Il 31 Maggio 2023 l’Avv. Vieri Adriani consegna al Giudice per le Indagini Preliminari, dr.ssa Silvia Romeo, la memoria sua difensiva in relazione ai proc. pen. n. 14165/19 nr mod. 44- 8203/22 gip c. ignoti c.a. per conto della sig.ra Anne Lanciotti.

Questo il documento: 31 Maggio 2023 memoria difensiva Vieri Adriani

Questa la trascrizione:

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UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
proc. pen. n. 14165/19 nr mod. 44- 8203/22 gip c. ignoti c.a. del Giudice dr.ssa Silvia Romeo udienza ex art. 410 cpp del 6 giugno 2023

MEMORIA DIFENSIVA A SOSTEGNO DELL’OPPOSIZIONE DELLA PERSONA OFFESA ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE CON INDICAZIONE DI NUOVI MEZZI DI PROVA/MEMORIA EX ART. 121 CPP

Il difensore della Signora

ANNE LANCIOTTI

prossima congiunta di Nadine Jeanine Gisèle Mauriot, persona offesa dal reato ed opponente alla richiesta di archiviazione del procedimento penale a margine descritto, iscritto a carico di ignoti per otto duplici omicidi di coppie di giovani in territorio della provincia di Firenze, commessi tra il 1968 ed il 1985, letta la memoria del Signor Pubblico Ministero, depositata il 31 gennaio u.s.;

premesso che

la documentazione depositata con la richiesta ex art 408 cpp non è numerata e dunque risulta impossibile citare esattamente i documenti cui si farà riferimento in questa memoria;

la vicenda procedimentale che il Giudice è chiamato ad esaminare è stata, negli anni, drammaticamente segnata dalla sparizione delle prove che sarebbero servite per inchiodare alle sue responsabilità il Signor Giampiero Vigilanti, archiviato con qualche riserva dal Gip dr.ssa Angela Fantechi il 9 novembre 2020: pp. n. 7264/14 nr-3851/18 gip, la cui acquisizione al presente è indispensabile per una decisione secondo giustizia anche di questo, che ne costituisce un puro e semplice stralcio;

fra il 1996 ed il 2000 vengono distrutte 176 cartucce Winchester serie H, che gli erano state sequestrate nel corso di una perquisizione, presso la sua abitazione, effettuata dai carabinieri di Prato nel novembre 1994, munizioni che sarebbe stato utilissimo comparare con i reperti dei delitti per i quali tuttora si procede per stabilirne il lotto di provenienza e quindi la data di produzione per comparazione con i reperti dei delitti;

nell’ottobre 2013, come risulta nel procedimento 7265/14 nr- 9118/18 gip, sparisce anche la pistola High Standard modello 104, la cosiddetta “americana”, l’arma preferita dal Signor Giampiero Vigilanti tra le molte che egli ha posseduto (anche una Beretta, guarda caso….), proprio negli stessi primi giorni del mese in cui questo difensore viene invitato dal PM storico della vicenda, il dr. Paolo Canessa, a depositare un esposto a riguardo del Signor Vigilanti, al fine di procedere a perquisizione nei suoi confronti;

nel corso del 2021 si accerta (cfr. in atti nota della PG del 21.02.21 circa la scomparsa del reperto 50711) che sono addirittura spariti dall’ufficio corpi di Reato della Procura della Repubblica di Firenze, i calchi in gesso recanti le impronte, lasciate da un paio di anfibi, sul luogo del delitto di Calenzano. Anfibi di fabbricazione francese, riconducibili per certo (la PG lo conferma) a un modello in uso alla Legione Straniera, il corpo d’ élite dell’esercito francese, nel quale il Signor Giampiero Vigilanti ha militato fra il 1953 e il 1958;

a dispetto di queste sparizioni, che certo non hanno agevolato il cammino della giustizia, lo scopo di questo procedimento non è evidentemente quello di rifare da capo processi già terminati nei confronti di altri soggetti, a vario titolo ritenuti coinvolti nei duplici omicidi, bensì stabilire se degli otto duplici omicidi, descritti in rubrica debba risponderne anche qualcun altro, in più oppure a titolo esclusivo, non sta a noi dirlo, rispetto a quanti furono ritenuti formalmente responsabili;

non si tratta perciò di esercitarsi, accademicamente, nel dimostrare oppure escludere la colpevolezza di Pacciani e/o dei c.d. “compagni di merenda”, ma di indagare concretamente su possibili altri autori oppure complici, ancora viventi;

non è dirimente, perciò, capire se quella cartuccia sia stata incamerata in una Beretta, quanto piuttosto se quella cartuccia fosse compatibile con le pistole dei due ex indagati o al limite di qualche altro soggetto, come ha chiesto più volte lo stesso PM ai Ris, senza però ottenere una risposta. Si vedano, all’inizio di questo fascicolo (ripetesi, purtroppo non numerato), le numerose e insistenti missive indirizzate dal PM e dalla PG al Ris di Roma dal 20 aprile 2021 fino al 5 aprile 2022, salvo se altre;

verosimilmente una risposta, medio tempore di quest’udienza, sarà anche pervenuta, ma se così non è stata prodotta;

tornando alla cartuccia Pacciani, oggetto di questo procedimento, la “summa” delle conoscenze più completa in materia, al di là delle prospettazioni di parte dei vari consulenti del PM, è storicamente contenuta, sebbene alquanto datata e con le riserve che si possono fare, nell’estratto della sentenza della Corte di assise di secondo grado del 13 febbraio 1996 (presente in questo fascicolo insieme a quello di primo grado), che assolse Pietro Pacciani da tutti e otto i duplici omicidi che abbiamo riportato nell’atto di opposizione, per cui da quelle conoscenze dobbiamo partire;

da esse potrebbe trarsi l’indicazione che Pacciani sia stato “sacrificato”- se innocente oppure (più probabilmente) concorrente non spetta a noi dire – da parte di un altro soggetto. Un soggetto che lo conosceva abbastanza bene, che aveva la disponibilità di un’arma cal. 22 nel periodo maggio 1987-novembre 1991, quando il primo era detenuto in carcere per la pregressa violenza sessuale consumata sulle figlie e che avrebbe precostituito una prova per incastrare un complice oppure anche un soggetto del tutto innocente (eventualità meno probabile);

lo stesso Vigilanti, nell’interrogatorio del 30 luglio 2015 al dr. Paolo Canessa che gli chiedeva un’“opinione”, afferma: “secondo me i delitti addebitati al Mostro di Firenze possono essere stati commessi alternativamente da più persone fra loro unite per motivi diversi”;

la memoria del Pubblico Ministero non risponde però alle questioni articolate nell’atto di opposizione su questo punto, oppure vi risponde ma senza cognizione di causa e incorrendo in gravi errori e suggestioni, come si argomenta al Punto A da a) fino a z);

inoltre, la suddetta memoria dimostra di non conoscere bene le consulenze tecniche balistiche che si sono succedute nel corso degli anni dopo la prima del Colonnello Ignazio Zuntini del 1968 e giunge alla conclusione che l’arma sia stessa per tutti i delitti sulla base di una lettura affrettata delle tre relazioni del proprio ctp, Maggiore Paride Minervini, risalenti al periodo fra il 2016 e il 2017, quando è lo stesso consulente del Pubblico Ministero a sollevare il dubbio del contrario: vedi infra al Punto B;

ancora, la memoria, pur di sostenere l’unicità dell’arma, si concentra quasi esclusivamente sulla consulenza del Colonnello Zuntini del 1968, omettendo di citare i dati salienti ricavabili dalle altre consulenze sui delitti successivi come presto vedremo al Punto C;

infine, la memoria, deliberatamente, non affronta la questione della appartenenza dell’assassino oppure di uno dei complici all’ambiente dell’estrema destra toscana, nonostante la disponibilità di elementi di fatto (largo uso delle pistole Beretta e High Standard) che inducono a ritenere verosimile quella che dieci anni fa pareva solo un’ipotesi: punto D;

in definitiva, con la presente si intendono contestare e si contestano tutti e quattro questi aspetti della memoria del PM, dedicando a ciascuno di essi una trattazione autonoma e così distinta:

