Il 15 Luglio 2006 rilascia testimonianza Anna Maria Feligetti.

Questo uno stralcio della testimonianza:

“….Risposta: “Ricordo che Francesco, proprio il giorno della scomparsa, venne nel Servizio di Radiognastica di settore, dove lavoravo, per fare una telefonata, tra le 13,30 e le 14, verosimilmente verso le 13,40. Io stava uscendo e non era rimasto nessuno. Ricordo che tutti i dipendenti del Policlinico avevano l’obbligo di passare attraverso il centralino. Ricordo che Francesco non aveva il camice e quel mattino non l’avevo incontrato in precedenza. Appariva normale. Fece una telefonata veloce come per comunicare che arrivasse o meno a casa. Non ho sentito le sue parole, ma la mia sensazione è stata questa. Forse chiamò la madre o la moglie. Di solito non tornava a casa per il pranzo. Era da solo. Come ho detto, io stavo uscendo. Non ricordo se Francesco uscì o lo rividi sul piazzale. Vi era un corridoio con un apparecchio telefonico esterno.
Francesco arrivò dall’altra estremità del corridoio, provenendo dall’interno, cioè dalla Clinica Medica, mentre io stavo uscendo dalla porta a fianco. Francesco mi disse: “Anna Maria posso fare una telefonata ? “ ed io risposi: “Sì, sto uscendo, fai pure”. Mentre io presi la borsa nel mio ufficio, udii un brevissimo colloquio di Francesco dalla postazione che si trovava fuori dalla mia porta. Poi ci salutammo ancora. Come ho detto, Francesco appariva del tutto normale. Poiché me lo chiede, le rispondo che Francesco avrà fatto la visita in corsia verso le 9. Il mio ufficio si trovava alla sinistra della Clinica Medica dove lavorava Francesco, attaccato alla stessa. Si facevano due rampe di scale e si entrava al Servizio di radiodiagnostica. Francesco veniva dall’interno nel senso che, dalla parte del corridoio da cui proveniva, si arrivava direttamente alla Clinica medica. Non ricorda nulla dei giorni precedenti. L’indomani, giungendo al lavoro, sono venuta a sapere che Francesco era scomparso. Si diceva che fosse annegato. Non si parlava di suicidio. Dopo il 13, giorno in cui Francesco fu recuperato, io sentii sussurrare che Francesco fosse coinvolto nei delitti del Mostro di Firenze. L’ho sentito dire proprio il lunedì successivo al rinvenimento del cadavere. Mi trovavo nel piazzale del Policlinico e parlavo non ricordo se con un medico o con un tecnico universitario. Questi disse che erano venuti poliziotti a fare perquisizioni per la vicenda Narducci, sia a livello universitario che altrove. Il mio interocutore disse che era giunta, per questo, una squadra di pòoliziotti da Firenze. Di questo sono assolutamente certa. Potrebbe darsi, ma non ne sono sicura, che il mio interlocutore fosse Ottavio Papa. Mi disse anche che Le perquisizioni erano in funzione della ricerca di tracce dei delitti del Mostro. Poiché me lo chiede, le dico che medici con cui Francesco era in rapporti di conoscenza e, forse, anche di amicizia, erano Pecorelli e Rinonapoli dell’Ortopedia, Assalve della Dermatologia, Pasqualucci e Gerardi di Anestesiologia, Ribacchi di Anatomia e il Prof. Corea, cardiologo, oltre, ovviamente, a tutto lo staff della gastroenterologia e della Clinica medica. Aggiungo che il titolare della Darsena dove Francesco teneva ricoverata la barca, cioè Peppino Trovati, forse, era stato ausiliario al Policlinico. E’ un nome che mi ricorda qualcosa del genere ma non ne sono sicura. Aggiungo anche che il Vice Questore Marra veniva spesso da me, negli anni successivi alla morte di Francesco ed era amico di Raniero Rossi con cui collaboravo. La figlia di Marra abitava, inoltre, all’ultimo piano del palazzo dove si trovava l’agenzia investigativa di Rossi, in Via della Gabbia, sopra la Profumeria Rossi, in un angolo di Piazza IV Novembre. La figlia di Rossi, all’epoca della morte del Narducci, era molto giovane. Tra i collaboratori del Rossi, c’era anche il M.llo Petrucci. Poiché me lo chiede, le dico che Mariella Torcoli l’ho conosciuta in casa di una sua lontana parente. Marra mi diceva che soffriva per la figlia che aveva problemi personali. Ricordo che il Marra andava spesso in Chiesa. Appariva solo ma era sportivo e fortissimo fisicamente, specie nella stretta della mano che faceva male. Poiché me lo chiede, le dico che il Dr. Luigi De Feo aveva problemi familiari. Aggiungo che Marra conosceva bene il Procuratore Vigna, come lui stesso mi disse. Mi sembra che tale conoscenza, oltre che legata a rapporti professionali, fosse riferita anche a comuni ideali. Negli anni ’90 l’Agenzia investigativa di Rossi si interessò della vicenda Rontini, cioè della vittima femminile del penultimo delitto del Mostro. Raniero Rossi ed io ci recammo a Vicchio da Renzo Rontini, il padre della vittima. Raniero era interessato a veder chiaro sulle ormai estesissime dicerie circa il coinvolgimento nella vicenda di Francesco Narducci. Il Rossi organizzò l’incontro con Renzo Rontini a Vicchio. Fummo accolti in casa da quest’ultimo e conoscemmo la moglie. Il Rontini ci raccontò tutto e ci consegnò una lettera di uno dei sardi coinvolti nelle indagini che lo supplicava di credere alla sua innocenza. Era una lettera appassionata di un uomo che supplicava il destinatario della missiva di fidarsi della sua estraneità a un fatto così terribile. Ricordo che si trattava di un Vinci ma non ricordo il suo nome. Il Rossi voleva fare una perizia grafica per capire la personalità e l’attendibilità del sardo e si affidò ad un esperto marchigiano. Non ricordo quale sia stato l’esito ma mi pare che l’esperto concluse per la sincerità del mittente. Renzo Rontini ci accompagnò nel luogo del delitto ed io ebbi la sensazione sgradevole derivante da un’autovettura che si trovava sul posto. Riferimmo al Rontini delle voci sul Narducci. Il Rontini non sapeva nulla ma fece capire che non si sarebbe sorpreso dell’attendibilità della notizia. Appariva alla ricerca disperata di colui o di coloro che gli avevano ucciso la figlia. Fece anche capire che aveva rapporti di parentela o vicinanza con Vigna verso cui provava diffidenza. Come ho detto, giunse sul posto un’Alfetta bianca, sfrecciando; si fermò un istante, poi ripartì a tutta velocità. Successivamente, lasciai l’agenzia Rossi e non ne riparlai più con lui. Rividi il Marra che mi disse che il Rossi si era occupato del sequestro Kunz. Anche l’Ispettore Napoleoni era molto amico di Rossi. Aggiungo che il Marra ha un figlio poliziotto che, all’epoca, era giovane. Aggiungo anche che il De Feo è stato anche alla DIGOS. Ricordo anche che Assalve, padre del dermatologo di nome Danilo, è stato anche al posto di Polizia del Policlinico. Poiché me lo chiede, le dico che mi sembra che la madre di Francesco Narducci sia stata ricoverata per problemi nervosi ma non so dirle come l’abbia saputo…..” 
Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 249/250/251

15 Luglio 2006 Testimonianza di Anna Maria Feligetti

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