Il 28 Settembre 2006 rilascia testimonianza Francesco Fagioli.
“Domanda: “Lei è titolare del Molino Fagioli di Magione ? ”Risposta: ” Io non sono più titolare del Molino dal dicembre 1997. Prima ero titolare dal 1993, da quando è morto mio padre. Abito nella strada che porta a Chiusi a sinistra, prima del ponte della ferrovia. Poiché me lo chiede, le dico che sono cacciatore da quando avevo 16 anni. Andavo a caccia a Preggio, nella zona in direzione di Umbertide. Poi, all’età di 22 – 23 anni, ho cominciato a cacciare nel lago Trasimeno e precisamente nel canneto di Sant’Arcangelo. Ad ottobre, andavo e vado tuttora a caccia di colombacci, nella zona di Monte Buono di Magione che si trova a sud- est di San Feliciano. Indico il punto dove esercitavo ed esercito la caccia ai colombacci nella mappa del lago Trasimeno che mi viene mostrata. Da questo posto si vede tutto il lago Trasimeno e in particolare il triangolo: isola Polvese, San Feliciano e Sant’Arcangelo.” Domanda: ” Lei conosceva Francesco Narducci? “Risposta: ” io non l’ho mai conosciuto. Conoscevo invece la moglie Francesca Spagnoli, sua sorella Beatrice e il padre Gianni Spagnoli, perché avevano una fabbrica di merendine a Fontana oltre ad un’altra che avevano in Val di Pesa. Erano nostri clienti. Poiché me lo chiede, le dico che conosco molto bene Ugo Mancinelli. Non conosco il pediatra Ceccarelli Alberto. Un giorno di ottobre di diversi anni fa, ma non ricordo esattamente quando, mi trovavo in un appostamento in cima ad un albero, intento a governare i piccioni che servono da richiamo per i colombacci. Ricordo che quel giorno non era prevista la caccia, in base al Calendario Venatorio. Questi giorni in cui non si poteva cacciare erano il martedì o il venerdì. Ricordo che era un giorno lavorativo ma non ricordo esattamente quale. Voglio precisare che il tipo di caccia che svolgevo si effettuava con capanni in cima agli alberi e, sul capanno principale, detto capanno di comando, vi sono dei piccioni custoditi in una gabbia che svolgono funzioni di richiamo quando vengono appositamente liberati. Questi piccioni debbono essere nutriti e quel giorno io ero andato proprio a governarli e, quindi, mi trovavo in cima all’albero di comando che allora si trovava circa 30 mt più in alto di dove si trova oggi, in direzione della cima del monte. La mia attenzione fu colpita, ad un certo punto, da una barca che era partita a forte velocità da San Feliciano ed era diretta all’Isola Polvese. Si trattava di una piccola imbarcazione che poteva essere anche una barca da pescatore. Non so indicare con più precisione le caratteristiche di questa barca ma posso dire che poteva trattarsi dell’imbarcazione con motore Evinrude e la targa PR3304 che mi viene mostrata nella foto 20.P1.22A-23. Poiché me lo chiede, le dico che non si trattava sicuramente di un gommone perché aveva un modo diverso di fendere l’acqua. L’imbarcazuione si diresse a velocità altissima verso l’Isola Polvese e fu questa elevatissima velocità che attirò la mia attenzione, insieme al fatto che era l’unica barca che vedevo nel lago Trasimeno perché non vi erano altre imbarcazioni. Non ricordo l’orario ma sicuramente si trattava di un arco di tempo compreso tra le ore 09,00 del mattino e le ore 16,30 pomeridiane. Questo lo dico perché, trattandosi di un giorno lavorativo, la mattina dovevo passare in ufficio al Molino che si trovava e si trova a Magione e che dista circa 500 mt dalla stazione. Dopo le ore 16,30, i piccioni escono malvolentieri dalla gabbia. Quando arrivai per governarli, li liberai dalla gabbia, preparai il becchime per i colombi e, dopo averli lasciati mangiare per circa quaranta minuti, li ho fatti rientrare. In tutto mi sarò trattenuto in quella postazione per circa un’ora. L’imbarcazione che vidi dirigersi ad alta velocità verso l’Isola Polvese si è fermata grosso modo nel punto segnato col numero 1 sulla mappa del lago Trasimeno che mi è stata mostrata e su cui ho apposto le indicazioni. Dopo averla vista dirigersi ad altissima velocità verso l’Isola Polvese, ho abbassato gli occhi perché ero intento nel mio lavoro e, quando sono tornato ad osservare il lago, dopo qualche attimo, ho visto la barca ferma nel punto indicato con il numero 1, cioè un po’ più ad ovest rispetto al castello dell’Isola. Quando ho visto la barca ferma, ho notato anche un’altra imbarcazione che si trovava nel punto che indico con il numero 2 della stessa mappa, cioè a nord ovest della prima, in direzione di