A) quanto alle mancate risposte, ovvero alle risposte errate sui punti oggetto dell’opposizione;
B) quanto alle questioni di natura balistica rimaste irrisolte;
C) quanto ai limiti oggettivi della consulenza Zuntini;
D) quanto al mancato approfondimento circa l’appartenenza dell’assassino unico oppure di uno dei complici all’ambiente dell’estrema destra toscana.

Di qui, tanto premesso e considerato

OSSERVA

A) Sulle mancate risposte, ovvero sulle risposte errate ai punti oggetto dell’opposizione

a) sul punto 1.1 dell’atto di opposizione: circa la richiesta di comparazione estesa a tutte le armi revolver o semiautomatiche, sia lunghe che corte, in calibro 22. Nessuna risposta si rinviene dalla documentazione depositata con la richiesta ex art. 408 cpp. Il silenzio serbato su questo punto è davvero paradossale, considerato che, come già detto, è stato lo stesso PM e di seguito la sua PG a sollecitare più volte i Ris di Roma a rispondere al quesito se l’impronta lasciata dall’estrattore sulla cartuccia Pacciani potesse essere attribuibile a qualsiasi altra arma cal. 22 revolver o semi automatica.

b) secondo il consulente del PM, Maggiore Paride Minervini, il segno in questione sarebbe stato invece una forzatura indotta da un colpo di martelletto. Secondo il consulente della Difesa dell’epoca, Marco Morin e anche secondo il nostro ctp, Andrea Allemandi, iscritto all’albo dei periti balistici del Tribunale di Gorizia e di cui abbiamo prodotto due elaborati (doc.3. e doc.6 dell’opposizione), si tratta invece di un’impronta lasciata da un estrattore di un’altra pistola (confronta in atto di opposizione per più ampi riferimenti il punto 3.3, pagina 8). Sbaglia perciò il consulente del PM (vedi la pagina 530 agli atti di questo procedimento e prodotta con le altre pagine omissate in allegato a nota del 10 giugno 2019) nell’attribuire al consulente della difesa dell’epoca il convincimento che quella non fosse un’impronta di estrattore: secondo Marco Morin, insignito dalla Difesa Pacciani, infatti, quella era l’impronta di un estrattore, ma non di una Beretta! Scrive infatti Morin, nella sua relazione presente in questi atti riguardo l’estrattore della Beretta mod 70: “in queste armi l’estrattore serve solo per liberare la canna della cartuccia in caso di mancato funzionamento della stessa o nel caso si desideri scaricare l’arma. (…) Pertanto il proiettile Pacciani non proviene da una Beretta 70, ma da un estrattore di diversa arma: “l’impronta notata alla base della cartuccia Pacciani non può che essere quella di un estrattore, ovviamente di pistola diversa da quella utilizzata dal Mostro”.

c) sul punto 1.2 dell’atto di opposizione, ovvero l’High Standard modello 104. Stante quanto sopra, quindi, la Procura della Repubblica tanto meno si è premurata di accertare o far accertare se quel segno sulla cartuccia Pacciani possa essere compatibile o meno con il modello di pistola High Standard 104 (e non 107! salvo ritornare su questo punto) posseduto dal Signor Giampiero Vigilanti. Viste le somiglianze che lasciano i segni della Beretta mod. 70 e quelli di alcuni tipi di High Standard (come si legge nella famosa perizia Salza-Benedetti del 1987, pag. 22 e 23, in allegato 10 della memoria del PM), perché non si sono fatte verifiche anche rispetto a questo secondo tipo di arma?

d) sul punto 2.3 dell’atto di opposizione: circa la disponibilità da parte del Signor Vigilanti di una High Standard modello 104 e non 107, come quella utilizzata per le prove di comparazione dai due consulenti del PM. A dire degli estensori della memoria, la 107 sarebbe tranquillamente utilizzabile per le prove di sparo in luogo della 104, in quanto avrebbe la stessa meccanica di quest’ultima, a parte una ininfluente differenza della tacca di mira, per come ritenuto dal loro consulente. Dobbiamo prendere questa affermazione per oro colato? Sulla base di quale dato scientifico è stata fatta? Sono state consultate per caso pubblicazioni tecniche su questo argomento? E se sì, quali? È invece buona prassi svolgere le prove di sparo impiegando modelli identici alla pistola di cui si ricercano i riscontri. In altre parole, solo empiricamente provando a sparare con un’arma e confrontando i bossoli di risulta con quelli repertati, si può giungere a una conclusione in termini di certezza.

e) Qui invece siamo di fronte al vuoto assoluto, ad un’affermazione del Maggiore Paride Minervini, che costituisce l’equivalente di un ipse dixit, con il quale si cercherebbe di sanare e porre rimedio alla totale assenza di indagine e di verifica sul punto. Tutto il contrario di quello che ci si aspetterebbe da parte di un organo di giustizia, quale in effetti dovrebbe essere una Procura della Repubblica. Strano, ma vero: è lo stesso Maggiore Paride Minervini, nelle “considerazioni finali” al termine della sua relazione del 28 giugno 2017, di 20 pagine (troncate), in pp. 7265/17 nr. – 9118/18 gip, faldone VI, p.1031, dopo aver condotto le prove di sparo con una High Standard custodita a Prato, a sollecitare “comparazioni tra i test di sparo effettuati presso la raccolta di armi di Terni e i reperti in sequestro”, smentendo quanto affermato l’anno precedente, nel 2016, dal Colonello Paolo Fratini dei Ris di Roma, a dire del quale, l’High Standard sarebbe una pistola del tutto estranea a questi delitti. “Comparazioni” che però non sono state espletate dopo il pensionamento del dr. Paolo Canessa.

