Il 21 Luglio 2022 l’Avv. Vieri Adriani invia alla Procura della Repubblica di Firenze una opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento proc. 14165/19 mod. 44 riguardante la “cartuccia orto Pacciani” richiesto dal PM Luca Turco in data 13 maggio 2022.
Questa l’opposizione: 21 Luglio 2022 opposizione dell’Avv. Adriani alla richiesta di archiviazione
La richiesta di archiviazione viene accolta il 17 maggio 2024.
Questa la trascrizione:
STUDIO LEGALE
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PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI FIRENZE
per l’UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
proc. pen. n. 19165/19 rgnr mod. 44- 8203/22 gip
c. ignoti
OPPOSIZIONE DELLA PERSONA OFFESA ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE CON INDICAZIONE DI NUOVI MEZZI DI PROVA/ MEMORIA EX ART. 121 CPP
Il difensore della Signora
ANNE LANCIOTTI
prossima congiunta di Nadine Jeanine Gisèle Mauriot, persona offesa dal reato nel procedimento penale a margine descritto, iscritto a carico di ignoti per otto duplici omicidi di coppie di giovani in territorio della provincia di Firenze, tra il 1968 ed il 1985, letta la richiesta di archiviazione del Signor Pubblico Ministero, notificata al difensore per le persone offese via pec il 1 luglio u.s.;
premesso che
scopo di questo procedimento non è evidentemente rifare da capo il processo al (defunto) Pietro Pacciani, solo per vedere se uno dei principali elementi di prova a suo carico, la famosa cartuccia trovatagli nell’orto il 27 aprile 1992, fosse vero o fasullo, ma stabilire se degli otto duplici omicidi descritti in rubrica debba risponderne anche o solo qualcun altro;
il presente fascicolo processuale è stato fornito privo di indice e di numerazione delle pagine;
tutti i riferimenti effettuati in quest’atto di opposizione al faldone e numero di pagina si riferiscono invece al procedimento principale 7265/17 nr, di qui il presente costituisce uno stralcio;
nel caso di specie la richiesta di archiviazione è solo astrattamente fondata, essendo esclusivamente per questioni di natura processuale, in quanto essendo spirati ai sensi dell’art. 407 cpp i termini di durata delle indagini preliminari, decorrenti dalla data dello stralcio disposto il 27.06.19 dal procedimento principale n. 7265/17 nr, quest’ultimo definito con decreto di archiviazione del Gip. dr.ssa Fantechi del 09.11. 20 (doc.1);
difatti il corposo materiale raccolto nel procedimento principale, frutto anche e soprattutto dell’incessante e brillante iniziativa del Proc. Dr. Paolo Canessa, fra il 2014 ed il 2017, già di per sé sarebbe stato sufficiente all’emissione dell’avviso ex art. 415 bis, almeno nei confronti di uno (Giampiero Vigilanti) degli allora indagati, oggi archiviati;
oggi a maggior ragione, che vi si sommano gli esiti d’indagine di questo stralcio;
e altra parte la parte di nazionalità francese qui rappresentata, frustrata, come del resto tutti gli altri membri della sua famiglia (oggi rappresentati da altri difensori), da anni di inutile attesa di giustizia, ci esorta e ci raccomanda per interloquire sin da adesso con gli organi di giustizia di questa fase, che non è solo il Giudice per le indagini preliminari, ma anche l’attuale Pubblico Ministero;
la vicenda del Mostro di Firenze è lunga e complessa, donde la necessità per la sua migliore comprensione di rinviare interamente al documento che la riassume, a firma dello scrivente difensore (doc.2);
la richiesta di archiviazione ha per oggetto la c.d. cartuccia Pacciani, cioè quella rinvenuta nel corso della maxi-perquisizione ordinata e disposta dalla Procura della Repubblica di Firenze nell’orto del suddetto, la bellezza di ormai 30 anni fa;
l’ipotesi espressa da parte del ct del PM, Magg. Paride Minervini, di una sua alterazione/manomissione per effetto di un colpo di “martelletto” sulla faccia esterna dell’unghia estrattrice, è un’eventualità che la problematica conclusione della relazione dei Ris del 13.04.2021 non conferma né smentisce;
