L’11 Gennaio 2010 rilascia testimonianza Alfredo Virgillito escusso dal ten. col. Massimo Giraudo delegato il giorno 4 gennaio 2011.
Il Virgillito espone che la “comune conoscenza” con il col. Giraudo, cui aveva fatto riferimento nella prima telefonata del 22 dicembre 2010, era il giudice Guido Salvini, all ‘epoca in servizio presso il Tribunale di Milano, con il quale il Virgillito si era incontrato dopo averlo contattato su indicazione telefonica di una donna che lavorava presso lo studio legale Pisapia: a tale studio il Virgillito si era rivolto, per pregresse conoscenze, in quanto voleva ottenere un contatto con un magistrato che si occupasse di terrorismo. Proprio il giudice Salvini gli aveva indicato il nome del col. Giraudo (dandogli il suo numero di telefono), come quello di persona in grado di sentirlo e di svolgere indagini, nonchè come “conoscitore del mondo dell’intelligence statunitense “(Virgillito aveva detto al giudice, infatti, di voler rivelare quanta a sua conoscenza sul coinvolgimento dei servizi americani nella strategia della tensione in Italia). Virgillito dichiarava pure di avere collaborato per anni con la DEA e l ‘FBI e che pertanto si trovava in una grave situazione di pericolo di vita temendo che esponenti di livello della criminalità organizzata gravitanti nel milanese lo volessero per questa uccidere. Voleva rientrare negli Usa, ma non poteva farlo, perchè, avendo alterato un documento ivi rilasciatogli, avrebbe rischiato una pena detentiva fino a cinque anni di reclusione. Si dichiarava pessimista sulle sue possibilità di sopravvivenza: anche l’FBI, infatti, nutriva propositi di vendetta nei suoi confronti per le modalità dell’interruzione dei suoi rapporti di collaborazione ed il proprio rifiuto di operare da infiltrato. Il suo desiderio, comunque, era solo quello di tornare a vivere negli Stati Uniti con documenti che gli avrebbero garantito di farlo in condizioni di sicurezza e lavorando onestamente. Chiedeva al col. Giraudo di mettere a verbale che egli “era un porco, un maiale, un vero infame”. Virgillito a quel punto dichiarava di “avere appreso abbastanza recentemente da un suo contatto nell’intelligence statunitense del coinvolgimento dei servizi americani nella strategia della tensione in Italia e di avere deciso di rivelare tutto per il bisogno intima di redimersi “. Narrando la sua storia personate, Virgillito Alfredo dichiarava che suo padre Carmelo era cugino di secondo grado del defunto Michelangelo Virgillito, famoso costruttore milanese. La famiglia del Virgillito, originaria di Paterno (CT), era alla lontana imparentata con la famiglia dell’on.le Ignazio La Russa (ndr: fino a pochi mesi fa ministro della Difesa). Virgillito Alfredo dichiarava anche che, finiti gli studi a Milano e prima di trasferirsi negli Stati Uniti, aveva lavorato in una società che si occupava di assicurare il servizio d’ordine ai concerti. Titolare della società (Trident) era tal Graziano Bianchi, tramite il quale egli era entrato in contatto con esponenti di rilievo della criminalità: avrebbe dovuto investire negli Usa i proventi del narcotraffico e ciò gli aveva consentito, una volta trasferitosi negli Usa, di “proporsi all’FBI per combattere il crimine “.
A questo punto, il Virgillito raccontava al ten. col. Giraudo numerose circostanze non riguardanti la strage di Piazza Fontana (e, dunque, qui non approfonditamente riassunte), ma il suo ruolo di “militante contro il crimine” (n.d.r.: definizione dell’ufficio), alcune prive allo stato di qualsiasi riscontro (come quella di aver subito un attentato nel 2006 a San Francisco presumibilmente ad opera di Graziano Bianchi che voleva “vendicarsi per l’aiuto fornito all’FBI) ed altre totalmente false, come quella di essersi incontrato, forse nel 1993, con lo scrivente PM dr. Spataro per vicende di criminalità organizzata (aggiungeva che aveva recentemente informato il Console italiano a San Francisco del suo desiderio di contattare di nuovo tale magistrato).
Virgillito si dichiarava, infine, in grado di riferire circostanze utili alle indagini relative alia strage di Piazza Fontana del 12 dicemhre 1969. Fonte delle notizie in suo possesso sarebbe stato tale Joe, un agente della CIA che aveva conosciuto nel 1988 a S. Francisco tramite il nipote di Lucky Luciano. Joe gli aveva detto di essere di origine pugliese, ma nato a Filadelfia (dove i genitori pugliesi erarno emigrati) e di avere lavorato per fa stazione Cia di Helsinki dal novembre del 1988. Virgillito ha poi raccontato di avere rivisto Joe prima nel 1992 (allorchè dimostrava 58-60 anni) e poi nel 1995 allorchè l’americano, che probabilmente viveva nei pressi di San Francisco, a Sausalito, gli disse di essere andato in pensione ma di “lavorare ancora nel privato”. Nel 1992, Joe, nel richiedergli una certa collaborazione, gli aveva mostrato il proprio tesserino della CIA, pur coprendo il proprio cognome con una mano. A proposito dell’incontro del 1995 al Caffe Portofino di San Francisco, Alfredo Virgillito affermava, invece, di esservisi recato per incontrare Joe indossando barba, baffi e capelli biondi poichè la zona era per lui pericolosa. Proprio a quest’ultimo periodo risalirebbero alcune attività illegali – a dire il vero abbastanza inverosimili – che Joe propose a Virgillito ricevendo da lui un rifiuto. Solo dopa un ulteriore incontro risalente al maggio-giugno 2001, Virgillito aveva accettato di svolgere, su richiesta di Joe, “che era cambiato, beveva e sniffava cocaina “, alcune attività retribuite, ricevendo in una occasione da lui una pistola e nel 2003 una MP7, “arma micidiale “.Reincontro nel 2006 Joe a Sausalito e nel maggio del 2010 allorchè gli chiese aiuto per evitare di essere espulso dagli USA.
