Il mostro di Firenze: Neverending (horror) story

Luca Negrini

Spunta un nuovo DNA da un’ogiva rinvenuta su una delle diverse scene del crimine. Non appartiene né alle vittime, né ai precedenti indagati.

Firenze – Si riaccendono i riflettori sullo squarcio che dopo 50 anni continua a grondare sangue sulle campagne Fiorentine. La protagonista questa è volta è l’ogiva di un proiettile infilatasi tra le piume di un cuscino rinvenuto sulla scena del crimine Kraveichvili-Mauriot, repertata solo il 3 dicembre 2018. Su di quest’ultima un profilo genetico che ricorre in altri casi imputati al mostro.

1974-1985 Gli anni bui

Sette duplici omicidi in 11 anni, poi il buio. I primi (forse) sciagurati furono Pasquale Gentilcore, 19 anni, e Stefania Pettini di 18. Il 6 giugno del 1981 è la volta di Carmela de Nuccio e Giovanni Foggi, il 22 ottobre dello stesso anno saranno Stefano Baldi e Susanna Cambi ad essere trucidati. Poi ci sono Paolo Mainardi Antonella Migliorini il 19 giugno dell’82 e i turisti tedeschi Horst Wilhelm Meyer Jens-Uwe Rüsch il 9 settembre del 1983, trovati morti sul loro van Volkswagen. Pia Rontini Claudio Stefanacci il 29 luglio 1984 seguiti da Jean-Michel Kraveichvili Nadine Mauriot l’8 settembre 1985 sono la coda di quella lunga scia di sangue. Sette coppie tutte colte di sorpresa nel momento dell’amplesso, eccezion fatta per turisti tedeschi forse scambiati per una coppia a causa dei lunghi capelli biondi di uno dei due, tutte massacrate e in alcuni casi pesantemente vilipese. Tutte nelle campagne toscane non distanti dal capoluogo.

Le svariate Piste.

La campagna locale è posto antico e sanguigno. Bella da mozzare il fiato ma rabbiosa. Ci sono violenti popolani patriarchi e guardoni, e in paesi e contrade insistono ancora radicate tradizioni esoteriche. Su questi luoghi incombe l’ombra dei servizi segreti.

Pietro Pacciani, colui che nell’immaginario collettivo incarna il mostro di Firenze, viene arrestato a seguito delle indagini su un gruppo di guardoni, poi ribattezzati “I compagni di merende“. Pietro è un contadino ignorante e disinibito con trascorsi da rabbrividire: a 25 anni aveva ucciso il rivale in amore, sorpreso tra le braccia di quella che all’epoca era la sua fidanzata, costringendola ad un rapporto sessuale accanto al cadavere. Dopo il carcere aveva sfogato la sua violenta perversione in famiglia, maltrattando la moglie e abusando delle due figlie. Una confessione lacunosa da parte del “compagno” Giancarlo Lotti e un bossolo ritrovato nell’orto di casa Pacciani, corrispondente al calibro e alla serie di quelli rinvenuti sulle scene del crimine, reggono al processo e in primo grado i “I compagni di merende” vengono condannati. È il primo novembre 1994. Nonostante il verdetto Pacciani muore in strane circostanze nel 1998 da uomo libero in quanto prosciolto in appello.

Nel 2001 la Squadra Mobile di Perugia sta indagando su un’estorsione ai danni di una parrucchiera di Foligno. Nelle intercettazioni gli estorsori si dicono membri di una setta satanica, e minacciano i figli della vittima dicendole che faranno la fine di Pacciani e del “grande medico Narducci”. Francesco Narducci è un giovane medico e professore universitario di Perugia, padre massone, probabilmente massone anche lui. Viene trovato morto nel lago Trasimeno anch’egli in circostanze assai strane il 13 ottobre 1985. La telefonata estorsiva rappresenta la prima volta che il nome del Pacciani s’intreccia con la chiacchierata morte di Narducci.

Prende forma dunque la pista esoterica, un cosiddetto “secondo livello” formato da potenti personaggi della zona che si servirono di guardoni come manovalanza. Inoltre il dottor Narducci si rivelò caro amico di un altro protagonista di questa storiaccia, Francesco Calamandrei, già additato come l’aguzzino dalla moglie. Calamandrei possedeva una farmacia nei pressi del luogo di ritrovo degli anziani guardoni di coppiette coinvolti nel caso.

Altra pista arenata è quella che riguarda Giampiero Vigilanti. Ex legionario, già indagato nel 1985 in seguito alla segnalazione di alcuni conoscenti. Nel 1994 la casa di Vigilanti venne perquisita dopo un violento litigio con un vicino. All’interno dell’abitazione gli inquirenti trovarono 176 proiettili dello stesso modello di quelli ritrovati sulle scene del Mostro, ritagli di giornali riguardanti i diversi omicidi di coppie e un paio di anfibi in dotazione alla legione straniera francese, valutati compatibili con un’impronta trovata sulla scena del crimine Kraveichvili-Mauriot, agli Scopeti. Nessuna pista solida, nessun indizio schiacciante, nessun mostro.

La svolta?

Ritorniamo dunque a quel bossolo che per 30 anni riposò indisturbato tra le piume di quel cuscino rinvenuto agli Scopeti. Il genetista Lorenzo Iovino riesce ad isolare dal bossolo un DNA che appare su altri due bossoli in altrettante scene del crimine: quella Mayer-Rüsch e Rontini-Stefanacci. Il profilo genetico in questione non risulta appartenere né alle vittime, né a chi è stato indagato in precedenza. Alla luce questi indizi gli inquirenti itendono richiedere la riesumazione del corpo di Stefania Pettini, primo caso accertato e addebitato al mostro. L’ulteriore approfondimento sulla salma potrebbe portare al rinvenimento del nuovo profilo genetico sotto le unghie della vittima, poiché è un fatto accertato quello che la donna ebbe a difendersi prima di soccombere al suo assassino.

Nel caso il nuovo profilo genetico verrà rinvenuto su di una o più vittime, si potrebbe affermare oltre ogni ragionevole dubbio che quel DNA appartiene al mostro. L’infinita Italian Horror Story si avvicina all’epilogo?

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24 Agosto 2024 Stampa: Il Giornale Popolare – Il mostro di Firenze: Neverending (horror) story
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