f) sul punto 3.1 dell’atto di opposizione: si tratta degli accertamenti sollecitati al PM con la richiesta di riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414 (vedi allegato 5 dell’atto di opposizione). Il PM ha declinato la richiesta in questione il 3 febbraio u.s., con un provvedimento di rigetto che qui si contesta insistendo per tutti gli accertamenti ivi richiesti e già riportati, come detto, nell’allegato 5 dell’atto di opposizione al qaule si rinvia. In particolare, sono rilevanti quelli concernenti:
— la disponibilità da parte di Vigilanti di un’auto identica a quella descritta da alcuni testimoni post delictum.
— le impronte lasciate sui luoghi dei delitti del 1981 a Calenzano e del 1985 a Scopeti
— la richiesta di audizione dell’agente del Sisde, tale M.M., autore dell’appunto 18.11.1985 sul conto di Giampiero Vigilanti come possibile Mostro, che non è poi così misterioso e irreperibile, come parrebbe dalla lettura degli atti, trattandosi di un ufficiale di nome Marco Manomeni, attualmente in servizio o presso l’AISI (che ha adesso sostituito il SISDE) oppure presso qualche reparto di Polizia. Un appunto a firma del quale esiste in due versioni, si è già commentato: una originale proveniente dal SISME a Roma, l’altra edulcorata rielaborata a Firenze, riteniamo dalla struttura fiorentina del SISDE presieduta dal Colonnello Federigo Mannucci Benincasa, per il quale si rinvia alla lettura di https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/luomo-dei-misteri-mannucci-benincasa-se-ne-va-il-Colonnello-dei-servizi-e-dei-segreti-1.8402944

g) a questo riguardo si riserva all’udienza la produzione su CD di uno studio di un collaboratore (doc. 8, proseguendo nella numerazione dell’opposizione) che ha posto a confronto: da un lato le dichiarazioni del “pentito” Giancarlo Lotti del 17 febbraio 1996 circa il percorso seguito dagli assassini della coppia uccisa alla Boschetta di Vicchio la notte del 29 luglio 1984; dall’altro la versione di Giampiero Vigilanti al dr. Paolo Canessa su che cosa egli facesse quella sera nelle stesse ore, dalle parti della Casa del Prosciutto, a Ponte a Vicchio; il tutto da incrociarsi con il racconto delle persone informate sui fatti in ordine alla presenza in loco, quella sera, di un’auto sportiva rossa, proprio come quella dello stesso Giampiero Vigilanti, vista allontanarsi a gran velocità dal luogo del delitto per tornare vero Borgo San Lorenzo, nello stesso orario (fra le 23:00 e le 23:30) in cui Lotti dichiara che lui stesso, Pacciani e Vanni avrebbero ripreso la direzione verso San Casciano, dopo avere compiuto il loro atroce misfatto.

h) quanto sopra trova conferma in un articolo a firma Umberto Cecchi (doc.9), pubblicato su La Nazione del 10 agosto 1984 ove si legge: “Da Pistoia un anonimo che usa il nome di una delle vittime del mostro ci ha telefonato per farci sapere che l’assassino di Pia e Claudio, la notte del delitto, aveva parcheggiato la sua auto – una Flavia coupé rossa con tetto nero – quasi in mezzo alla strada. Lui era fermo dentro e al sopraggiungere del pistoiese sarebbe sceso per controllare se la macchina sarebbe potuta passare: «somiglia all’identikit da voi pubblicato – ci ha detto il pistoiese -, solo ha i capelli più lunghi». Articolo di Umberto Cecchi, «La Nazione», 10.8.1984. Più eloquente di così… scritto in tempi non sospetti, quando l’auto rossa di Giampiero Vigilanti non era mai saltata fuori, non può più essere una semplice coincidenza.

i) sul punto 3.2 dell’atto di opposizione: si è chiesto di ripetere gli accertamenti sull’impronta di spallamento e sulle microstrie presenti sul fondello del bossolo della cartuccia Pacciani, contando sul fatto che le più moderne tecniche di indagine, verosimilmente, potrebbero aggiungere qualcosa di più rispetto a quello che si sapeva sull’argomento nel 1996, quando Pacciani fu assolto perché la prova balistica fu ritenuta insufficiente dalla Corte di assise di appello, non bastando – a suo giudizio – la “buona probabilità” (sufficiente, invece, per quella di primo grado), che quella cartuccia fosse stata incamerata nella pistola dell’assassino. Anche per tale aspetto la memoria del PM tace e non prende in alcun modo posizione. In altre parole: le identità ravvisate dai periti del Gip dr. Valerio Lombardo nel 1992 sono davvero casuali coincidenze? I periti del 1992 sono giunti a conclusioni affrettate? Nella perizia Benedetti – Spampinato, pure prodotta in questo procedimento, si sottolinea la buona compatibilità che esiste fra la cartuccia Pacciani e altri due bossoli provenienti da altrettanti delitti (MainardiMigliorini del 1982 e MeyerRüsch del 1983). Per quale ragione, allora, il Maggiore Paride Minervini non ha sentito la necessità di verificare se anche per lui la cartuccia Pacciani presentasse le stesse analogie con i bossoli indicati da Spampinato-Benedetti e che significato avessero?

l) sul punto 3.3 dell’atto di opposizione: circa la compatibilità della deformazione lenticolare presente sul collarino del fondello della cartuccia Pacciani. Si è chiesto di verificare la compatibilità con la 104 del Signor Vigilanti e/o con altre pistole, in particolare di sospettati, come per esempio la Bernardelli posseduta da Giuseppe Barrui (il quale era un collaboratore di Giustizia dello scomparso Pier Luigi Vigna e si ricorda per essere stato coinvolto nel sequestro del quale fu vittima nel 1997 l’imprenditore Giuseppe Soffiantini); oppure con gli altri reperti, nella specie cartucce calibro 22 Winchester serie H, come quelle pervenute con le tre buste inviate minacciosamente ad altrettanti magistrati della Procura fiorentina all’inizio di ottobre 1985 oppure con quelle rinvenute a San Piero a Sieve, a Ponte a Niccheri, a Poggio a Caiano, subito dopo il delitto della coppia francese avvenuto nel settembre 1985.

m) sul punto 3.4 dell’atto di opposizione: circa i passaggi di proprietà della pistola High Standard Mod 104 già in disponibilità del Signor Giampiero Vigilanti (vedi già doc. 7 dell’atto di opposizione). Abbiamo detto all’inizio che essa è misteriosamente sparita in concomitanza con l’inizio formale delle indagini, nei primi giorni di ottobre 2013. Secondo quanto si legge a pagina 12 della memoria del PM, bisognerebbe accontentarsi della versione offerta dall’altro ex indagato, il dr. Francesco Caccamo, che l’avrebbe acquistata da un certo Maresciallo Bove (titolare di un poligono di Prato e defunto nel 1989) e a lui restituita, prima di finire nelle mani dello stesso Signor Vigilanti nel 1984. Neppure in questa occasione il PM dimostra di avere compreso o ben letto il contenuto delle nostre richieste. Rimane non documentato da chi Caccamo abbia acquistato quell’arma nel 1973 e il successivo passaggio, una volta che lui l’ebbe restituita da ignoto a tale Vannucci Fiorenzo, che poi la cedette a tale Paolo Franchi, dal quale l’acquistò Giampiero Vigilanti.

n) Dunque, una serie di passaggi, di vendite, di cui non si hanno quasi mai i documenti, per una pistola rimasta sempre dentro il poligono di tiro di Prato, fino a quando non la porta Vigilanti a casa sua, con sé. Non c’è stata nessuna attività di indagine mirata a riscontrare le parole del dr. Francesco Caccamo, non una verifica presso il poligono, né la ricerca di possibili persone informate sui fatti. In definitiva è parso sufficiente affidarsi alle parole di un soggetto, un co-indagato, che non ha altro interesse se non quello di preservare sé stesso da ogni possibile sospetto.

