Mostro, caccia al Dna sui bossoli dei delitti

La procura proroga le indagini su medico e legionario, in attesa della super perizia

irenze, 31 maggio 2018 – A un anno esatto dall’iscrizione sul registro degli indagati dell’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti, 88 anni a novembre, e del suo medico, Francesco Caccamo, 87, la procura di Firenze ha chiesto al gip una proroga delle indagini. Ovvero, un altro anno a disposizione degli inquirenti per riscontrare ciò che sia possibile riscontrare sul passato delle due persone sotto inchiesta, ma soprattutto per attendere l’esito di una vastissima perizia scientifica sui reperti a disposizione, su cui un super consulente sta cercando di isolare ogni dna presente. L’accertamento non è facile. Tutt’altro. Il “campionario” è vario, anche se gran parte del materiale analizzabile (tenuto conto dello stato di conservazione) è relativo all’ultimo delitto, quello degli Scopeti. C’è la tenda dei francesi, ci sono le buste inviate ai magistrati (compresa quella con il lembo di seno di Nadine Mauriot), c’è quel fazzolettino insanguinato che una coppia di Prato rinvenne, assieme a dei guanti da chirurgo, in un cespuglio vicino alla piazzola e consegnò ai carabinieri di San Casciano.

Ma la speranza è principalmente riposta nei bossoli sparati nei sedici duplici omicidi che hanno insanguinato i dintorni di Firenze per diciassette anni, tra il 1968 e il 1985. Quelle cartucce Winchester serie H sono state maneggiate, con ragionevole certezza, da chi ha caricato la Beretta calibro 22, l’arma mai ritrovata. Su questi bossoli non è scontato che possano ancora trovarsi tracce utili per un’eventuale comparazione: colpa del tempo e forse anche della ‘manutenzione’. Ma gli investigatori ci provano.

Purtroppo, le tecniche investigative dei tempi dei delitti non erano quelle attuali. E le cautele che si adottano oggi nell’isolare la scena del crimine o nella conservazione dei corpi di reato non sono nemmeno equiparabili a come gli addetti ai lavori si muovevano all’epoca. La comparazione di eventuali profili isolati, comunque, non si limita ai due attuali indagati: la procura è in possesso anche dei dna di Pietro Pacciani e dei ‘compagni di merende’ Giancarlo Lotti e Mario Vanni, tutti ormai defunti ma condannati in via definitiva per gli ultimi quattro duplici omicidi del mostro di Firenze. La prova del dna, dunque, potrebbe rivelarsi un check up completo ad anni ed anni di indagini e sentenze che continuano a far discutere. Il primo a nutrire dei dubbi è stato proprio l’avvocato Vieri Adriani, il legale delle vittime francesi che con il suo esposto ha acceso i riflettori su tanti aspetti mai esplorati prima.

«Il procedimento penale scaturito da una richiesta di accertamenti presentata nel 2013 su alcuni aspetti irrisolti – dice Adriani – mira a ricostruire fatti e responsabilità ulteriori rispetto a quanto finora accertato con sentenze passate in giudicato e prescinde da qualunque scenario magico-esoterico».

E al termine di questa proroga, cosa succederà? Il procuratore aggiunto, Luca Turco, erede del fascicolo mai chiuso dal collega Paolo Canessa, sarà davanti a un bivio: chiedere il rinvio a giudizio (anche scindendo le due posizioni) oppure chiedere l’archiviazione. A decidere sarà comunque un giudice.

https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/mostro-novita-vigilanti-1.3948156

30 Maggio 2018 Stampa: La Nazione – Mostro, caccia al Dna sui bossoli dei delitti
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