d’altra parte c’è che chi come il vecchio consulente tecnico balistico di parte della difesa Pacciani (l’unico che questi abbia in realtà mai avuto, vale a dire il defunto prof. Marco Morin e non certo i nomi di psedo-consulenti che circolano in Rete prendendosene i meriti) ha affermato che il segno sul collarino della cartuccia Pacciani non può che appartenere all’estrattore di un’altra pistola (cfr. consulenza di primo grado del Prof. Morini, a p, 24 e di secondo grado a p.5);
quale che sia la verità, si pone la necessità di accertare se e quale interesse e da parte di chi possa esservi stato nel far ritrovare la cartuccia in questione nell’orto di Pacciani, facendo riversare in ogni caso su di lui, correo o innocente che sia, la responsabilità esclusiva per tutti e otto i duplici omicidi;
compito attuale del PM infatti non è più dimostrare la colpevolezza di Pacciani, ma indagare su possibili altri autori o complici. Non è dirimente perciò capire se quella cartuccia sia stata incamerata in una Beretta, quanto piuttosto se quella cartuccia fosse compatibile con le pistole dei due ex indagati o al limite di qualche altro soggetto;
pensiamo per esempio a quel che certo Franco Mandelli a suo tempo dichiarò e cioè di aver appreso che sarebbe stato un pastore sardo di nome Giuseppe Barrui a cedere a Pacciani e a Vanni la Beretta Calibro 22 usata fin dal primo delitto e sempre Barrui, per sviare le indagini, avrebbe interrato il proiettile calibro 22 nell’orto di Pietro Pacciani in Via Sonnino a Mercatale;
ciò dovrebbe indirizzare le indagini sull’ipotesi che Pacciani possa essere stato “sacrificato”, (innocente oppure concorrente che sia, non rileva in questo delicato momento) da un altro soggetto, che lo conosceva abbastanza bene, tramite un’arma cal. 22 in disponibilità di quest’ultimo, nel periodo maggio 1987-novembre 1991, quando il primo era detenuto in carcere per la passata violenza sessuale consumata sulle figlie;
la “summa” delle conoscenze più completa sulla c.d. cartuccia Pacciani, oggetto del presente procedimento, al di là delle prospettazioni di parte dei vari consulenti del PM, è storicamente contenuta, sebbene alquanto datata e con le riserve che faremo, nell’estratto della sentenza della Corte di assise di secondo grado del 13.02.1996 (acquisito al presente fascicolo insieme a quello di primo grado), che assolse Pietro Pacciani da tutti e otto i duplici omicidi;
detto estratto può essere riassunto come di seguito:
– dubbi sulla genuinità del rinvenimento
– esiguità del periodo di tempo a disposizione dell’imputato per far finire o perdere la cartuccia nell’orto
– mancanza della prova dell’appartenenza della cartuccia a Pietro Pacciani
– mancanza della prova dell’incameramento della cartuccia nella pistola del Mostro per assenza sia tre segni distintivi estrattore, percussore, espulsore, sia della stessa arma del delitto
– e quindi aleatorietà, del giudizio di identità dell’arma fondato sulle sole microstrie (“manca una letteratura sull’argomento;” mancano le leggi di copertura” …; “mancano i criteri” etc. etc.: vedi pp. 205, 208, 209, 213, e spec. 214/215); per microstrie, molto brevemente, s’intendono quei graffi lasciati sul bossolo dall’otturatore quando s’introduce la cartuccia in canna
– grave illogicità del ritenere che la “deformazione lenticolare” sulla faccia interna del collarino (vedi foto da 37 a 40 della perizia Benedetti-Spampinato) non possa essere stata lasciata dall’estrattore perchè più larga di quella del bossolo tratto dall’omicidio Lo Bianco-Locci, così formulando una “petizione di principio”, come aveva già detto e scritto Marco Morin, e dando per provato ciò che si deve dimostrare, cioè l’introduzione della cartuccia nell’arma del Mostro (cfr. p.221)
– piena ragione su questo punto attribuita alla consulenza Morin di primo grado “e riproposta in sede di appello” nonché alla sua critica serrata alla pagina 15 della citata relazione peritale contenente questa inversione probatoria e logica