o) sul punto 3.5 dell’atto di opposizione: si tratta della disponibilità da parte di Vigilanti di una pistola Beretta, per quanto emerge dalle parole della moglie, dalle ammissioni fatte dallo stesso, dalle parole del figlio (a dire del quale il padre sa nascondere bene) e infine da un appunto dei carabinieri di Prato del 1984, ove si legge che nel 1980 “spara con una calibro 22 Beretta” (vedi pagina 9 dell’atto di opposizione). Secondo la memoria qui avversata, non si capirebbe, malauguratamente, il motivo per cui la pistola Beretta sia citata dai soggetti in questione e d’altra parte, ormai sarebbe stata cercata un po’ ovunque, ma ahimè senza risultato. A bene vedere, però, nessuna perquisizione è stata fatta per cercare la pistola Beretta nella disponibilità del Signor Vigilanti, tantomeno dopo l’intervista al giornalista della Nazione, Stefano Brogioni, cosa che veramente ha del clamoroso (28.4.2018), poiché il nostro ammette candidamente di averla avuta (“o ‘un l’ho avutha, io, la Berretta ?!….”) . La memoria del PM su questo punto, pertanto, contiene una grossa lacuna e dimostra come l’impegno di ricerca non sia stato portato a fondo. Se il dr. Paolo Canessa non fosse andato in pensione, certo l’esito sarebbe stato diverso. Inoltre, il riferimento fatto da fonti molteplici alla stessa circostanza, rende più che plausibile l’ipotesi che nella collezione di pistole del Signor Vigilanti vi fosse anche una Beretta come quella del Mostro e smentisce il ragionamento fondato su suggestioni e interpretazioni personali.

p) si tratta di prendere atto della molteplicità dei riferimenti e trarne la conclusione che quella pistola, anzi quelle pistole, vista la sparizione anche della High Standard 104, non devono trovarsi molto lontano da via dell’Anile, dove risiedeva il Signor Vigilanti, prima di essere trasferito in una RSA.
In ogni caso, poiché a pagina 391 del Faldone 3, il primo punto 9 riporta espressamente che Giampiero Vigilanti “spara con una 22 Beretta”, non si comprende come gli estensori della memoria possano anche solo ipotizzare che si farebbe generico “riferimento a pistole cal. 22 in dotazione a quel campo di tiro”. Sembra quasi che la ricerca della Beretta metta in imbarazzo il PM, il quale si vede pertanto costretto a minimizzare e a sminuire il significato di quanto letteralmente, in lingua italiana, risulta da una nota redatta da personale dell’Arma territoriale di Prato, sino al punto di ribaltarne lo stesso significato.

q) sul punto 3.6 dell’atto di opposizione: vi si affronta il tema dell’ordine di confisca e distruzione delle 176 cartucce calibro 22 Winchester Serie H, sequestrate a Giampiero Vigilanti il 22 novembre 1994. Si è già detto nell’incipit di questa memoria, come questo episodio sia solo il primo di una serie di “favori” di cui ha beneficiato il Signor Giampiero Vigilanti e consistito nell’eliminazione di una pericolosa fonte di prova a suo carico. Chi scrive ha la memoria precisa di un colloquio con il Pubblico Ministero, dr. Paolo Canessa, avvenuto nel 2016, presso quello che era all’epoca il suo ufficio posto al piano settimo del nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze. Il Magistrato, nel commentare la distruzione delle cartucce sequestrate nel 1994, disse allo scrivente di essere stato allertato a suo tempo dell’avvenuto sequestro, di avere perciò richiesto all’autorità giudiziaria di Prato la consegna per competenza dei materiali in sequestro, ma di non avere mai ottenuto una risposta positiva senza potersene dare spiegazione.

r) adesso si apprende dalla nota del PM pagina 13, che tutto si sarebbe svolto “regolarmente” per conto del giudice dell’esecuzione, dr. Geloso Petragnani, in due distinte occasioni (1996 e 2000). Ebbene costui, se ancora in vita, andava evidentemente sentito sul perché non sia stata fornita collaborazione al Pubblico Ministero titolare delle indagini sul Mostro di Firenze e sui cosiddetti “Compagni di Merende”. Inoltre, gli estensori della memoria, nel perseverare nella loro opera di svalutazione delle fonti di prova, pur di sollevarsi da ogni incombente a riguardo, affermano senza nessun fondamento scientifico che sarebbe inutile “dal punto di vista investigativo soffermarsi sui lotti di cartucce Winchester serie H”, stante la quantità prodotta e il fatto che le cartucce fossero inesplose.

s) basta invece ricordare, almeno per chi ha conoscenza degli atti, il contenuto della deposizione resa dal dr. Giovanni Iadevito all’udienza del 29.4.1994, nel procedimento a carico di Pietro Pacciani, per rendersi conto dell’esatto contrario e soprattutto della rilevanza dell’anno di produzione di quei lotti, per accertarne l’identità con quello delle cartucce utilizzate dal cosiddetto Mostro di Firenze. Si rinvia alla deposizione in questione, che sarà prodotta su CD al momento dell’udienza per ogni eventuale approfondimento (doc.10).

t) sul punto 3.7 dell’atto di opposizione: si era chiesto di accertare se i reperti balistici rinvenuti nel 1982 e spillati al fascicolo Lo Bianco-Locci fossero gli stessi esaminati nel 1982 dai consulenti balistici del PM CastiglioneSpampinato, i quali conclusero per l’identità dell’arma. Ciò sulla base delle osservazioni svolte dal consulente di questa difesa, Andrea Allemandi, che ha ravvisato incongruenze e differenze nel numero delle rigature delle ogive, come descritte dal Colonnello Zuntini nel 1968 rispetto a quanto accertato da un’altra coppia di consulenti del PM nel marzo 1984 (Iadevito e Arcese). Tanto da far pensare chi qualcuno abbia sostituito i reperti presenti nel fascicolo Lo Bianco-Locci, con altri corrispondenti con quelli usati nei delitti, in modo da far ricadere la responsabilità degli stessi sui personaggi di estrazione sarda, a vario titolo indagati nel 1968, appunto per il delitto Lo Bianco-Locci.

u) su tale ultimo aspetto, i due estensori della memoria riportano senza utilità e senza molta attinenza l’intera storia della nascita della pista sarda (pagg. 14-16 della memoria), ma nulla dicono su quanto rilevato dal consulente di questa difesa, in merito al fatto che il numero di rigature individuato sulle ogive del delitto del 1968 Lo Bianco-Locci, da Zuntini nel 1968 non coincide con quello di Iadevito-Arcese nel 1984. C’è solo da aggiungere che la ricostruzione della nascita della pista sarda, per come esposta nella memoria, cioè affidata al ricordo del Maresciallo Fiori a distanza di 14 anni dai fatti, come per improvvisa folgorazione, è pure fumosa e mancante di elementi concreti. Molto più verosimile che essa sia stata messa in opera del tutto artificiosamente, per coprire una “soffiata” oppure anche un anonimo e di un “anonimo”, del resto parla lo stesso giudice istruttore dr. Vincenzo Tricomi – citato in fondo a pagina 16 della memoria del PM – quando menziona la “segnalazione anonima”. Anonimo, evidentemente mosso non da intento di giustizia, ma piuttosto maliziosamente preordinato a fare incolpare soggetti che come i sardi, con i delitti del Mostro (s’intende: quelli compiuti dal 1974 in poi) proprio nulla avevano a che fare. Non siamo noi a dirlo, ma lo stesso giudice dr. Mario Rotella, che gli stessi due PM citano alle pagine 14-16 della memoria, il quale con sentenza istruttoria di proscioglimento del 13.12.1989 mandò assolti, per non aver commesso il fatto, tutti i soggetti di estrazione sarda inquisiti fino a quel momento (Salvatore e Francesco Vinci, Giovanni Calamosca, Francesco Cutrona etc). Si riserva all’udienza la produzione su CD di copia della suddetta sentenza (doc.11).