Borghetto. Quest’altra imbarcazione era molto più grande della precedente, di colore chiaro, molto larga, forse con due chiglie, tipo catamarano. Rispetto all’altra sarà stata circa tre volte più grande. Mi sembrava non coperta. Rispetto alla barca raffigurata nella foto Pim 0047 che mi viene mostrata, l’imbarcazione di cui parlo era molto più larga e più bassa ed era completamente diversa da quella che vedo in foto. Da quando vidi la barca più piccola dirigersi ad altissima velocità verso l’Isola Polvese a quando vidi anche l’imbarcazione più grande, saranno passati dal minuto ai dieci minuti massimo. Quando io notai tutte e due le barche insieme, potevano essere distanti tra loro da venti metri a duecento metri circa. Finchè le ho guardate, ho notato che non si sono toccate ma non so quello che è successo prima che io rialzassi lo sguardo. Poiché me lo chiede, posso dirle che, grosso modo, nel punto dove si trovavano le due imbarcazioni, l’acqua è profonda circa qattro metri. Per circa venti minuti, poi, non ho più guardato in quella direzione perché ero intento a finire le mie cose. Ripeto che non ho più guardato in quella direzione e, a un certo punto, me ne sono andato via che era ancora giorno pieno. La mattina successiva sono andato a caccia verso le cinque della mattina ma non si riusciva a cacciare perché dall’alba vi era un andirivieni di elicotteri che giravano e non sapevo il motivo di questa mobilitazione. L’ho saputo solo la sera dello stesso giorno, verso le 18,30, quando sono tornato a casa e mio padre mi ha detto che era scomparso il figlio del Prof. Ugo Narducci. Nei giorni successivi ho notato un analogo dispiegamento di forze e, un giorno, rientrando a casa, ho saputo, no so se dalla televisione o dai giornali, che il Narducci era stato ritrovato e che si era trattato di un malore. Parlai qualche tempo dopo con il pescatore che aveva ritrovato il cadavere a Sant’Arcangelo, Ugo Baiocco e questi mi disse che il cadavere era irriconoscibile e inguardabile, perché gonfio e nero e mangiucchiato dai pesci. Il Baiocco, con cui presi un caffè, mi appariva sconvolto dall’avvenimento e mi pregò di non parlargli più di quella storia. Questo colloquio con il Baiocco avvenne nel mese di novembre successivo alla morte del Narducci. ” Si dà atto che vengono allegate al verbale la mappa del lago Trasimeno con le indicazioni scritti di pugno dal signor Fagioli e le foto Pim0047 e 20.P1.22A-23….” Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007 pag. 47/48/49
Rispetto alla barca raffigurata nella foto Pim 0047 che mi viene mostrata, l’imbarcazione di cui parlo era molto più larga e più bassa ed era completamente diversa da quella che vedo in foto. Da quando vidi la barca più piccola dirigersi ad altissima velocità verso l’Isola Polvese a quando vidi anche l’imbarcazione più grande, saranno passati dal minuto ai dieci minuti massimo. Quando io notai tutte e due le barche insieme, potevano essere distanti tra loro da venti metri a duecento metri circa. Finché le ho guardate, ho notato che non si sono toccate ma non so quello che è successo prima che io rialzassi lo sguardo. Poiché me lo chiede, posso dirle che, grosso modo, nel punto dove si trovavano le due imbarcazioni, l’acqua è profonda circa quattro metri. Per circa venti minuti, poi, non ho più guardato in quella direzione perché ero intento a finire le mie cose. Ripeto che non ho più guardato in quella direzione e, a un certo punto, me ne sono andato via che era ancora giorno pieno. La mattina successiva sono andato a caccia verso le cinque della mattina ma non si riusciva a cacciare perché dall’alba vi era un andirivieni di elicotteri che giravano e non sapevo il motivo di questa mobilitazione. L’ho saputo solo la sera dello stesso giorno, verso le 18,30, quando sono tornato a casa e mio padre mi ha detto che era scomparso il figlio del Prof. UGO NARDUCCI. Nei giorni successivi ho notato un analogo dispiegamento di forze e, un giorno, rientrando a casa, ho saputo, no so se dalla televisione o dai giornali, che il NARDUCCI era stato ritrovato e che si era trattato di un malore. Parlai qualche tempo dopo con il pescatore che aveva ritrovato il cadavere a Sant’Arcangelo, UGO BAIOCCO e questi mi disse che il cadavere era irriconoscibile e inguardabile, perché gonfio e nero e mangiucchiato dai pesci. Il BAIOCCO, con cui presi un caffè, mi appariva sconvolto dall’avvenimento e mi pregò di non parlargli più di quella storia (..). Vedi: Sentenza Micheli Pag. 450