Taxi Siena 22, una storia di morte e misteri lunga vent’anni
Il 9 agosto di 20 anni fa il delitto della tassista: ne scrive il giornalista di Cronaca & Dossier Paolo Mugnai
Una notte di agosto nelle colline senesi, un taxi bianco e una giovane ragazza.
Questa storia comincia così. Questa storia è un mistero.
Venerdì 8 agosto 1997, caldo e tempo di Palio nella città di Siena, ed Alessandra Vanni che tra pochi giorni compirà 30 anni, lavora come centralinista alla cooperativa del Consorzio tassisti senesi, prendendo la chiamate dei clienti e passandole ai colleghi.
Ma Alessandra non è soltanto la voce dei tassisti, Alessandra sta facendo pratica per ottenere la licenza di abilitazione alla guida dei taxi, per questo si mette spesso alla guida di un’Alfa Romeo 155 bianca in dotazione a suo zio Onorio, storico tassista di Siena.
Anche la notte tra i giorni 8 e 9 agosto dopo un pomeriggio passato al centralino, Alessandra decide di prendere il taxi e comincia a girare per le vie della città. Lo zio Onorio, proprietario del taxi Siena 22 si trova infatti in Ungheria per assistere ad un gran premio di Formula 1 e per Alessandra, l’occasione per fare pratica sul taxi è ideale.
Ricostruendo quelle ore, sappiamo che dalle 14 alle 21 Alessandra è davanti alla consolle del centralino che sta raccogliendo le chiamate dei clienti. Alle 21 inserisce il centralino automatico, il quale passa le chiamate direttamente alle radio di tutti i tassisti che si trovano in servizio quella sera.
“Sono le 21, sono le 21 ed inserisco il centralino automatico, buona notte a tutti”. Queste sono le ultime parole pronunciate attraverso la radio e con le quali Alessandra si congeda dai suoi colleghi.
Proseguiamo nel viaggio, Alessandra torna a casa, cena fino alle 22 e poi decide di prendere il taxi e tornare a lavoro. Questa è una scelta inusuale, perché ad Alessandra solitamente non piace guidare la notte, ma forse sta prendendo sicurezza, forse quel lavoro lo sente sempre più suo. Poi Siena è una città piccola, una città tranquilla, una città dove tutti si conoscono.
Alle 22:30 partendo da piazza Matteotti, punto di ritrovo dei taxi, il tassametro di Siena 22 comincia a scorrere e come una scatola nera registra tutti gli spostamenti di Alessandra.
La ragazza si reca alla stazione di Siena, carica due paracadutisti e li accompagna alla vicina caserma situata in piazza d’Armi. Quindi fa salire una famiglia di inglesi e alle 23:07 riceve l’ultima chiamata, sono due studenti che si fanno portare in piazza Gramsci. Da qui, pochi metri e Siena 22 è di nuovo fermo in piazza Matteotti. Sono le 23:18, qualche parola scambiata con i colleghi, poi Alessandra rimane da sola e non riceve più chiamate dal centralino automatico.
Ma alle 23:25 Alessandra imposta sul tassametro la tariffa 2, quella extraurbana e si dirige fuori città imboccando la via Chiantigiana 222. Non sappiamo se a bordo del taxi Siena 22 sale qualcuno incontrato in piazza Matteotti, oppure la ragazza sta andando ad un appuntamento concordato precedentemente. Quasi sicuramente si tratta di una attività lavorativa, altrimenti perché attivare il tassametro con la tariffa extraurbana?
Prima delle 24 Alessandra arriva nella frazione di Quercegrossa, dove viene notata da alcuni testimoni transitare almeno due volte davanti al bar del paese, facendo manovre come se stesse cercando un indirizzo. Alcuni testimoni dichiarano di aver visto a bordo del taxi due passeggeri, altri di averne visto soltanto uno, altri ancora affermano di aver notato soltanto Alessandra ed il suo taxi.
Ma cosa sta cercando la tassista a Quercegrossa? Alcuni indizi ci portano ad un somalo di nome Stefano Nicolino Mohamed, nato a Mogadiscio nel 1949 e conosciuto in città con il soprannome Steve. Nicolino, simpatizzante della contrada della Selva che fino alla settimana prima abitava a Ponte a Bozzone, si è trasferito da qualche giorno a Quercegrossa ed il taxi lo utilizza abitualmente perfarsi accompagnare a lavoro. Con Alessandra ha stretto una conoscenza proprio per questioni lavorative, infatti anche il pomeriggio stesso di quel venerdì, Alessandra chiama Nicolino chiedendogli se vuole ricevere in dono dei gattini, che la ragazza ha trovato abbandonati in una scatola di cartone legata con uno spago fuori dal consorzio dei tassisti.
Ma quella sera, stando alle dichiarazioni di Nicolino, non avviene nessuno incontro con la tassista.
