Il delitto di Baccaiano è fra tutti i delitti quello più discusso, insieme a quello di Scopeti. La ragione della diatriba è data dalla domanda: Il mostro di Firenze è salito o no in macchina per spostarla? In realtà conoscere la risposta è puramente accademia in quanto saperlo o meno non porta ad individuare il mostro stesso.
Al tempo forse poteva avere un’importanza diversa anche se si comincia a parlare di DNA solo nel 1985 e solo negli Stati Uniti. Eppure la discussione, tra appassionati del caso, è accesissima. Al tempo, se fosse stata analizzata la macchina in maniera certosina per recuperare tracce di saliva o di peli, avrebbe avuto una valenza.
Questa ricostruzione non pretende di essere la verità. Fornisce solo un’interpretazione degli eventi basandosi su dati di fatto e scostandosi dalla ricostruzione ufficiale. Da sottolineare che sono state fatte nostre alcune idee del mitico Dott. Stefano Galastri alias De Gothia ricavate dal suo lavoro: “La notte dei salami”.
Premettiamo che la destra e la sinistra che riportiamo sono sempre rispetto alla direzione di marcia del veicolo, quindi come se si fosse dietro alla macchina e si guardasse in direzione del cofano anteriore.
Antonella Migliorini è nata a Empoli il 9 settembre 1962, nel 1982 aveva 19 anni. Gruppo sanguigno 0. Risiedeva in Via Mandorli 6, in una frazione chiamata Casenuove, in Montespertoli.
Paolo Mainardi è nato ad Empoli il 22 aprile 1960, nel 1982 aveva 22 anni. Gruppo sanguigno 0. Abitava in via Lucardese 35 in Montespertoli assieme alla madre Piera Frosali. Il padre, Gino Mainardi, di professione fattore ad Aliana, era morto nel mese di gennaio del 1982. Paolo Mainardi lavorava presso un’officina meccanica in San Pancrazio.
I due sono fidanzati da cinque anni con il progetto di sposarsi nel 1983. La coppia veniva chiamata “vinavil” da amici e conoscenti a causa del solido legame che esisteva fra i due. Entrambi i ragazzi erano piuttosto alti e corpulenti.
Nella sera del 19 giugno 1982 i due giovani si spostano a bordo di una FIAT 147 di colore bleu adriatico targata FI A90112 di proprietà di Paolo Mainardi, in pratica una 127 di produzione brasiliana. Si tratta di una notte molto buia in quanto la Luna era tramontata verso ovest/nord-ovest alle ore 18.38.
Nella ricostruzione ufficiale dei carabinieri redatta il 22 Giugno 1982 si riporta che i due ragazzi, la sera del 19 giugno 1982, cenano presso l’abitazione di Paolo insieme a sua madre ed in seguito si recano presso Piazza del Popolo a Montespertoli dove si uniscono a degli amici. Sono rimasti con gli amici, presso la piazza, sino a circa le 22.30.
In seguito i due si dirigono verso la strada provinciale 80 del Virginio che collega i paesi di Baccaiano e Fornacette. Presso questa strada si appartano in uno slargo per cercare del tempo da dedicare alla propria intimità.
Questa piazzola era in origine una via di accesso carrabile verso i campi sottostanti, un tratturo che nel tempo, con la crescita della vegetazione, si è ridotto ad un passaggio solo pedonale. Scendendo da questo slargo nei campi sottostanti si raggiunge velocemente il torrente Virginio.
Nella cartina qua sotto è possibile vedere le posizioni delle abitazioni di entrambi i ragazzi e la sede della piazzola.
Paolo aveva parcheggiato l’auto occupando interamente la piazzola con il muso rivolto versoi campi ed il torrente e il posteriore a ridosso della strada. La piazzola dista circa un chilometro da Baccaiano, che è a nord, e circa 550 metri dal bivio per Poppiano, che è a sud.
Approfondimento: Conoscere la macchina di Paolo è molto importante per capire che cosa è successo quella notte. La FIAT 147 è la copia della FIAT 127 ma costruita in Brasile. Differisce di alcuni particolari, ed alcuni di questi, come lo spegnimento dei fari, assumono molta importanza nella dinamica del 19 giugno 1982. Anche il blocchetto d’accensione differisce dalla 127, infatti ha quattro possibili posizioni per la chiave e non tre come nella 127. Gli interruttori dei fari, della ventola sono posizionati sul cruscotto. Anche i sedili e il loro movimento giuoca un ruolo determinante in questa dinamica, anche rispetto alle dichiarazioni dei soccorritori. Questi sedili sono un capolavoro di tecnica per l’epoca. La macchina essendo una due porte con cinque posti necessitava di sedili che dovevano poter essere sganciati e ribaltati anteriormente per permettere l’accesso al divanetto posteriore, inoltre potevano scorrere avanti e indietro sui binari per avvicinare o allontanare il guidatore dal volante ed infine potevano reclinare lo schienale che opportunamente spinto scattava a vari gradi di inclinazione fino quasi ai 180° di angolo tra seduta e schienale. Vedi: Manuale Fiat 147 (1978) recuperato da Aldo Villagrossi Crotti.
Posiamo, per comodità, dividere in quattro fasi distinte la dinamica omicidiaria e dei soccorsi.
- Fase 1: Attacco
- Fase 2: Il MdF sale a bordo
- Fase 3: Le macchine in via del Virginio
- Fase 4: I Soccorsi
Fase 1: Attacco
I due ragazzi, per poter consumare un rapporto sessuale considerando che erano entrambi di una corporatura alta e massiccia, si sono spostati dai sedili anteriori al divanetto posteriore. Per fare questo sono probabilmente scesi dalla macchina e ribaltati i sedili in avanti si sono accomodati dietro. Hanno poi richiuso le portiere inserendo le sicure e forse hanno lasciato i sedili ribaltati per avere maggior spazio di movimento.
I due hanno quindi consumato il loro rapporto e si sono rivestiti. Di questo ne è testimonianza il profilattico ritrovato all’interno della macchina in sede di sopralluogo. Viene infatti repertato, usato ed annodato, sul tappetino posteriore sinistro e la bustina che lo conteneva, marca “Settebello”, era sulla seduta del sedile anteriore sinistro oltre che due fazzolettini sporchi di sperma trovati sul pianale. [20 Giugno 1982 Verbale dei rilievi tecnici da parte dei Carabinieri del Nucleo Operativo].
In quel momento i due ragazzi sono sul sedile posteriore in effusioni post rapporto.
In quel momento Francesco Carletti con la sua automobile si ferma in uno spiazzo all’inizio della via provinciale 80 del Virginio, dalla parte di Baccaiano, più o meno all’altezza della strada sterrata che porta al greto del fiume. Francesco Carletti sta viaggiando verso Fornacette con la sua automobile, una Matra Simca Ranch, ed è insieme a Rossana Campatelli e Monica Del Mastio alle quali sta dando lezioni di guida.
Dopo una breve sosta la macchina riparte in direzione Fornacette. Il Carletti transita davanti alla piazzola dove sono Paolo ed Antonella circa alle 23.45.
Nella sua descrizione racconta di aver notato la macchina con il muso rivolto verso i campi ed il Torrente Virginio e la coda verso la strada, testimonia inoltre di aver visto la luce di cortesia accesa, i vetri molto appannati (a testimonianza di un’attività fisica svolta), ma di non aver visto gli occupanti.
“Parcheggiata sulla destra, in senso perpendicolare rispetto all’asse stradale, appena fuori dalla carreggiata. La parte posteriore era quella prossima alla strada, la parte anteriore era invece rivolta verso la campagna. Ho notato distintamente la luce interna accesa, dietro i vetri alquanto appannati.” [21 Giugno 1982 Verbale di testimonianza di Francesco Carletti]
Poco dopo che la macchina del Carletti è ripartita un’altra macchina si immette sulla via Virginio Nuova. A bordo ci sono Graziano Marini e Concetta Bartalesi. I due si fermano presso lo stesso slargo dove si era fermato poco prima Carletti. Il Marini afferma che erano circa le 23.45 quindi sono arrivati una manciata di secondi dopo che era partito il Carletti. Marini non spenge la macchina e nemmeno i fari. Racconta nella sua testimonianza di aver percepito dei rumori che al momento non capisce da cosa possano essere generati [21 Giugno 1982 Verbale di testimonianza di Graziano Marini].