v) sul punto 3.8 dell’atto di opposizione: si allude in modo esplicito al depistaggio che potrebbe essere stato compiuto per far sembrare, come già detto sopra, che l’autore o gli autori dei delitti dal 1974 in poi, sia/siano da ricercarsi nell’ambiente malavitoso dei sardi, indagati o condannati per il delitto del 1968. La memoria non contiene nessuna smentita di questa ipotesi e si limita ad osservare, in sostanza, che la Procura dell’epoca non era schierata per far prevalere a tutti i costi una pista (come quella sarda) su altre possibili ricostruzioni della serie omicidiaria, aggiungendo che “la perizia balistica del maggiore Paride Minervini scioglie ogni dubbio sulla provenienza unica di tutti i reperti balistici” .

w) è’ vero invece l’esatto contrario, almeno per chi quella consulenza abbia letta per esteso. Difatti:
1) lo stesso Minervini, a pag. 98 della sua relazione di 111 pagine del 13 luglio 2016 (in pp 7265/17 nr- 9118/18 gip, per il che vedi faldone VI, p. 492) scrive che mentre i bossoli provengono tutti “da una stessa arma”, pare una Beretta calibro 22 della serie 70, “non è possibile affermare con certezza che i proiettili siano stati sparati dalla stessa arma…” !
2) è sempre il Maggiore Paride Minervini alle pagg. 500 ss. della sua relazione del 13 luglio citata come sopra, a ipotizzare che possa esservi stato l’impiego di una seconda pistola, da identificarsi in o in un’altra Beretta ma della Serie 48 oppure in un revolver
3) ancora il Maggiore Minervini a pag. 496 della stessa relazione come sopra, descrive il proiettile rinvenuto nel cuscino come esploso da una pistola munita di una canna diversa e più grande rispetto a quella altrimenti impiegata in tutte le altre occasioni: “Morfologia del proiettile nel cuscino, reperto V3: Da un’attenta analisi morfologica del reperto V3, è possibile notare che il reperto al momento dello sparo, in balistica interna, assume una morfologia totalmente differente da tutte le tipologie di proiettili analizzati sia come test di sparo che come reperti recuperati in sede autoptica. Tale differenza morfologica viene trasmessa al proiettile in balistica interna, per tale motivo la stessa può essere addebitata ad una canna della stessa tipologia utilizzata nei vari delitti, ma con dimensioni e morfologia differente”.

z) infine, in merito a quanto si legge a pagina 3, circa il riconoscimento dell’arma da parte di Stefano Mele, condannato a suo tempo per l’omicidio della moglie Barbara Locci, viene da chiedersi quale possa essere l’attendibilità di un soggetto che nulla sa di pistole e al quale è stato chiesto di effettuare un riconoscimento sulla base di un unico termine di paragone, vale a dire la pistola consegnata sul momento dalla Sig.ra Del Re. Di certo nessuno gli avrà mostrato anche una pistola modello High Standard serie HB.

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B) quanto alle questioni di natura balistica rimaste irrisolte

Ci limitiamo ad osservare in più rispetto a quanto già dedotto in materia balistica al punto che precede:
a) Nella sua relazione 13 luglio citata, a pagina 483, il Maggiore Paride Minervini scrive sulle rigature dei proiettili: “Da un’attenta analisi delle misurazioni dei solchi di rigatura è possibile ottenere una media di 0,52 mm. Da una comparazione con i dati estrapolati da circa 72 misurazioni GRC con le caratteristiche dei proiettili sparati, è possibile affermare che la tipologia di arma utilizzata per sparare tali proiettili ha un’ampiezza di rigatura che va da 0,5 a 0,8 mm. Tale ampiezza può condurre a due tipologie di pistole cal. 22lr: Beretta Mod. 48 e Beretta Mod. 71”. Nella relazione del nostro ctp nel pregresso procedimento, Generale Romano Schiavi (doc. 12 su CD), invece egli riporta: “Nel “clis”, e più precisamente nell’intervallo di misurazione fatto dai periti, esistono 70 armi di 12 marche di pistola semiautomatiche di modello diverso, di cui una sola Beretta mod. 75 del tipo da cercare ed 11 High Standard di vari modelli”.

b) in sostanza, secondo quanto si è compreso dalle valutazioni del Generale Romano Schiavi, esistono molte armi che potrebbero produrre rigature e solchi di rigature con misure identiche, tanto che riporta perfino uno specchietto molto dettagliato in proposito. Quindi chi ha ragione fra i due? Dai soli proiettili si è in davvero in grado di capire che fosse una Beretta cal. 22, come sembra sostenere in questa parte della consulenza il Maggiore Minervini?

c) nella consulenza del Colonnello Paolo Fratini del Ris di Roma, nel già citato faldone VI del procedimento madre, pp 537 ss., s’introduce la nozione di “incompatibilità” del bossolo rinvenuto nel cuscino con i proiettili espulsi da una High Standard della serie B, che pure lasciano un’impronta di percussione rettangolare come la Beretta della serie 70
Usando la tecnica dell’angolo di torsione, però, sostiene Fratini, risulterebbe solo una “marginale sovrapponibilità” con i proiettili della serie HB.
Angolo proiettile cuscino: 2,4° – 2,8°
Angolo Berette calibro 22 serie 70: 2,5° – 2,8°
Angolo High Standard HB: 2,2° – 2,5°.
In altre parole: attribuire il proiettile ad una calibro 22 serie 70 usando termini come “altamente compatibili” ed escludere le High Standard HB parlando di “sovrapponibilità marginale”, non basta per l’aritmetica- evidentemente- a negare la compatibilità con l’High Standard HB!

d) a Pag. 496 il Maggiore Paride Minervini, molto sinteticamente, riferisce – come visto sopra- che è stato analizzato un proiettile mai periziato prima, il proiettile V3.: “da un’attenta analisi della morfologia del reperto V3, è possibile notare che il reperto al momento dello sparo, in balistica interna, assume una morfologia totalmente differente da tutte le tipologie di proiettili analizzati sia come test di sparo che come reperti recuperati in sede autoptica. Tale differenza morfologica, viene trasmessa al proiettile in balistica interna, per tale motivo la stessa può essere addebitata ad una canna della stessa tipologia utilizzata nei vari delitti, ma con dimensioni e morfologia differente”. Pertanto, il consulente del PM individua un proiettile sparato da una canna diversa per morfologia rispetto a tutti gli altri colpi esaminati. Si deve perciò ricavarne che a Scopeti vi fossero due pistole? Si tratterebbe di due Beretta serie 70 o ci potrebbe essere anche una pistola di marca differente? In base a quali elementi il consulente del PM può aver fatto questa valutazione? Cosa intende per canna di pistola “con dimensioni e morfologia differente”? Il colpo potrebbe essere stato esploso da una High Standard del modello in possesso del Signor Vigilanti? Se invece la pistola è una sola, che senso ha che l’aggressore cambiasse la canna?

