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Gianluca Zanella
Certi incubi sembrano destinati a non avere fine. Da una parte questo è un bene, perché la ricerca della verità è sempre doverosa, soprattutto per chi resta a piangere vittime senza giustizia; da un’altra, c’è il rischio di re-innescare un circolo vizioso – per la verità mai veramente finito – di teorie complottistiche portate avanti (strumentalmente o meno non sta a noi giudicarlo) da un disparato stuolo di pseudo esperti del tema.
È notizia di oggi quella che torna a far parlare del Mostro di Firenze: un collegio di tre avvocati – Valter Biscotti, Antonio Mazzeo e Vieri Adriani, coadiuvati dall’esperto e consulente di parte Paolo Cochi – ha infatti depositato presso la procura di Firenze un’istanza di riapertura delle indagini e di accesso alla documentazione d’indagine. Gli indizi di novità contenuti nella richiesta riguardano elementi genetici, balistici e testimoniali. C’è da parte degli avvocati la convinzione che, anche con nuove tecniche investigative, si possa arrivare a delle conclusioni diverse rispetto a quelle dei processi celebrati.
La richiesta dei tre avvocati – che rappresentano i familiari delle vittime francesi del 1985 e la sorella della vittima femminile del delitto di Scandicci del giugno 1981 – arriva dopo due anni dall’ultimo atto di questa lunghissima vicenda. Nello specifico dall’archiviazione del procedimento a carico dell’ormai noto Giampiero Vigilanti, l’ex legionario, oggi novantenne, che nel corso della sua turbolenta esistenza ha conosciuto praticamente tutti i principali protagonisti di questa intricata e inquietante vicenda – Pietro Pacciani (sospettato di essere il Mostro e trovato morto il 22 febbraio 1998 mentre era in attesa di un nuovo processo); Francesco Narducci (il medico perugino trovato morto nell’ottobre del 1985 nelle acque del lago Trasimeno); i fratelli Vinci (Salvatore, oggi scomparso non si sa dove, e Francesco, incaprettato, ucciso e bruciato nel 1993, legati alla così detta “Pista sarda”) – e il medico, anch’egli quasi novantenne, Francesco Caccamo. In quell’occasione, nel novembre 2020, la GIP presso il Tribunale di Firenze Angela Fantechi aveva ribadito che “l’archiviazione del procedimento non comporta preclusioni di nessun tipo, in qualunque momento nuove emergenze possono condurre ad una riapertura delle indagini”.
La richiesta di accesso agli atti del procedimento a carico di Pietro Pacciani era già stata presentata un anno fa; inizialmente concessa, in un secondo momento era poi stata negata. Ora i tre avvocati tornano alla carica con quella che definiscono una nuova pista ancora mai battuta. Una pista che prende avvio da un verbale (agli atti, dunque pubblico) dei carabinieri di Borgo San Lorenzo del 1984. In questo verbale compare il nome di un uomo all’epoca attenzionato e con molti indizi a suo carico, ma sul quale in seguito è sceso uno strano velo di silenzio, tanto che non fu inserito nemmeno nelle liste dei sospettati della Sam (squadra anti mostro). Secondo gli avvocati – che per ora preferiscono non svelare il nome di questo nuovo personaggio sulla scena – si tratta di una pista buona e inspiegabilmente mai approfondita. Staremo a vedere.
Abbiamo provato a fare qualche domanda, ma tutto quello che siamo riusciti a capire è che questa persona – perquisita appunto nel 1984 – venne trovata in possesso di una Beretta calibro 22 e di alcuni bossoli compatibili con quelli usati nei delitti fino a quel momento commessi dal “mostro” [che tornerà a colpire un’ultima volta nel 1985]. “Questa persona, incredibilmente, non viene inserita nemmeno nella lunghissima lista di semplici sospettati oggetto dell’indagine che poi è arrivata a Pacciani. Il perché non sia stata inserita è un mistero ed è proprio questo che vogliamo capire e che sarà oggetto delle nostre indagini” ci dice l’avvocato Valter Biscotti, che aggiunge: “oggetto delle nostre indagini saranno anche le tre lettere scritte dal mostro e inviate ai procuratori, dove è stato isolato recentemente un Dna maschile, lo stesso su tutte e tre le lettere”. L’avvocato Biscotti si riferisce alle lettere anonime recapitate alla procura di Firenze [due a mano e una via posta] ai PM Vigna, Fleury e Canessa tra il 1 ottobre e il 5 ottobre 1985, in cui era contenuto la copia di un articolo di giornale del 29 settembre e un dito di guanto in lattice contenente una cartuccia calibro 22 Winchester serie H, lo stesso tipo di cartuccia utilizzata dal mostro. Ogni lettera recava l’inquietante messaggio: “Vi basta una a testa?”.
Il Dna recentemente individuato “certamente non è di Pacciani”, dice Paolo Cochi, consulente degli avvocati della difesa “perché è stato comparato con lui e con tutti gli altri nomi noti della vicenda”. “Noi vogliamo fare la comparazione anche con tutti gli altri coinvolti nel procedimento, compreso l’uomo oggetto del rapporto del 1984”, aggiunge l’avvocato Biscotti.
Per ora non ci resta che attendere. Nel frattempo, riportiamo le dichiarazioni degli avvocati. “Cerchiamo la verità, quella vera, con una nuova indagine e negli atti c’è una traccia finora trascurata per individuare il colpevole”, dice Valter Biscotti. “Forse, stavolta, vista la numerosa partecipazione dei familiari delle vittime, la procura di Firenze si deciderà ad aprirci la porta dell’archivio del mostro“, aggiunge Antonio Mazzeo. “Si chiede una riapertura delle indagini, in realtà c’erano già e ci sono vieppiù tutti gli elementi necessari e sufficienti per un rinvio a giudizio. Chi nega l’accesso agli atti contraddice il principio costituzionale per cui la giustizia è amministrata in nome del popolo”, conclude Vieri Adriani.
https://www.ilgiornale.it/news/cronache/mostro-firenze-c-nuova-pista-2020089.html