Pacciani, i pm e le storture giudiziarie: la “verità” di Sgarbi sul Mostro di Firenze
In un’intervista realizzata da Paolo Cochi, Vittorio Sgarbi torna dopo quasi trent’anni a parlare del mostro di Firenze, scagliandosi contro le storture di una giustizia che troppo spesso si lascia condizionare dall’opinione pubblica
Gianluca Zanella
Forse non sono in molti a ricordarlo, ma nel 1996 Vittorio Sgarbi, all’interno della sua trasmissione Mediaset Sgarbi Quotidiani, tra i diversi argomenti trattati scelse di affrontare anche uno dei maggiori casi mediatici dell’epoca, quello del processo a Pietro Pacciani, condannato all’ergastolo nel 1994 per essere stato individuato come il mostro di Firenze.
Tra le prove utilizzate per incastrarlo, l’ormai famoso proiettile calibro 22 ritrovato nel suo giardino durante una perquisizione. Una prova considerata schiacciante, in quanto proiettili della stessa tipologia erano stati ritrovati in tutte le scene del crimine, da quella 1968, fino all’ultima del 1985.
Sgarbi colse l’occasione di parlare di questo caso in corrispondenza dell’assoluzione di Pacciani avvenuta il 13 febbraio 1996 a opera della corte d’assise d’appello di Firenze, quando il pm Pietro Tony criticò aspramente l’operato di chi lo aveva preceduto. Vittorio Sgarbi, nello specifico, si scagliava contro i giornali colpevoli di crocifiggere il magistrato Tony per le decisioni prese e di voler trasformare quello del mostro in un caso politico.
Sgarbi – in un’esibizione da manuale di garantismo – non negava la natura perversa di Pacciani, semplicemente conveniva con Tony che non ci fossero gli elementi per considerare il contadino di Mercatale come il mostro di Firenze. Certo, era un mostro, ma non quel mostro.
Il critico d’arte si scagliò contro un altro grande accusatore di Pacciani come il magistrato Pier Luigi Vigna, che aveva aspramente criticato l’operato di Tony, invitandolo a leggere l’Ode del dubbio di Bertolt Brecht. Con la sua inconfondibile verve, Sgarbi andava controcorrente, fregandosene di tutto e tutti e definendo Tony “un eroe perché ha fatto quello che doveva fare”.
La storia di Pacciani la conosciamo. Nel dicembre del 1996 la Cassazione annulla l’assoluzione e dispone un nuovo processo che però non ci sarà mai: Pietro Pacciani muore improvvisamente il 22 febbraio 1998.
A distanza di 26 anni da quella trasmissione, dopo che tre perizie [quella di Paride Minervini e due dei carabinieri del Ris, ndr] hanno decretato la prova regina contro Pacciani – quel proiettile calibro 22 rinvenuto nel giardino – un falso, il documentarista e scrittore Paolo Cochi, che da molti anni segue attentamente gli sviluppi della vicenda legata agli omicidi del mostro di Firenze, è tornato a intervistare Vittorio Sgarbi che, sostanzialmente, non la pensa molto diversamente da come la pensava quasi tre decenni fa, considerando questi sviluppi [che in realtà risalgono al 2019, ndr] come il vero trionfo di un magistrato ingiustamente dimenticato, Pietro Tony, appunto.
Nell’intervista che IlGiornale.it ha potuto ascoltare in anteprima e che sarà trasmessa integralmente mercoledì sera nel corso di una puntata dedicata al mostro di Firenze sul canale YouTube DarkSide – storia segreta d’Italia, Sgarbi punta il dito contro quella giustizia “che segue le mode o le tendenze”.
“C’è il momento di Tangentopoli e ogni politico è colpevole. E ancora oggi si sconta questa violenta azione della magistratura. Poi c’è il momento in cui tutti dicono che Pacciani è colpevole, quindi occorre il colpevole”.
Un discorso vecchio ma che non passa mai di moda: a fronte della necessità che un magistrato o un’intera procura valutino per un caso particolarmente complicato gli elementi a disposizione con neutralità, l’opinione pubblica e la pressione mediatica impongono una distorsione della realtà e, conseguentemente, della giustizia. Ecco allora delle sentenze indecenti e il paradosso che vede i magistrati seri e rigorosi messi all’angolo e, spesso, anche alla gogna.
Nell’intervista realizzata da Cochi, Sgarbi ricorda i processi a Giulio Andreotti, quelli a Bettino Craxi, concludendo amaramente: “La procura di Firenze fu stretta dalla necessità di dare al popolo un colpevole. Tony disse e fece cose corrette in un momento sbagliato”. E a distanza di tanti anni, chissà che non sia arrivato il momento giusto per rendere giustizia alle tante vittime del “mostro” e alle loro famiglie.