Il poliziotto eroe. Il Mistero delle indagini sul caso Mostro di Firenze di Emanuele Petri nel 1985. “Lele mi disse di Narducci e dell’appartamento fiorentino”
Nicola Bossi
Nell’indagine sulla morte di Francesco Narducci il nome del poliziotto venne fuori dalla testimonianza di un suo caro amico che racconto di un episodio avvenuto due giorni prima della scomparsa al Lago. La conferma a Perugiatoday.it del Pm Giuliano Mignini
Addirittura ci sarebbe stato anche un pedinamento – Narducci alla guida della sua moto rossa – che sarebbe finito male per Petri che lo avrebbe perso di vista dopo alcuni chilometri. Va ricordato, che ancora prima della morte di Narducci, voci (soltanto voci) addirittura già malignavano su un possibile rapporto Narducci e strani ambienti toscani legati in qualche moto ai duplici omicidi del mostro. Abbiamo chiamato in causa il Pm Mignini, ora in pensione, per ricordare il presunto mistero che Petri avrebbe custudito e che un anno dopo la sua morte avrebbe scaturito una delle indagini più importanti sul post-compagni di merende a riguardo del Mostro di Firenze, a Perugia e nel capoluogo toscano.
“Il nome di Emanuele Petri è saltato fuoro all’improvviso. Era il 2004 e stavo cercando di delineare un quadro sulla morte di Narducci ascoltando pescatori e personaggi del Trasimeno. L’audizione era con un tale Enzo Ticchioni, pescatore, che verso la fine dell’incontro disse che il suo amico Petri, il poliziotto ucciso dalle Br, gli aveva raccontato che aveva fatto un inseguimento in auto assieme ad un collega per cercare di prendere una motocicletta e che questa gli era sfuggita all’altezza di Terontola”. Ma di chi era quella moto?. Taticchi rispose, come da verbale e come da ricordo di Mignini: “La persona in moto era Francesco Narducci e che era da molto tempo che lo stavano pedinando. Avevano preparato un posto di blocco nella strada vecchia che viene da Firenze e passa attraverso Arezzo e Cortona, per giungere al Lago. Il Narducci, sempre secondo quanto gli disse il Petri, era riuscito a superare il posto di blocco e a scomparire nel nulla a Terontola”. Ma il Pm ricorda che quelle dichirazioni lo fecero saltare sulla sedia quando Ticchioni aggiunse “il Petri gli stava dietro da quando gli era stati ritrovati dei resti umani femminili presso la sua abitazione in Firenze. Chiaro il collegamento con il Mostro ma addirittura si parlava dei feticci su cui nessuno aveva messo mano o erano stati ritrovati dalla Polizia”.
Petri purtroppo era morto d oltre un anno e mezzo da quando Ticchioni fece queste dichiarazioni. Sulla carta questa indagine non è mai esistita, inoltre mai quei feticci sono stati ritrovati e i vari appartamenti individuati come potenziali covi dei feticci non hanno dato riscontro a qualcosa di tangibile. Ma va detto che questa è una storia ricca di insabbiamenti, di dietro le quinte e anche tante chiacchiere e immaginazione. “Ascoltai anche la moglie del Petri, subito dopo quelle dichiarazioni, ma lei non ne sapeva niente. Ma ricordo un fatto curioso: poco prima di andare in pensione, a indagine ormai conclusa, incontrai di nuovo la signora ad una inaugurazione a Spoleto e dopo alcuni convenevoli mi disse: forse aveva ragione lei sulle indagini di mio marito sul Narducci. E io la invitai a venirmi a trovare in ufficio ma non ci fu mai questo incontro”. Un mistero che, senza il ritrovamento di carte ufficiali, non sarà mai svelato. Ma di una cosa tutti siamo sicuri: un poliziotto come Petri non avrebbe avuto paura ad indagare e andare fino in fondo anche in una storia pericolosa e piena di rischi come quella del Mostro di Firenze. Lo ha dimostrato quando volle controllare quei due passeggeri del treno che gli ricordavano qualcosa di strano – Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce – e una volta riconosciuti i dccumenti falsi ha lottato fino alla morte per assicurali alla giustizia.