Mostro di Firenze, il dossier dimenticato e il Dna sulle lettere minatorie: chiesta la riapertura dell’indagine

di Andrea Galli

In un’informativa dei carabinieri del 1984 si collegava una pistola Beretta calibro 22 ai delitti del «mostro»: il proprietario dell’arma non è mai stato considerato tra i sospettati

In un’informativa dei carabinieri dell’ottobre 1984, con intestazione giallognola a titolo «Rapporto di polizia giudiziaria e relative indagini», si ipotizzava che una pistola Beretta calibro 22, rubata anni prima in un’armeria e mai ritrovata, potesse essere collegata ai delitti del cosiddetto «mostro di Firenze»: una scia sanguinaria nell’arco di undici anni (14 le vittime accertate) che generò dolore e psicosi, terrore e misure per aumentare la sicurezza non soltanto in Toscana, oltre a radicali variazioni delle personali abitudini, ad esempio non girando da soli ed evitando luoghi isolati. Ebbene, quella pistola portava a un uomo, già denunciato per reati contro la libertà sessuale: in fase di perquisizione, nella sua casa vennero scoperti 10 bossoli e 2 cartucce sempre calibro 22. Ma nell’infinito elenco delle persone esplorate per cercare fra loro il maniaco omicida armato sia di pistole sia di lame per amputare – un elenco di duecento identità infine ridotto a pochi nomi a cominciare da quello di Pietro Pacciani, contadino, deceduto nel 1988 alla vigilia di uno dei numerosi processi a suo carico –, quell’uomo non è mai stato considerato fra i possibili sospettati. Dunque i magistrati avrebbero ignorato il rapporto dei carabinieri (la Compagnia era quella di Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze) a fronte di una appunto copiosa e forse non ogni volta circostanziata oppure robusta selezione di presunti colpevoli. Perché mai? Quale sforzo aggiuntivo avrebbe comportamento l’inserimento del nominativo?

Genetica e testimoni

Con questo incipit, corredato da ulteriori elementi, un collegio di avvocati – Vieri Adriani, Valter Biscotti e Antonio Mazzeo – ha adesso depositato un’istanza alla Corte d’Assise di Firenze per la riapertura dei casi del «mostro di Firenze». I legali difendono la sorella di Carmela De Nuccio, uccisa a Scandicci tra il 6 e il 7 giugno del 1981, e quella di Jean Michel Kraveichvili, assassinato a Scopeti di San Casciano l’8 settembre 1985, e le figlie di Nadine Mauriot, morta insieme a Michel: francesi, lei commerciante e lui musicista jazz, erano alla prima vacanza insieme, mentre Carmela, trucidata con il fidanzato Giovanni Foggi, era una pellettiera originaria del Salento.

Le lettere minatorie

Nella richiesta degli avvocati c’è altresì l’obiettivo di accedere alla totalità degli atti che, «rivisitati» dai medesimi legali, andranno a consolidare le indagini difensive poggiando su un dato oggettivo: per tre duplici delitti ricondotti alle attività sanguinarie del «mostro», ancora oggi mancano sentenze definitive sul responsabile o i responsabili. Del resto, nella complessità dei fatti e delle successive indagini, qualcos’altro sarebbe rimasto dimenticato – s’ignora se per approfondita valutazione oppure per sottovalutazione –, unitamente ai consigli invano forniti dai carabinieri con quel loro dossier. Parliamo di una traccia di Dna isolata da una delle tre buste inviate dal «maniaco» a tre magistrati che si occupavano delle inchieste, e contenenti lettere di minacce e bossoli Winchester. Di nuovo calibro 22. Una coincidenza, forse. Ma negli omicidi, spesso le coincidenze possono divenire tracce.

https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/22_marzo_23/mostro-firenze-dossier-dimenticato-dna-lettere-minatorie-chiesta-riapertura-dell-indagine-9a71b4da-aa85-11ec-89dc-0e9cfd23fb65.shtml?refresh_ce

23 Marzo 2022 Stampa: Corriere della Sera – Il dossier dimenticato e il Dna sulle lettere minatorie

2 pensieri su “23 Marzo 2022 Stampa: Corriere della Sera – Il dossier dimenticato e il Dna sulle lettere minatorie

  • 23 Marzo 2022 alle 19:55
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    Avete il verbale del furto della beretta?
    Vorrei capire chi sia la persona accusata di essere il mostro.

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    • 23 Marzo 2022 alle 20:32
      Permalink

      No, sicuramente è in possesso di Paolo Cochi, ma supponiamo che non lo renderà pubblico.

      Rispondi

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