Il killer Zodiac mi ha confessato: «Sono io il mostro di Firenze»
Un ex ufficiale dell’esercito Usa che ha vissuto in Italia racconta al «Giornale» di essere l’assassino seriale più ricercato degli Stati Uniti e il pluriomicida che terrorizzò la Toscana Le coincidenze esistono. E adesso indagano…
Francesco Amicone
«Non mi sono consegnato per non mettere nei guai gli altri». Un ex militare americano ha ammesso di essere l’autore dei delitti del cosiddetto Mostro di Firenze commessi fra il 1974 e il 1985. Un’inedita testimonianza al vaglio in queste settimane della Procura di Firenze racconta che l’uomo, oggi ottanduenne, ha ammesso in una telefonata di alcuni mesi fa di essere il serial killer già noto negli Stati Uniti con il nome di «Zodiac». La testimonianza è corroborata da compatibilità biografiche e dalla presenza del nome dell’autore delle ammissioni nei messaggi cifrati di Zodiac inviati ad alcuni giornali americani fra il 1969 e il 1974. L’uomo sarebbe «l’americano» che uno dei presunti complici del Mostro, Mario Vanni, aveva indicato come il vero serial killer, «Ulisse», «il nero», in una conversazione intercettata il 30 giugno 2003 nel carcere Don Bosco di Pisa.
Il documento che parla delle ammissioni di “Ulisse” sotto esame della Procura di Firenze è arrivato al Giornale attraverso la rivista Tempi, oltre a contenere la testimonianza, è corroborato da dati biografici e dalla soluzione di quattro indovinelli sull’identità di Zodiac, che contengono effettivamente il nome e il cognome dell’uomo. Si tratta di un documento scarno, di quattro pagine, che con toni chiari e netti descrive una ammissione di responsabilità inequivocabile da parte del presunto serial killer che fra il 1974 e il 1985 uccise almeno sette coppie di ragazzi nelle campagne attorno a Firenze. L’autore delle confessioni è un ex funzionario americano in pensione, con conoscenze radicate sul territorio fiorentino. Un uomo sul quale nessuno aveva mai nutrito sospetti fino a pochi mesi fa. Nella sua ventennale carriera nell’esercito Usa era stato coinvolto soltanto in un sospetto episodio di sangue avvenuto in Vietnam.
«I MIEI COLLEGHI SAPEVANO»
Ulisse, secondo il testimone ascoltato ad aprile dagli inquirenti, è il vero autore dei duplici omicidi fiorentini, nonché l’uomo che fra il 1966 e il 1969, uccise almeno 6 persone in California, rivendicando i propri crimini in lettere inviate alla stampa e firmate con il nomignolo di «Zodiac». L’americano avrebbe ammesso le sue responsabilità in una telefonata dell’11 settembre 2017, ma riportata ufficialmente agli inquirenti il primo marzo di quest’anno. A detta del testimone, Ulisse ha insinuato che alcuni ex colleghi dell’esercito fossero al corrente della sua doppia vita: «lo sapevano».
I COMPAGNI DI MERENDE
Il contesto in cui sono maturate le ammissioni di Ulisse è l’epilogo di indagini e processi che non hanno portato alla soluzione di tre delitti su sette. Gli altri quattro risultano solo parzialmente “risolti”, con una verità processuale molto discussa.
Il contadino Pietro Pacciani, l’ultimo di una lunga teoria di sospetti «mostri», concluse la sua esistenza terrena il 22 febbraio 1998 in attesa del secondo processo d’appello, dopo una condanna in primo grado e un’assoluzione al primo appello annullata dalla Cassazione. Contro il parere della Procura Generale di Firenze, furono condannati nel 2000 i presunti complici di un «mostro» assolto in appello: il postino Mario Vanni e il disoccupato Giancarlo Lotti. L’inchiesta, tuttavia, non è mai stata conclusa. Il documento in possesso del Giornale ribalta la parziale “verità” raggiunta nel processo ai «Compagni di merende» e conferma quanto da sempre una gran parte degli studiosi del caso aveva sospettato: dietro agli omicidi del Mostro, non c’era una compagnia di poveri emarginati come Pacciani, Vanni e Lotti, ma qualcuno che oltre a sapere sparare e a possedere una pistola (cosa mai riscontrata per nessuno dei compagni di merende) aveva le doti per compiere i propri delitti senza essere mai individuato.
