Il 17 Maggio 2024 Il Giudice per le Indagini Preliminari dott. Anna Donatella Liguori emette un’ordinanza di archiviazione del procedimento di accertamento “cartuccia orto Pacciani” identificato con 2019/14165 IGNOTI R.G.N.R. (e 2022/8203 IGNOTI G.I.P.), nato da uno stralcio del procedimento rg. 7265/17 nei confronti di Giampiero Vigilanti e Francesco Caccamo, definito con ordinanza di archiviazione datata 9 novembre 2020.

Questa l’ordinanza di archiviazione: 17 maggio 2024 decr.arch. 14165-19 nr

Questa la trascrizione:

2019/14165 IGNOTI R.G.N.R.
2022/8203 IGNOTI G.I.P.

Tribunale di Firenze
Sezione Giudice per le indagini preliminari

ORDINANZA DI ARCHIVIAZIONE
(articoli 409 e 410 del c.p.p.)

Il Giudice dr Anna Liguori,
vista la richiesta di archiviazione presentata dal P.M. il 13 maggio 2022 nei confronti di ignoti, in ordine alla quale hanno presentato opposizione depositata in data 26 luglio 2022 la persona offesa Anne Lanciotti, figlia della defunta Nadine Mauriot, deceduta in Scopeti di San Casciano nel settembre del 1985, difesa di fiducia dall’avvocato Vieri Adriani con studio in Firenze via Lorenzo Il Magnifico n. 46, e in data 30 maggio 2023 la persona offesa Estelle Lanciotti, nata a Montebéliard (Francia), il giorno 28 giugno 1971, e residente in Besançon (Francia), rue Baille, 2 bis, difesa di fiducia dall’avvocato Gaetano Pacchi, con studio in Firenze, Corso, 2; a scioglimento della riserva formulata all’esito dell’udienza del 25 ottobre 2023; osserva quanto segue:
il procedimento in esame trae origine, a seguito di separazione dal procedimento di cui al rg. 7265/17 nei confronti di Giampiero Vigilanti e Francesco Caccamo, definito con ordinanza di archiviazione datata 9 novembre 2020 disposta dalla Gip Angela Fantechi, dalla necessità di approfondire gli accertamenti in ordine alla c.d. “cartuccia orto Pacciani”, cioè quella rinvenuta nel corso della perquisizione ordinata e disposta dalla Procura della Repubblica di Firenze nell’orto del Pacciani all’incirca trenta anni fa (come evidenziato nelle note Sezione di Polizia Giudiziaria aliquota Carabinieri e Polizia di Stato 22/5/19, 7/6/19 e 10/6/19).
All’esito delle indagini, il PM avanzava richiesta di archiviazione, segnalando la impossibilità di concludere gli accertamenti, il decorso del termine per le indagini preliminari e concludendo che “nel momento in cui perverrà l’esito degli accertamenti, potrà eventualmente darsi avvio a nuovo procedimento” (cfr. richiesta di archiviazione del 13 maggio 2022).
L’atto di opposizione viene proposto con indicazione della necessità di ulteriori accertamenti sulla c.d. cartuccia Pacciani: nello specifico si chiede: “1) accertamenti ancora da definire ed impliciti nella stessa richiesta di archiviazione, per come sopra motivata” e “si associa alla richiesta di comparazione, sinora inevasa dai Ris, contenuta nella delega di indagine estesa a tutte le armi, revolver o semi-automatiche, sia lunghe che corte, in calibro 22, compresa la famosa High Standard che il Signor Giampiero Vigilanti dichiarò sottrattagli senza però avere fatto la preventiva denuncia, quando fu perquisito il 28.11.13; 2) accertamenti superflui da non assentire ulteriormente perché inutili e/o contrari a principi di economia processuale; 3) ai sensi dell’art. 410 cpp ulteriori accertamenti ancora da espletare utili all’individuazione di possibili colpevoli e mai esperiti finora” (cfr. atto di opposizione alla richiesta di archiviazione).

Il Pubblico Ministero depositava in data 3 febbraio 2023 una memoria in puntuale risposta all’atto di opposizione.
Anche il difensore di Anne Lanciotti depositava in data 31 maggio 2023 memoria in replica a quella del PM e dove veniva ribadita la richiesta di rigetto dell’archiviazione, con l’indicazione dello svolgimento di indagini ulteriori.

