Mostro di Firenze, storia di un caso che potrebbe essere riaperto

C’è un Dna sconosciuto su uno dei proiettili usati nell’omicidio di una coppia francese, le ultime vittime del mostro di Firenze. Si troverebbe anche sui proiettili di altri due delitti

Chiara Pizzimenti

Il caso del Mostro di Firenze è uno dei gialli più noti e inquietanti della storia dei delitti in Italia: tra la fine degli anni Sessanta e il 1985 otto duplici omicidi avvenuti nei dintorni del capoluogo toscano. La formula era sempre la stessa: coppie sorprese nell’intimità in luoghi isolati, uccise a colpi di pistola. I corpi delle donne venivano poi mutilati. Molte le ipotesi non moltissimi i sospetti e un’arma del delitto, una Beretta calibro 22, mai ritrovata.

Si è parlato di riti satanici, di omicidi su commissione a sfondo esoterico, di serial killer ispirato dalla religione di un gruppo di maniaci. Tre persone sono state processate: Pietro Pacciani e i suoi «compagni di merende» Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Ora l’ipotesi di riapertura del caso dopo l’individuazione di un Dna sconosciuto su uno dei proiettili usati nell’omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, le ultime vittime del mostro di Firenze. Si troverebbe anche sui proiettili di altri due delitti.

La ricostruzione dei delitti

Il primo delitto attribuibile, ma non attribuito per anni al Mostro di Firenze risale al 21 agosto del 1968. Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco, appartati in una Giulietta nella zona del cimitero di Signa, furono uccisi con otto colpi di pistola a distanza ravvicinata. La pistola è la stessa dei delitto del mostro, ma ha confessato il marito della donna, Stefano Mele e ha già scontato la pena al momento del collegamento della pistola.

Il secondo risale al 14 settembre 1974, vicino a Borgo San Lorenzo, ed è il primo con tutte le caratteristiche del mostro. Le vittime sono Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini. L’assassino li sorprende seminudi sui sedili anteriori di una Fiat 127. Lei viene pugnalata e seviziata.

Passano quasi sette anni quando viene trovata la terza coppia. Siamo al 7 giugno 1981 vicino a Mosciano di Scandicci. Le vittime sono Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio sorpresi dal mostro dopo una serata passata alla discoteca Anastasia. Lui è riverso nell’auto, lei portata più lontano, colpita e mutilata. C’è un sospettato che verrà però scagionato: Vincenzo Spalletti è conosciuto in zona come un guardone e racconta al bar particolare della scena del delitto. Si scopre che in zona c’è un mondo di guardoni che spia le coppiette di notte.

Passano invece appena 4 mesi da questo omicidio quando vengono ritrovati Stefano Baldi e Susanna Cambi. La notte è quella del 22 ottobre 1981 e siamo a Travalle di Calenzano vicino a Prato. Il corpo di Susanna è una decina di metri dalla macchina, martoriato come quello delle altre donne.

Il delitto successivo risale al 19 giugno 1982. Le vittime sono Paolo Mainardi e Antonella Migliorini sorpresi a bordo di una Seat a Baccaiano di Montespertoli. L’uomo viene colpito, ma riesce a spostare la macchina e la strada è trafficata quindi non c’è tempo per le mutilazioni. A partire da questo delitto vengono comparati i bossoli e tutte le uccisioni sono messe in relazione.

Il delitto del 9 settembre del 1983. Il killer si accorge solo dopo aver sparato che ci sono due uomini e non un uomo e una donna sul furgoncino Volkswagen. Non infierisce sui corpi, li lascia con pezzi di giornali porno.

Il delitto di Pia Gilda Rontini e Claudio Stefanacci viene annunciato da una telefonata anonima. Avviene il 29 luglio 1984, nei pressi di Vicchio. La ragazza è mutilata come le precedenti vittime.

L’anno dopo l’ultimo delitto. Siamo all’8 settembre 1985, nella frazione Scopeti, nella campagna di San Casciano Val di Pesa. Le vittime sono due francesi: Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot. I corpi sono trovati da un cercatore di funghi. Lei è nella tenda dei due, lui poco lontano perché, ferito, ha tentato la fuga. Il killer manda una lettera al pm Silvia Della Monica con un brandello del seno della ragazza.

