Corazzin e mostro, la “verità” di Izzo Ma i pm non gli avevano creduto
Nel 2015 un’inchiesta di Perugia sul rapimento di Tai di Cadore: fu archiviata
In quella villa, ci sarebbero stati lui, Andrea Ghira, Gianni Guido, il terzetto che in quello stesso 1975 compì il massacro del Circeo, altri della destra romana come Serafino Di Luia. La villa sul lago umbro, sarebbe stata quella del medico perugino Francesco Narducci, deceduto nell’ottobre del 1985 in circostanze ancora oggi misteriose, proprio nel Trasimeno.
L’indagine da Belluno venne così trasferita a Perugia, per competenza. Ma la procura, dopo alcuni accertamenti, decise di non andare avanti. Non c’erano riscontri idonei a quanto dichiarato da Izzo e questi appariva inattendibile e non credibile. Nel suo passato, c’erano sì gli omicidi, anche simili a quello di cui si chiamava in correità, ma si era macchiato pure della calunnia.
Oggi, Izzo ha parlato di nuovo. Lo ha fatto alla commissione parlamentare d’inchiesta. Non è un’indagine giudiziaria, anche se a tratti gli assomiglia. E soprattutto è una relazione che da Tai di Cadore porta a Firenze.
“La scomparsa e morte presunta di Rossella Corazzin, i fatti accaduti sul lago Trasimeno nell’ottobre del 1985 e i delitti delle coppie nella provincia fiorentinatra il 1974 e il 1985”, il titolo.
Il collegamento, anche se mai accertato giudiziariamente, passa proprio dalla figura di Narducci. Le conclusioni della relazione sembrano un ipotetico finale di quel filone perugino.
Ma perché Izzo, stavolta, è diventato attendibile? Pur con la premessa del prenderlo “con le molle”, nella conferenza stampa di presentazione l’ex pm perugino Giuliano Mignini, consulente della commissione, ha spiegato che il pregiudicato ha fornito una descrizione “piuttosto aderente” della villa dei Narducci, in cui il magistrato, ai tempi dell’inchiesta che andava parellala a quella fiorentina del pm Paolo Canessa, ci fece anche un paio di sopralluoghi. Può bastare a rimettere in moto le indagini?
Stefano Brogioni