Mostro di Firenze: l’inchiesta sulla cartuccia ‘farlocca’ nell’orto di Pacciani verso l’archiviazione
La chiede al gip la stessa procura fiorentina. I ‘depistatori’ resteranno ignoti?
l procuratore aggiunto Luca Turco, ‘erede’ dell’inchiesta infinita del pm in pensione Paolo Canessa sul cosidetto ‘mostro di Firenze’, ha chiesto al gip l’archiviazione del filone d’indagine sul presunto depistaggio relativo al ‘fortuito ritrovamento’ della cartuccia calibro 22 sbucata fuori nell’aprile 1992 dall’orto della casa di Pietro Pacciani, a Mercatale Val di Pesa.
L’indagine era stata aperta tre anni fa, sulla scorta delle nuove analisi scientifiche dei reperti disposta dalla procura ed era finalizzata all’individuazione degli eventuali responsabili dell’alterazione sulla cartuccia rilevata dal consulente balistico della stessa procura, Paride Minervini.
Il proiettile inesploso fu rinvenuto nel corso della ‘maxi perquisizione’, durata giorni, a casa di Pacciani, nell’ambito dell’inchiesta per la quale il contadino di Ampinana è stato condannato in primo grado, assolto in appello e poi deceduto in attesa di un nuovo giudizio di secondo grado, a seguito dell’annullamento della Cassazione.
Quel proiettile oggi considerato ‘farlocco’ – e sul quale già all’epoca si nutrivano dubbi – è stato a lungo considerato ‘la prova regina’ contro Pacciani, insieme a un portasapone di plastica marca ‘Deis’ e a un blocco da disegno ‘Skizzen Brunnen’, ritenuti già nella disponibilità delle due vittime tedesche, entrambe maschili, nel delitto di Giogoli, venerdì 9 settembre ’83.
L’ipotesi era che la cartuccia calibro 22, marca Winchester, serie H, dello steso tipo di quelle che hanno ‘firmato’ gli otto duplici omicidi attribuiti al cosiddetto ‘maniaco delle coppiette’, fosse stata alloggiata nella pistola del mostro, come avrebbero dimostrato alcuni segni presenti sul corpo della stessa.
Ma se per Pacciani qualcuno gli aveva messo il proiettile a bella posta nell’orto, anche per Minervini lo stesso sarebbe stato manomesso: l’impronta dell’unghia estrattrice sul bossolo che all’epoca fece accostare il reperto all’arma del killer, sarebbe infatti stata artefatta.
Purtroppo da quell’alterazione, riporta l’edizione odierna de La Nazione, sarebbe passato troppo tempo per arrivare agli eventuali responsabili: da qui la richiesta di archiviazione delle indagini.
La procura ha comunque chiesto al Ris di Roma di continuare a indagare su quel proiettile, per meglio definire la natura dei segni sul bossolo.
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