Molto probabilmente sono colpi d’arma da fuoco dato che nei dieci minuti in cui il Marini e la Bartalesi sono fermi il mostro attacca Paolo e Antonella.
Tornando alla piazzola è appena passata la macchina di Carletti e in quel momento il mostro decide di attaccare. I due ragazzi hanno appena concluso un rapporto sessuale completo, ne è testimonianza il profilattico su descritto.
Antonella, che si trovava sul lato destro del divanetto posteriore, ha la sua mano sinistra fra i capelli di Paolo, anche lui seduto dietro accanto a lei. I due sono in un atteggiamento affettuoso. In quel momento si palesa davanti alla macchina una persona. Si presume che sia dal davanti perché se fosse arrivato da dietro, con i ragazzi seduti posteriormente, avrebbe probabilmente esploso i primi colpi attraverso il vetro posteriore sinistro dell’auto. Inoltre un uomo che camminava lungo la strada sarebbe stato sicuramente visto dal Carletti che invece riferisce di non aver visto nessuno veicolo e si suppone di conseguenza nessun pedone [21 Giugno 1982 Verbale di testimonianza di Francesco Carletti].
Inoltre è palese che lungo tutta la via, checché ne dica Giancarlo Lotti, non esisteva un posto adatto per lasciare la macchina (addirittura più di una a dargli credito) senza che questa fosse vista dai numerosi testimoni di quella sera.
Quindi il mostro si palesa davanti alla macchina ed arriva, con molta probabilità, dal sottostante campo in quanto potrebbe aver lasciato la macchina al di là del torrente Virginio. Infatti oltre il torrente, e parallela a questo, c’è una strada sterrata carrabile. Il mostro attraversa il torrente, in secca in quel periodo, percorre il campo e attraverso lo stradello sterrato arriva sino alla piazzola.
Molto interessanti le considerazioni fatte in questo video: https://www.youtube.com/watch?v=zVSvTcco0HM
Nel momento in cui Mainardi vede il soggetto, magari vede la pistola, comprende in un lampo che sono vittime di un’aggressione del mostro di Firenze. Quante volte Antonella aveva parlato di queste aggressioni con evidente paura, talmente tanta da costringere Paolo a scegliere una piazzola più esposta al traffico invece di una delle tante ben più riparate dalle macchine in transito. Va puntualizzato che, a detta degli amici, era già da almeno un anno che i due usavano quella piazzola per i loro incontri.
La reazione di Paolo è fulminea, dal divanetto posteriore si lancia in avanti per raggiungere il volante e le chiavi che sono nel quadro. Il suo pensiero è quello di mettere in moto l’auto per fuggire. Probabilmente si aggrappa alle spalliere dei due sedili che sono reclinati in avanti e per il terzo principio della dinamica tira indietro le spalliere riposizionando i sedili nella loro condizione di marcia. Questa sua repentina proiezione in avanti, determina la rottura del cinturino dell’orologio della Migliorini che aveva ancora la mano tra i capelli di Paolo. Infatti l’orologio con il cinturino rotto si ritrova sul divanetto posteriore e il cilindro a molletta, (quello che ferma il cinturino alla cassa dell’orologio), leggermente piegato, si ritrova in fase autoptica tra i capelli del Mainardi. [20 Giugno 1982 Verbale dei rilievi tecnici da parte dei Carabinieri del Nucleo Operativo]
Tutto accade in una manciata di secondi che non possiamo certo quantificare, ma che a mio parere non superano i 30/40 secondi, questo almeno fino alla fine della prima fase. Il mostro vede perfettamente l’interno dell’auto dato che la luce di cortesia accesa e si sposta velocemente sul fianco sinistro dell’automobile.
Congeliamo per un secondo la dinamica. Paolo è posizionato con le gambe nello spazio posteriore dell’auto, ha il torace appoggiato sul margine superiore della spalliera del sedile anteriore sinistro e il braccio è teso verso le chiavi dell’accensione. La sua testa e la spalla sinistra sono quindi posizionate davanti al finestrino anteriore sinistro e dall’altra parte del vetro c’è il mostro.
Approfondimento: la FIAT 147 è la copia sputata della FIAT 127, ma costruita dalla FIAT in Brasile. Differisce di pochi particolari, uno di questi lo spegnimento dei fari, come vedremo questa differenza assume molta importanza. Altra caratteristica di cui conviene parlare subito sono i sedili. La posizione dei sedili in questa dinamica ricopre un ruolo determinante e lo abbiamo visto in tutte le ricostruzioni fatte e rispetto alle dichiarazioni dei soccorritori.
Facciamo quindi un piccolo inciso sui sedili.
I sedili della 147 erano un capolavoro di tecnica per l’epoca. La macchina era una due porte cinque posti, quindi i sedili dovevano poter essere sganciati e ribaltati anteriormente per permettere l’accesso al divanetto posteriore. Inoltre potevano scorrere avanti e indietro sui binari per avvicinare o allontanare il guidatore dal volante. Infine poteva essere reclinato lo schienale che opportunamente spinto assumeva vari gradi di inclinazione fino quasi ai 180° di angolo tra seduta e schienale.
Chiunque abbia avuto una due porte cinque posti dell’epoca comprende benissimo ciò che scrivo, gli altri che leggono se lo facciano spiegare dai padri praticanti in macchina.
Il secondo inciso riguarda il blocchetto dell’accensione. A differenza della 127 che presentava tre scatti possibili la 147 ne possedeva quattro a causa di una normativa brasiliana. In pratica A era macchina spenta, fari spenti, possibilità di sfilare la chiave e inserire il bloccasterzo. Posizione B era macchina spenta, fari accesi e possibilità di sfilare la chiave. Posizione C era macchina in moto, fari accesi, chiave non sfilabile. Posizione D era quella a molla atta ad attivare il motorino di avviamento per poi tornare nella posizione C. Tutto questo è molto importante in relazione agli spari contro i fari.
Il mostro si palesa davanti alla macchina ed arriva, con molta probabilità, dal sottostante campo avendo lasciato la macchina al di là del torrente Virginio, dove magari lo aspettano altri. O magari lo seguono a pochi passi, gli altri. Percorre a piedi quello stradello sterrato ed arriva sino alla piazzola che si trova in una posizione più alta rispetto al campo. La classica situazione ideale in cui spostare il corpo della ragazza dopo l’attacco. Portarla sotto il piano stradale coperto dalla vegetazione avrebbe consentito le escissioni senza essere visto come era già successo a Mosciano e a Calenzano.
Nel momento in cui Mainardi vede il soggetto, magari vede la pistola, comprende in un lampo che sono vittime di un’aggressione del MdF. Quante volte Antonella aveva parlato di queste aggressioni con evidente paura, tanto da far scegliere, a Paolo, una piazzola più esposta al traffico invece che una delle tante ben più riparate dalle macchine che passavano. Va puntualizzato che a detta degli amici era già da almeno un anno che usavano quella piazzola per i loro incontri.
La reazione di Paolo è fulminea, era sveglio il Mainardi, si proietta in avanti per raggiungere il volante e le chiavi inserite nel blocchetto di accensione nel tentativo di mettere in moto l’auto. Questa sua repentina proiezione in avanti determina la rottura del cinturino dell’orologio della Migliorini che aveva ancora la mano fra i capelli di Paolo. Infatti l’orologio con il cinturino rotto si ritrova sul pavimento della parte posteriore dell’auto e il cilindro a molletta, (quello che ferma il cinturino alla cassa dell’orologio), leggermente piegato, arcuato, si ritrova in fase autoptica fra i capelli del Mainardi. Una conferma di questa posizione può essere letta in questo articolo: 21 Marzo 2024 La posizione di Paolo Mainardi in macchina
Entrate nell’ordine delle idee. Il lettore impiega più tempo a leggere ciò che scrivo rispetto al tempo in cui si svolge l’atto dell’aggressione. Tutto accade in una manciata di secondi che non possiamo certo quantificare, ma che a mio parere non superano i venti, massimo, venticinque secondi, almeno sino alla fine della prima fase.