– assenza di comparazioni non solo fra le Beretta, ma anche fra le varie armi dello stesso calibro 22, come- si osserva sentenza – aveva già denunciato il consulente Marco Morin in entrambi i gradi di giudizio, sia in forma scritta che orale (cfr. p.211)
– dubbi lasciati dalle stesse foto di comparazione a causa dei fenomeni di corrosione, discontinuità, deformazione anche dovuti alla deflagrazione interessanti le microstrie
– ristrettezza in generale dello spazio occupato dalle microstrie, parte delle quali è obliterata dall’esplosione nel caso dei bossoli riferiti agli omicidi (così a p.208)
– impossibilità di formulare un giudizio di certezza, ma solo di probabilità (Benedetti e Spampinato, per la precisione affermano: “non consente di escludere questa possibilità…”) sulla provenienza degli elementi di colpo dall’arma del MdF, probabilità che per la Corte di primo grado è sufficiente per condannare, mentre per quella di secondo grado non significa nulla
– inutilità della ricerca della prova a discarico quando il pubblico ministero non è capace di fornire la prova a carico
– differenze relative alla “H” stampigliata sul fondello della cartuccia Pacciani e i residui repertati, come rilevato paradossalmente dallo stesso Gabinetto di Polizia Scientifica e sin dal maggio 1992
– a-specificità dell’asta guida-molla, genericità della sua efficacia probatoria, chiaro tentativo d’incolpare falsamente l’imputato
– larghissima diffusione della cartuccia di quella marca, prodotte a milioni in tutto il mondo;
– nondimeno dopo avere riassunto con obiettività il decisum della Corte di Assise di appello, che svaluta e sminuisce l’importanza e la rilevanza delle microstorie allo stato delle conoscenze balistiche del 1996, non si condivide l’opportunità di poterne tuttora prescindere, come invece ha ritenuto il ct del PM Magg. Paride Minervini, che infatti neppure le menziona, in quanto le conoscenze in questa materia potrebbero essere incrementate nell’epoca attuale;
tanto premesso e considerato dichiara di proporre
OPPOSIZIONE
avverso la suddetta richiesta di archiviazione per i seguenti
MOTIVI
1) accertamenti ancora da definire ed impliciti nella stessa richiesta di archiviazione, per come sopra motivata
1.1. Ci si associa alla, implicita, richiesta di comparazione, sinora inevasa dai Ris, contenuta nella delega di indagine estesa a tutte le armi, revolver o semi-automatiche, sia lunghe che corte, in calibro 22, compresa la famosa High Standard (104, non 107! vedi infra) che il Signor Giampiero Vigilanti dichiarò sottrattagli senza però avere fatto la preventiva denuncia, quando fu perquisito il 28.11.13 (vedi in faldone II, pp. 824 ss.).
1.2. Da notare che il “Raggruppamento dei Carabinieri Investigazioni Scientifiche” riferisce che il segno sul collarino della cartuccia Pacciani non appartiene ad una Beretta serie 70, elencando a pagina 5 e 6 di quello che – nelle copie a noi rilasciate – figura quale pdf 23 (nel capitolo “Prove di sparo”), i modelli utilizzati in queste prove. Si tratta esclusivamente di Beretta cal. 22 70-76. Si scrive anche: “l’esame svolto ha così permesso di accertare la totale incompatibilità di forma e dimensione tra la scalfittura presente sul collarino del fondello della cartuccia in reperto e le impronte di estrazione rilevate nei test”.
Non è stata però effettuata alcuna prova di sparo con altri tipi di pistole, come se la Beretta 70 fosse l’unica arma esistente. Era stato sollecitato a più riprese dall’attuale PM di considerare anche il modello di pistola High Standard, e negli atti di indagine apparivano altri modelli posseduti dai due ex indagati del pp. 7265/14 nr- 3851/18 gip. Questo per non parlare di altre possibili soggetti che si ritrovano negli atti di indagine più vecchi (ad esempio il citato Giuseppe Barrui, con una Bernardelli calibro 22).
