Mostro di Firenze, il pm Mignini: “Tanti errori e omissioni, ho chiesto la sospensione della docuserie”
Per il magistrato che coordinò le indagini perugine sono state stravolte le sentenze e dato voce a ricostruzioni inverosimili
“Il Mostro di Firenze. Bugie e verità”, giovedì il documentario in tv prometteva polemiche e ha mantenuto le aspettative. Come era facile immaginare la ricostruzione televisiva di uno dei casi di cronaca nera (e non solo) più famosi d’Italia non poteva non lasciare straschi e precisazioni.
Il sostituto procuratore Giuliano Mignini (ora in pensione) ha coordinato le indagini del cosiddetto “filone perugino” e sulla ricostruzione di quell’aspetto, nella trasmissione televisiva, ha molto da dire, a partire da due punti fermi, cioè due sentenze: la prima, quella del giudice Marina De Robertis che certifica l’omicidio del medico perugino Francesco Narducci, con tanto di doppio cadavere, e la sentenza della Cassazione (865/2013) che annulla quella emessa dal giudice Paolo Micheli (tranne il capo 1), ma senza rinvio in quanto a causa delle lungaggini processuali e dei ritardi nel deposito è intervenuta la prescrizione.
Dottor Mignini, ha visto la trasmissione: cosa non condivide della ricostruzione televisiva?
“Ho visto la ricostruzione dell’indagine perugina e l’impostazione non mi è piaciuta, perché parte da presupposti sbagliati, con errori e omissioni. Mi spiego: non si può parlare di quell’indagine prescindendo, o travisando, quanto riportato nella sentenza della Cassazione, la 865 del 21 marzo del 2013. Una sentenza che non assolve nessuno, perché i giudici hanno annullato la decisione del gup Micheli, tranne che per il primo capo, e sancito l’intervenuta prescrizione e tutti gli imputati, tranne uno, hanno beneficiato della prescrizione. Vorrei ricordare che la prescrizione non stabilisce che non c’è reato, ma solo che è passato troppo tempo per ricostruire la verità dei fatti. L’impostazione della trasmissione, quindi, poggia su basi errate e, mi sembra che tenda a contestare le indagini perugine senza conoscere i fatti”.
Come se si trattasse di di una pista secondaria o di fantasia?
“Credo che non si sia voluto prendere in considerazione quanto scritto in due pronunce definitive sulla pista perugina della indagini. È difficile smontare la perizia medico legale della sentenza De Robertis che conferma l’ipotesi dell’omicidio e del doppio cadavere. Elementi confermati dall’esumazione del corpo del medico Francesco Narducci: il quale era alto 1 metro e 82, mentre il corpo ripescato nel Trasimeno era 1 metro e 60; il corpo di Narducci non è mai stato in acqua e si presentava ‘corificato’, come se fosse mummificato per intenderci, ma integro, mentre il corpo ripescato nel lago presentava già la decompisizione dei corpi rimasti a lungo in acqua”.
Ci sono altre inesattezze in merito alle indagini perugine?
“Nel documentario viene richiamato spesso, ricalcando quanto scritto più volte da Mario Spezi e Pino Rinaldi, secondo i quali avrei svolto le indagini su suggerimento della giornalista Gabriella Carlizzi: è una bugia per squalificare le indagini perugine. Tanto è vero che chiesi per ben due volte l’arresto di Carlizzi. Come si fa a sostenere questa tesi? Secondo me lei non sapeva nulla e ha provato, nel tempo, ad accreditarsi come persona informata sui fatti”.
Nel servizio ci sono dei passaggi che, alla fine, contrastano con quanto sostenuto nella trasmissione e offrono la sponda alla tesi investigativa?
“Una delle persone intervistate sostiene di aver partecipato, con i familiari di Narducci, alla vestizione del cadavere. Quando dagli atti d’indagine sappiamo che la vestizione è stata fatta dal personale dell pompe funebri. Quando poi siamo andata ad aprire la bara di Francesco Narducci abbiamo trovato un grembiule, non un asciugamano. Grembiule di cui non parla nessuno nei documenti relativi alla preparazione del corpo del defunto. Secondo il consulente tecnico Massimo Introvigne quello è un segno rituale, legato alla massoneria, una punizione del cadavere, come se avessero voluto degradarlo. Quando in una vicenda si contestano anche i fatti pacifici, si va oltre le interpretazioni, ma si cercano di modificare proprio i fatti che costituiscono la vicenda. Come per la sentenza della Cassazione: nessuno è stato assolto, tutti, tranne un imputato, hanno beneficiato della prescrizione, non si può sostenrre che non c’è reato”:
Le indagini perugine sulle vicende del mostro di Firenze incrociano anche quelle sul delitto di Meredith Kercher. Il suo libro che uscirà a febbraio del 2022, pubblicato da Morlacchi editore, contiene un capitolo su questo?
“Ho dovuto inserire una parte sull’indagine perugina perché Mario Spezi e Douglas Preston, nei loro articoli e libri hanno sempre inserito l’indagine del lago collegata a quella per l’omicidio Kercher. È stato quello che io ritengo un attacco personale per screditare chi indagava e, di riflesso, veicolare le tesi difensive che venivano dagli Stati Uniti per salvare Amanda Knox”.
Le indagini perugine sono il tema di un altro suo volume in preparazione?
“Nel 2023 dovrebbe uscire un mio nuovo libro che ricostruisce le indagini e i processi, con apparato documentario, come la sentenza De Robertis, unico documento processuale ancora valido e mai toccato da modifiche o annullamenti”.
E per quanto riguarda la trasmissione cosa intende fare?
“Ho già chiesto la sospensione della stessa, almeno fino alla rettifica della parte che riguarda la sentenza Micheli, annullata dalla Cassazione e per quanto riguarda le insinuazione relative alla parte avuta da Gabriella Carlizzi secondo Spezi e Preston. Ribadisco: non è solo ridicolo pensare che abbia influenzato le mie indagini, ma è palesemente falso”.