Il MdF vede perfettamente l’interno dell’auto dato che la luce di cortesia è accesa e si sposta velocemente sul fianco sinistro dell’automobile. Viene esploso il primo colpo, bossolo A (1). Il colpo frantuma il vetro del finestrino lato guida.
Il Mainardi si trova con la testa e il tronco in avanti, appoggiato al bordo superiore dello schienale del sedile e con le gambe ancora nell’area posteriore della macchina. L’esplosione e la proiezione dei cristalli del vetro provoca a Mainardi le escoriazioni che si ritrovano sul volto e sulla spalla. Probabilmente la proiezione dei vetri provocano alcune escoriazioni al volto della Migliorini forse perché si è istintivamente portata in avanti con il busto seguendo lo slancio di Paolo. Il sedile del guidatore, sulla seduta, si riempie di vetri, cosa impossibile se Paolo fosse stato seduto davanti.
Questo primo colpo provoca a Paolo la ferita all’orecchio sinistro. Se si immagina la posizione del Mainardi e il suo intento di raggiungere le chiavi si può supporre che la testa sia ruotata a destra ed inclinata verso il basso nel tentativo di vedere dove mettere la mano. Questo spiegherebbe, data la traiettoria del proiettile, la sua sede di ingresso. Infatti penetra dall’orecchio sinistro incontra il meato acustico per poi direzionarsi e fermarsi nella mascella superiore in corrispondenza dell’ottavo dente superiore sinistro che si lussa. Un colpo non mortale anche se estremamente doloroso. [20 Giugno 1982 Fascicolo dei rilievi fotografici a colori (sede autoptica)].
Consideriamo che in momenti del genere l’adrenalina rilasciata dalle ghiandole surrenali è massiva e tutto il “sistema” biologico è attivo solo con lo scopo di proteggere se stesso. Il dolore non fa altro che aumentare lo stress e quindi la secrezione della stesse ghiandole in maniera tale da portare il soggetto in pericolo in uno stato di iperattività neuro-muscolare. Contemporaneamente vi è una liberazione di endorfine che mitigano decisamente il dolore [Elementi di Fisiologia Umana STRESS]. Questo per far capire che Mainardi nonostante il dolore riesce a ruotare la chiave e attiva il motorino di avviamento dell’auto. L’auto si trova con la retromarcia inserita e il freno a mano parzialmente tirato.
Considerazione: Chiunque ha guidato una macchina degli anni ’80 sa che un freno a mano parzialmente tirato è come se non lo fosse. In quelle auto il freno di stazionamento agiva allargando le ganasce dei freni a tamburo posizionati dentro il mozzo delle ruote posteriori e se non era ben tirato non frenava per niente, al contrario se ben tirato, inchiodava le ruote.
Quindi la macchina sobbalza indietro spinta dal motorino di avviamento e forse anche dal flusso di minimo del carburatore che può aver dato adito a delle detonazioni nei cilindri. Auto dotata di carburatore, non di iniezione come nelle macchine di oggi. Non solo la macchina si sposta, ma si accendono anche i fari perché Paolo ha lasciato il pulsante nella posizione di fari accesi, cosi come ha fatto anche con il pulsante della ventola.
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Il MdF spara velocemente il secondo colpo ma è rimasto fermo sul posto, sorpreso dalla macchina che rincula, ed esplode il colpo attraverso il parabrezza, bossolo B (2). Invito a leggere le considerazioni sul colpo al parabrezza espresse da De Gothia nel suo lavoro: “La notte dei salami”.
Io scrivo, ma queste sono frazioni di secondo.
Il Mainardi di conseguenza alla ferita all’orecchio ha la testa estesa indietro e reclinata verso destra. L’esplosione del secondo colpo, passato il parabrezza, penetra dall’angolo interno mandibolare ampiamente esposto per la posizione assunta, lede l’arteria linguale e fuoriesce dall’arco zigomatico sinistro. Un colpo non mortale.
La seduta del sedile del guidatore comincia a riempirsi di sangue per il getto dell’arteria linguale. Il sedile non si sarebbe potuto riempire ne di sangue ne di vetri se il Mainardi fosse stato seduto sullo stesso.
Il motorino di avviamento fa sobbalzare ancora indietro l’auto.
Ovviamente il MdF a questo punto comincia a spostarsi in parallelo all’auto che ha già invaso con la coda un pezzo di asfalto della strada. Il Mainardi, nonostante il dolore non molla le chiavi, era un toro il Mainardi, però ruota il busto verso destra, un atto di difesa rispetto alla testa già colpita due volte. Per capirsi, come se volesse far passare il braccio sinistro sopra il braccio destro la cui mano è saldamente attaccata alle chiavi dell’auto.
Il MdF continua a spostarsi in parallelo all’auto, esplode il terzo colpo, Bossolo C (3), che colpisce il Mainardi alla spalla sinistra che presenta, infatti, il foro di entrata da dietro. Il colpo ha una direzione praticamente perpendicolare e il proiettile si ferma dietro la scapola sinistra. Il foro d’ingresso è di forma ovalare e ha margini regolari indicando un proiettile che all’ingresso non era assolutamente deformato, non può quindi essere ne il colpo che rompe il finestrino ne il colpo che passa dal parabrezza. Anche questo un colpo non mortale.
La macchina sobbalza ancora indietro, il dolore è lancinante ma il Mainardi non molla le chiavi e si adagia nuovamente sullo schienale del sedile. La macchina occupa buona parte della carreggiata di destra della strada.
Il mostro si porta di fianco al finestrino e avvicina la mano alla testa del Mainardi. Esplode il quarto colpo, bossolo D (4), che colpisce il Mainardi alla tempia sinistra, un colpo mortale che lo mette in coma. Il proiettile penetra dietro l’orecchio sinistro e attraversa il cranio in direzione da sinistra verso destra, leggermente da dietro in avanti e si ferma sul tavolato osseo di destra. Questo colpo mette in stato comatoso il Mainardi.
Contemporaneamente all’esplosione del colpo la macchina si ferma in quanto il Mainardi molla le chiavi che tornano in posizione C. La macchina è spenta, ovviamente, ma ha i fari accesi. Il corpo di Paolo, privo di sensi, è appoggiato sulla spalliera del sedile e le gambe sono nello spazio posteriore. La sua testa è probabilmente appoggiata allo sportello di sinistra e il sangue uscendo copioso si riversa in minima parte anche all’interno dello sportello.
La macchina ha praticamente raggiunto la linea di mezzeria. Il rumore del motorino di avviamento e degli spari è cessato, ci sono solo le urla lancinanti della Migliorini. Il MdF alza il tiro ed esplode un altro colpo, bossolo F (5). La Migliorini ha la testa girata a destra, un atto di difesa dettato dal panico, e viene colpita alla fronte con un colpo che le entra dalla cute della fronte sulla sinistra e scorre parallelo all’osso frontale rimanendo poi ritenuto nel sottocute. Un colpo non mortale ma che la tramortisce. Sembra morta, il MdF ha visto che l’ha colpita alla testa, crede sia morta, non esplode altri colpi.
Termina la prima fase.
Considerazione: Secondo la mia ricostruzione il mostro impugnava la pistola con la mano sinistra e l’orientamento della pistola era orizzontale. Questo spiega la posizione dei bossoli che si posizionano subito sotto l’area di sparo. Se fosse stata impugnata verticalmente con la mano sinistra o anche la destra i colpi sarebbero stati espulsi indietro a 45° e non sarebbero potuti essere nella piazzola ma più verosimilmente proiettati tra le piante alle spalle del mostro. Impugnando la pistola verticalmente i bossoli espulsi sarebbero stati proiettati verso il corpo del mostro stesso e impattando con esso sarebbero poi caduti a terra verticalmente.
La situazione è questa. La macchina si trova ad occupare completamente la corsia di destra della strada, forse oltre la mezzeria. Il MdF è in piedi di fianco all’auto. La Migliorini giace posteriormente con una ferita ritenuta mortale, ma che non lo è. Il Mainardi è appoggiato sul sedile anteriore e ha la testa reclinata e appoggiata allo sportello. Sanguina abbondantemente da sotto la mandibola ed è vivo, il cuore batte facendo pulsare il sangue dall’arteria linguale. Chi non ha mai visto la differenza fra un sanguinamento venoso e uno arterioso non si rende conto della differenza.