All’udienza camerale del 25 ottobre 2023, si specificava che queste ulteriori indagini dovevano consistere nell’approfondimento sulla manomissione del proiettile e nella verifica della corrispondenza tra il proiettile e l’arma. Indicava altresì al giudice di
richiedere l’esito del sollecito svolto dal PM ai Ris di Roma.

In conclusione, affinché venisse accertato se la cartuccia in questione fosse stata manomessa, da chi lo sia stata e quando; ed insisteva sugli accertamenti balistici chiesti nella memoria del 31/05/23 (punto b). L’Avv. Pacchi, difensore di Estelle Lanciotti, insisteva nell’accoglimento dell’atto e nelle richieste ivi indicate. Produceva la sentenza Cass. 2022 N. 39576 citata nell’esposizione.

***

Preliminarmente va premesso che l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione del 26 luglio 2024 ripropone argomenti che sono già stati oggetto di indagini, nel procedimento poi archiviato con ordinanza del 9 novembre 2020 (n. 7265/2017 RGNR Gip Angela Fantechi). Nell’atto di opposizione medesimo viene dunque solo suggerita una mera “rilettura” del materiale probatorio già in atti (lo stesso materiale probatorio già presente e valutato dal Gip Fantechi in data 9 novembre 2020), senza allegare nessun nuovo elemento se non mere congetture non sostenute da alcun riscontro oggettivo a sostegno della richiesta di nuove investigazioni, ma solo elencando fonti di prova già acquisite o elementi appunto meramente congetturali.
Nella memoria del 31 maggio 2023 la difesa continua a fare riferimento ad una vicenda (quella in cui veniva coinvolto il sig. Giampiero Vigilanti), già archiviata dal Gip Fantechi il 9 novembre 2020 e dunque già definita. La memoria torna a richiedere ulteriori accertamenti sulla cartuccia Pacciani e sulle questioni di natura balistica rimaste “irrisolte”.
Sul punto si ritengono condivisibili le conclusioni del Pubblico Ministero nella sua memoria del 3 febbraio 2023 dove viene ribadito che “risulta accertato dalle indagini espletate che fu un’unica arma da fuoco ad essere utilizzata per commettere tutti gli otto i duplici omicidi. Gli accertamenti per determinare l’arma usata dall’omicida hanno riguardato l’esame dei bossoli e dei proiettili repertati; gli accertamenti su questi ultimi, con la recente tecnica della misurazione dell’angolo di torsione, hanno dato riscontri più precisi. Le rigature della canna lasciano impressi segni caratterizzanti sui proiettili, in numero variabile ed andamento curvilineo ben preciso in base alla rotazione che chi ha progettato l’arma, ha inteso conferire al proiettile, filettando in tal senso la canna stessa.
L’unicità dell’arma utilizzata per la commissione degli omicidi di cui si tratta è innanzi tutto acclarata dalla perizia balistica del maggiore Paride Minervini. Peraltro, il ritrovamento nel 2015 di un proiettile conficcatosi in un cuscino rinvenuto nella tenda delle ultime due vittime (1985), le cui caratteristiche morfologiche non sono state alterate se non dal passaggio nella canna dell’arma dalla quale è stato esploso, quindi privo di ogni altro segno, ha permesso di acquisire elementi certi sull’arma di provenienza.
Il predetto proiettile è stato esaminato dagli specialisti del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma (comunicazione n. 4308/7 di prot. I.T. 2014 datata 24 marzo 2016 all. A) con le seguenti conclusioni: “L’esame metrico e ponderale del proiettile in piombo consegnato il 2 aprile 2015 dal personale della Sezione Anticrimine del ROS Carabinieri di Firenze ha consentito di riferirlo al calibro .22 LR. Tale proiettile, repertato all’interno di uno dei due cuscini rinvenuti nella tenda ove il 9 settembre 1985 erano rimasti vittime due giovani turisti francesi, è caratterizzato da un profilo pressoché integro e sulla superficie cilindrica sono presenti n. 6 (sei) rigature destrorse, mediamente ampie 0,5-0,6 mm, impresse dalla canna dell’arma da fuoco che lo ha sparato. Tali canoniche caratteristiche di classe sono compatibili con quelle dei proiettili esaminati nella perizia balistica ARCESE-IADEVITO depositata il 6 febbraio 1984 presso il Tribunale di Firenze e, alla luce dei più recenti database d’identificazione balistica menzionati nella presente relazione, risultano coerenti con quelle delle pistole semiautomatiche, calibro .22 LR, marca “BERETTA” appartenenti ai modelli della serie 70. In considerazione dei quesiti posti si è effettuata una ricerca tre le pistole semiautomatiche, calibro 22 LR, marca “HIGH STANDARD”, che riunissero caratteristiche di classe come quelle del proiettile in reperto e/o degli elementi di cartuccia esaminati sia nella citata perizia ARCESEIADEVITO sia nella consulenza balistica CASTIGLIONE-SPAMPINATO del settembre 1982 (NdR: 30 ottobre 1982). Con riferimento alle caratteristiche di classe dei