Piccoli crimini svelano vizi e virtù di tutti
Ruggero Perugini, il poliziotto dell’indagine sul Mostro e su Pietro Pacciani, torna in libreria con ” Volevo fare il commissario”: una raccolta di storie minime viste in tanti anni di carriera dal suo osservatorio privilegiato Nel suo ufficio in questura a Firenze, Ruggero Perugini teneva sulla scrivania una citazione di Nietzsche: «Chiunque combatta con i mostri deve fare attenzione a non diventare a sua volta un mostro: perché se guarderai a lungo nell’abisso, infine anche l’abisso guarderà te». Una raccomandazione, la sintesi della sua filosofia.
Ci sono varie tracce di diversità nella storia professionale e umana di Perugini rispetto alle consuetudini del poliziotto-tipo.
Lo stile freddo senza essere impersonale, la passione per l’arte e per scrittori come Dürrenmatt. Una differenza segnata anche nel libro appena scritto, “Volevo fare il commissario”. Perugini non ha scelto di raccontare grandi inchieste; non ha inventato un commissario destinato alla serialità. Ha preferito ricostruire frammenti di vita che un tempo i cronisti di nera trovavano in questura trascritti sui “mattinali”, e cioè l’elenco dei piccoli crimini commessi nella notte. Piccole storie per rendere giustizia alla semplicità, avventure dimenticabili per lasciare intravedere l’essenza delle cose, i vizi e le virtù delle tante persone incrociate per strada, guardie o ladri, senza distinzioni. In fondo, la cronaca nera è questo. Un’altana mimetizzata, e allo stesso tempo privilegiata, dalla quale osservare (e capire) il mondo. Perugini quel pianeta lo conosce bene e lo descrive nei suoi racconti. Pagine di storie minime nelle quali celebra i compagni di viaggio, attraverso una frase, una mania.
Ancora la semplicità, ben gestita come solo chi è padrone della complessità può fare. Perché questi racconti non devono trarre in inganno. Nella sua carriera, Perugini ha affrontato grandi inchieste, a cominciare dal Mostro di Firenze. Perugini è l’uomo della svolta di una storia infinita che in mezzo secolo ha travolto (talvolta stravolto) vite e carriere. Negli anni Novanta, è stato il primo a comprendere che i confini della vicenda erano talmente grandi da dover guardare alla patria dei serial killer, l’America, chiedere aiuto all’Fbi senza pregiudizi. È stato lui a portare all’arresto di Pietro Pacciani e cambiare per sempre il corso delle cose. Lui a sfidare l’assassino in diretta tv, offrendogli la possibilità di confidare le segrete perversioni.
Anche allora, un tentativo di andare oltre i fatti, rintracciare i sentimenti dietro le azioni, le debolezze camuffate dalle prove di forza. Scriveva Perugini nei suoi diari dell’inchiesta del Mostro, poi diventati un libro (” Un uomo abbastanza normale” Mondadori). «A volte immagino la personalità di un essere umano normale come un cerchio perfetto. Anche la personalità dei cosiddetti mostri è un cerchio, soltanto che non è perfetto. È come se gli fosse stato sottratto un minuscolo spicchio. E in quello spicchio quasi invisibile c’è spazio per tutti i delitti del mondo». Delitti grandi o piccoli che siano.
Gianluca Monastra