Il mostro di Firenze
Una vicenda che resta avvolta nel mistero, con tanti colpevoli ma molta incertezza
di Patrizio Pavone
Ne parlò tutto il mondo. Campagna fiorentina: un luogo meta di vacanzieri ed innamorati trasformata in un calvario per dei barbari omicidi di coppiette in cerca di intimità. Il primo orrendo delitto si consuma il 21 agosto 1968. Due amanti uccisi con 8 colpi di pistola, una Beretta calibro 22, arma usata nei successivi delitti. Gli inquirenti credono di individuare in questo delitto un omicidio passionale e incriminano il marito tradito della donna. Viene poi prosciolto.
Tra il 1968 e il 1985 l’inafferrabile omicida assassina ben sedici persone. Tutte coppie che si appartano in strade solitarie della campagna per amoreggiare. Non solo colpi di pistola ma anche coltellate che vengono inflitte sui corpi delle vittime, specialmente sulle parti intime delle donne. Addirittura vengono asportati anche i pubi con tagli da chirurgo. Viene creata dalla procura di Firenze una “Squadra antimostro”.
Dopo il marito geloso, accusato erroneamente, è la volta di un guardone, anch’esso poi rilasciato. E’ la volta poi di Francesco e Salvatore Vinci, due fratelli. Quindi di altri sospettati come Piero Mucciarini e Giovanni Mele. Ma successivi delitti scagionano i 4 indiziati. Solo in un caso i fidanzati uccisi non sono uomo e donna: si tratta di due uomini tedeschi accampati in una tenda. Forse un errore del Killer?
Col passare degli anni si affaccia l’ipotesi che il killer non agisca da solo ma in coppia con un altro complice o addirittura che i 16 delitti non siano commessi dalla stessa persona. Ma il modus operandi è sempre il medesimo: arma da fuoco che uccide. Poi violenza sui corpi di ambedue con coltello ed infine il rituale dell’asportazione dell’utero e di un seno per ogni donna. Forse dei trofei per una mente malata.
Il mostro di Firenze arriva a sfidare gli inquirenti mandando loro una busta con all’interno un frammento di pelle di un seno, riconducibile a quello dell’ultima vittima femminile. Questo porta all’incriminazione di un certo Pietro Pacciani per alcuni indizi trovati nella sua casa come il numero della targa di una delle auto delle ultime vittime o dei pezzi di stoffa con dentro proiettili calibro 22.
Mentre Pacciani è detenuto, nel 1993 vengono ritrovati morti (incaprettati e bruciati in un’auto) Francesco Vinci (uno dei primo sospettati) ed un certo Angelo Vargiu. Dopo 12 giorni, sempre nei pressi di Firenze vengono uccisi e bruciati una madre ed suo figlio di tre anni. Meno di un anno dopo, nella casa del figlio di Francesco Vinci viene trovata divorata dalle fiamme una signora: Milvia Mattei.
Una catena di morti, tutti collegati tra loro mentre inizia il processo contro Pacciani, un uomo accusato di violenza sulle figlie, sulla moglie e di aver ucciso con 19 coltellate un uomo che importunava la sua consorte. Rai Tre trasmette tutte le udienze, come se fosse una fiction ed invece è la cruda realtà, e gli italiani si dividono tra innocentisti e colpevolisti. Alla fine Pacciani viene ritenuto colpevole di almeno sei duplici omicidi e condannato a sette ergastoli.
Nel processo di appello, un anno dopo, accanto a Pacciani ecco comparire un altro imputato: Mario Vanni che viene considerato il suo complice. Ma nel 1996 la Corte d’Assise d’Appello assolve tutti, compreso il Pacciani. Inizia allora la pista dei “compagni di merende” e vengono inquisiti alcuni altri amici di Pacciani: Giancarlo Lotti, Mario Vanni, Alberto Corsi e Giovanni Faggi.
Nel nuovo processo sono condannati all’ergastolo sia Vanni che Lotti, mentre gli altri due “compagni di merende” Corsi e Faggi vengono assolti. Pacciani nel frattempo muore in circostanze misteriose: viene ritrovato con canottiera sollevata fino al mento, pantaloni abbassati e uno straccio con acido legato all’inguine. Nel processo aveva urlato. “Mi vogliono ammazzare”. Tutto ciò fa pensare ad un regolamento di conti di una banda.
Gli atroci delitti nel frattempo sono terminati. Ma proseguono depistaggi, minacce, lettere anonime e ricerche che porterebbero ad una setta satanica. Viene anche ritrovato morto annegato nel lago Trasimeno un professore, Francesco Narducci che sembrava frequentasse i “compagni di merende”. Libri e film si occuperanno della vicenda che resta comunque avvolta nel mistero senza che si sia fatta chiarezza su tanti episodi e personaggi equivoci.
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