proiettili solo i modelli della serie HB e B delle citate pistole “HIGH STANDAR”, potrebbero esibire una labile compatibilità, in quanto sono caratterizzate da canne aventi sei rigature destrorse ampie rispettivamente 0,60-0,80 mm e 0,65-0,80 mm (dati ricavati dal database “Firetyde” descritto in atti). Tale panorama, però, si restringe ulteriormente se si prendono in considerazione le caratteristiche di classe dei bossoli esplosi. Infatti, osservando tutti quelli documentati nelle citate relazioni balistiche dell’82 e dell’84, essi esibiscono un’impronta di percussione anulare dalla forma pressoché rettangolare. Questa peculiarità consente di escludere i modelli della serie B delle citate pistole “HIGH STANDARD”, poiché la forma della percussione anulare è di tipo circolare cosi come mostrato nelle due foto sottostanti, le quali ritraggono rispettivamente il fondello di uno dei bossoli calibro .22 LR, marca “Winchester” esaminati nella perizia ARCESE-IADEVITO ed il fondello di un bossolo di pari calibro estrapolato dal database “Firetyde”. Utilizzando il medesimo database sono state estrapolate anche le immagini di un paio di fondelli di bossoli esplosi da pistole semiautomatiche, calibro .22 LR, marca “BERETTA”, della serie 70, da cui si evince la tipica forma rettangolare dell’impronta di percussione pienamente compatibile con quella visibile nei bossoli in reperto trattati nelle citate relazioni balistiche dell’82 e 84. Inoltre, l’analisi relativa all’angolo di torsione delle rigature sui proiettili (parametro contemplato nei moderni database per l’identificazione delle armi da fuoco) ha consentito di misurare un valore compreso tra 2,4°-2,8° per il proiettile in reperto. A questo punto tale misura è risultata solo marginalmente sovrapponibile con quella dei proiettili delle citata pistole “HIGH STANDARD” appartenenti ai modelli della serie HB che è compresa tra 2,2°-2,5°, mentre è risultata altamente compatibile con quella delle citate pistole “BERETTA” appartenente ai modelli della serie 70 che è compresa tra 2,5°-2,8°. Pertanto ed in conclusione si ritiene che il proiettile in reperto giunto il 2 aprile 2015, analogamente agli altri elementi di cartuccia narrati nelle citate relazioni balistiche dell’82 e dell’84 (esaminati soltanto dallo studio degli atti resi disponibili), sia stato esploso da una pistola semiautomatica, calibro .22 LR, marca “BERETTA” appartenente ad uno dei modelli della serie 70. Tale conclusione è supportata non solo dalla coincidenza delle caratteristiche di classe canonicamente previste per i proiettili (numero, andamento ed ampiezza delle rigature) ma anche dalla misura, secondo le nuove tecniche d’indagine balistica, dell’angolo di torsione sul proiettile in reperto, nonché dalla forma dell’impronta di percussione sui bossoli esplosi in reperto”.
Le considerazioni svolte dal PM nella sua memoria del 3 febbraio 2024 che qui si riportano integralmente sono anch’esse da condividere: “Sui punti 1.1-1.2-2.2-2.3-2.4 dell’opposizione alla richiesta di archiviazione In proposito, quanto al punto 1) della opposizione di cui si tratta, si osserva: che dagli atti del procedimento penale n. 7265/17 R.G.N.R. mod. 21 a carico di Giampiero Vigilanti e, in particolare, dalla relazione balistica preliminare, di cui ai fogli 1012 al 1031 del faldone 6, a firma del C.T. del Pubblico Ministero Paride Minervini, emerge che effettivamente per la comparazione tra i reperti balistici in sequestro, relativi agli otto duplici omicidi, è stata usata, tra le altre, una pistola HI-Standard Military modello 107, e non l’esatto modello “104”, in quanto presumibilmente non reperita. Peraltro, proprio in relazione a tale ultima circostanza il C.T. sottolinea che “la differenza tra i due modelli -104 e 107- è solo inerente alla tacca di mira regolabile, dove nelle “104” è presente sulla culatta del carrello è nella “107” è montata su un ponticello che si vincola al castello e permette all’interno, di far scorrere il carrello alleggerito” (allegato 3).
La tacca di mira, essendo esterna all’arma, non produce effetti né sui bossoli né sui proiettili, non lasciando alcun segno per un eventuale confronto comparativo; l’uso della arma n. 107 in luogo della n. 104 non ha dunque in alcun modo compromesso la affidabilità delle conclusioni del CT del Pubblico Ministero.
Per le altre argomentazioni si rimanda a quanto in premessa, sottolineando che è prassi analizzare tutte le pistole in calibro .22 L.R. rinvenute o consegnate alla P.G. per la rottamazione qualora le condizioni delle stesse lo consentano.
– Sul punto 3.4