Il sedile e lo sportello sono inondati di sangue. Passano probabilmente diversi secondi, anche il MdF è disorientato. Deve prendere una decisione, abbandonare o perseguire l’azione. Poi fa la sua scelta. Apre lo sportello, opta per spostare l’auto, non si arrende, vuol portare a compimento il suo piano rituale. La testa di Mainardi appoggiata sino a quel momento allo sportello spenzola oltre lo stesso. In quel momento si formano le colature di Gothia sul battitacco.
Sangue fresco che sgorga dall’arteria linguale del Mainardi e che cola verticalmente sul battitacco esposto dall’apertura dello sportello. Dal battitacco scivola sul fianco dello stesso e gronda perpendicolare al terreno raggiungendo in parte anche l’asfalto.
I giornali infatti parlano di assenza di sangue sulla piazzola, dando indicazione che non è certo in quella posizione che si sono formate le colature di Gothia. Come avrebbero potuto formarsi sulla piazzola? A sportello chiuso e senza lasciare traccia sulla piazzola stessa? Scrivono però, ed inquadrano anche in un filmato, del sangue presente sull’asfalto della strada.
Come è caduto questo sangue sulla strada se la macchina fosse stata in movimento continuo dalla piazzola al fossetto?
Questo è l’interrogativo a cui dovrebbero rispondere coloro che reputano che mai fu aperto lo sportello della macchina se non dai soccorritori quando l’auto era già nel fossetto. Sappiamo però che le colature di Gothia non si possono essere formate in quel momento, ad auto nel fossetto, proprio per la loro caratteristica di perpendicolarità con il terreno. Con la macchina inclinata sarebbero state colature inclinate a loro volta con angolo pari e contrario a quello dell’inclinazione della macchina. O la gravità è opinione?
Si spiega solo con la macchina ferma in mezzo alla strada, con lo sportello aperto e la testa del Mainardi, non più trattenuta dallo stesso, che sporge fuori dal lume dell’apertura.
Un inciso che aggiungiamo a posteriori e di cui ringraziamo il “veritologo”. Molti hanno sempre pensato che quelle macchie sull’asfalto si fossero generate dall’azione dei soccorritori nello spostare prima il corpo di Mainardi e in seguito quello della Migliorini. Finalmente è verificabile che non è cosi.
Il “veritologo” ha mostrato un’immagine dove si vede il sangue lasciato dalla Migliorini nel momento in cui è stata adagiata sul telo per essere portata via. Questa immagine ci mancava e grazie a lui finalmente ci possiamo permettere di affermare che non si tratta delle stesse macchie. Hanno una forma decisamente diversa e possiamo confrontarle. Un’immagine vale 1000 parole.
Seconda fase: Il MdF sale in auto
A questo punto, a sportello aperto, il MdF spinge il Mainardi, magari con un certo sforzo dato che il corpo del ragazzo è adagiato sul bordo superiore dello schienale del sedile, ma riesce, in fondo è un bel pezzo d’uomo anche lui alto e forte, e deve solo spingere, non certo sollevarlo.
Con questa operazione il Mainardi viene ributtato sul divanetto posteriore. La testa rimane girata verso sinistra, appoggiata tra il finestrino posteriore e il bordo metallico inferiore, la pressione della testa stessa comprime l’arteria linguale che riduce notevolmente il suo flusso (vedremo infatti quando viene spostato dal soccorritore come questa ricomincia a gemere) ed oltre che lasciare poco sangue sul posto permette al Mainardi di rimanere ancora in vita.
Considerazione: La repertazione delle macchie di sangue presenti sul sedile anteriore sinistro concordano rispetto alla dinamica appena descritta. Il sedile di guida presentava sangue sia sulla seduta che sullo schienale, in particolare una macchia strisciata dal davanti all’indietro, formatasi quando il MdF ha spinto indietro il Mainardi. Se il Mainardi fosse stato seduto sul sedile anteriore sinistro il sedile stesso sarebbe stato privo di sangue in quanto protetto dallo stesso corpo del Mainardi.
Considerazione: Sulla seduta del sedile anteriore sinistro vi erano abbondanti frammenti di vetro provenienti dal finestrino anteriore sinistro infranto. Questi frammenti di vetro sarebbero stati impossibili da ritrovare se il Mainardi fosse stato a sedere e appoggiato allo schienale. La presenza del suo stesso corpo avrebbe impedito al sangue di imbrattare lo schienale e la seduta e ai vetri di posizionarsi sulla seduta. Viceversa se il Mainardi era posizionato dietro e semplicemente appoggiato sul bordo superiore dello schienale del sedile il sangue sarebbe colato proprio sullo schienale e sulla seduta, cosi come anche i frammenti del vetro infranto si sarebbero proiettati sulla seduta.
Il MdF sale in auto, è costretto in uno spazio angusto, magari non conosce il modello di auto (lo dimostra anche successivamente) e non sa dove si trovare la leva per far scorrere indietro il sedile. Infila la mano sotto il sedile ma sbaglia leva e invece che arretrare il sedile inclina lo schienale. Questo spiega la foto in cui si vede lo schienale parzialmente reclinato. Questa posizione del sedile è un’aggravante a ciò che succederà in seguito.
Addirittura, probabilmente, è disturbato anche da tutti i vetri rotti che sono sul sedile stesso su cui lui è seduto. Non si tratta di vetri taglienti, è un cristallo, ma comunque percepibili con il fondoschiena.
Accende il motore, i fari sono già accesi, e con la schiena non correttamente appoggiata allo schienale, da gas per spostare indietro la macchina. La manovra, data la posizione, non è agevole anzi è difficile, non conosce lo stacco della frizione ne quanto gas deve dare. In quel frangete accade qualcosa che non si sarebbe mai immaginato, la Migliorini riprende conoscenza e si lancia in avanti. Non possiamo sapere se per cercare di aprire lo sportello di destra e scappare o se aggredisce proprio il MdF.
Fatto sta che l’assassino, sorpreso, reagisce di istinto e girandosi su se stesso assesta una gomitata sul naso alla Migliorini. Non solo la ferma ma gli frattura le ossa nasali. Questo forte trauma è evidenziato dalle ecchimosi che si formano circostanti il naso e dall’abbondante epistassi che presenta l’Antonella. Forse proprio in questa colluttazione la donna si procura anche l’ecchimosi al dorso del piede destro.
Questo è l’altro quesito a cui si dovrebbe rispondere nelle varie ricostruzioni, come si è fratturata il naso la Migliorini se il MdF non è mai salito sull’auto?
Questa evenienza ha però una conseguenza fatale per il MdF, la manovra in atto, già gravosa, viene disturbata e la macchina, mollata troppo la frizione e dato troppo gas finisce nel fosso. Si rifletta bene, una rotazione del busto verso destra, da sedere, per assestare una gomitata, determina una forte pressione con il piede destro (acceleratore) e una riduzione di pressione sul piede sinistro (frizione).
La macchina è nel fosso, il MdF estrae la pistola e spara in piena fronte alla Migliorini, bossolo X (6), quello ritrovato all’interno della macchina.
Termina la seconda fase.
“Per i tempi della mia ricostruzione ho tratto spunto dalle recenti osservazioni di Gabriel Laborgata“
Da valutare che ci sono state due macchine che si sono incrociate in quel tratto di strada. La prima è quella di Francesco Carletti, che stava dando lezioni di guida a due ragazze e proviene da Baccaiano direzione Fornacette. Imbocca la Virginio Nuova alle 23.40. e si ferma su uno spazio sulla destra per scambiare di posto con la Monica del Mastio. Il tempo tecnico della fermata e delle spiegazioni di guida alla ragazza giustificano i 5 minuti per percorrere 650/850 metri. Passa infatti davanti alla piazzola circa alle 23.45. L’altra automobile è quella di Stefano Calamandrei, una Fiat 128 di colore rosso bordeaux, che assieme ad Adriano Poggiarelli proviene da Fornacette direzione Baccaiano.
Tra la prima macchina, passata alle 23.45 circa, occupata da Carletti che testimonia di aver visto l’auto di Mainardi nella piazzola con la luce interna di cortesia accesa, e la seconda macchina dove il Calamandrei e il Poggiarelli testimoniano invece che la macchina si trova nel fossetto, quale è la differenza temporale che sussiste?