2) accertamenti superflui da non assentire ulteriormente perché inutili e/o contrari a principi di economia processuale
2.1 ancorché sia vero che in questa occasione il PM si sia limitato a richiedere l’archiviazione per la ragione dianzi precisata, senz’altro aggiungere, si segnala, a nostro sommesso avviso, per quanto di competenza, sia dello stesso PM che del Gip, l’apparente inutilità del procedere al compimento di ulteriori indagini su aspetti vetusti oppure superati oppure palesemente svianti della complessa vicenda processuale, che comporterebbe soltanto ulteriore spreco di risorse e di denaro pubblico senza alcun utile risultato;
2.2. il primo di essi è il richiamo effettuato dal consulente Magg. Paride Minervini (in consulenza depositata il 26.04.2017, in faldone VI, p. 500) alla presunta compatibilità di una Beretta modello 1948 come arma dei delitti, compatibilità invece che pare da escludersi per le ragioni addotte dal nostro c.t. balistico, Andrea Allemandi, iscritto all’albo dei periti balistici del Tribunale di Gorizia, qui nominato in tale veste ai sensi dell’art. 233 cpp. Si allega consulenza a sua firma 4 luglio 2022 (doc.3), qui da intendersi integralmente riportata e trascritta, a proposito sia di questo (p.11 ss.) che di altri aspetti, sui quali ci riserviamo integrazioni scritte nei termini di rito;
2.3 Ancora: in caso di ulteriori comparazioni con pistole calibro 22 High Standard, proprio come quella prudentemente sparita da casa Vigilanti poco tempo prima della sua perquisizione, occorre chiarire una volta per tutte la tipologia del modello posseduto a suo tempo dal predetto: non una 107- come quella purtroppo utilizzata per le prove di comparazione sia dal Colonnello Paolo Fratini del Ris di Roma nel 2016 (in faldone VI, pp. 537 ss.), che dal Magg. Paride Minervini (sempre in faldone VI, pp. 509 ss. e spec. 512 )- bensì una 104: come risulta espressamente da faldone II p. 413 e da faldone V p.571;
2.4. Poi ci sono e ci sono state le attenzioni, non si capisce alimentate da chi, ma sicuramente depistanti, rivolte dalla PG a vecchie e sgangherate pistole Beretta calibro 22, ritrovate un po’ ovunque. Trattasi in verità di modello prodotto in larghissima scala nel corso di svariati lustri e non si comprende come possa attendersi da tali ritrovamenti un qualche risultato degno di nota in virtù di approfondimenti balistici, che potrebbero essere destinati a miglior causa indirizzandoli sui punti per i quali si rinvia al successivo punto 3. Si allegano a mo’ di esempio alcuni articoli tratti dal suddetto quotidiano (doc.4a/4b/4c), l’ultimo risalente a sole poche settimane fa su una pistola trovata a Manciano(GR).
3) ai sensi dell’art. 410 cpp ulteriori accertamenti ancora da espletare utili all’individuazione di possibili colpevoli e mai esperiti finora
3.1. In data 22.03.22 è stata presentata al PM inquirente richiesta di nuove investigazioni ai sensi dell’art 414 (doc.5), rimasta senza risposta. S’insiste in questa sede, prima di ogni altra, per alcune di esse, precisamente quelle di natura balistica, chiedendo al Giudice, ai sensi dell’art 410 cpp, che ne ordini il compimento, in quanto necessarie sia per l’accertamento dei fatti che per l’individuazione dei colpevoli, se ancora in vita, in questo procedimento, iscritto allo stato solo a carico di ignoti. Eccone un elenco soltanto provvisorio ed integrabile secondo necessità;
3.2. rinnovare il giudizio d’identità sulle microstrie al fine di accertarsene, a livello delle conoscenze scientifiche attuali, la compatibilità con la pistola Beretta serie 70 o con l’arma appartenuta al Signor Giampiero Vigilanti. Si rinvia sull’argomento ad una seconda relazione datata 12 luglio 2022 del ct di questa difesa (sub doc. 6), il quale raccomanda di verificare “i risultati di prove analoghe eseguite con altre armi magari disponibili all’epoca del fatto”;
