Mostro di Firenze, la caccia è ancora aperta.

Il dialogo con l’esperto Paolo Cochi e la pista del Rosso del Mugello: il Mostro si può ancora trovare. Con due immagini esclusive

Paolo Cochi è uno dei maggiori esperti italiani del Mostro di Firenze. Regista e documentarista, si occupa del caso da vent’anni, è attualmente consulente per la difesa di Mario Vanni, condannato in via definitiva insieme a Giancarlo Lotti per gli omicidi del Mostro. L’obiettivo, coltivato dal nipote Paolo Vanni, è quello di riabilitare la figura e la memoria del parente defunto. Cochi ha scritto un libro che è punto di riferimento per tutti gli studiosi e appassionati del caso: Mostro di Firenze. Al di là di ogni ragionevole dubbio (Runa Editrice). E soprattutto, in questi anni sta portando avanti la teoria del “Rosso del Mugello”, ossia il nuovo sospettato per i delitti del Mostro. Abbiamo parlato con lui per fare il punto della situazione. Attenzione: l’intervista è corredata da due immagini esclusive, mai viste prima. Una rappresenta l’informativa di polizia sul Rosso del Mugello, ovviamente in forma anonima. L’altra è un ingrandimento da un filmato Rai del 1985, in cui si intravede l’impronta del tacco dell’anfibio nel delitto degli Scopeti, trascurata all’epoca dell’indagine. Fu l’ultimo atto del Mostro.

Ciao Paolo, a distanza di tre anni torni su Nocturno. E qualcosa forse si è mosso, su un caso che ormai è da più di mezzo secolo che porta con sé un sacco di interrogativi. Ci sono stati molti tuoi interventi sui quotidiani e in Tv nell’ultimo periodo. Ad oggi, cosa ci puoi dire di questo cold case che definire complesso è un eufemismo?

In questi tre anni poco è cambiato in termini di atteggiamento da parte degli inquirenti. Diciamo che questa mia ricerca fatta con dei collaboratori e condivisa con gli avvocati, ha confermato che esiste una pista investigativa più che dignitosa con vari elementi, ma che però la procura non ha voluto prendere in considerazione. L’ufficio della Procura generale, al quale ho inviato tutta una serie di documenti, lamenta una carenza di tempo e di risorse, salvo poi dedicarsi a “ricerche”  più borderline, vedi il DNA che hanno preso recentemente a Natalino Mele che non si sa a cosa possa portare. Per quello che mi riguarda il materiale di ricerca e d’indagine ho trasmesso tutto all’ufficio della Procura generale, ho suggerito di sentire determinate persone. Ovviamente parlo delle registrazioni: documentazione che attesta che il famoso “Rosso del Mugello”  lavorava in ambito investigativo, messo lì da un determinato Magistrato che si è occupato delle indagini del Mostro e “dimenticato” dalle indagini.

Questo era l’incipit che doveva portare ad approfondire la figura di questo sospettato. Infatti, egli non era stato inserito nella lista SAM (Squadra Anti-Mostro): era stato si sentito nell’anno 1985, e poi “abbandonato”, mai più attenzionato in concomitanza dei delitti. Si tratta di una pista interessante che doveva essere approfondita. Ora sono in programma delle perizie che però vanno in direzione di revisione del processo, ma che mi risulti non c’è nessun procedimento aperto a carico di ignoti che abbia considerato gli elementi che ho trasmesso in procura. Gran parte li ho sviscerati sui media, altre cose no: credo sia doveroso da parte delle istituzioni approfondire questo quadro. Se non porta risultati concreti il DNA, pazienza, ci abbiamo provato.

Nel momento attuale c’è una pista fondamentale: quella del “Rosso del Mugello”, ormai diventata una figura iconica e misteriosa, un topic della mostrologia contemporanea, che avevi già indicato nella prima edizione del tuo libro. E la speranza, come hai accennato prima, di poter revisionare un processo per scagionare gli attuali colpevoli, Vanni e Lotti, che sono stati accusati solo per gli ultimi quattro omicidi.

Ci sono elementi molto validi. Proprio in merito a ciò, so che è in produzione una serie di Netflix di Stefano Sollima che racconta la vicenda. Per me la storia non è finita ma è in corso d’opera e potrebbe cambiare anche radicalmente: una revisione di Vanni, una nuova scoperta. La situazione è ancora in divenire. In merito al “Rosso del Mugello”, la mia ricerca è partita da un furto nel 1965 in un’armeria a Borgo San Lorenzo che è proprio nel Mugello: considero la zona protagonista in senso territoriale. C’è un’indagine con un dossier dei carabinieri che individua alcuni personaggi: uno in particolare che poi entra tra i sospettati. Vi sono stati degli accertamenti molto blandi e, allo stato attuale, in procura, non ci danno informazioni in merito a questo soggetto. La persona non è stata verificata, non fu messo nella lista SAM, a detta dei famigliari lavorava nell’ambiente giudiziario grazie a un noto magistrato. A tal proposito, ho anche suggerito di sentire queste persone ed eventualmente di effettuare delle perquisizioni, perché sorprese in questa storia in passato non sono mancate… Da tre anni però la ricerca è stata osteggiata, nonostante ci siano due ordinanze dei Gip che sottolineano come i reperti e il materiale di indagine devono essere consultabili e visibile ai legali delle vittime o a chiunque ne abbia interesse, oltre al visto della Pm.