e) a pagina 502 il consulente del PM fa una considerazione meramente quantitativa: “Da un’attenta analisi della scena del crimine, è possibile notare che non esiste una corrispondenza numerica tra il numero dei proiettili rinvenuti e il numero dei bossoli rinvenuti, né tantomeno è possibile affermare con certezza la corrispondenza tra proiettili o frammenti di proiettili e bossoli per tipologia di arma. E’ utile ricordare che esistono revolver in commercio in cal. 22 lr, con sei righe destrorse compatibili con gli elementi balistici rinvenuti sulla scena del crimine di cui è analisi”. Da quanto si afferma in tal modo e considerato che il numero, soprattutto in alcuni delitti, è nettamente inferiore a quello dei proiettili, non è da scartare l’ipotesi della presenza di una seconda arma, quindi di un revolver. Perciò: quali modelli di revolver potrebbero essere compatibili con quelli dei reperti, per rigature e solchi?

f) a pag. 503, in conclusione, il consulente elenca una serie di accertamenti utili mai esperiti fra i quali : “analizzare altre tipologie di armi compatibili con gli elementi balistici in sequestro”, a riprova del fatto di non aver potuto definire con certezza l’arma, nonché : “possibilità di pulire gli elementi balistici da materiale biologico o esterno all’elemento in sequestro, al fine di permetterne una lettura migliore a livello microscopico”; “visionare l’asta guida molla” e fare una comparazione con armi “che posseggono il silenziatore”, Sorge spontaneo il quesito: perché da quando il dr. Paolo Canessa ha lasciato il suo incarico non si è più fatto nulla di quanto suggerito dallo stesso Maggiore Minervini?

g) nella consulenza Fratini si prende in analisi il proiettile V3, valutando che i solchi hanno un’ampiezza delle rigature 0,50-0,60 mm. Nelle conclusioni si scrive che essa è perfettamente compatibile con gli altri proiettili descritti nelle consulenze del 1982 e 1984. Il reperto, quindi è stato “esploso da una pistola semiautomatica, calibro 22 LR, marca Beretta, appartenente ad uno dei modelli della serie 70”. Inoltre, a suo dire, “tale conclusione è supportata non solo dalla coincidenza delle caratteristiche di classe canonicamente previste per i proiettili (numero, andamento, ampiezza delle rigature), ma anche dalla misura, secondo le nuove tecnologie d’indagine balistica, dell’angolo di torsione sul proiettile in reperto, nonché dalla forma dell’impronta di percussione sui bossoli in reperto”. Tali valutazioni non sembrano per nulla compatibili con quelle espresse da Minervini, il quale esaminando lo stesso reperto v3 azzarda invece l’ipotesi di una canna diversa. Non sembra, in effetti, regnare molta concordia neppure fra i due consulenti del PM! Come può, perciò, il PM affermare in memoria 31.01.23 che il ritrovamento di questo reperto – indotto per giunta solo da questa difesa grazie ad un libro pubblicato su questi temi nel 2012 – consente di pervenire ad “elementi certi sull’arma di provenienza”??

h) ancora, nella consulenza Fratini è indicato il passo medio del proiettile V3: “il valor medio del passo è di (380±35) mm che è in accordo con il dato ufficiale di 350mm fornito dalla casa costruttrice”. Orbene, nella perizia Iadevito e Arcese del 1984 i dati inerenti a relativi a solchi di rigatura e passi, erano presenti ma in un numero modesto di proiettili. Nel delitto del 1968 abbiamo per un primo proiettile “il passo medio di rigatura è pari a 274,53 mm”; poi ve ne è un secondo di cui “il passo medio di rigatura è pari a 671,82 mm”, quindi il terzo dove rileva “425,67 mm”. Come mai queste discrepanze? Sono coerenti con quanto affermano i consulenti sulla Beretta? Il Maggiore Minervini si sofferma su un dato medio, ma ci sarebbero proiettili con dati differenti dagli altri: le valutazioni di Iadevito e Arcese sui proiettili del 1968 fanno presupporre difformità? Non sarebbe stato auspicabile, da parte del Maggiore Minervini e/o del Colonnello Fratini, precisare su quali proiettili erano stati in grado di effettuare le misurazioni e con quale risultato reperto per reperto dato? Il “valore medio” è indicativo? Fino a che punto?

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C) quanto ai limiti oggettivi della consulenza del Colonnello Innocenzo Zuntini sul delitto del 1968 (Lo Bianco-Locci)