3.3. posto che sia il vecchio consulente della difesa Pacciani (vedi sopra) che l’ attuale consulente della p.o. propendendo per ritenere che la “deformazione lenticolare” presente sul collarino del fondello della cartuccia Pacciani provenga da un estrattore (vedi perché a p.6 della citata relazione 12.07.22, ancorché il ct Magg. Paride Minervini non sia d’accordo), accertarsene la compatibilità con quello dell’arma posseduta a suo tempo dal Signor Giampiero Vigilanti e/o della Bernardelli osseduta da Giuseppe Barrui;
3.4. posto che la suddetta pistola mod. 104 è stata oggetto delle seguenti cessioni (doc. 7, tratto dal fascicolo 7265/14 nr)): da ignoto A al dr. Francesco Caccamo nel 1973, da questi ceduta al TSN di Prato, dal TSN di Prato a Vannucci Fiorenzo, da Vannucci Fiorenzo a ignoto B, da ignoto B a tale Paolo Franchi, da Paolo Franchi a Giampiero Vigilanti. Per conseguenza accertare da quale soggetto il dottor Francesco Caccamo l’avesse acquistata originariamente nel 1973, nonché l’identità del soggetto che poi la cedette a Paolo Franchi, nonché l’effettività dei passaggi intermedi, atteso che, in ultima analisi, tutto si risolve nel far sì che la pistola in questione passi dalle mani di Francesco Caccamo a quelle di Giampiero Vigilanti, già conoscenti fra loro da epoca ben anteriore alle suddette cessioni;
3.5. posto che la moglie di Giampiero Vigilanti, Signora Elena Febbrari, riferì nella conversazione telefonica registrata con il M.llo Cappelletti del 23.06.2014 in Faldone 2 pag, 810, che il marito teneva nascosta una pistola Beretta nel marsupio, accertare presso gli uffici di P.S./Carabinieri dei vari luoghi storici di residenza di Giampiero Vigilanti, se egli abbia mai denunciato in tali luoghi il possesso di una pistola Beretta e/o di qualsiasi altra arma diversa da quelle di cui denunciò il furto il 28.11.2013 (vedi in faldone II, pp. 824 ss.):
Nel verbale del 7 dicembre 2015, il figlio di Giampiero Vigilanti, Gianluca, dice: “Non so se mio padre sappia qualcosa degli omicidi del Mostro di Firenze o vi abbia assistito. Posso solo dirle che mio padre sa nascondere bene le cose”. (Faldone 2 pag. 67).
Circostanza che sembra corroborata da quanto lo stesso Giampiero Vigilanti dichiarò nel corso dell’intervista pubblicata nell’aprile 2018 dal quotidiano “La Nazione” ove ammette di avere posseduto una Beretta nei seguenti termini: “come no. L’avevo. O ‘un l‘avevo la Berretta” (sic): cfr. https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/mostro-firenze-indagine-1.3876277. Sempre al giornalista Stefano Brogioni che lo intervista per conto de “La Nazione”: “la Berretta era la prima pistola che ho avuto quando andavo al tirassegno”.
Quanto detto trova poi ulteriore riscontro nell’annotazione dei CC di Prato del 17.11.1994 (in faldone III, p.389) ove si legge che: “dal 1976 è iscritto al poligono di tiro, ma fino al 1980 non ha mai sparato. Nel 1980 spara con una 22 Beretta. Veste sempre con anfibi e stivali e ha qualche rassomiglianza con l’identikit”, oltre a descrivere numerose altre circostanze che non sono mai state accertate per motivazioni non comprensibili”;
3.6. accertare come, da chi e quando sia stata ordinata la distruzione delle cartucce Winchester serie H rinvenute nel corso della seconda perquisizione condotta nei confronti di Giampiero Vigilanti il 22.11.94, col risultato di impedire oggettivamente di periziare se esse fossero riconducibili al medesimo lotto di quelle in uso al MdF;
Quel lotto, in altre parole, cui si riferì il consulente balistico del PM Dr. Giovanni Iadevito, ascoltato all’udienza del 29.04.1994 nel corso del processo nei cfr. di P. Pacciani, e per il quale consulente tutte le munizioni, sia quelle dotate di palla ramata, sia quelle con palla in piombo nudo, erano state fabbricate molto probabilmente intorno alla metà degli anni sessanta.