Le indagini

Per anni gli inquirenti sembrano brancolare nel buio. Nasce nei primi anni ‘80 anche una squadra antimostro con il compito di coordinare in tutto il territorio le indagini di polizia e carabinieri. Il nome di Pietro Pacciani entra nell’11 settembre del 1985. Il contadino di Mercatale è stato condannato per violenze sulla moglie e le figlie, ma ora un vicino lo collega ai delitto del mostro di Firenze scrivendo una lettera anonima. Durante una perquisizione nella sua casa vengono trovati oggetti riconducibili alle vittime e nell’orto un proiettile calibro 22, del tipo utilizzato per gli omicidi.

I processi

Nel 1994 Pacciani, Vampa nel gruppo, viene condannato all’ergastolo per sette degli otto duplici omicidi. Il 13 febbraio 1996 la sentenza di Appello è di segno opposto. Subito gli inquirenti annunciano di avere capovolge il verdetto, ma il giorno stesso dell’assoluzione gli inquirenti annunciano di aver trovato nuovi testimoni. Arrivano i cosiddetti compagni di merende. Giancarlo Lotti, Katanga, accusa Mario Vanni, Torsolo, di essere stato complice di Pacciani e si autoaccusa dell’omicidio dei due ragazzi tedeschi. Sarà testimoni chiave per accusare Pacciani e Vanni degli altri omicidi. Per lui 30 anni di carcere. Ergastolo per Vanni che morirà in ospedale a 86 anni. Pietro Pacciani verrà trovato morto in casa il 22 febbraio 1998, prima del nuovo processo di appello. Muore invece il primo marzo 2017, a San Casciano, Fernando Pucci, che confermò il racconto di Lotti sul delitto del 1985 con la sua testimonianza. Non ci sono condanne per tutti i delitti e per questo il caso non è considerato chiuso.

La novità

Il Dna recuperato u uno dei proiettili usati nell’omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili potrebbe cambiare quanto finora conosciuto sul caso. La ricerca è stata fatta, per conto dell’avvocato Vieri Adriani, che assiste i familiari delle vittime francesi, da Lorenzo Iovino, ematologo italiano che lavora negli Usa e che è partito dal lavoro fatto sui reperti all’epoca e in particolare sul proiettile trovato, trent’anni dopo il delitto, nel cuscino della tenda dei due ragazzi uccisi nel 1985 a Scopeti.

Lo studio indicava la presenza di un Dna completo, quello del perito che aveva esaminato il reperto, mescolato a un altro rimasto ignoto, Questo Dna è stato studiato e ricostruito, tanto che è risultato parzialmente sovrapponibile con quello individuato su due proiettili trovati sulla scena di altri due delitti: quelli di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch del 9 settembre 1983 e di Pia Rontini e Claudio Stefanacci, datato 29 luglio 1984. Potrebbe essere l’impronta del mostro di Firenze?

Iovino ha spiegato che questo Dna non solo non è compatibile «con quello delle vittime e del secondo perito balistico che aveva maneggiato il reperto, ma neanche con quello di alcuni indagati, o delle tracce di Dna di altri sconosciuti isolate da Ricci sui pantaloni di Jean Michel e sulla tenda». L’avvocato della coppia francese chiede che vengano fatte «tutte le comparazioni possibili con i reperti a disposizione e con il profilo delle persone che sono state indagate nel corso del tempo». Vorrebbe chiedere anche la riesumazione del corpo di Stefania Pettini, uccisa il 14 settembre 1974, che avrebbe lottato con l’assassino e potrebbe averne campioni biologici sotto le unghie.

https://www.vanityfair.it/article/mostro-di-firenze-storia-di-un-caso-che-potrebbe-essere-riaperto

29 Luglio 2024 Stampa: Vanity Fair – Mostro di Firenze, storia di un caso che potrebbe essere riaperto
Tag:                                     

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Traduttore