Come appurato dai militari del ROS di Firenze che hanno sentito Francesco Caccamo (comunicazione n. 73/1-64-2013 datata 23 aprile 2016, atti di cui ai fogli 494 a 514 del Faldone 4 del procedimento 7265/17 – allegato 4), la pistola HI-STANDARD mod. 104 unitamente ad un revolver era stata acquistata da Caccamo dal maresciallo Giocondo Bove, nei primi anni ’70, presso il poligono di Prato, ove quest’ultimo gestiva la vendita del munizionamento e curava la cessione della armi ai tiratori. Caccamo afferma di aver poi ceduto nuovamente le armi a Bove quando, con l’entrata in vigore della legge sulle armi (L. 100/1975), erano state imposte limitazioni sul numero di armi detenibili.
L’arma HI-STANDARD mod. 104 successivamente entrava in possesso di Paolo Franchi, come emerge dagli atti inseriti nella comunicazione n. 90/3/2017 datata 8 maggio 2018, faldone 5 fogli 511 e seguenti in particolare foglio 680. Infatti, il 3 giugno 1983, Franchi dichiara, denunciandolo alla Questura di Prato, di essere venuto in possesso, oltre che di un fucile ricevuto dall’armeria “Bianchi Antonio” di Prato, anche della predetta HI-STANDARD acquistata dal Tiro a Segno Nazionale Sezione di Prato (allegato 5).
– Sul punto 3.5
Dalla comunicazione n. 90/3/2017 datata 8 maggio 2018, faldone 5 fogli 511 e seguenti, precisamente foglio 722, si evince che Vigilanti, allorquando acquista il revolver matricola 314 calibro 7,65 e lo denuncia alla Questura di Prato in data 15 ottobre 2008, riepiloga le armi e munizioni detenute, nel caso specifico la pistola Hi- Standard registrata al numero 554 e n. 100 cartucce calibro 22 LR registrate il 23/10/1995 (allegato 6). Risulta quindi che, a quella data, VIGILANTI non detiene altre armi e/o munizioni.
Non è dato sapere il motivo per cui Giampiero Vigilanti abbia dichiarato alla stampa di aver posseduto una “Beretta” ed il perché un’affermazione simile sia stata riferita dalla moglie ai militari del ROS di Firenze. E’ però certo che malgrado le varie perquisizioni, subite nel corso degli anni (tutti atti a sorpresa), questa detenzione mai è stata appurata.
Ciò che si legge alle pagine 389 e ss. del Faldone 3 degli atti del procedimento RGNR n. 7265/17-21, ovvero dalla trascrizione dell’appunto redatto a mano (allegato 7) individuato dai militari del ROS di Firenze negli atti dell’Arma territoriale di Prato, ha ben diverso significato se si leggono per interno i periodi indicati come “punto 9” riguardante l’uso di armi da parte di Vigilanti: “9) dal 1976 è iscritto al poligono di tiro ma fino al 1980 non ha mai sparato nel 1980 spara con una 22 Beretta” “9 dal 1976 è iscritto al poligono di tiro ma fino al 1980 non ha mai sparato può essere successo che: 1) abbia sparato con qualche suo amico che riempiva il modulo a suo nome 2) non abbia (inc) al poligono) (inc)… per la prima volta con pistola del poligono ma tutte cal 22 ha poi sparato (inc) nel 1983 ha comprato una High Standard L.R.”.
Risulta plausibile che il secondo “punto 9” sia stato arricchito con la precisazione che Vigilanti potrebbe essersi esercitato al poligono (non indicato ma potrebbe essere quello di Prato) e che quindi il riferimento a calibro 22 sia a pistole calibro 22 in dotazione a quel campo di tiro (allegato 7).
– Sul punto 3.6
L’iter relativo alle n. 176 cartucce calibro 22 LR marca Winchester serie H, sequestrate a Vigilanti Giampiero il 22 novembre 1994 a seguito di perquisizione, è stato riepilogato dai militari del Ros di Firenze nella comunicazione n. 73/1-29 di prot. 2013 datata 27 luglio 2015, fogli 338 e seguenti del faldone 3 del procedimento 7265/17 (All. 8).
Dagli atti utilizzati dai militari del ROS per ricostruire la sorte delle munizioni sequestrate nel relativo procedimento penale a Vigilanti, si comprende che il Giudice per l’Esecuzione dottor Gelosi Petragnani in due diverse date ha disposto la confisca delle munizioni in sequestro ed il versamento alla competente direzione di artiglieria, rispettivamente il 18/10/1996 (foglio 405) ed il 13/7/00 (foglio 410). Questa seconda volta specificando che si tratta del corpo di reato n. 1286 e che il versamento è relativo a munizioni specificando tra parentesi “due proiettili”.
Dal carteggio della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Prato si comprende il motivo di questi due diversi provvedimenti: dopo la sentenza i militari hanno depositato le 176 cartucce calibro 22 sequestrate, ma non le due calibro 7,65, perché mai sequestrate, ma solo prese in consegna ricevendole una da Vigilanti ed una da Beatrice Garardo, quest’ultima parte offesa nel procedimento; per tale ragione è stato chiesto al giudice dell’esecuzione un provvedimento specifico.
Del resto sarebbe incomprensibile un doppio provvedimento per uno stesso reperto, mentre è plausibile che sia stata la Direzione di Artiglieria a richiedere che fosse formalizzato l’essere le due cartucce calibro 7,65 confiscate e quindi da distruggere, in mancanza del relativo sequestro.