Questa intervista è all’interno di una storica rivista di cinema horror e di genere. Si può dire che il caso del Mostro di Firenze ha sempre vissuto di teorie, anche un pochino bizzarre: dalle sette esoteriche fino a un vero e proprio crossover, con l’entrata in scena di Zodiac. Si tratta di una pista seguita da tante persone, ma che ha qualcosa di forzato. Cosa ne pensi di questa ulteriore teoria lanciata nel mare magnum mostrologico?

È un delirio! C’è un procedimento aperto nei confronti di questo giornalista che parlava di confessioni, invece non è emerso nulla (l’accusato era Joseph Bevilacqua, ndr). Questo è dato dalla disinformazione che viene fatta specialmente in rete, ma qui anche la televisione di Stato ha partecipato alimentando questa follia investigativa. Elementi concreti, avvistamenti, testimonianze, DNA… zero. Non c’è assolutamente niente. Sono teorie accattivanti, come quella esoterica, ma io mi baso su dati reali: “Il signor X è stato visto nell’immediatezza dei fatti in quel luogo lì”. Perché si è indagato sul Legionario (al secolo Giampiero Vigilanti, ndr)? Una macchina, simile in quella in suo possesso, è stata vista per ben due volte nel delitto di Calenzano nel 1981 e nel delitto di Vicchio nel 1984, quest’ultima segnalata da una telefonata anonima. Non voglio dire che Vigilanti avesse per forza a che fare con il caso, ma questi sono elementi concreti. Le altre teorie bizzarre lasciano il tempo che trovano.

La stessa cosa si può dire per il “Rosso del Mugello”. Da sempre si è pensato che il Mostro potesse avere un orecchio all’interno delle istituzioni e delle investigazioni e questo si lega sicuramente alla pista del Rosso. C’è un fotofit fatto al computer, che è molto diverso dallo schizzo disegnato da un carabiniere nella caserma di Borgo, ci sono testimonianze di avvistamenti fatti all’epoca, non di nuovi testimoni. Ci sono verbali del tempo che collocano una persona con determinate fattezze vicino ai luoghi dei delitti, descrivendola tutti in modo simile. Tale persona abitava a Firenze-Novoli ed aveva pertinenze in Mugello, Impruneta e Lastra a Signa. Ma soprattutto fu coinvolto nel famoso furto in armeria nel ’65. Invece Zodiac si può annoverare tra le bufale, come i mandanti e le sette esoteriche.

Nessuno sa con certezza chi è stato l’artefice degli otto duplici omicidi, ma sicuramente – ciò che ti ha da sempre contraddistinto – è la convinzione che per Mostro di Firenze si intende un serial killer unico.

Assolutamente probabile. Questo è scritto nella casistica e nella storia della criminologia mondiale: lo dice l’Fbi, lo dice il criminologo De Fazio, Abraham, Bruno, tutti sono indirizzati su questa ipotesi. Se ci fosse una variante, dovrebbe essere dimostrata. E fino a ora non lo è stato. O meglio è stata raccontata da un testimone, chiamato in correità da Lotti, che si è rivelato del tutto inattendibile. Basta leggere le sue dichiarazioni per capire che lui in quei luoghi non era presente, quantomeno nei giorni degli omicidi.

Uno degli aspetti più critici,  fondamentali per ribaltare questa sentenza fatta e data, è proprio la datazione dell’ultimo omicidio del Mostro di Firenze, a Scopeti nel 1985. Secondo la testimonianza del Lotti, si tende a datare il delitto nella notte di domenica 8 settembre 1985. E questa “certezza” da sempre cerchi di smontarla e di retrodatarla di 24 o 48 ore.

Ho approfondito attraverso illustri entomologi e soprattutto medici legali, non dimentichiamo che c’è una base tanatologica. I fenomeni cadaverici sulle due vittime ci porta indietro almeno a 24 ore prima: ciò viene detto da più voci, da medici legali che hanno eseguito le autopsie, come il professor Marello; viene detto anche dalle nuove tecnologie. Basti pensare che l’entomologia forense nel 1985 non esisteva: quindi se troviamo larve di una determinata dimensione, oggi le conoscenze ci dicono che deve essere passato un tempo di embriogenesi e quindi che va ben oltre le 24 ore. Per quanto riguarda la tanatologia, ci sono dei fenomeni putrefattivi, vedi il livor, che portano assolutamente verso questa direzione.