Va premesso che il collegamento con il delitto del 1968 fu opera di una figura chiave dalla Caserma dei Carabinieri di Firenze di Borgo Ognissanti, il Colonnello Olinto Dell’Amico. E la perizia sui bossoli fu affidata ad Ignazio Spampinato, collaboratore del Capo Centro Sismi, Colonnello Federigo Benincasa, collega esso stesso del Colonnello Olinto Dell’Amico. Il Colonnello Ignazio Spampinato, a sua volta, autore della perizia sull’esplosivo della strage di Bologna (indebitamente comunicata all’amico e collega Federico Mannucci Benincasa per come tutti possono leggere sul Web, e per questo sottoposto a processo, condannato e poi prosciolto per prescrizione), sottoscrisse con Pietro Benedetti la perizia che contribuì ad accreditare “con buona probabilità” l’ipotesi che la cartuccia Pacciani fosse stata incamerata nella Beretta del Mostro. Fatta tale premessa si osserva:
a) la pistola del Mostro lascia chiari e marcati segni di estrattore ed espulsore sui bossoli dei proiettili che esplode. Non ci sono dubbi su questo. Viceversa, il Colonnello Zuntini nel 1968 scrive a chiare lettere che i segni di estrattore ed espulsore lasciati sui bossoli dalla calibro 22 che ha sparato e ucciso a Signa sono a stento visibili. E anche su questo non ci sono dubbi.
b) inoltre, non è in grado di stabilire di quale calibro 22 si tratti e non menziona mai la Beretta, come invece lui stesso farà con assoluta certezza in occasione del delitto successivo, quello del 1974, per il quale pure svolse l’incarico di consulente del PM, senza tuttavia accorgersi che l’arma sarebbe stata la stessa del delitto commesso nel 1968!
c) ancora, la descrizione della pistola del ’68 fatta dal Colonnello Zuntini ha pero oggetto un’ “arma molto usurata, sia nel percussore che nell’estrattore, e nell’espulsore. Verosimilmente trattasi di pistola da tiro a segno, quindi a canna lunga”. Mentre in quella del ’74, a sua firma, viene ritenuta una pistola efficiente senza particolari segni di usura, salvo che nella molla di recupero (ed infatti è evidenziato nella tavola allegata). Viceversa, vediamo spiegato bene nella relazione del Generale Schiavi come ciò sia dipeso esclusivamente dall’impiego della cartucce sovralimentante del tipo Super-speed a palla ramata che venivano utilizzate per la caccia e solitamente destinate alle carabine; mentre invece quelle da tiro a segno sono solitamente delle subsoniche a piombo nudo. Quindi, un errore di valutazione del Colonnello Zuntini.
d) munizioni: nel 1968 vengono repertati 5 bossoli e relative palle ramate di marca Winchester, con fondello “H” made in New Haven, USA. Nel 1974 altri 5 bossoli e palle ancora ramate marca Winchester serie “H” provenienti dalla fabbrica di Anagni. “Ciò si rileva anche dalla “H” impressa sul fondello”. Abbiamo dunque a che fare quindi con 2 diversi tipi di “H”? Oppure si tratta semplicemente di una evoluzione conoscitiva del Colonnello Zuntini tra le sue due consulenze?
e) c’è, in altre parole, una macroscopica differenza di descrizione sotto molteplici aspetti fra l’elaborato Zuntini del 1968 rispetto a qualsiasi altra successiva consulenza balistica, a cominciare da quella sul delitto del 1974, pure a sua firma. Non certo perché la sua descrizione fosse approssimativa, a meno di avere a che fare con un incompetente, ipotesi che deve necessariamente escludersi. Un professionista del suo tenore, al contrario, non avrebbe potuto sbagliare in così larga misura.
f) nessuno però dubita che i reperti rinvenuti nel fascicolo del processo Mele nel luglio del 1982 siano stati senza dubbio esplosi dalla pistola del Mostro, il punto è se lo fossero quelli esaminati dal Colonnello Zuntini, ipotesi che lascia adito a molti dubbi, stanti-come si è visto- la netta differenza fra la descrizione offerta da Zuntini, peraltro non supportata da fotografie dei reperti, ed il corredo fotografico che invece accompagna tutti i reperti, bossoli e proiettili, delitto dopo delitto, rinvenuti dal 1974 al 1985. Ergo tutte le comparazioni utilmente esperibili su quei reperti non potranno che fornire lo stesso esito, cioè come tutti provenienti dalla pistola del Mostro di Firenze, aventi microstriature e impronte identiche a quelle rintracciabili sui bossoli repertati sulle successive scene del delitto. Le stesse, in altre parole, hanno sempre dato per scontato ciò che semplicemente sembra, ripetesi “sembra”, potersi dedurre dalla circostanza di avere trovato i reperti allegati a quel faldone. Questo solo si può dire.
g) quindi non vi è certezza che a Castelletti di Signa, la notte del 21 agosto 1968, abbia davvero sparato la pistola del Mostro di Firenze, di contro a quanto sostiene la memoria del PM: neppure sulla base delle consulenze Arcese -Iadevito, oppure di quella del Maggiore Minervini oppure di tutte le altre in generale, che non si sono mai fatte carico di verificare la provenienza dei reperti trovati spillati nel cellophane alla copertina del fascicolo relativo al duplice omicidio in danno della coppia Bianco-Locci. Con buona pace di ciò che scrive sul punto la memoria qui avversata.
h) lascia molto perplessi la scelta del Colonnello Olinto dell’Amico di comunicare nel luglio del 1982 (prima quindicina) la scoperta sua e/o del suo sottoposto, il Maresciallo Fiori (scoperta consistita nel presunto collegamento fra i delitti del Mostro ed il delitto del 1968), per come ricostruito anche nella memoria del PM alle pagg. da 14 a 16, al solo giudice istruttore, il dr. Vincenzo Tricomi, piuttosto che al pubblico ministero in quel frangente titolare di quell’indagine, la dr.ssa Silvia Della Monica (prima dell’avvento del dr. Paolo Canessa). Molto probabilmente il Colonnello avrà ritenuto che il primo fosse molto più facilmente addomesticabile e disponibile a farsi persuadere da quella storiella che la seconda.

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D) quanto al mancato approfondimento circa l’appartenenza dell’assassino (unico) oppure di uno dei complici all’ambiente dell’estrema destra toscana.