Da quanto si è detto emerge che ad ordinare la confisca e la distruzione delle munizioni di cui si tratta sia stato il giudice dell’esecuzione dottor Geloso Petragnani. Inutile dal punto di vista investigativo soffermarsi sui lotti di cartucce Winchester serie “H”, attesa la vastissima produzione di questa munizione, tant’è che ancora oggi se ne sequestrano scatole intatte. Le cartucce inesplose, non avendo subito i vari passaggi in un’arma, tali da lasciare impresse sulle loro parti i segni dell’azione meccanica dei congegni che portano allo sparo, non sono utili per i confronti.
– Sul punto 3.7
Non sono state individuate agli atti fotografie dei reperti balistici del primo duplice omicidio, quello del 1968.
Le fotografie di tali reperti si ritrovano nelle successive perizie balistiche. Leggendo la consulenza tecnica, svolta dal colonnello Zuntini, appare chiaro che non furono scattate foto dei reperti ma che lo stesso procedette alla loro attenta osservazione con dispositivi di ingrandimento ottico (lenti e microscopio). La descrizione fu minuziosa e si soffermò su particolari individuati sui bossoli che avrebbero consentito un facile riconoscimento dell’arma che li aveva esplosi, qualora questa fosse stata ritrovata (allegato 9, le cui parti rilevanti si riportano di seguito):
b) ad un primo esame alla lente i bossoli apparivano con contrassegni del tutto particolareggiatamente in identici (come vedremo più seguito); soprattutto appariva evidente in posizione diametralmente opposta al segno di percussione a sbarretta, ma dietro il righellino sulla parte cilindrica, un rigonfiamento dovuto ad una imperfezione dell’arma. (…)
4) Piano di impostazione della perizia
È importante innanzitutto, dall’attento, accurato ed approfondito esame dei bossoli e delle pallottole repertate, risalire alle caratteristiche dell’arma al duplice scopo di: a) ricavare prima e fornire agli investigatori dopo dati sempre più precisi circa, tipo, caratteristiche, difetti dell’arma, in modo da renderne facile l’individuazione.
b) Essere in condizione qualora venisse sequestrata una determinata arma di controllare facilmente se sia quella del delitto o meno.
Allo scopo di determinare i dati di cui al precedente punto a) il metodo più sicuro è quello di studiare con lenti di ingrandimento e con microscopio sia i bossoli sia i proiettili repertati e raffrontarli con bossoli e proiettili di armi similari.
Per quanto riguarda invece l’eventuale controllo di un’arma che venisse sequestrata, (per definire se è o meno l’arma del delitto) esse sarebbe abbastanza facile e semplice: infatti basterebbe esplodere un solo colpo con l’arma stessa controllare, oltre che l’identità dei segni principali impressi e (percussore, estrattore, espulsore) se sotto il righellino (sulla parte cilindrica in posizione opposta al segno del percussore) compare il caratteristico rigonfiamento e che non potrà mai mancare in ciascun bossolo esploso con l’arma incriminata come non manca in quelli in giudiziale sequestro.
Questa particolare impronta da ultimo individuata presente sui bossoli segnalata già nel ’68 dal colonnello Zuntini, non sfuggì ai successivi periti.
In proposito si richiama, anche in quanto riepilogativa di tutte le analisi svolte sui reperti balistici dei sedici omicidi, la perizia dell’ingegner Domenico Salza e del PI Pietro Benedetti (allegato 10) che spiega anche perché in alcuni bossoli non è evidente questo rigonfiamento: (…) pag. 7
La circostanza che la gonfiatura sia presente solo su alcuni dei bossoli e non su altri, sui quali si può rilevare solo una lieve impronta, si può spiegare solo pensando alla differenza di durezza del materiale da bossolo a bossolo 0, propriamente, considerandola come effetto delle differenze di pressione dei gas dello sparo da un colpo all’altro. (…)
Alla medesima conclusione della identità dell’arma da fuoco impiegata dall’autore dei delitti del cosiddetto “mostro di Firenze”, giunge il perito Maggiore Paride Minervini (All. E), che ha esaminato per ultimo tutti i proiettili ed i bossoli repertati. Resta ignota la provenienza di quei frammenti di proiettili repertati, che proprio perché tali, deformati e frazionati in più parti, non consentono alcuna analisi balistica, come più volte chiarito dai vari periti.
Il motivo della osservazione degli opponenti è intuibile: si paventa la creazione di prove ad arte per indirizzare le indagini verso i sardi; tuttavia all’epoca, nel 1982, non vi era alcuna pista specifica o privilegiata verso cui avrebbe dovuto dirigersi l’attività di “depistaggio” delle indagini.
La questione del collegamento con il delitto del 1968 è stata approfonditamente affrontata dagli inquirenti del tempo. In proposito si osservi che nel verbale del 9.5.1989, il colonnello Olinto Dell’Amico sentito dal giudice istruttore Mario Rotella e dai pubblici ministeri Vigna e Canessa (allegato 11), afferma:

“La S.V. mi chiede come durante le indagini del 1982 si ebbe notizia del possibile collegamento del delitto di Montespertoli con un precedente duplice omicidio del 1968. In quel periodo io reggevo anche il Reparto Operativo e anzi mi trovavo nell’Ufficio del quel Comando. Una mattina venne da me il maresciallo Fiore, che era addetto al Nucleo Informativo del Gruppo, e che nel 1968 era presso la Compagnia di Signa. Egli mi fece rammentare che appunto in quell’anno vi era stato il duplice omicidio di Signa e che la pistola era dello stesso calibro di quella adoperata per il duplice omicidio di Signa. Io ricordai anche che la pistola in quella circostanza non era stata trovata. Il giorno dopo ne parlai con il G.I. Tricomi. Il maresciallo Fiore mi disse semplicemente che si era ricordato dei fatti del 1968. Durante quegli anni, pur essendosi susseguiti nel ’74 e nell’81 altri delitti, non si era rammentato del collegamento, perlomeno non me ne aveva parlato. Fiore mi spiegò che improvvisamente si era reso conto che anche nel 1968 vi era stato un assassinio di due persone in una autovettura ferma. Per quanto ne so io, escludo che Fiore, che faceva parte del Nucleo Informativo, e quindi era estraneo alle indagini del 1982, avesse avuto notizia anche di fonti confidenziali, sia pure indirettamente, relative al fatto del 1968.”

