Mostro di Firenze, l’assassino ha emulato un fumetto pornografico del 1982
Dalla documentazione relativa alla vicenda del Mostro di Firenze, riemerge un elemento che legittima ipotesi inquietanti sui delitti e sulle possibili interazioni dell’omicida con l’attività degli inquirenti. La notte del 29 luglio 1984, il Mostro uccide Pia Rontini e Claudio Stefanacci. I due ragazzi, come le altre vittime, si sono appartati in auto in cerca di intimità, lo sconosciuto li raggiunge ed esplode contro di loro vari proiettili della Beretta .22 che costituisce uno dei tratti distintivi dei suoi omicidi. Successivamente, ripete il macabro rituale post mortem della mutilazione della vittima femminile.
È quanto ha già fatto nel 1981, nei delitti commessi, rispettivamente, il 6 giugno (vittime: Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi) e il 22 ottobre (vittime: Susanna Cambi e Stefano Baldi). Tale raccapricciante rituale non si riscontra nel delitto del 1982, perché la situazione sfugge di mano all’aggressore, che deve dileguarsi dalla scena del crimine per il pericolo che sopraggiungano testimoni, né in quello del 1983, perché il Mostro commette probabilmente un errore e uccide due uomini.
Nel delitto Rontini-Stefanacci, tornano invece a presentarsi le mutilazioni, che interessano il pube e – per la prima volta – anche il seno sinistro della vittima femminile. A proposito di ciò, evidenziamo una inquietante circostanza che potrebbe aver ispirato l’assassino. Nel gennaio 1982, esce in edicola un fumetto pornografico intitolato L’assassino del bisturi, che narra una vicenda scopertamente ispirata ai delitti del Mostro di Firenze: un soggetto misterioso uccide giovani coppie appartate in auto, mutilando poi le vittime. In particolare, la storia si concentra su un uomo che ha l’abitudine di spiare le coppie, arrestato con l’accusa di essere l’omicida e scagionato quando l’assassino torna a colpire.
Il particolare che legittima l’ipotesi che tale fumetto possa plausibilmente aver ispirato il vero Mostro nell’ampliare l’ambito delle mutilazioni, è dato da fatto che, nella storia pubblicata, il serial killer asporta, oltre che al pube delle vittime, anche il seno. Come, appunto, il Mostro di Firenze farà a partire dal 1984, dopo i duplici omicidi del 1982 e del 1983 in cui, come abbiamo visto, non ha potuto lasciare sulla scena la sua macabra “firma”.
Il misterioso, diretto rapporto tra il fumetto e il delitto del 1984 sembra ribadito da un’altra circostanza. Alle 4,28 della notte del 29 luglio 1984 (la notte del delitto Rontini-Stefanacci), il carabiniere di turno presso la Stazione di Borgo San Lorenzo, riceve la richiesta di intervento di un uomo che afferma di chiamarsi Farini e di essere il titolare di un panificio a Sagginale. Questi segnala un incidente stradale avvenuto in zona, nel quale sarebbero stati coinvolti un autotreno e un furgone. Inviata un’auto in loco, i Carabinieri accertano che non si è verificato alcun incidente. Successivamente si appura che, nella zona di Sagginale, Vicchio e Dicomano, non esiste alcun panificio intestato a un signor “Farini”.
Chi era lo sconosciuto che ha telefonato segnalando un incidente mai avvenuto e dando un nome falso? Probabilmente, non lo sapremo mai. La possibilità che l’uomo possa essere direttamente coinvolto nei delitti sembra però più che plausibile, e ciò proprio se prendiamo in considerazione il fumetto pornografico ispirato alle gesta dell’omicida: il protagonista della vicenda, il guardone originariamente accusato dei delitti, si chiama appunto Angelo Farini. Difficile, dunque, accettare l’idea di una casualità: la notte in cui il Mostro colpisce, qualcuno telefona ai Carabinieri della zona in cui il duplice omicidio è verosimilmente già avvenuto, affermando di chiamarsi come il personaggio di un fumetto ispirato al Mostro stesso.
Cosa potrebbe aver indotto l’assassino a un simile gesto? Il proposito di distogliere l’attenzione dei Carabinieri dall’aggressione, ritardandone la scoperta? O, forse, l’autore della telefonata ha inteso prendersi gioco di chi gli stava dando la caccia, secondo dinamiche ben note nelle modalità di interazione tra serial killer e investigatori? Un altro tassello di un complesso puzzle, un altro aspetto delle caratteristiche personologiche dell’assassino, della sua peculiare impronta comportamentale. Forse, uccidere e infierire sulle vittime cominciava a non essergli più sufficiente, il soggetto aveva bisogno di sempre maggiori dosi di eccitazione, di autoesaltazione, e l’interazione diretta con gli investigatori – all’insegna della beffa, dell’irrisione, della sfida – poteva appagare tale sua esigenza. Anche le inquietanti “esternazioni” del Mostro successive all’ultimo duplice omicidio, avvenuto nel settembre 1985, potrebbero leggersi in tale prospettiva. Un impulso a esporsi, a sfidare gli investigatori, per poi ritrarsi, tornare nel buio che lo ha sempre avvolto. Spontaneo chiedersi se, tra i sospettati venuti, in tanti anni, all’attenzione degli inquirenti, qualcuno abbia rivelato simili attitudini, analoghi tratti caratteriali, cercando di porsi in evidenza, quasi evocando il suo possibile coinvolgimento nei delitti, mai effettivamente comprovato attraverso concreti riscontri probatori.
Mostro di Firenze, l’assassino ha emulato un fumetto pornografico del 1982