Siena, il giallo di Alessandra, la tassista strangolata

Non aveva ancora compiuto 30 anni quando qualcuno, forse per rapinarla, l’ha attirata in una discarica: poi con una corda l’ha stretta alla gola e legata. Dal 9 agosto 1997 è senza giustizia

di Federico Ferrero

La mattina del 9 agosto 1997, a qualche chilometro da Siena in direzione Firenze, il signor Boschi si ferma nella piazzola della discarica di Castellina in Chianti. Vuole lasciare lì un paio di materassi sfondati ma, arrivando, nota un taxi parcheggiato. Sulla portiera, si legge la sigla Siena 22. Che strano: cosa ci fa, in quel luogo appartato, un taxi fermo? Accosta, guarda dentro e torna a casa, spaventato, ad avvertire i carabinieri. Pensa che la ragazza alla guida si sia sentita male. Invece è morta. La donna si chiama Alessandra Vanni, non ha compiuto ancora 30 anni e lavora per la cooperativa locale dei taxi. È la voce dei tassisti senesi, colei che al centralino smista le chiamate dei clienti; a tempo perso, avendo preso da poco la licenza, fa qualche corsa pure lei, usando la Alfa 155 bianca dello zio tassista Onorio che, in quei giorni, è all’estero per seguire il Gran Premio di Ungheria di Formula Uno.

Il divorzio un anno prima, senza rancore

Alessandra, ragazza alta e slanciata, folti capelli ricci, espansiva e allegra, conduce una vita tranquilla e senza ombre. Un anno prima di essere uccisa aveva divorziato da Stefano, meccanico senese, con il quale il rapporto non funzionava più ma non erano rimasti rancori. Peraltro il giovane era all’estero, in vacanza, nelle ore del delitto. I colleghi sapevano di una relazione che la ragazza aveva iniziato con un altro tassista, pure lui di nome Stefano. Ovvio indagare sul suo conto: i carabinieri, tuttavia, appurano che era in giro fuori città durante il suo turno di lavoro, quando è avvenuto l’assassinio. Prima di andare a dormire, l’uomo aveva provato a raggiungerla telefonicamente, senza successo perché il cellulare della donna era rimasto a casa; dopo averla cercata per un po’, aveva concluso che anche lei si fosse ritirata.

MOLTI SONO STATI I SOSPETTATI, TUTTI SCAGIONATI DALL’ANALISI DEL DNA. GLI INVESTIGATORI NON SI SONO ARRESI E HANNO RIAPERTO L’INCHIESTA, TENTANDO DI DARE PACE ALLA FAMIGLIA DI ALESSANDRA. LA MAPPA DEGLI SPOSTAMENTI

La tecnica dell’assassino

Nei giorni precedenti, a Viareggio e a Piombino, due prostitute erano state uccise ma il mondo di Alessandra era tutto un altro: difficile, se non impossibile, tentare un collegamento tra quei crimini. La vittima è stata strangolata con un cordino. Con la stessa corda, il killer l’ha legata con le mani dietro lo schienale, fissando il nodo al sedile. Una mossa strana, irragionevole: le legature sono state fatte, indubitabilmente, post mortem. La dottoressa Monciotti, che si occupa dell’autopsia, non trova segni di aggressione né di violenza sessuale. Solo un paio di lievi abrasioni sul collo e, sotto le unghie della povera ragazza, dei frammenti di pelle. Più avanti, sulla corda verrà trovato un bulbo pilifero che non appartiene alla vittima.

Un cliente per fuori città, alle 23:25

Si cerca di capire quali circostanze abbiano portato Alessandra, ragazza accorta e prudente, in quella piazzola deserta. Ricostruendo la serata dell’8 agosto, si accerta che la Vanni ha fatto il suo turno di lavoro al centralino, dalle 14 alle 21. Ora in cui mette in funzione il risponditore automatico e torna a casa di mamma Mirella e papà Luciano, per cenare. Alle 22, però, decide di lavorare ancora un po’: allora prende il taxi dello zio e va in piazza Matteotti. Porta alcuni militari dalla stazione dei treni alla caserma dei parà; alle 23:07, poi, accompagna due studenti in piazza Gramsci. Alle 23:18 è nuovamente in piazza; chiacchiera con due colleghi, fermi come lei ad attendere il prossimo giro. Dopodiché rimane sola e, da quel momento in avanti, si può solo ricostruire il suo destino. Alle 23:25, Alessandra azzera il tassametro e imposta la tariffa due, quella extraurbana. Qualcuno si è presentato ed è salito sul taxi, chiedendo di essere portato fuori città.