a) si riportano in estrema sintesi, salvo migliore approfondimento, i punti salienti di uno studio condotto dallo storico e saggista Luca Palestini, il quale ce ne ha concesso l’uso per scopi di giustizia anche per replicare a quanto si legge nel rigetto della richiesta di apertura dele indagini, in merito all’assenza di connessioni di alcun genere fra questi delitti e i campi para-militari organizzati dai movimenti eversivi di estrema destra.
b) naturalmente varrà la pena di ricordare che il Signor Giampiero Vigilanti, ex della Legione Straniera, non ha nascosto al PM dr. Paolo Canessa che lo ha interrogato fra il 2014 ed il 2017, la sua più profonda simpatia per la destra di quegli anni, la frequentazione di personaggi come l’On. Giorgio Almirante quale sua guardia del corpo, dell’ammiraglio Gino Birindelli quale suo autista, della sede del M.S.I. di Prato negli anni 70 dove portava anche uno dei figli, dei poligoni di tiro dove si allenava, sia con la Beretta che con l’High Standard, armi oggi asseritamente e apparentemente “introvabili” secondo il PM che non le ha cercate a sufficienza.
c) andrà menzionato, come tema d’indagine completamente ignorato, il rinvenimento nel 1993- in un palazzo sito in centro città in via Sant’Agostino 3 utilizzato dal centro Sismi di Firenze diretto dal Colonnello Federico Mannucci Benincasa, recentemente scomparso- del munizionamento specifico Winchester calibro 22, sebbene, stranamente, non delle armi come la Beretta o l’High Standard destinate ad utilizzarle https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/luomo-dei-misteri-mannucci-benincasa-se-ne-va-il-Colonnello-dei-servizi-e-dei-segreti-1.8402944
d) ciò detto, i temi d’indagine suggeriti dalla ricerca del dr. Luca Palestini vertono essenzialmente su alcuni appartenenti a gruppi di estrema destra, i quali fecero uso di pistole calibro 22 Beretta e High Standard durante le loro attività criminali, i loro addestramenti e per uso personale in poligono. Quelli che seguono costituiscono pertanto altrettanti temi da approfondire che un’autorità giudiziaria, già interessata al caso del Mostro di Firenze, non potrebbe mai esimersi dal compiere, a nostro giudizio.
e) Mario Tuti ha posseduto una pistola Beretta.22 (con silenziatore). Lui stesso fa un riferimento a quest’arma nel memoriale che gli venne trovato addosso al momento dell’arresto in Costa Azzurra (vedi documento 13). Stando al memoriale, Mario Tuti l’avrebbe consegnata insieme ad un arsenale di armi e proiettili all’amico neofascista Umberto Menesini di Lucca. S’ignora se sia mai stata ritrovata dalle forze dell’Ordine.
f) esemplare è anche il caso di Augusto Cauchi, al quale vennero trovati, in una (forse l’unica) perquisizione che subì il 30/04/1974, proiettili calibro 22 e una mappa stradale per raggiungere il circolo del MSI di Prato, frequentato anche da Giampiero Vigilanti (vedi verbale interrogatorio documento 14).
g) celebre è anche il caso della pistola Beretta calibro 22 del delitto del Parco Lambro a Milano, a riprova che quest’arma particolare era nella disponibilità di gruppi dell’estrema destra in varie parti d’Italia e veniva usata non soltanto per addestramento (vedi perizia allegata doc. 15).
h) inoltre, notizie di stampa riportano il ritrovamento di bossoli calibro 22 (residui di cartucce delle quali viene riportata anche la marca: Winchester Leader, le stesse usate dal Mostro!) nel luogo dove si era tenuto un campo para-militare a Pian degli Ontani, frazione di Cutigliano, in Garfagnana nella prima settimana di giugno 1974 (vedi articolo de l’Unità in allegato documento 16).
i) per quanto riguarda Gladio, il documento allegato (documento 17 piano di lezione) riporta un piano dettagliato di lezione di addestramento al tiro. Come si può vedere, le armi in uso sono due Beretta calibro 22, una High Standard (sempre calibro 22) e una Colt 45.
l) i Procuratori militari Dini e Roberti, che svolsero indagini su Gladio, affermarono in Commissione Parlamentare che Federico Mannucci Benincasa aveva partecipato ad un corso di addestramento Gladio a Capo Marrargiu nel 1965, come risultava loro da documentazione ritrovata.
m) nel 1990, il giudice Mastelloni che sta indagando su Gladio, fa recuperare i NASCO che nel 1972/1973 la stessa rete non aveva potuto recuperare. All’interno dei pacchi di armamentario vengono ritrovate (fra le altre) pistole calibro 22 High Standard (mod. Military) e il relativo munizionamento: calibro 22 Winchester serie H. Non vi sono pistole Beretta, ma il munizionamento calibro 22 sì, e in grande quantità (vedi allegato documento 18- Perizie balistiche). Si rappresenta che i NASCO di Gladio furono posati fra il 1963 e il 1964.
n) il 1964 è anche l’anno nel quale il legionario Giampiero Vigilanti, come si è ampiamente documentato nel procedimento madre n. 7265/17 nr -9118/18 gip, viene “celebrato” su La Nazione con il racconto, in tre puntate, delle sue imprese guerresche in Indocina.
Sempre del 1964 vi è un appunto del Sifar dal quale emerge la presenza, anche a Prato, di gruppi strutturati e approvvigionati, dediti all’arruolamento di nuove leve e alla realizzazione di azioni dimostrative (esistono, se del caso, altri riscontri al contenuto dell’appunto). Vedi allegato documento 19 Gruppo MAR Valdinievole.
o) circa il munizionamento calibro 22 nei pacchi Gladio dei NASCO, se utile a un eventuale perito per identificare il tipo di cartucce, si rammenta che nel documento allegato vi è la descrizione del pacco relativo alle pistole High Standard calibro 22. Da notare che relativamente alle cartucce è scritto: “n. 50 Cartucce a carica rinforzata (H. velocity), in scatola di cartone”. (vedi allegato documento 20- Pacco pistole con silenziatore). Il dato è da incrociare con i documenti come sopra, nei quali si fa riferimento alla marca (Winchester) e alla lettera stampigliata sul fondello (H). In pratica, salva miglior verifica, queste dovrebbero essere le cartucce “a palla ramata” (High velocity), mentre le Winchester Leader dovrebbero essere le munizioni “a piombo nudo”.
p) nel 1979 vengono arrestati a Firenze i due fratelli Ivan e Walter Pini, nell’ambito delle indagini sul ritrovamento di un grosso quantitativo di esplosivo sulla ferrovia Firenze-Roma a Rovezzano. Ai due fratelli, ritenuti a capo di un gruppuscolo di estrema destra, vengono sequestrate tra le altre cose, 3 pistole Beretta calibro 22 risultate rubate nel 1977 dal Poligono delle Cascine (vedi documento 21 articolo de L’Unità).
Ciò sempre a riprova del fatto che il calibro 22 era comunemente in uso tra gli appartenenti a gruppi di estrema destra, vecchi e nuovi.
q) tutta la documentazione allegata, da 13 in poi, fa riferimento al periodo nel quale furono compiuti i duplici omicidi del Mostro per i quali le sentenze non hanno riconosciuto un colpevole.
r) in un trafiletto de l’Unità 31/08/1974 si parla del ritrovamento di esplosivo, detonatori e miccia a Rioveggio. Rioveggio viene nominato anche da Gianluca Vigilanti nella telefonata allegata (documento 22) ove afferma che il padre venne interrogato in seguito al ritrovamento di un campo paramilitare tenutosi proprio a Rioveggio. É un riscontro importante.

** ** **

A chiusura di questi punti s’insiste nuovamente, anche, senza necessità di ripeterli, ma qui dandoli come richiamati integralmente, per il compimento degli ulteriori atti d’indagine, di natura sia documentale che testimoniale, già descritti ai punti 2 e 3 della richiesta di riapertura ex art. 414 cpp del 22 marzo 2002 (doc.5 dell’atto di opposizione).

P.T.M.

si chiede che il Giudice per le Indagini Preliminari in sede, per non determinare una stasi inutile in questa fase del procedimento e dunque per ragioni di giustizia e di economia processuale, voglia:
– preliminarmente disporre l’acquisizione degli atti del procedimento penale n. 7264/14 nr-3851/18 gip
– di seguito rigettare la richiesta di archiviazione, indicando come necessarie tutte le ulteriori indagini indicate:
• nella richiesta di riapertura delle indagini allegata sub doc.5 della richiesta dia archiviazione
• al punto 3 dell’atto di opposizione
• ai punti A, B e C della presente memoria
– e, per l’effetto, restituire gli atti al Pubblico Ministero per l’ulteriore corso di giustizia.

Con ossequio
Firenze, 31 maggio 2023

Vieri Adriani

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Elenco dei documenti prodotti:
-nell’opposizione alla richiesta di archiviazione
1.Decreto di archiviazione nel pp. principale n. 7265/17 nr nei cfr. di Vigilanti G. e Caccamo F.
2.Sintesi in due parti della vicenda dei delitti attribuiti al c.d. “Mostro di Firenze” a cura dello scrivente
3.Consulenza del ctp Andrea Allemandi 04.07.22
4. Tre articoli (a,b,c) pubblicati su “La Nazione” in ordine al presunto ritrovamento di pistole Beretta calibro 22 dal 2016 ad oggi
5. Richiesta di riapertura delle indagini del 22 marzo 2022
6.Consulenza del ctp Andrea Allemandi 12.07.22
7.High Standard di Vigilanti G.-elenco dei passaggi di proprietà
-nel CD la cui produzione si riserva all’udienza
8.studio sul delitto commesso il 29 luglio1984
9. articolo de La Nazione del 10 agosto 1984
10. deposizione del dr. Giovanni Iadevito del 29 aprile 1994
11.sentenza del giudice istruttore dr. Mario Rotella del 13 dicembre 1989
12. consulenza balistica per la p.o. a firma del Gen. R. Schiavi del 28 marzo 2019
13. memoriale Mario Tuti
14. perquisizione nei confronti di Augusto Cauchi
15. estratto della perizia sul delitto del Parco Lambro
16. articolo de L’Unità-1
17. piano di lezione per l’addestramento al tiro
18. perizie balistiche su pacchi Gladio dei NASCO
19. documento sul gruppo MAR Valdinievole
20. pacco pistola High Standard
21. articolo de L’Unità-2
22. intercettazione di Gianluca Vigilanti

31 Maggio 2023 Consegna al Giudice per le Indagini Preliminari della memoria difensiva dell’Avv. Vieri Adriani
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