Caso Forteto / Anni di processi, poi le condanne. Nel silenzio diventarono verdetti
Firenze, 25 giugno 2015 – Una condanna. Un’assoluzione in Appello. La Cassazione che rinvia al secondo grado, che riforma la sentenza e condanna di nuovo. In via definitiva. Sette anni: tanto durò il ping pong giudiziario della prima inchiesta su Rodolfo Fiesoli, sul suo braccio destro Luigi Goffredi e sulla, allora giovane, cooperativa del Forteto. Dal 1978 al 1985, in un clima quasi mai ostile verso il «sogno» comunitario e cooperativo che animava quei “ragazzi”. Certo, gli ideali e la missione erano lusinghieri. Peccato che che quei minorati psichici a cui il Forteto dava accoglienza in cambio di lustro e riconoscenza delle istituzioni, furono le prime vittime di Fiesoli e Goffredi.
Novembre 1978: vengono spiccati gli arresti per il capo e l’ideologo della comunità mugellana che a quei tempi era stanziata a Bovecchio, nel comune di Barberino. Restano in carcere tre mesi, alle Murate, poi cessano le esigenze cautelari. Nel frattempo, la comunità fa quadrato intorno ai loro capi, ma contemporaneamente apre le sue porte all’esterno: qualche cronista si arrampica in Mugello, per testimoniare la realtà di vita e di lavoro. Si arriva comunque al processo, con una dozzina di capi d’imputazione che vanno dagli atti di libidine violenta (anche ai danni di un veterinario esterno al Forteto), ai maltrattamenti, alla violenza privata, alla corruzione di minorenne, all’usurpazione di titolo (Fiesoli e Goffredi all’inizio della loro ’carriera’ si spacciavano per medici o psicologi), agli atti osceni in luogo pubblico.
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