Secondo le testimonianze le due auto si sono incrociate presso le Cantine Sociali che dista 4.2 km dalla piazzola di Baccaiano e non presso il Frantoio (adesso acquisito dalle cantine sociali) che dista solo 700 metri dalla piazzola di Baccaiano.
Calcoliamo che mentre la macchina di Carletti, come lui stesso testimonia, ha tenuto una velocità di 40/50 km/h, e mai sopra i 50 km/h, quella di Calamandrei viaggiava, molto probabilmente, più allegra superando i 50 km/h, forse arrivando anche a punte di 60 km/h dato che la strada era rettilinea e libera.
Se calcoliamo una velocità di 40 km/h per l’auto di Carletti per percorrere 4.2 km ed arrivare alle Cantine Sociali ci ha messo circa 6 minuti. Qui incrocia l’auto di Calamandrei che riconosce come la 128 bordeaux. Calamandrei e Poggiarelli per percorrere la strada al contrario fino alla piazzola, calcolando una media di 60 km/h, ci hanno messo circa 4 minuti.
Sommando i due tempi, 6 minuti e 4 minuti, otteniamo il tempo, considerando l’auto di Carletti come lo start all’azione del MdF, di 10 minuti. Cioè il tempo tecnico dall’inizio dell’attacco al momento che Calamandrei e Poggiarelli vedono l’auto nel fossetto.
Terza fase: Il MdF è ancora in auto
Nella ricostruzione siamo rimasti con il MdF in macchina cosciente di aver fallito l’azione. Si ritrova nel fossetto al posto di guida e in quel momento, arriva l’auto con Calamandrei e Poggiarelli, sono circa le 23.55. Non può scendere o sarebbe visto illuminato dai fari della macchina che sopraggiunge, e allo stesso tempo non può rimanere sul posto.
Prima che l’auto sia troppo vicina gira le chiavi in posizione A e spenge i fari. Si accorge della luce di cortesia accesa e con un pugno violento spacca il guscio di plastica. I frammenti del guscio saranno ritrovati nella macchina durante le ispezioni e l’interruttore della luce di cortesia viene ritrovato in posizione di luce accesa. Poi, sfruttando il sedile reclinato si distende per non essere visto. Calamandrei e Poggiarelli vedono la macchina nel fossetto, pensano ad un incidente, ma non vedono anima viva. Non si fermano e proseguono il loro viaggio verso il campo sportivo.
Il MdF, passata l’auto di Calamandrei, rimette in moto la macchina e tenta di uscire dal fosso. Accendendo la macchina si riattivano anche i fari. Inserisce la prima e da gas ma la macchina non si muove, produce però le sgommate lasciate sul terreno. Poi a marcia indietro provando a far basculare la macchina, ma ancora non si muove; ancora sgommate. La foto sulla sinistra mostra i residui di terra sul copertone. Evidentemente fanno pensare al tentativo, con pattinamento, di estrarre l’auto dal fosso.
In quel momento Calamandrei e Poggiarelli hanno raggiunto il campo sportivo (ci vogliono circa 3 minuti per arrivarci) e trovano il bar della società sportiva di Baccaiano, dove erano diretti, chiuso. I due si stanno domandando se non sia il caso di vedere se qualcuno ha bisogno di aiuto nei pressi dell’incidente che hanno appena visto e decidono di tornare indietro. Il tempo tecnico per raggiungere il campo sportivo, non sostano molto e tornare verso la piazzola si può conteggiare in circa 6/7 minuti. Tre minuti per raggiungerlo, tre minuti per tornare.
Un’altra coppia che proveniva dall’uscita di Ginestra Fiorentina, e che attraverso la Volterrana aveva raggiunto Baccaiano, si immette sulla via Virginio Nuova. A bordo della macchina, una Opel celeste metallizzata, ci sono Graziano Marini (testimonianza) e Concetta Bartalesi. I due si fermano presso lo stesso slargo dove si era fermato poco prima Carletti, più o meno all’altezza della strada sterrata che porta al greto del fiume. Non spengono la macchina ne spengono i fari. Il Marini riporta che erano circa le 23.45. Mentre è sul posto il Marini percepisce dei rumori a cui, al momento, non attribuisce una fonte. Dopo svariati minuti di fermata ed aver visto passare due o tre automobili, una probabilmente quella del Poggiarelli che si dirige al campo sportivo, ripartono. Si muovono in direzione Fornacette e all’altezza della piazzola vedono la macchina di Mainardi nel fosso. Proseguono domandandosi se gli occupanti hanno bisogno di soccorso e all’incrocio con Poppiano invertono il senso di marcia per tornare indietro. Giungono sul posto contemporaneamente alla macchina di Calamandrei e Poggiarelli. Dovrebbero essere circa le 00.01.
Da dire che l’auto di Marini, ferma allo slargo, dista circa 900 metri dalla piazzola dove erano Mainardi e la Migliorini. Dal momento degli spari a quando decidono di muoversi, devono aver avuto un certo tempo di latenza, o non sarebbero giunti sul posto contemporaneamente a Calamandrei e Poggiarelli. Il passaggio della macchina di Marini impedisce per la seconda volta al mostro di allontanarsi, non solo, ma è costretto a riportare in posizione A le chiavi per spengere i fari e a distendersi di nuovo. Passato anche il Marini il MdF tenta di nuovo di spostare l’automobile e non si aspetta che le due auto appena transitate stiano tornando verso di lui.
Le due macchine si avvicinano alla piazzola, una con direzione Fornacette e l’altra con direzione Baccaiano. Il MdF è ancora una volta bloccato in auto, se scende verrebbe visto sicuramente. Rimette le chiavi in posizione A, si distende e impugna la pistola che ha ancora tre colpi nel caricatore.
I componenti delle due vetture giunte sul posto scendono in strada. Calamandrei e Poggiarelli sono sul lato destro dell’automobile e vedono la Migliorini seduta dietro. Non vedono Mainardi che rispetto al piano stradale è più nascosto. Infatti è nell’angolo sinistro del divanetto, cioè nella parte più declive, data anche l’inclinazione della macchina, ed il suo corpo è più sdraiato rispetto a quello della Migliorini. Possibile che addirittura sia coperto alla vista proprio dal corpo della Migliorini e non dimentichiamo che è notte e non c’è Luna.
Tutti e quattro i ragazzi vedono però un corpo al posto di guida, disteso indietro, e immaginano si tratti di Mainardi, conoscono la sua macchina e l’associazione mentale è spontanea. Chi altro può essere alla guida della sua macchina? Non solo, vedono che respira ancora, ed appena si muove.
Perché dovrebbero mentire questi quattro ragazzi? Non c’è ragione e si ritrovano confusi solo dopo, durante i vari interrogatori, e solo perché il loro racconto contrasta con quello dei soccorritori che indicano il corpo del Mainardi posteriormente nell’auto. Alla fine credono di essersi sbagliati, ma in realtà non si sono sbagliati, sono gli inquirenti che non riescono a comprendere. La persona davanti che respira ed è disteso indietro è in realtà il MdF.
In quel momento uno della coppia Bartalesi e Marini vede il colpo al parabrezza e memori dei rumori uditi poco prima li associa a degli spari. Tutti capiscono che si tratta di qualcosa di diverso da un incidente. Nei ragazzi sale la paura, forse anche inconsciamente si rendono conto di essere davanti ad un omicidio e sicuramente per la testa passa il MdF. Le due coppie arretrano sui loro passi e risalgono in macchina. Si può ipotizzare un tempo di circa 1/2 minuti sul posto, quindi si allontanano che sono circa le 00.03.
Calamandrei e Poggiarelli andranno alla stazione dei Carabinieri più vicina, cioè quella di Montespertoli, ed impiegano circa 6/7 minuti per raggiungerla, più il tempo per parcheggiare ed entrare. Questo è compatibile con l’orario fornito dai CC che è indicato per le 00.15.
Marini e Bartalesi raggiungano il telefono pubblico più vicino che si trova a Baccaiano e chiamano i soccorsi. Telefonano alla Croce d’Oro di Montespertoli e l’addetto dice di aver ricevuto la chiamata alle 00.10.
L’allontanamento delle due auto è il vero ed unico colpo di fortuna del MdF in quella serata, o forse un colpo di fortuna per i quattro ragazzi essersi allontanati. Infatti la pistola del MdF non ha esploso tutti i colpi.