Al tempo ci fu una testimonianza che molto fuorviante, quella dei due gestori della locanda che dissero di aver visto la donna francese la domenica mattina: non è così, perché se andiamo a riprendere i verbali dell’epoca, il confronto con la signora Mauriot venne fatto mostrando una foto del quotidiano La Nazione risalente a molti anni prima, dove lei aveva i capelli corti. Al momento dell’omicidio la donna aveva i capelli molto più lunghi e questo lo sappiamo – ahimè – per forza di cose. E soprattutto la testimonianza parla solo di una donna, l’uomo dov’era? Inoltre gli scontrini delle spese della Mariout si fermano al venerdì, proprio quando fu visto quell’individuo alto, robusto e rossiccio agitarsi sulla piazzola del delitto.

A proposito di giornali e de La Nazione. Ricordo una prima pagina al tempo dell’omicidio nel 1985 dove il dottor Maurri, medico legale, indicava un’impronta sospetta vicino al luogo dove era stato ucciso il ragazzo francese: sollecitava la Scientifica ad analizzare questo carrarmato particolare, perché molto probabilmente si trattava di una traccia dell’assassino. Tu questa notizia l’avevi sottolineata più di una volta. L’impronta spesso viene ricollegata a quelle più famose e repertate dell’omicidio di Calenzano del 1981. Ad oggi ci sono foto dell’impronta di Scopeti?

No, infatti anche nel delitto di Calenzano c’era questo carrarmato: non furono fotografate, come non fu immortalato il cadavere del francese al momento del sopralluogo. Fu fotografato il giorno dopo. E poi sono sparite le foto dei francesi fatte durante il loro viaggio: sono convinto che in questi scatti si vedrebbe che lo strappo sulla tenda non è un taglio fatto dall’assassino, come raccontato da Lotti, ma è uno strappo che c’era già da prima. E mi fermo qui.

La provincia fiorentina è come se si fosse ritrovata nell’incubo di un immaginario da serial killer americano. Oltre a tutti quelli che possono essere depistaggi, volontà di non approfondire certi aspetti dell’inchiesta, sicuramente al tempo erano impreparati a gestire eventi di questo tipo…

Certo, a quel tempo sì, ma ora già da anni avrebbero potuto fare accertamenti più approfonditi. Mi riferisco già al DNA, che comincia a uscir fuori già nella metà degli anni ’90. Al di là dell’impreparazione psicologica e di carattere tecnico-scientifico, credo che ci sono stati dei depistaggi che hanno voluto far passare Pacciani e i compagni di merende, tre ubriaconi e guardoni, come uno dei più famosi serial killer della Storia. Dovevano risolvere il caso, perché la pressione dell’opinione pubblica era fortissima.

Noi stiamo cercando di ristabilire una legalità, dimostrando che quei processi e interrogatori non provano nulla. Un esempio è il proiettile di Pacciani, che si è scoperto dopo trent’anni che non aveva nulla a che fare con la storia degli omicidi, perché mai incamerato in una beretta. E qualcuno aveva avvertito a riguardo, che sarebbe stato rinvenuto qualcosa di metallico a casa del Pacciani: tutto ciò la dice lunga su quanto siano stati forzati questi processi per risolvere il problema.

“Sì però poi il Mostro non ha più colpito”, dicono alcuni… Il Mostro non ha più colpito dal 1986. Ma Pacciani viene attenzionato e va in carcere nel 1987. Potenzialmente avrebbe potuto uccidere, perché non lo fa nel 1986? Ciò che rimane scolpito nella mia memoria è la certezza che quando partì il processo Pacciani, gli inquirenti sapevano già che il Mostro non avrebbe mai più colpito e forse sapevano chi era. Siamo nel 2024: rimane solo il DNA e abbiamo quello delle tre missive del settembre 1985, di cui due portate a mano, e tracce nei pantaloni del ragazzo francese ucciso. Manca solo quello di Vanni, per il resto il DNA di tutti gli altri indagati non coincide con quelli che hai citato. E ovviamente anche quello del “Rosso del Mugello”: noi abbiamo chiesto che venga esteso anche su di lui, ma sembra che gli avvocati non abbiamo avuto il successo sperato nell’ottenere la documentazione idonea per verificare la posizione di questo sospettato.

Scopriremo mai la verità?

Questo dipende dalle motivazioni, dalla verve, dall’impegno della Procura, perché alla fine sono loro che devono indagare. Mi auguro – già da anni ma non succede – che qualcuno decida di approfondire più seriamente certe situazioni, mettendo un po’ da parte quelli che sono stati gli errori passati. Lasciamo stare da parte di chi, come e perché, ma ci sono stati.

Mostro di Firenze, la caccia è ancora aperta

8 Luglio 2024 Stampa: Nocturno – Mostro di Firenze, la caccia è ancora aperta
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