Testimoni vedono due uomini a bordo

Alcuni testimoni sostengono di aver notato quel taxi bianco a Quercegrossa, appena fuori Siena; imbocca un vicolo, esita, fa manovra davanti a un bar. Dopo pochi minuti, gli avventori lo rivedono che gira, si ferma ancora, sembra alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Alcuni sostengono di aver visto due uomini, seduti dietro Alessandra. Poi, il taxi sparisce. L’avvistamento successivo è in frazione Fonterutoli di Castellina: un testimone vede una persona uscire da un taxi bianco, parcheggiato davanti al capannone di un fabbro, e risalire velocemente sul sedile del passeggero anteriore. Poco dopo la mezzanotte, due persone vedono il taxi passare e sterzare deciso in quella stradina sterrata che porta alla discarica. Il tassametro viene ritrovato acceso e fermo sulla cifra di 55.200 lire, a mezzanotte e nove minuti, dopo 40 minuti di corsa. Dati del tutto compatibili con il percorso e i tempi suggeriti dai testimoni.

La lettera con u n passo da l’Apocalisse

Nessuno, però, sa spiegarsi come mai Alessandra abbia accettato di infilarsi in quel viottolo. Forse era minacciata. Ma perché ucciderla? Dal taxi manca il borsello con gli incassi: potrebbe trattarsi di una rapina degenerata in omicidio, con il killer (o più di uno) intento a “sporcare” la scena del delitto per depistare le indagini e far pensare a qualche macabro rituale. Viene pure valutata una lettera anonima spedita agli inquirenti, con un passo dell’Apocalisse in latino: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Quel posto non è facilmente frequentabile da forestieri e, chi ha ucciso, si è probabilmente allontanato a piedi. Un’altra ipotesi è che Alessandra sia stata ammazzata prima di essere portata nella piazzola; e che quel taxi, a un certo punto, lo guidasse qualcun altro.

Le indagini a tentativi: sette scagionati

Passano i mesi, diventano anni. Nel 2013 viene riesumato il corpo di un sospettato dei tempi, per compararne il Dna con i frammenti trovati sotto le sue unghie. È un cliente della donna, un pizzaiolo: la ragazza si era accordata con lui per l’adozione di alcuni gattini, ritrovati davanti al consorzio dei taxi, chiusi una scatola con uno spago. Ma non per quella sera, aveva giurato lui. Si ipotizza che quello spago possa essere stato trovato dal killer sull’automobile. Ma il Dna non corrisponde. Altri sei indagati vengono scagionati dall’analisi genetica. Nel 2015, tocca a un uomo di Castellina: gli trovano in casa armi e articoli dedicati all’omicidio, però il profilo genetico è diverso. Nel novembre di quest’anno, altre due persone vengono esaminate sulla spinta del procuratore capo Salvatore Vitello e del pm Nicola Marini, che hanno ripreso in mano il faldone del cold case di Siena per tentare, una volta per tutte, di dar pace a mamma, papà e sorella. Neanche questa volta è andata bene. Ma l’assassino, se è ancora vivo, gira indisturbato da quelle parti. Proprio come faceva Alessandra, prima che un disgraziato decidesse di troncare il suo cammino. Forse per 140 mila lire, l’equivalente di 72 euro.
https://www.corriere.it/sette/attualita/20_dicembre_11/siena-giallo-alessandra-tassista-strangolata-a55423e2-37d6-11eb-8ee8-3626ca43a0a8.shtml

11 Dicembre 2020 Stampa: Corriere – Siena, il giallo di Alessandra, la tassista strangolata
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