L’INCONTRO CON «ULISSE»
La vicenda che ha portato all’ammissione di colpevolezza da parte di Ulisse, spiega il documento in possesso de Il Giornale, è maturata nell’estate 2017. Il testimone (un giornalista) lo ha incontrato, è diventato il suo «biografo» e Ulisse, parlando della sua vita, gli ha fatto la clamorosa rivelazione.
Il sospetto di un coinvolgimento di Zodiac nei crimini del Mostro è una delle ragioni che hanno portato al primo incontro fra il testimone e il presunto serial killer nel maggio 2017. Durante l’appuntamento, Ulisse si è mostrato piuttosto nervoso e guardingo. Secondo il giornalista, aveva capito quale fosse il reale motivo del loro appuntamento, confermandolo con allusioni e più di una battuta ambigua. Dopo averne vinto la diffidenza, in uno dei successivi incontri, il testimone si è proposto come «biografo» e Ulisse ha accettato.
Durante l’estate del 2017, mentre trapelavano notizie su nuove indagini sul Mostro riguardanti l’ex legionario francese Giampiero Vigilanti, cogliendo l’occasione, il giornalista ha chiesto un commento a Ulisse, che è stato disposto a parlare.
MACABRE COINCIDENZE
Prima di accennare a una connessione fra i casi “Zodiac” e “Mostro”, il giornalista ha chiesto a Ulisse se nel 1970 si trovasse, per caso, sul Lago Tahoe, dove si consumò uno dei delitti del serial killer americano. «Dopo un silenzio durato venti secondi», si legge nel documento, Ulisse ha assentito. «Poi ha detto che non poteva parlare di quegli anni per via del suo lavoro». Non un’ammissione di poco conto. Nel 1970, una vittima di «Zodiac», Donna Lass, venne rapita nella zona del Lago Tahoe.
Quando Ulisse ha affermato di aver soggiornato nel 1969 nel nord della California, a Santa Rosa, a pochi chilometri dal luogo del delitto di diversi crimini di Zodiac e, ancora, nel 1966 a Riverside, sempre in California, dove fu uccisa un’altra presunta vittima dell’assassino enigmista, il testimone si è reso conto che davvero poteva avere di fronte il serial killer americano più ricercato di sempre. Secondo il giornalista, non c’erano dubbi che si trattava dello stesso americano citato da Vanni, un uomo che aveva incontrato qualcuno in un bosco, probabilmente Pacciani, rivelandogli di essere il Mostro. Ed è ancora Ulisse a confidare al giornalista di aver «visto Pacciani più volte nel bosco», indicando anche la zona vicino a San Casciano in Val di Pesa che il contadino e lui erano soliti frequentare.
UN ISTINTO CRIMINALE
Ulisse possiede quei talenti che i compagni di merende non avevano e che gli hanno consentito di commettere delitti lasciando poche tracce. La sua biografia parla chiaro dice il testimone: «Venti anni nell’esercito, di cui 10 nella Military Police. È anche un veterano della guerra in Vietnam». Dopo aver lasciato gli Stati Uniti, Ulisse si è stabilito in un paese vicino a Firenze, nel luglio del 1974, due mesi e mezzo prima del primo delitto maniacale del Mostro e poco dopo l’ultima lettera spedita da Zodiac a San Francisco, risalente al 29 gennaio 1974. L’uomo, un poliglotta che conosce sia l’inglese che l’italiano, era già stato assegnato in Italia agli inizi degli anni ’60.
Uno dei riscontri che il giornalista riporta è quello della data di nascita di Ulisse. L’Sfpd, la polizia di San Francisco, in una relazione del 5 gennaio 1970 consegnata all’Fbi, dichiara che, durante il periodo natalizio del 1969, un uomo che asseriva di essere l’assassino aveva telefonato a casa di un celebre avvocato, Melvin Belli, sostenendo che fosse il giorno del suo compleanno. Ulisse è nato proprio in quel periodo dell’anno, più precisamente, il 20 dicembre. Nello stesso giorno, il vero Zodiac aveva spedito una lettera a Belli e, l’anno precedente, aveva ucciso una coppia a Vallejo.
NON ROMPERE I COGLIONI AL MOSTRO
Sollecitato dal giornalista a dargli una mano a risolvere il caso degli omicidi seriali, Ulisse una volta avrebbe risposto: «Vuoi rompere i coglioni al Mostro?». Certo che no, ha risposto il futuro testimone, aggiungendo però che i Carabinieri stavano indagando. A quel punto, Ulisse ha chiesto: «Pensi che mi verranno a rompere i coglioni?». «Penso di sì», ha risposto il giornalista. «Lo penso anch’io».
