Mostro, ‘suicidio’ troppo sospetto
Impiccato ma con i piedi appoggiati a terra ed una mano tra il collo e la corda, come per allentare la stretta. Una morte strana, troppo in fretta liquidata come suicidio e ben presto diventata uno dei tanti misteri che hanno costellato l’ inchiesta sul mostro di Firenze. Quell’ uomo era il marito di una delle amanti di Pacciani e si chiamava Renato Malatesta. Il suo cadavere è stato riesumato ieri, 27 anni dopo la sepoltura. La procura di Firenze ha riavviato nelle scorse settimane, su richiesta del gip, l’ indagine sulla scomparsa di Malatesta. Da subito si capì che qualcosa non andava ma la prima inchiesta si è arenata, tra molti dubbi degli inquirenti, addirittura nel gennaio scorso, quando il gip ha dovuto archiviare. Poco dopo quella decisione alcuni testimoni si sono presentati ed hanno fornito elementi interessanti ai pm Paolo Canessa e Alessandro Crini, così il fascicolo è stato riaperto. L’ ipotesi è omicidio volontario e gli indagati sono Antonio Andriaccio, cognato di Malatesta, e Filippo Toscano, ex appuntato dei carabinieri. Per ripercorrere la vicenda di Malatesta bisogna risalire alla fine degli anni Settanta. Il mostro aveva già colpito due volte, nel ’68 e nel ’74 e stava per iniziare la serie dei duplici omicidi degli anni Ottanta. La moglie di Malatesta era Antonietta Sperduto, che fu amante di Pacciani e Vanni. «Lui venne a caccia vicino a casa mia. Disse che non aveva moglie né nessuno. E si prese un po’ di confidenza. Mio marito era vivo, sì, i figlioli erano tutti piccini. Facevamo l’ amore a casa mia e anche in macchina». Così la donna raccontò come nacque la sua relazione con Pacciani durante il processo del ’94 contro il contadino di Mercatale. Suo marito sapeva di quegli incontri e provava pure a protestare, in cambio prendeva botte da Pacciani e gli altri, forse anche da Toscano. Alla fine i due “compagni di merende” portarono via la donna e i tre figli di Malatesta, che per un po’ andarono a vivere nella casa di Faltignano del mago Indovino, un altro dei tanti personaggi grotteschi e drammatici che segnano la vicenda del mostro. Renato restò solo nella casa di Sambuca e si impiccò in cantina. Era un uomo spaventato, un testimone raccontò agli inquirenti che dormiva con un falcetto sotto il cuscino per paura di essere ucciso. «Sicuro caso di suicidio», riferiva il fonogramma partito dai carabinieri di San Casciano. Toscano quel giorno, il 24 dicembre del 1980 era nella stazione insieme al comandante e pare che intervenne sul luogo del delitto. Bisogna chiarire se è stato lui a liquidare velocemente il caso come la scelta di un uomo abbandonato dalla moglie. «A suo tempo – spiegano oggi i pm – non venne fatta l’ autopsia, abbiamo disposto la riesumazione del cadavere per capire se oggi si riesce a sapere di più della morte». La figura di Toscano era entrata nell’ inchiesta sul mostro anche per un motivo più direttamente riferito agli omicidi. L’ ex carabinieri fu indagato perché si sospettava avesse consegnato dei proiettili calibro 22 a Pacciani e gli altri. Andriaccio entra in scena perché ha detto di aver trovato Malatesta impiccato già il 23 dicembre, di sera. Bisogna capire come mai si trovava a casa dell’ uomo morto e come mai dà una versione diversa sull’ ora della morte.
MICHELE BOCCI