Il MdF probabilmente tenta ancora di liberare la macchina, ormai è in uno stato di rabbia che non lo fa più riflettere compiutamente. Rimette in moto, i fari si riaccendo nuovamente, e tenta ancora di disincagliare la macchina dalla posizione in cui è. Si rende però conto che il limite massimo di tempo è scaduto ed è rimasta l’ultima possibilità di fuggire.
Decide che è finita e deve fuggire. Gira le chiavi per spengere la macchina e i fari e istintivamente sfila le chiavi, come fa chiunque quando sta per scendere dall’auto. Evidentemente nella concitazione non porta le chiavi in posizione A, ma esercitando trazione per sfilarle, arrivato allo scatto B, le stesse si sfilano. La conseguenza è che le chiavi si sono sfilate, la macchina è spenta ma i fari sono rimasti accesi. Si accorge dei fari ancora accesi appena sceso ed è forse per questo che ha un gesto di stizza e lancia le chiavi nel campo posteriormente alla macchina, dove poi verranno ritrovate.
Da che parte scende? Ovviamente dalla lato di guida, tanto che poi lo sportello di sinistra fu aperto e Mainardi estratto dai soccorritori, quindi non era incastrato. Potrebbe essere anche uscito dall’altro sportello, quello del passeggero, ma il sedile del passeggero non ha grosse tracce di sangue e neanche segni ematici di trascinamento. Fatto sta che dopo essere sceso richiude lo sportello e magari inavvertitamente inserisce la sicura. Infatti la macchina viene trovata con entrambi gli sportelli chiusi e con la sicura inserita.
A quel punto lancia le chiavi nel campo dietro la macchina. Torna sulla strada e spara ai fari dell’automobile, bossoli G, H e I. Perchè colpirli? Semplice, perchè illuminano proprio la sua direzione di fuga e inoltre segnalano la presenza dell’auto. Il MdF deve riscendere nel campo, riattraversare il torrente per tornare alla sua macchina. I colpi esplosi sono tre ed è probabile che uno, forse per un errore di mira, sia andato a vuoto, oppure uno dei proiettili ha infranto il vetro del faro ma non spaccato la lampadina e il MdF ha dovuto sparare ancora un colpo.
Considerazione: In questo caso il mostro impugna la pistola sempre con la sinistra, ma verticalmente, infatti i bossoli si sono allontanati verso destra rispetto alla sua posizione davanti alla macchina.
Se si osserva bene la fotografia a sinistra si nota che il fanalino di posizione presenta un foro tondo che potrebbe essere compatibile con il calibro 22. Alcuni ipotizzano che il terzo colpo possa aver centrato il fanalino di cortesia destro. Suppongono che il colpo ha penetrato la plastica dura senza infrangerla e si è appiattito contro il metallo della carrozzeria retrostante. Questo però non risulta in quanto i fari di posizione vengono smontati in sede di ispezione dell’automobile il 26 giugno e non viene repertato nessun proiettile al suo interno. Allo stesso tempo viene notato che anche il fanalino di posizione sinistro risulta infranto, ma questa volta mediante un oggetto contundente. Se è opera del MdF questo testimonierebbe che la pistola che usa ha un caricatore con massimo 8 colpi più uno in canna (beretta modello 948 – 71, 72, 75). Infatti ha avuto la necessità di usare il coltello (o altro oggetto) per rompere i fanalini. Nella realtà è più probabile che non si sia occupato dei fanalini di posizione e che questi erano già danneggiati in precedenza, tant’è che nell’ispezione del 26 giugno le lampadine risultano integre.
Termina la terza fase.
Quarta fase: I soccorritori
La squadra dell’ambulanza è formata dall’autista Lorenzo Allegranti, che come funzione a terra ha quella di coadiuvare l’azione a sostegno dei soccorritori, da Silvano Gargalini, il più esperto sul campo, da Paolo Ciampi e Marco Martini. Va subito detto che tutti e quattro i soccorritori vedono Paolo Mainardi seduto dietro sul divanetto posteriore e questo testimoniano in seguito (a parte Allegranti che fa una gran confusione). Come ho detto per i giovani amici, Poggiarelli e Calamandrei e per la coppia Bartalesi e Marini, perchè i soccorritori dovrebbero mentire? Non c’è scopo ne interesse nel farlo.
Gli inquirenti sembrano opporsi strenuamente alla testimonianza dei quattro dell’ambulanza. Per chi investiga l’auto è stata spostata dal Mainardi dalla piazzola al fossetto e queste testimonianze stridono con il film che si sono fatti e con la testimonianza resa dai ragazzi che per primi sono giunti sul posto. Addirittura, in sede processuale, Paolo Ciampi, all’epoca del soccorso minorenne, l’unico minorenne, denuncia che durante il suo interrogatorio da parte dei Carabinieri gli stessi l’hanno talmente sfiancato, dicendogli che si sbagliava sulla posizione del Mainardi, che il Ciampi, ormai distrutto, ha accettato che venisse scritto sul verbale quello che volevano. Una cosa inaudita dato che poi davvero il verbale non riporta quello che il Ciampi sosteneva, ma quello che volevano i Carabinieri. Una cosa gravissima che non ha senso nella ricerca della verità da parte degli inquirenti. La sua “denuncia” di questo durante il dibattimento in tribunale è clamorosa e mi domando se siano stati presi provvedimenti per quei Carabinieri.
In questo momento si verifica un fatto che non si spiega se non con la concitazione del momento. In pratica Martini si dirige verso la portiera del passeggero e la trova chiusa, Gargalini si dirige verso la portiera del lato guida, scendendo nel fossetto. Anche questa portiera è chiusa. Non è incastrata come molti sostengono, anzi, in seguito il corpo di Mainardi è proprio da questa portiera che viene estratto e senza scardinarla. Gargalini, e questo è l’assurdo, non si accorge del vetro infranto, poteva aprire lo sportello semplicemente introducendo la mano e alzando la sicura e quindi aprire lo sportello. Questa cosa determina una scelta conseguente, aprire l’altro sportello, quello del passeggero, e con la forza.
Considerazione: Forse la scelta di aprire lo sportello destro è stata dettata dal fatto che essendo più in pari con il piano strada sarebbe stato più semplice estrarre i feriti. Quando il soccorritore si è reso conto che Antonella era morta e Paolo ancora vivo usare il lato destro sarebbe stato più difficile perché il corpo della Migliorini era nel mezzo e pensare di estrarre lei prima di lui avrebbe fatto perdere troppo tempo. Quindi hanno deciso di estrarre Mainardi dal lato sinistro.
Quindi, lo sportello destro viene divelto, i soccorritori sono addirittura aiutati dalle persone li presenti, sia per scardinarlo sia per trattenerlo dato che ricadeva sui soccorritori stessi.
Il Gargalini ha la possibilità di accedere, prova a sollevare il sedile per raggiungere il collo della Migliorini e valutare la pulsazione carotidea, ma non ci riesce, sale quindi sul sedile anteriore del passeggero e sporgendosi arriva al collo della Migliorini. La ragazza non ha segni vitali, è morta. Gargalini si sposta sul sedile di guida per eseguire la stessa manovra di controllo a Mainardi, ma avendo lo schienale reclinato non può appoggiarsi agevolmente e non raggiunge il collo di Paolo, che ricordiamo è più basso rispetto a quello della Migliorini. Per poterci arrivare cerca la leva e sposta indietro il sedile ed in questa maniera raggiunge la carotide del Mainardi ed apprezza la presenza di un battito, è ancora vivo.
A questo punto, invece di rinculare per uscire dall’auto da dove è entrato, opera mediante la leva interna dello sportello di guida, sgancia la sicura, il pippolino si alza in automatico, ed apre lo sportello. Scende quindi dallo sportello del lato guida ritrovandosi nel fossetto. La portiera non era affatto bloccata.
I soccorritori si organizzano per estrarre Paolo Mainardi dall’autovettura e Gargalini ribalta il sedile sinistro anteriore verso il volante in modo da accedere più agevolmente al corpo del Mainardi.
Dato però che lo schienale è parzialmente inclinato il sedile non sta fermo nella posizione ribaltata e Gargalini è costretto a tenerlo fermo, probabilmente con la spalla destra, mentre opera all’interno della macchina.
