Mostro di Firenze, i misteri dell’Anonimo Fiorentino
Carmelo Lavorino
Nel Mugello durante l’indagine sul mostro di Firenze e il processo contro Pietro Pacciani, c’era un tale che si firmava Anonimo fiorentino e che dal 1° novembre ‘91 (data ufficiale della caccia a Pacciani come Mostro) al 2 novembre ‘94 (giorno della sentenza di condanna in primo grado) ha inviato 23 lettere anonime agli inquirenti fiorentini, a giornalisti, agli avvocati difensori di Pacciani, a personaggi politici, al CSM ed altri. Una lettera la inviò anche a me, dove ebbe la faccia tosta, la sicurezza e l’ossessività di scrivere a mano la data fuori la busta: 23-4-92. L’AF sosteneva che Pierluigi Vigna fosse sia il Mostro di Firenze sia il Burattinaio, cioè il soggetto che dal 1990 a seguire aveva incastrato Pacciani con sotterfugi e con la famosa cartuccia nell’orto.
L’AF sa molte cose sui delitti, sulle indagini e sui cosiddetti “trucchi” contro Pacciani. Ritengo che conosca l’identità del Mostro, che sia un appartenente alla combinazione che ha costruito in laboratorio il Mostro Pacciani, che abbia lavorato in Tribunale e che, essendo amico di Vigna (anche perché entrambi del Mugello e cacciatori) e “protetto” da Vigna, preferisce affidarsi all’anonimato non potendosi giocare la carriera e lo stipendio. A mio avviso questo soggetto è il cosiddetto “Rosso del Mugello”, amico di Vigna, cacciatore ed altro…
L’AF sa molte cose; fornisce chiare indicazioni sui tentativi di incastrare Pacciani, vuole lavarsi a suo modo la coscienza, mischia ipotesi ed accuse incredibili e illogiche ad altre teoricamente verosimili, ma senza prove. Accusa Vigna d’essere sia il capo della combinazione che ha incastrato Pacciani, sia il Mostro e il Burattinaio. Lascia intendere di conoscere Vigna quando gli scrive: “… Lei, egregio Dottore, sapendo chi ero, non mi avrebbe mai creduto e tanto meno preso in considerazione, come è accaduto in altre due occasioni del passato. Lei mi ha sempre definito un “disadattato sociale”, fantasioso e sognatore…”. Termina con un’espressione interessantissima che riprenderà nell’ultima lettera, quella di chiusura, un’espressione preceduta da un concetto che ha ripetuto in diverse lettere: “Ascoltatemi: il mostro ormai non ucciderà più… nessun dubio”. È interessante che scriva la parola “dubio” con una sola “B”, così come fece il Mostro quando inviò la famosa busta alla “Procura della Republica”.
L’AF ha un senso di colpa fortissimo ed ha compreso che gli inquirenti stanno chiudendo il cerchio attorno a Pacciani tramite “il gioco sporco”; allora inizia una disperata lotta contro la verità e per la verità, disseminando bugie che nascondono la sua verità e che Pacciani non è il Mostro. Non vuole scoprirsi, butta fango; depista, manipola e inquina; semina zizzania, delirio, farneticazioni e calunnie. Cosa fa? Il giorno prima dell’inizio del processo a Pacciani (aprile 1994) si reca nella Boschetta (Vicchio del Mugello), il luogo dove il 29 luglio 1984 vennero uccisi Pia Rontini e Claudio Stefanacci, per compiere un atto con un significato simbolico-criminologico chiarissimo: spacca la croce di Pia Rontini, lasciando intatta quella di Claudio Stefanacci. Qualche giorno prima aveva spaccato i vasi, dopo ha bruciato le croci. La simbologia è chiara: fuoco, terra e croci offese e vilipese. Lo ha fatto tre volte in un mese. La territorialità mugellana è evidente.
Perché tutto ciò? Per tre motivi: 1) la sua parte buona è nel Mugello, così come è originario del Mugello il suo grande nemico Vigna; 2) Le gesta del Mostro di Firenze hanno una matrice di mania religiosa e di odio contro la croce della cristianità, quindi spaccare la croce vuoi dire punire e sfidare quel Dio che non ha fermato il Mostro: è un’azione sacrilega e bestemmiante, così come lo sono stati gli omicidi del Mostro: maledice tutto e tutti, si autocondanna all’inferno, si autoproclama “essere supremo”; inoltre, la croce di Pia Rontini rappresenta per lui e per il Mostro la parte odiata e temuta: la donna peccatrice; 3) la Boschetta è a circa 300 metri in linea d’aria dalla “proprietà Vigna”, in tale luogo il Mostro uccideva il 29 luglio 1984 mentre il suo grande nemico Vigna si apprestava a festeggiare il 51imo compleanno.
Abbiamo la scrittura dell’AF o di una sua complice: chiesi agli inquirenti di indagare presso l’ufficio postale di Firenze per cercare fustelle con la stessa scritta (e il caso sarebbe stato risolto), ma… se ne fregarono allegramente.
Carmelo Lavorino
L’Anonimo Fiorentino si inserisce in una vicenda già per se complicata quindi potrebbe essere chiunque, da un’inquirente al MdF stesso o forse più semplicemente un cittadino (non quello “amico”) che si “divertiva” in questo modo e non era l’unico. In realtà – per me – non ha dimostrato proprio nulla, nè di conoscere il MdF ne la verità. Ha fatto delle teorie, anche “prevedendo” il ritrovamento della prova regina contro Pacciani ovvero il bossolo nel suo orto, fatto però che era ipotizzabile.
Probabilmente pensava che Pacciani fosse innocente e ha scagliato contro Vigna, la Procura, i giornalisti e se non ricordo male anche contro il padre della povera Pia Rontini le sue invettive. Non ha mai dimostrato nulla di quello che scriveva, non un indizio o una prova. Un mitomane che ha voluto ritagliarsi un pezzo di notorietà. Sia chiaro, è un mio giudizio, perchè non ci sono certezze nemmeno su questo fatto; le uniche certezze in questa vicenda sono otto coppie ammazzate e poco altro.