Ritorniamo al taxi Siena 22, alla sua corsa nella campagna senese e ad Alessandra, che uscita da Quercegrossa si dirige verso il paese di Castellina in Chianti. Dei testimoni vedono il taxi rallentare e fermarsi in località Fonterutoli (poco prima di Castellina), davanti ad una bottega di un fabbro e, dal lato destro posteriore vedono uscire un uomo che rientra rapidamente al suo interno, ma questa volta sedendosi accanto al posto di guida.
Il viaggio di Siena 22 riparte, arriva a Castellina in Chianti intorno alle 24:05, sorpassa leggermente il paese e nei pressi del cimitero comunale gira sulla destra imboccando una stradina sterrata che porta ad una radura adibita a punto di raccolta e ritiro dei rifiuti.
Alessandra fa manovra e mette l’Alfa 155 in direzione della via di uscita, come per rientrare nella Chiantigiana.
Il tassametro di Siena 22 segna 55 mila 200 lire, esattamente il prezzo della corsa Siena-Castellina e si fermerà per sempre alle 24:09.
Adesso Alessandra è nel suo taxi bianco parcheggiato in una radura buia accanto al cimitero, in compagnia di una o più persone.
Non sappiamo cosa accade in quei minuti, ma il risultato di quell’incontro lo scoprirà Luciano Boschi, un ex ferroviere residente a Castellina, che la mattina del 9 agosto alle 6:30 mentre si sta recando a scaricare dei materassi, vede un taxi parcheggiato con una ragazza a bordo. L’uomo si avvicina ad Alessandra che sembra dormire, la ragazza ha la testa reclinata sulla spalla destra, indossa una maglia bianca a trama traforata, dei blue jeans e dei sandali. L’ex ferroviere le sta per chiedere se va tutto bene, ma ancor prima di aprire bocca si pietrifica. Quella ragazza non dorme, quella ragazza è morta strangolata.
L’uomo corre impaurito a chiamare la questura di Siena che manda immediatamente una volante sulla scena del crimine, seguita dai carabinieri di Castellina operanti per competenza territoriale.
Cominciano i primi rilievi sul cadavere e sull’auto. Alessandra ha le mani legate dietro al sedile con una cordicella di canapa, attorno al collo un solco, sotto il mento presenta un segno a forma di X lasciato dalla corda e sul lato destro del collo due segni lasciati probabilmente da alcune unghiate. Sul sedile posteriore c’è un’estesa macchia, forse sudore.
Nei giorni successivi gli inquirenti battono varie piste, dalla rapina perché l’incasso della serata (140 mila lire) è sparito, a quella passionale, a quelle della droga, alla pista del maniaco, fino a quella esoterica.
Quasi due settimane dopo l’omicidio si verifica un fatto del tutto singolare, soprattutto dal punto di vista della letteratura criminologica. Alla stazione dei carabinieri di Castellina arriva una busta affrancata e spedita da fuori Siena, contenente una lettera anonima. La aprono, provano a leggerne il contenuto ma non riescono a decifrare la lingua, la lettera è infatti stata scritta in latino.
I carabinieri si dirigono dal parroco del paese, Don Gino Giannini e chiedono a lui il significato di quella scritta criptica “Quis est dignus aperire librum et solvere signacula eius?”.
Per Don Gino, profondo conoscitore della lingua latina e delle Sacre Scritture, è facile capire che quella frase si tratta di un passo dell’Apocalisse di San Giovanni, un’opera religiosa composta da 22 capitoli.
Il significato della frase è questo: Chi è degno di aprire il libro e di scioglierne i sigilli?
Che relazione ha questa lettera con l’omicidio e chi l’ha inviata? Un mitomane e quindi la lettera non ha nessun senso, oppure qualcuno che conosce i dettagli del delitto o addirittura la mano assassina stessa che sta sfidando gli inquirenti?
Non lo sappiamo, ma se vediamo il nodo che è stato fatto con la corda che lega le mani di Alessandra, non possiamo non pensare a quella scritta.
La corda infatti è stata legata prima su una mano della ragazza, poi sull’altra, quindi è stata fatta una serie di spire apparentemente arruffate attorno all’asse della corda, poi l’ultimo spezzone rimasto è stato assicurato alla barra metallica situata sotto al sedile di guida. È un nodo che ha richiesto impegno e che ha costretto gli assassini a rimanere dentro al taxi minuti preziosi, con la luce accesa e con il rischio di essere scoperti. È un nodo che ricorda un sigillo?
La consulenza medico legale stabilirà che le mani di Alessandra sono state legate post mortem, poiché i segni lasciati dalla pressione di una corda su un corpo dove non circola più il sangue, sono completamente differenti dai segni lasciati su un corpo vivo. Alessandra è stata uccisa tra le 1 e le 3 di notte.