L’azione di estrazione del corpo è combinata fra tre persone. Il Gargalini all’interno solleva il Mainardi dalla schiena e il Ciampi e il Martini lo tirano verso l’esterno per le gambe. Gargalini si accorge che, spostata la testa, la ferita (lui pensa alla giugulare, non poteva capire l’origine) ricomincia a buttare fiotti di sangue e con la mano cerca di tamponare il getto sanguigno durante l’estrazione del corpo. Il Gargalini si ritrova quindi a trattenere il sedile anteriore ribaltato con il proprio corpo e spingere il Mainardi fuori dall’auto. Devono aver faticato molto per estrarre il Mainardi e devono aver sfruttato ogni appoggio per fare forza, la stessa macchina infatti presenta chiazze di sangue repertate intorno alla cornice del finestrino, sul montante anteriore destro e sullo sportello. Tutte tracce probabilmente lasciate dai soccorritori appoggiando le mani insanguinate su qualsiasi superficie potesse offrirgli un punto di forza.
Estratto il corpo l’azione del Gargalini è terminata, segue il corpo uscendo dalla macchina. In quel momento il sedile ricasca sulle guide per la forza di gravità, posizione in cui viene trovato dagli inquirenti.
Considerazione: Se il sedile fosse stato ribaltato correttamente verso il volante, con lo schienale nella giusta posizione, non si sarebbero ritrovati i vetri sulla seduta, ma sul tappetino anteriore sinistro dopo essere caduti dalla seduta stessa.
All’esterno dell’auto il Ciampi e il Martini sollevano il corpo di Mainardi, aiutati anche da Gargalini nel frattempo uscito dall’auto. Lo sollevano per estrarlo dal fossetto ed adagiarlo sulla barella. Anche l’Allegranti, che è sul ciglio della strada, offre il suo aiuto. Il Mainardi viene adagiato sulla lettiga, caricato in ambulanza e trasportato all’ospedale. Arriva all’ospedale di Empoli circa a mezzanotte e mezzo.
La macchina rimane quindi con il sedile di guida nella posizione in cui viene trovato.
Termina la Quarta fase.
Considerazione: In alcune ricostruzioni si legge che un uomo delle dimensioni del Mainardi, con un proiettile che gli ha attraversato il cervello e che lo ha messo in stato di incoscienza si è sollevato dal sedile anteriore l’ha scavalcato e raggiunto la Migliorini sul divanetto posteriore. Lascio al buon senso valutare un’ipotesi del genere.
Jacopo Cioni 16 Novembre 2020 (successive modifiche nel corso del tempo)
Ricostruzione molto verosimilmente e direi esatta. Un unico appunto: a mio giudizio il mostro non era in macchina quando i primi testimoni sono smontati dalle auto, ma era in macchina al primo passaggio dell’auto che non si è fermata. E una domanda: siete sicuri delle chiazze di sangue in mezzo alla strada? Sono fondamentali, come dite voi, per capire se l’ auto si è fermata in mezzo alla strada per qualche minuto prima che il MDF la guidasse
Ci sono le foto delle chiazze di sangue sull’asfalto e non ci sono sulla piazzola. Da dire che mancano in campo lungo le foto per stabilire esattamente in che punto dell’asfalto sono.
Manca l’indicazione precisa sul punto in cui si troverebbero queste macchie di sangue, se sono in mezzo della strada in effetti è molto strano.
Inoltre se il MDF si fosse messo alla guida dell’auto , difficilmente l’avrebbe richiusa , come invece fu trovata. Credo che il MDF non sia mai entrato in quell’auto ma che abbia sfilato le chiavi introducendo solo il braccio dal finestrino (rotto)
E come si è rotta il naso la Migliorini? Come è entrato un bossolo all’interno della macchina? Come si sono generate quelle macchie di sangue sull’asfalto, più o meno centrali che siano? Come si sono formate le colature di Gothia? Perchè il coperchietto della luce di cortesia risulta spaccato a mezzo? Non basta credere, si devono spiegare tutte le condizioni repertate.
Aggiungo alle osservazioni della Redazione quest’altra osservazione. Molti sostengono che il MdF non sarebbe entrato in auto ma avrebbe sfilato le chiavi entrando con il braccio. Ok, perché avrebbe dovuto farlo? Per spegnere solo le luci che illuminavano la strada? Ok, perché non limitarsi a chiudere le luci girando le chiavi in posizione A? Perché toglierle? Non le ha mai tolte e mai gettate. È evidente che è stato un gesto meccanico di chi guida, metto le chiavi in posizione A (ma lui le mette in posizione B perché non sa che ha 4 scatti e non 3) e le sfila, come fanno tutti. Uscito dall’abitacolo non solo si accorge che ci sono i fari accesi ma si ritrova le chiavi in mano e le getta via, immagino che avrà sussurrato: macchina di m…a! Non riesce a portare a termine la sua operazione per la reazione del Mainardi ma anche perché si trova un’ auto “strana”.
La cosa che mi fa pensare è: il MdF per giungere alla piazzola lasciando ipoteticamente l’auto dall’altra parte del fiume e percorrendo la strada sterrata, (sembrerebbe andasse a colpo sicuro) doveva sapere della presenza delle due vittime.
In oltre: il passaggio di Calamandrei, non credo sia casuale; forse quest’ultimo passava per controllare/ aiutare eventualmente, una sorta di ronda ausiliaria.
Evidentemente sapeva che c’era una macchina ferma, magari ci è passato davanti o li ha seguiti. Il Calamandrei che passa a Baccaiano non ha nulla a che vedere con il Calamandrei francesco.
In un video dove alcune persone ricostruiscono le vie di fuga del MdF si può notare che dall’altra parte del torrente c’è un campo coltivato e sul cigno del campo si può notare la strada e la piazzola. Questo nel 2024 ma credo che anche all’epoca fosse così. Non è improbabile che li avesse seguiti, li avesse superati, si fosse portato nell’altra strada, sia sceso e dal ciglio del campo abbia osservato che effettivamente si fossero fermati,sia sceso nel torrente (nel 1981 il letto del torrente era più dritto di adesso), risalito nel bosco e si sia presentato davanti all’auto. Forse per questo motivo è arrivato quando la coppia aveva terminato il rapporto sessuale e non prima come negli altri casi.
I nomi dei soccorritori sono sbagliati: Si chiamano Paolo CIAPPI (non Ciampi) e Marco MARTINI (non Vanni). La ricostruzione della dinamica di Filastò è fuori dalla logica.
Grazie nomi corretti. La ricostruzione non è quella di Filastò, ma quella di Jacopo Cioni.
non va bene far tornare “le equazioni” aggiungendo o togliendo il numero che fa quadrare i conti: l’ho visto anche in questa peraltro interessantissima ricostruzione. Lo faccio anch’io: ho guidato la 127 e il modo per renderla “alcova” consisteva nell’avanzare i due sedili e reclinarli a 180 gradi affinché il divanetto posteriore aggiungesse lunghezza al sedile (i due erano alti…io che sono 1,80 circa ho fatto così). Se il Mainardi al primo-secondo sparo fosse balzato in avanti avrebbe subìto lo strappo dei capelli con incaglio del cinturino e potrebbe aver colpito con il gomito la Migliorini fratturandole il naso.