Le espressioni “egli mi fece rammentare” e “io ricordai anche” originano dal fatto che l’allora tenente Dell’Amico aveva partecipato alle indagini sul delitto del 1968, quando era in servizio presso il Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Firenze, come si evince dal rapporto giudiziario n. 34/354 del 21 settembre 1968 (allegato 12) e aveva assistito il dottor Antonino Caponnetto, all’epoca sostituto procuratore, nelle operazioni di ricognizione dei cadaveri (verbale allegato al predetto rapporto).
Quanto riferito dal colonnello Dell’Amico viene poi riportato in alcuni passi della sentenza ordinanza n. 357/1981 in data 13.12.1989 del giudice istruttore dott. Rotella (allegato 13, che si riporta di seguito):

(…) pag. 60

Venuta meno la “pista Spalletti”, un portantino di Montelupo arrestato durante le indagini per il duplice omicidio del 1981 di Scandicci e scarcerato in seguito a quello di Calenzano, le indagini non avevano un filo conduttore.
Questo filo sarebbe stato offerto dal ricordo del m.llo Fiori, in servizio presso il Comando Gruppo Carabinieri, e nl 1968 alle dipendenze della Compagnia di Signa. Egli rammentava al comandante del Reparto Operativo, T. Col. Dell’Amico, che in quell’anno dirigeva il Nucleo Investigativo dello stesso Gruppo, che nel 1968, appunto, era stata uccisa una coppia in Castelletti di Signa a colpi di pistola. L’arma non era mai stata rinvenuta. Un colpevole era stato trovato in persona del marito della donna uccisa, per quanto se ne sapeva condannato dalla Corte d’Assise di Firenze nel 1970.
Effettuati opportuni riscontri, si accertava che il condannato, Stefano Mele, aveva subito tutti i gradi di giudizio ed uno di rinvio a Perugia. Il G.I. dell’epoca, avvertito disponeva il recupero del fascicolo processuale. Intorno al 20 luglio del 1982 esso si trovava sul suo tavolo. Allegati al fascicolo erano, per fortuita e inspiegabile combinazione, i bossoli e i proiettili rinvenuti dopo il duplice omicidio. Disposta comparazione, già a livello informale si accertava l’identità dell’arma adoperata nel 1968 e nel 1982. Il giudice avvertiva il p.m.. La notizia veniva tenuta segreta per necessità imprescindibili delle indagini, che avrebbero poi condotto all’incriminazione di Francesco Vinci.
Scagionato quest’ultimo dalle sopravvenienze nl 1984, la riservatezza del 1982 avrebbe suscitato non poche diffidenze, mai sopite, nei mass-media e perciò nell’opinione pubblica, con seguito di anonimi consiglieri che hanno ritenuto d’indirizzare le indagini nei confronti di taluno degli stessi membri delle stesse forze di P.G.. Nel 1983 tutti coloro che, tra i carabinieri del Gruppo di Firenze, avevano contribuito alla scoperta del precedente sono stati escussi e taluni, nuovamente, negli anni successivi. Da ultimo, un questo 1989, si è ritornati incidentalmente sull’argomento, in rapporto ad atti rinvenuti nel fascicolo del Nucleo Operativo della Compagnia di Prato (fascicolo “Parretti“, ed alla possibilità, smentita in maniera assoluta dagli accertamenti, che la notizia del precedente del 1968 fosse stata ottenuta diversamente, per esempio attraverso una confidenza.
Analogamente non ha nessun fondamento che sia pervenuto al G.I. dell’epoca (1982) un anonimo, nel quale fosse menzionato in relazione agli omicidi delle coppie, il precedente di Signa. Un anonimo che riferisce di precedente esiste, bensì, negli atti generici del fascicolo del p.m. relativo al delitto di Montespertoli, ma concerne un reato a sfondo sessuale, circa il quale aveva indagata a suo tempo, e con successo, la magistratura fiorentina. 