Alla luce della precedente indicazione sull’apparente età di JOE nel 1992 (58/60 anni), si deve dunque desumere che nel 2010 Joe avesse o dimostrasse poco meno di 80 anni.
Nel maggio del 2010, dunque, Joe lo portò in auto “in un luogo alto dal quale si godeva di tutta la vista del Golden Gate”(quindi, nei pressi di San Francisco: ndr). ivi giunti, Joe “inizio a piangere, un pianto irrefrenabile” e gli racconto che nel 1967, quando lui era in servizio all’ambasciata di Roma e già inquadrato nella CIA aveva conosciuto Michelangelo Virgillito (del cui rapporto di parentela con Alfredo aveva appreso parlando con quest’ultimo negli anni precedenti). che era stato una spia dell’OVRA prima, dell’OSS dopo e che, infine, era stato assoldato dalla CIA. Joe aveva ancora raccontato che, a seguito di disordini studenteschi, la Cia (come gli americani) era terrorizzata che i comunisti potessero prendere il potere in Italia e, dunque, lui stesso aveva coinvolto Michelangelo Virgillito nell'”Operation Vinci” (cosi chiamata, a dire di Alfredo Virgillito, perchè a Milano e presente “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci), consistente nell’effettuare attentati non letali, di notte, all’interno delle banche che sarebbero serviti a mandare un chiaro messaggio (ndr: Virgillito Alfredo non spiegava quale ed il col. Giraudo non glielo domandava) al Movimento Studentesco, in particolar modo a quello della Statale, e al PCI. In cambio, Michelangelo Virgillito, che avrebbe dovuto finanziare l’operazione e fornire appoggio logistico, avrebbe potuto guadagnare con abili speculazioni in borsa. Michelangelo Virgillito valle conoscere i nomi di tutti coloro che erano coinvolti nell’operazione ed i loro ruoli, rivelando le notizie apprese ad Antonino La Russa, Michele Sindona e Ligresti, tutti di Paterno, eccetto Sindona. A detta di Joe, c’erano più ordigni in banche diverse e la bomba esplosa nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Piazza Fontana, era partita dall’Albergo Ambasciatori di proprietà del Virgillito M, che distava 3 minuti dalla piazza stessa. La strage, però, voluta dagli americani ma tenuta nascosta al loro camplice Michelangelo Virgillito, aveva spaventato questo ‘ultimo al punto da indurlo a chiedere di bloccare le ulteriori fasi del piano. Alfredo Virgillito dichiarava al col. Giraudo di avere riferito subito, al massimo una settimana dopo l’incontro con Joe, al Console Italiano a San Francisco (di cui non ricordava il nome) la notizia secondo cui Michelangelo Virgillito era responsabile della strage di Piazza Fontana e aveva chiesto al console di volere entrare in contatto con il dr. Spataro. II Console gli chiese se la pista era la stessa anche per le stragi di Brescia, dell’Italicus e di Bologna e Virgillito rispose di non saper nulla in proposito. Alfredo Virgillito aggiungeva che, nonostante la crisi di pianto, Joe era assolutamente sobrio, cioè non era sotto l’effetto di alcool o stupefacenti. Alfredo Virgillito forniva altre notizie su Joe (probabile nome vero dell’americano): “non stava bene .. e stato sposato con una americana dalla quale ha poi divorziato e ha una figlia che ha studiato a Stariford.. è alto circa 1,82, calvo (nel 2010), con lui aveva sempre parlato in inglese etc.” Alfredo Virgillito, infine, dichiarava che circa due mesi dopo avere ricevuto le confidenze di Joe, un ‘altra persona a lui particolarmente legata, della quale non intendeva comunque rivelare il nome, gliele aveva confermate (senza sapere di Joe e dei suoi discorsi con Alfredo Virgillito): Michelangelo Virgillito gli era stato indicato anche da questa fonte quale spia dell’OVRA e mandante della strage, animato dall’intenzione di speculare ma senza volontà di uccidere. Circa il piano stragista, la persona in questione riferiva ad Alfredo Virgillito che “c’erano altre bombe che non erano esplose perchè trovate o rimosse “.
Alfredo Virgillito si riservava di rivelare il nome di quest’altra fonte. Nel verbale, anzi, si legge quanto segue: “L’Ufficio da atto che chiesto al teste se la terza persona fosse il padre, questi non ha risposto e si e messo a ridere“.
Nella parte finale del verbale, si legge anche che Alfredo Virgillito invitava gli investigatori a “non pensare che il pericolo provenga solo dalla mafia e non da Piazza Fontana. La fondazione Michelangelo Virgillito e molto attiva e mi risulta pur non potendolo provare che sia coinvolta in attività illecite (non veniva spiegato quali) la cui esposizione della figura del fondatore potrebbe arrecare innumerevoli danni… anche la mia parte di affermazioni su Piazza Fontana, nonchè quelle che potrebbero essere fatte dall’altra persona, potrebbero scatenare una reazione a catena dai risultati incontrollabili “.
Vedi 24 aprile 2012 Richiesta archiviazione strage piazza Fontana pag: 29/30/31/32/33