La spiegazione sinora fornita è tutt’altro cha appagante e forse sarebbe il caso d’incaricare altra forza di Polizia: “Non è chiaro come e quando siano stati distrutti i proiettili citati negli atti” e poi che “appare inspiegabile che Vigilanti, solo qualche mese dopo, possa aver scelto come suo difensore di fiducia, proprio l’avv. Fioravanti che aveva adombrato il sospetto che lo stesso Vigilanti fosse in qualche modo coinvolto nella complessa vicenda per cui era imputato il Pacciani”. (Faldone 3 pag. 412);
3.7. accertare se i reperti balistici rinvenuti nel 1982 e spillati al fascicolo Lo Bianco- Locci fossero effettivamente gli stessi esaminati 14 anni prima dal consulente balistico del PM, Col. Innocenzo Zuntini, avuto riguardo alle foto (se esistono) delle cinque palle, oppure in alternativa alla descrizione che egli ne fa in sua relazione 30.10.1968 redatta in occasione del delitto Lo Bianco-Locci (pp. n 157/68), posto che tutto ciò è sempre stato dato acriticamente per accertato e scontato sulla base di una sola consulenza, quella a cura dei consulenti del PM Nuzio Castiglione – Ignazio Spampinato, condotta nell’ottobre 1982, che prese in considerazione, a campione, solo un bossolo/ un proiettile per ciascun delitto;
3.8. al riguardo del punto che precede si rappresenta che nella relazione del ct della p.o. 4 luglio 2022, è documentata la non corrispondenza tra la descrizione, nelle palle recuperate nelle perizie Zuntini del 1968 e 1974, del numero di righe e quanto riportato dai periti Arcese e Iadevito, in occasione della loro consulenza balistica del 22 marzo 1984 prestata per il duplice delitto commesso a Giogoli il precedente 9 settembre 1983 in danno di due turisti tedeschi.
Si ritiene, in definitiva, che il collegamento fra il delitto del 1968 e quelli successivi, suggellato dai due consulenti del PM, Ignazio Spampinato e Nunzio Castigione, nel modo approssimativo che si è già detto, sia il frutto di un equivoco o, peggio ancora, di un vero proprio depistaggio attuato dal o per conto del vero responsabile/i, così da far sembrare che l’autore del delitti commessi dal 1974 in poi dovesse essere ricercato nell’ambiente malavitoso dei sardi, già condannati e/o indagati per quello del 1968;
3.9. con riferimento a quanto si legge in faldone IV, pp.183 ss, accertarsi se i 25 proiettili Winchester calibro 22 con la lettera H rinvenuti presso l’appartamento usato come base sotto copertura già in uso al Sismi diretto da Federigo Mannucci Benincasa (vivente per quanto ci risulta), al terzo piano di via Sant’Agostino n.3 a Firenze, appartengono al medesimo lotto di quelli repertati in occasione dei delitti per cui si procede oppure presentino altre caratteristiche per cui possano essere loro assimilati per data e/o luogo di produzione; compare i medesimi con quelli contenuti nelle tre buste recapitate ad altrettanti magistrati della Procura della Repubblica di Firenze a scopo intimidatorio nel corso della prima decade di ottobre 1985, subito dopo la commissione del duplice delitto degli Scopeti di San Casciano (FI) dove persero la vita i due giovani francesi; comparare i medesimi con la cartuccia Pacciani. Tutto ciò, ovviamente per quanto ancora possibile, in quanto la cartuccia Pacciani fu stata sezionata in due parti nel corso degli accertamenti peritali condotti nel 1992 (per stabilirne il grado di corrosione e dezincificazione);
3.10. accertare se la pistola Beretta modello 34 calibro 9, sequestrata al Signor Gianluca Vigilanti nel novembre 1990, in quel di Genova Principe, al momento del suo arresto per porto abusivo di arma da guerra fuori della propria abitazione dai CC del Ros diretti dal Colonnello Giuseppe Riccio, sia mai stata registrata presso il Sismi e/o provenire in ogni caso dall’appartamento di cui sopra. Ciò a riprova della connivenza del Signor Gianluca Viglianti e per esso del di lui padre, l’ex indagato Giampiero Viglianti, con ambienti dei servizi segreti militari in grado di fornire loro copertura e protezione ogni qual volta se ne manifestasse la necessità.
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A chiusura di questi punti s’insiste anche, senza necessità di ripeterli, ma qui dandoli come richiamati integralmente, per il compimento
STUDIO LEGALE
Avvocato Vieri Adriani
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