Rossella Corazzin scomparsa, le piste del mostro di Firenze e del Circeo. “Ecco perché devono riaprire le indagini”
La ragazza di San Vito al Tagliamento (Pordenone) sparì da Tai di Cadore il 21 agosto 1975, aveva 17 anni. La cugina Mara: “Arrivare alla verità”. Ascari (Antimafia): “Ripartire dalle rivelazioni choc di Izzo”
di RITA BARTOLOMEI
San Vito al Tagliamento (Pordenone), 21 ottobre 2022 – Rossella Corazzin quando sparì nei boschi a Tai di Cadore (Belluno) aveva 17 anni, un sorriso timido, un golf verde sulle spalle, una macchina fotografica e un libro da leggere, forse s’intitolava “I passi perduti”, così ricordavano in famiglia. Era in vacanza lì con i genitori da San Vito al Tagliamento (Pordenone). Inghiottita dal bosco, il corpo mai ritrovato. Segregata prima in un casolare in Romagna poi in una villa sul Trasimeno; violentata e uccisa dopo un rito satanico: questa era stata la (finora presunta) rivelazione choc di Angelo Izzo, il mostro del Circeo, nel 2016. Fornì anche una lista di persone. Tutto girava attorno al massacro dei pariolini –avvenuto poco più di un mese dopo, a fine settembre – e i delitti del mostro di Firenze. Pista archiviata dalla procura di Perugia che considerò quella versione inattendibile.
La cugina Mara: “Riaprire le indagini per la terza volta”
“Vogliamo arrivare a riaprire le indagini, Rossella merita che si arrivi alla verità”, racconta al telefono a Qn.net Mara Corazzin, seconda cugina di Rossella, come lei nata il 13 marzo, “io più piccola di 6 anni, eravamo come sorelle”. “Rossella era molto timida – racconta -, l’allontanamento volontario è impensabile nel ’75. E nemmeno era tipo da seguire l’invito di uno sconosciuto”.
Confida: “Tutta la mia vita è stata condizionata dalla scomparsa di Rossella. Bastava che mancassi da casa 5 minuti oltre l’orario e a casa erano drammi. Mio fratello, che ha 11 anni più di me, collaborò alle ricerche, era all’università ma nei fine settimana partiva sempre per Tai di Cadore. La mamma di Rossella per ogni compleanno chiudeva delle rose in una busta. Pagelle, lettere, scritti: oggi conservo tutto io”.
“La prima volta – ricostruisce la cugina – le indagini furono riaperte dopo le lettere anonime indirizzate alla procura di Belluno. La seconda archiviazione dopo le rivelazioni di Izzo, che non venne considerato credibile. Sappiamo bene chi è, un millantatore, ha inventato calunnie di ogni genere. Ma quando era stato sentito a verbale da Francesco Saverio Pavone, non un magistrato qualunque ma l’uomo che sgominò la mafia del Brenta, fornì dei particolari che mi tornano, che nessun altro sapeva”.
Mara Corazzin rimette in fila i ricordi. “Izzo citò ad esempio la storia delle due auto, la seconda era rubata, aveva la funzione di perlustrare la zona senza rischi”. Perché l’altra, la jeep citata da una testimone che disse di aver visto Rossella a bordo, “era intestata a uno di loro e poteva essere scoperta. Queste parole combaciano con quanto raccontò ai carabinieri il padre di Rossella, morto di crepacuore come la moglie. Disse di aver avuto la netta sensazione di un’auto che lo seguiva, in quei giorni. Fornì modello e targa, parlò di una Simca azzurra. Pavone chiese di fare una ricerca. Ma la verifica immediata non poteva essere esaustiva, il Pra era cartaceo, serviva un approfondimento. Che non è mai stato fatto”.
“Che cosa chiediamo allo Stato”
I genitori di Rossella sono morti, come la sorella. Che cosa chiede oggi allo Stato? “Una verifica precisa, a partire dal pozzo della villa sul lago Trasimeno, i vicini raccontarono che si sentiva un fetore insopportabile. Perché nessuno ha voluto controllare?”. Mara Corazzin chiede che sia ripreso in mano il lavoro svolto dall’Antimafia nella scorsa legislatura. “Puntiamo anche come Penelope alla riapertura delle indagini per la terza volta – conclude -. Una persona non può scomparire nel nulla”.
Ascari (Antimafia): “Ripartire dal lavoro della Commissione”
L’avvocato Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 stelle e membro della Commissione antimafia, ricorda molto bene l’incontro in carcere con Izzo. “In Commissione abbiamo cercato di accantonare ogni pregiudizio, abbiamo detto, raccogliamo gli elementi, giudicherà chi di competenza. Ma Izzo è stato estremamente dettagliato. Ascoltandolo ho pensato che sapeva quel che diceva. Ha descritto la villa sul Trasimeno in modo molto preciso. Ha citato particolari che poteva conoscere solo chi è stato lì. Spero di poter continuare in questa legislatura il lavoro del Comitato che vuole indagare proprio su questo, sulle eventuali connessioni tra la scomparsa di Rossella Corazzin e i delitti del mostro di Firenze. Purtroppo il lavoro si è interrotto l’anno scorso con lo scioglimento anticipato delle Camere. Ma ho fiducia”.
Ma la Commissione antimafia nella scorsa legislatura lavorò su quella pista. Oggi, a quasi un anno di distanza dalla relazione finale resa nota in una conferenza stampa, famiglia e politica tornano a chiedere di fare luce su quel mistero mai risolto.