Una perizia merceologica dimostrerà inoltre che la corda utilizzata per strangolare Alessandra è la stessa che poi è stata usata per legarle le mani dietro al sedile. Una corda che probabilmente legava un pacco di colore rosso, forse proprio quello con i gattini raccolto da Alessandra di fronte al consorzio taxi e mai più ritrovato?
La questione si fa quindi ancora più complicata. Perché legare le mani della ragazza dopo che ormai è morta? Non può scappare, non può chiedere aiuto.
L’unica funzione possibile potrebbe essere quella di tenere il corpo della giovane tassista in posizione eretta sul sedile di guida, dando l’impressione che stia dormendo.
Altre ipotesi, risultano irrazionali o comunque relegate ad una mente di tipo maniacale.
In verità potrebbe essere presa in considerazione anche una terza ipotesi, quella simbolica e che si ricollega alla frase dell’Apocalisse. Chi è degno di sciogliere il sigillo? Chi è in grado di sciogliere il sigillo fatto attorno alle mani di Alessandra?
Purtroppo queste domande sono rimaste per ora senza una risposta.
Altre informazioni interessanti vengono dal tipo di solco lasciato dalla corda sul collo di Alessandra. Si tratta di un solco definito “duro” ovvero prodotto da una corda con potere escoriante, tipo la canapa. Un solco prodotto con trazione verso destra. Un solco che si estende su tutto il collo e che sul davanti, appena sotto al mento, si biforca come a formare una X. Secondo alcuni esperti della Polizia Scientifica che si sono interessati alla ricostruzione della scena del crimine, il segno lasciato sul collo di Alessandra è del tutto particolare e può essere stato prodotto da un’azione di strangolamento non istintiva, non logica, ma bensì studiata e messa in atto con tecnica e determinazione.
Probabilmente l’assassino ha preso la corda per le due estremità, poi incrociando i polsi e tenendo i gomiti alti, forma un cappio che fa passare attorno alla testa della vittima. A questo punto l’assassino allontana i polsi, la corda comincia a tirarsi e sul davanti si sovrappone ed incrocia formando una X. Tutto avviene in un attimo, per la vittima non è più possibile inserire le dita sotto la corda per provare ad allentare la presa e forse, quei segni repertati sul lato sinistro del collo sono stati prodotti dalle unghie di Alessandra nel tentativo disperato di rispondere all’aggressione. Pochi secondi ed Alessandra adesso è priva di vita, le luci del taxi si spengono e il buio ritorna ad inghiottire quella radura, tra il canto dei grilli e il caldo afoso di una notte di agosto.
Questa morte ha impressionato tutta Siena, una città dove apparentemente non succede mai niente, una città tranquilla. In questi anni sono stati fatti appelli, indagini, lettere anonime giunte alle redazioni dei giornali, sensitivi che pensavano di aver trovato la soluzione al caso. Ma nessun risultato concreto, nessun colpevole da assicurare alla Giustizia ed il caso viene dimenticato.
Ma una mattina del 2013 le prime pagine dei giornali riportano a caratteri cubitali un colpo di scena: la Procura di Siena ha riaperto il caso della tassista, ci sono sei indagati ed una salma riesumata per indagini investigative.
Sei indagati dopo oltre quindici anni non sono pochi, sembra di essere a questo punto sulla strada che può condurre ai responsabili di questo delitto. Vengono fatti incroci, analisi comparate del DNA con le tracce repertate a suo tempo dalla scientifica sul taxi, su un bulbo pilifero trovato sulla corda e sul corpo di Alessandra. La salma riesumata dalla quale viene estratto il DNA appartiene a Stefano Nicolino, il somalo di cui abbiamo parlato all’inizio di questa storia, morto nel 2006 e sepolto nel cimitero di Uopini. Forse quella sera Alessandra aveva veramente incontrato Nicolino, forse lui ha a che fare con questa brutta storia. Si riaccendono le speranze, che però purtroppo, tornano a spegnersi dopo pochi mesi. I test del DNA hanno dato esito negativo, né Nicolino né gli altri indagati hanno a che fare con l’omicidio di Alessandra.
Si riparte da capo ma la verità sembra impossibile da raggiungere e sempre più sfumata.
Il viaggio riparte da qui, dalla piazzola sterrata dove quella sera d’agosto l’Alfa taxi Siena 22 ha lasciato le sue impronte per sempre. Riparte dai contorni di questa storia. Riparte raccogliendo e interpretando quell’invito anonimo scritto in latino: arriverà qualcuno in grado di fornire le informazioni chiave per aprire il libro e, leggendone i pezzi di verità contenuti al suo interno, verrà sciolto il sigillo fatto attorno alle mani di Alessandra?
Paolo Mugnai
SPECIALE RADIOSIENATV – Taxi Siena 22, una storia di morte e misteri lunga vent’anni