Il vetro infranto sarebbe finito sul sedile appunto perché lui si trovava più indietro (zona schienale ribaltato). La velocità di manovra di guida all’indietro è di chi l’auto la conosce: gli spari in mezzo alla strada colpiscono sia lui che lei (siccome il testimone Marini è lì vicino le prime urla devono essere durate poco e attutite dall’abitacolo). Se il piede contratto di Mainardi già incosciente preme la frizione il veicolo con motore acceso resta fermo in mezzo alla strada e intanto il sangue arterioso fiotta. Il Mdf accede dal lato passeggero muove il corpo di lei e il veicolo in retromarcia finisce a marcia indietro nel fosso. Con questo improvviso spostamento la Migliorini scivola dietro e il Mdf riesce a sollevare lo schienale, rompe il nottolino e si adopera per riportare l’auto nel buio del vicolo-piazzetta dove stava prima. Azione forse illogica, ma ancora lui confidava di poter fare il solito rito. Sente arrivare le auto e esce senza essere visto. I soccorritori vedono il Mainardi (come potevano in 4 vedere altri se non il Mainardi? E senza sospettare nulla o ricordare un abbigliamento diverso?) al posto di guida e con la testa reclinata vedono il foro sul parabrezza e corrono a chiedere soccorso. In quei 5 minuti il Mdf armeggia sul sedile di Mainardi che ugualmente è scivolato dietro in modo tale da consentire di tirare su il sedile (che però è portato tutto avanti appunto perché così si creava una specie di letto a due piazze). Il suo intento potrebbe essere un ostinato tentativo di spostare l’auto ma slitta le ruote nel fosso e quindi rinuncia. Esce, spacca i fari a pistolettate e a calci e dopo aver sfilato le chiavi che però non hanno spento il quadro comandi, le getta via. Lo so che non serve a molto, ma credo sia importante per spiegare cosa è successo dopo: Allegranti perseguitato perché il MdF teme di aver commesso un altro errore non avendo verificato la morte di lui come sempre ha fatto prima e perché, io credo, da lui era conosciuto. Nasce la pista sarda pressoché dal nulla e secondo me c’è un nesso. Scusate se non ho avuto il tempo di scriverla più breve (citazione letteraria)
Non abbiamo il tempo di discutere ogni punto. Diciamo solo che non trova riscontro.
Ho trovato molto convincente la ricostruzione e per certe cose, con un brivido, mi ha riportato alla mente di quando io, qualche anno dopo questi fatti, andavo ad appartarmi con la mia ragazza in auto. Il Carletti testimonia dei vetri molto appannati. Ecco, questo mi ha colpito. Li ricordo bene nella mia auto, anche a noi capitava sempre… e restavano a lungo appannati se non li si puliva in qualche modo, iniziando pian piano a fare goccioline che comunque non favorivano la visibilita’ verso l’esterno. Proprio per questo mi e’ venuto da riflettere su questo punto. Da quel che ho capito, ma magari ho frainteso, l’azione del MdF e’ iniziata poco dopo che i due poveri ragazzi avevano terminato le loro effusioni. Quindi, per quella che e’ la mia esperienza diretta, era estremamente probabile che i vetri fossero ancora appannati. Questo mi porta per logica a due possibilita’. O Mainardi non si e’ accorto del MdF prima che questi sparasse il primo colpo, agendo soltanto dopo averlo subìto, oppure e’ successa qualche altra cosa, imprevista per il MdF, che ha rivelato ai due ragazzi in auto la presenza dello stesso prima che sparasse il primo colpo. Ma, stando alla vostra ricostruzione, non penso che i due ragazzi si fossero gia’ messi a pulire i vetri, la cosa non quadrerebbe con la rottura del cinturino dell’orologio di Antonella. Alla fine non so quanto peso possa avere questa mia riflessione, se fondata, sull’insieme dei fatti, ma spero possa contribuire a ipotizzare una dinamica dei fatti piu’ realistica possibile. In ogni caso, grazie per tutto questo immenso lavoro.
Io personalmente ritengo questa ricostruzione.. tutto sommato.. molto reale per come potrebbero essere andate le cose. E solo su un punto che ho qualche dubbio.
Perché al limite “del tempo massimo”.. il MdF avrebbe tentato di spostare la macchina e per quale fine poi..? Ormai aveva già ucciso e quindi non sarebbe stato più logico filare via subito..? E secondo me non regge la circostanza che avrebbe tentato di spostare la macchina cercando di renderla “meno visibile” per poi passare con il coltello su quei poveri ragazzi (e sicuramente sulla ragazza in particolare) per “completare l’opera”. Se mi sbagliassi invece, e dando per scontato che le cose siano andate proprio così, ritengo che l’assassino non fosse da solo, ma ci fosse almeno un altro complice. Questo avrebbe permesso al MdF di muoversi, si sollecitamente, ma con una relativa tranquillità avendo il complice che collaborava (e probabilmente armato di coltello).. quantomeno controllando la strada provinciale se potesse sopraggiungere qualcuno.
Salve
Anche noi pensiamo non sia mai stato “da solo”. In zona poteva raggiungere un luogo più appartato molto facilmente, anche quello dove probabilmente hanno fermato la macchina, probabilmente al di la del torrente.
Si erano in comitiva … ma andiamo! il mostro unica e sola persona neanche molto intelligente, un povero scemo che gli ando’ bene perche’ a quei tempi non esistevano telefonini computer e tantomeno telecamere.
Ognuno la sua teoria.
Modo di operare di una sola e unica persona.due o piu’ persone per quanto fossero scemi allora gli inquirenti qualche cosa li avrebbe traditi ,tantomeno un manipolo di ubriaconi cosa altamente improbabile a cui solo canessa credeva e giuttari ah h aha
scusate ma sto torrente e la statale non si riferisce al Vingone (che è un torrente vicino Scandicci, quindi forse sovrapponete Mosciano a Baccagliano), si chiama “Virginio”, come anche correttamente riportato sul nome della provinciale 80 di maps. Virginio!
Grazie, un refuso, corretto.
Che la macchina l’abbia spostata il Mostro o no, non è proprio argomento sterile. Cioè lo è in relazione all’individuazione o meno dell’assassino, ma non lo è in relazione a ciò che dichiarò Lotti.
Il Lotti ha mentito perché ha detto che hanno parcheggiato sulla strada più avanti (ora non ricordo le parole precise) ma nessuno dei testimoni (due auto e più testimoni) hanno visto una o più auto parcheggiate sulla strada (non ci sono piazzole per parcheggiare), nè mentre i ragazzi erano vivi (piazzola) ne quando erano già stati colpiti (piazzola). Lotti poi sbaglia versione anche sul delitto di Giogoli quando dice, per due volte, che i due tedeschi erano al posto di guida.
ma per carita’ del signore.. ancora con quello scemo di lotti e compagni di merende , manco a pensarci che simili personaggi possano aver mantenuto un segreto simile per anni.
E su Baccaiano, Lotti dichiarò che fu il Mainardi che spostò l’auto nel tentativo di scappare.
povero scemo, pagato anche dallo stato ,se gli davano qualche altro milioncino si autoaccusava anche di essere il mostro di nerola
ah hahaahha come no”” i quattro ubriaconi che dopo osteria vanno a baccaiano a commettere sto’ delitto ah ah ah da ridere per non piangere.lotti col fiasco in mano e vanno con la borsa da postino ha ahah
Il maniaco e’ una sola e unica persona che agisce per appagare se stesso , nessun complice nessun mandante, pistola trovata per puro caso dopo che il mele la getto’ nei paraggi.
ma cancellate i commenti”? allora andatevennaffanculo
Cancelliamo solo quelli offensivi. Con questo offende noi e decidiamo di tenerlo. I suoi commenti non sono stati cancellati ma prima della pubblicazione devono essere approvati. Non è che stiamo H24 al pc per approvarli all’istante, un poco di pazienza.
E allora chiedo scusa, vedo scritte tante stupidaggini sul caso.
Le sue invece sono sacrosante verità?
Assolutamente no, ma credere alle scemenze dette da lotti, oppure credere alla stupida teoria dei mandanti ecce,e,cc, credo siano un po’ piu’ reali le mie teorie
Sono anni che sostengo le mie idee su chi fosse il vero unico serial killer, trovo’ la pistola durante le ricerche dell’arma la conservo’ e curo’ per anni prima che iniziasse ad uccidere nel 1974 ,il mostro e’ o tra gli addetti alla ricerca della pistola nel canale dove mele disse di averla gettata ,oppure trovata per caso da qualcuno che ha spiato il duplice omicidio del 68 che nulla ha a che vedere coi successivi! L’OMICIDIO DEL 68 NON C’ENTRA NIENTE COL VERO UNICO MOSTRO DI FIRENZE. ALTRO CHE SETTE E COMPAGNI DI MERENDA
E’ stato esaltato un povero deficente handicappato vigliacco pezzo di merda che uccideva poveri ragazzi come fosse di chissa’ quale intelligenza, provasse adesso a fare quello che ha fatto. morto e sepolto sicuro dopo l’ultimo omicidio altrimenti non si sarebbe mai fermato. spero abbia sofferto come un cane bastardo lui e la madre che lo ha generato.