
FRANCA SELVATICI