Nel successivo incontro, il giornalista ha sottoposto a Ulisse alcuni documenti relativi ai crimini dei due serial killer, compresi due testi cifrati composti da Zodiac, uno dei quali, in seguito, sarebbe stato risolto grazie ai suoi suggerimenti.
È singolare che aprendo il libro “Zodiac” di Robert Graysmith, Ulisse si sia soffermato su un episodio di cui si vantò il serial killer americano in una delle sue lettere, quando l’11 ottobre 1969, pochi minuti dopo l’omicidio di Paul Stine in Presidio Heights a San Francisco, Zodiac, ingannando due agenti della polizia in pattuglia, aveva indicato loro la direzione in cui aveva visto fuggire una “persona sospetta”.
Ulisse sapeva che Robert Graysmith, l’autore del libro, aveva cambiato cognome e addirittura aveva sospirato alla lettura del nome del detective Dave Toschi. Si sarebbe potuto sospettare che fosse un mitomane senonché i suoi album fotografici confermavano il suo curriculum militare e investigativo. Ulisse, secondo il giornalista, non stava mentendo.
«VANNI? LO UCCIDERANNO»
Durante uno dei colloqui estivi, il giornalista ha mostrato a Ulisse le fotocopie di alcune pagine del libro “Delitto degli Scopeti” di Vieri Adriani, Francesco Cappelletti e Salvatore Maugeri. Quando gli ha indicato il testo in cui si parlava degli scontrini conservati dalle ultime due vittime del Mostro, Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, e che attestavano i loro ultimi spostamenti, Ulisse ha affermato: «Sono tutti i posti in cui vado io». In particolare, l’americano frequentava assiduamente “La Terrazza” di Tirrenia, noto bar della località marittima vicina alla base statunitense di Camp Darby. Lì, a un giorno o due dalla loro morte, era stato emesso uno degli scontrini rinvenuti nell’auto delle vittime, nella piazzola di Via degli Scopeti, a San Casciano in Val di Pesa, dove furono trovati i loro corpi.
Il giornalista ha anche mostrato a Ulisse la trascrizione del dialogo fra Vanni e l’amico Lorenzo Nesi in cui il presunto complice di Pacciani sostiene che il vero assassino seriale di Firenze fosse un americano incontrato da qualcuno, probabilmente dallo stesso Pacciani, in un bosco.
Ulisse, alla lettura di queste poche righe, si è arrabbiato. «Penso che lo uccideranno», ha detto. «Uccideranno chi?», ha chiesto il giornalista. «Vanni». Il postino in realtà era già morto, ma il biografo ha deciso di non dirglielo. Si è limitato a informarlo che, siccome Vanni aveva parlato di un «nero», gli inquirenti avevano cercato un uomo di colore. Sebbene si trattasse di un’ipotesi incerta, la polizia aveva stabilito che il soggetto del racconto di Vanni fosse Mario Parker, un inquilino di Villa La Sfacciata, un fashion designer afro-americano entrato e uscito dall’inchiesta negli anni Ottanta.
«VORREI COSTITUIRMI, MA…»
L’11 settembre 2017, il giornalista aveva in mano la soluzione del messaggio cifrato in cui Zodiac inserì il suo nome in una lettera al San Francisco Chronicle del 20 aprile 1970. La parola chiave per arrivare alla soluzione gli era stata suggerita da Ulisse. Il giornalista ha telefonato l’americano esordendo così: «C’è il tuo nome e cognome su questa lettera. Ora ti leggo la soluzione».
Ulisse invece di negare, si è spaventato: «Lo sapevano…», ha detto, citando i nomi di alcuni ex colleghi di lavoro, alludendo al fatto che fossero a conoscenza dei suoi crimini.
Il reporter gli ha suggerito di costituirsi, come Zodiac e come Mostro di Firenze. E anche di rivolgersi a un sacerdote. In risposta, Ulisse ha sostenuto di non essersi consegnato «per non mettere nei guai gli altri». Sembrava volersi costituire: «Cosa devo portare?», ha chiesto. Il giornalista gli ha indicato un avvocato con cui parlare ma, due giorni dopo le ammissioni, quando è arrivato a Firenze per accompagnare Ulisse dai Carabinieri, l’americano aveva cambiato idea. Da allora, era il 13 settembre scorso, il giornalista e il presunto “Mostro” non si sono più sentiti.