Il Giudice Istruttore del 1982 a cui si fa riferimento nella suddetta sentenza è Vincenzo Tricomi; dagli atti del fascicolo n. 357/81A emerge che il 29 ottobre 1982, mentre si trova a Palermo, TRICOMI nel trasmettere al Consigliere Istruttore presso il Tribunale di quel capoluogo le dichiarazioni di Rosalia Barranca e Lo Bianco Rosa, affinché vengano sentiti, nel riepilogare schematicamente i fatti scrive: “A seguito di segnalazione anonima che esisteva un quinto duplice omicidio commesso dal cosiddetto “mostro” si risaliva all’omicidio di Antonio Lo Bianco e Locci Barbara Locci commesso nel 1968 in relazione al quale era stato condannato il marito della Locci.
Tutti e cinque gli omicidi sopra indicati sono legati dall’uso della medesima pistola calibro 22.”
(allegato 14).
– Sul punto 3.8
Si osserva che la perizia balistica del maggiore Paride MINERVINI scioglie ogni dubbio sulla provenienza unica di tutti i reperti balistici L’ipotesi di “un vero e proprio depistaggio attuato dal o per conto del vero responsabile/i, così da far sembrare che l’autore dei delitti commessi dal 974 in poi dovesse essere ricercato nell’ambiente malavitoso dei sardi, già condannati e/o indagati per quello del 1968″ (cosi a pag. 11 dell’opposizione di cui si tratta), non trova conferma alcuna negli atti delle indagini espletate nel corso degli anni che complessivamente considerati, mostrano che gli inquirenti dell’epoca seguivano più piste e svolgevano vari tipi di accertamenti in “filoni” paralleli non trascurando alcunché. Ciò è dimostrato anche dalle numerose perquisizioni e dalle diverse attività investigative svolte che hanno riguardato diversi soggetti. Lo stesso orientamento esprimeva già l’allora giudice istruttore Mario Rotella che, tra l’altro, nella sua lettera del 30 novembre 1987 avente ad oggetto: “duplici omicidi dal 1968 in Signa al 1985 in San Casciano V.P. VINCI Salvatore imputato/indiziato”, indirizzata anche alla Procura della Repubblica di Firenze (allegato 15 – la lettera è stata individuata in un faldone sulla cui costala è riportata l’indicazione “Appunti fuori indice – copia atti-atti G.I. Vinci S.”), osserva: 1) questo G.I. non “preferisce” alcunché e tantomeno ha conto di condividere “sue preferenze” con colleghi di altri distretti. L’indirizzo d’indagine, a norma dell’art. 299 C.p.p. determinato, in questa come in ogni altra istruttoria, “in base agli elementi raccolti e allo svolgimento dell’istruzione”, e sulla scorta di precise richieste o pareri del P.M.. 2) nessun altro magistrato, poi, risulta autorizzato a seguire altre piste, dal momento che si procede unitariamente con rito i reati della serie omicidiale, dal 1968 ad formale per tutti oggi. In precedenza, durante le indagini preliminari intorno a ciascun caso (da ultimo Vicchio e San Casciano), il P.M. ha svolto secondo i suoi liberi intendimenti, ed esercitando poteri-doveri previsti dalla legge, indagini generiche. Allo stato, per quanto mi risulti, ogni iniziativa del P.M. si risolve in richieste rivolte a questo G.I.. Peraltro l’istruttoria formale deve accertare la verità in assoluto, anche perché, nella specie, ne va della vita delle persone. Oltre che a carico dell’imputato, questo giudice deve indagare, ed in concreto indaga, alternativamente, anche contro ignori, supponendolo innocente. Tutto ciò, sempre sulla scorta di richieste, pareri, interventi del P.M.”.

In definitiva, la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero deve essere accolta, poiché sono stati riproposti temi già esaminati e decisi nel proc.penale 7265/17 rgnr e perché non è emerso alcun elemento nuovo idoneo ad attivare nuove investigazioni.
P.Q.M.
Visti gli artt. 409 ss c.p.p. Rigetta l’opposizione proposta e dispone l’archiviazione del procedimento con restituzione degli atti al PM.

Firenze 17 maggio 2024

Il Giudice per le Indagini Preliminari
dott. Anna Donatella Liguori

17 Maggio 2024 Ordinanza di archiviazione del procedimento accertamento “cartuccia orto Pacciani”
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