La pista esoterica nel caso del Mostro di Firenze e i tasselli mancanti
Domenico Martino
In Italia diversi casi irrisolti sono davvero emblematici, quello del “mostro di Firenze” è uno di questi. Quando il Capo della Squadra Mobile di Firenze Michele Giuttari e il magistrato Giuliano Mignini iniziarono a indagare andando oltre le prove raccolte su Pacciani e i cosiddetti “compagni di merenda”, vennero bloccati con l’accusa di “abuso di ufficio”. I due funzionari di Stato hanno subito un processo durato ben otto anni, poi assolti: avevano iniziato a indagare sulla pista esoterica. Il Gran Maestro Di Bernardo, ascoltato da Mignini, fece i complimenti al magistrato, in quanto il “caso del doppio cadavere” nella vicenda Narducci era emblematico, sapeva tutto di lui, esprimendo la propria opinione, affermò: “La massoneria c’entra in pieno, tutti gli ostacoli che voi avete incontrato derivano da quell’ambiente”, gli disse. Infatti, la massoneria deviata è composta da loschi personaggi che fanno uso di strutture massoniche per commettere diversi tipi di reato, ma è l’esatto opposto della Massoneria. Nel 1994 Pacciani venne accusato nell’appello di primo grado di essere il famigerato Mostro di Firenze, per gli otto duplici omicidi accaduti tra il 1968 e il 1985, mentre in quello di secondo grado fu assolto. Vennero condannati e arrestati invece i cosiddetti suoi “compagni di merende” Mario Vanni, e Giancarlo Lotti, Faggi venne prosciolto. L’ascolto dei tre fece emergere l’ipotesi di un mandante. Pacciani intanto muore da persona innocente il 26 settembre 2000, ma la sua morte era avvenuta in modo sospetto.
Una delle testimonianze più importanti era quella della regista RAI Maria Consolata Corti, figlia di un funzionario del Ministero dell’interno, interrogata la prima volta agli inizi degli anni novanta. La donna ha raccontato che il padre, morto a 54 anni ufficialmente per tumore, aveva conosciuto un agente operativo del SISDE che era adepto di una setta satanica autrice dei delitti attribuiti al mostro di Firenze. Il padre della signora Corti venne ricoverato nel 1975 in una clinica romana per un sospetto tumore, venne operato e poi trasferito in ospedale in rianimazione. Poiché mori dicendo: “Assassini, siete una mafia!”, i familiari chiesero un’autopsia in presenza di un loro medico, ma la fecero molto frettolosamente affermando loro che fosse venuto un dottore a sua detta mandato da loro familiari, il che non era vero. Presentarono anche una denuncia alla Procura di Roma, ovviamente archiviata.
La Corti si era occupata del Mostro d.F. nel 1987 in una trasmissione RAI per cui lavorava, e le tornò in mente un aeroplanino di carta composto dal padre per il figlio piccolo, sul quale aveva scritto il nome dell’agente del SISDE e la domanda: “Tutte le piste portano a lui, possibile che nessuno se ne accorga?”, e Maria Corti chiese e ottenne un incontro con lui, il quale le propose un lavoro illecito, acquistare titoli accademici e titoli immobiliari falsi, lei rifiutò, ma si incontrarono altre volte. Lui iniziava a fidarsi, la Corti affermava: «Mi ha raccontato che molti anni prima si era innamorato di una ragazza, allontanata da lui dalla famiglia. Disse che aveva iniziato ad odiare le persone che si amano. Mi confessò che era entrato in una setta che uccideva uomini e donne al momento dell’accoppiamento, che aveva commesso anche altri delitti oltre a quelli attribuiti al mostro di Firenze, ma che i cadaveri non erano mai stati trovati. Mi raccontò particolari tremendi, che aveva tagliato pube e seni di alcune delle sue vittime con un coltello multiuso. La setta li usava per dei macabri rituali, ritenendo che durante l’atto sessuale vengono liberate energie che possono essere utilizzate per curare malattie o aumentare la forza fisica. Disse cose pazzesche tipo: “I veri mostri sono quelli che fanno uscire falsi identikit, come quello che ha portato un barista al suicidio. Il vero identikit non esiste, perché quando ammazzavo indossavo maschere sempre diverse”. Ero terrorizzata, andai alla Mobile di Roma, ma mi dissero di lasciar perdere». Nel 2001 la Corti ritratta tutto con gli inquirenti, affermando che in quel periodo era in stato di delirio. «Quello di quattordici anni fa fu un atto scellerato, uno scivolone che non ripeterei. Vivevo in un periodo veramente molto difficile della mia vita e mi comportavo che attraversava la strada senza guardare, incurante dei camion che possono travolgerti. Posso soltanto dire che quella mia testimonianza non servì a molto, forse potrà risultare utile adesso che si è imboccata la pista delle sette sataniche. L’unica cosa reale è che mio padre Ilio, che era un questore, morì in circostanze misteriose pronunciando la frase che non dimenticherò più: “Assassini, siete tutta una mafia».
Il caso del “doppio cadavere” in merito al dottor Narducci portò a ulteriori considerazioni. Dalle indagini di Mignini dopo la riesumazione risultò che il corpo non fosse suo. Lo storiografo massone Ferdinando Benedetti lasciò in merito alcune dichiarazioni: «Il padre del medico faceva parte della Loggia Bellucci e insieme al consuocero si rivolse al Gran Maestro per evitare che fosse effettuata l’autopsia sul cadavere del figlio. So che Francesco Narducci aveva preso in affitto una casa vicino Firenze, nella zona dove erano avvenuti i delitti. Era entrato a far parte di un’associazione segreta denominata “la setta della Rosa Rossa”. Al momento dell’iniziazione era al livello più basso, ma dopo un po’ di tempo aveva raggiunto il ruolo di “custode”. Già nel 1987 si disse che poteva essere uno dei “mostri” e la massoneria si attivò per sapere la verità. Tra il 1986 e il 1987 ci furono riunioni tra logge diverse e si decise di compiere alcune indagini. Alla fine la loggia accertò che era coinvolto, ma si decise di non far trapelare nulla perché altrimenti c’era il rischio che venissero coinvolti tutti». Questi sono solo alcuni tasselli del grande puzzle ancora irrisolto, ma stanno emergendo nuovi sviluppi.