Mostro, parente di una vittima chiede atti: “Riaprire indagini su sospetto del Mugello”
L’avvocato della parte civile: “Era stato proposto già dai carabinieri di Borgo San Lorenzo”
Una nuova parte civile – un parente, che vuole restare anonimo, di una vittima uccisa nei delitti del Mostro di Firenze che sono rimasti senza giudicato, senza colpevoli – ha chiesto coi suoi legali una serie di atti alla procura di Firenze, per svolgere in autonomia accertamenti difensivi su una pista “trascurata” e poi condividere gli esiti con gli stessi inquirenti. È quella relativa a un soggetto, ormai deceduto da anni, che sarebbe uno dei trafugatori di una pistola Beretta calibro 22 – stesso tipo di arma che ha sparato negli otto duplici delitti dal 1968 al 1985 – rubata in un furto in un’armeria di Borgo San Lorenzo nel 1965. L’avvocato Alessio Tranfa di Roma con il consulente Paolo Cocchi ha presentato alla procura una memoria con istanze di riapertura delle indagini per conto del parente, come persona danneggiata dal delitto. La parte è da considerarsi nuova rispetto agli ultimi anni di inchieste e approfondimenti ed è interessata ad approfondire la figura di un dipendente pubblico che viveva nel Mugello e di cui c’erano già 40 anni fa alcune indicazioni negli atti dell’inchiesta. “Tale accertamento su questa persona era stato proposto già dai carabinieri della compagnia di Borgo San Lorenzo nel 1984 – spiega Tranfa -, ma si è inspiegabilmente perduto nel corso del tempo, noi lo riteniamo tuttora di grande interesse”. Per Tranfa “stupisce il mancato inserimento del soggetto nella lista dei possibili sospetti individuati dalla Sam, la Squadra antimostro”. Ora il legale chiede alla procura di Firenze di poter acquisire le fotografie scattate all’uomo nel fotosegnalamento “in possesso del Dap e del ministero dell’Interno” per vecchi arresti; le impronte digitali prese anche alla leva militare da confrontare con impronta papillare rilevata sulla Panda di Pia Rontini e Claudio Stefanacci (omicidio del 1984 a Vicchio); i cartellini presenze presso le amministrazioni dove aveva lavorato (in ultimo la Asl di Firenze prima della pensione); le bobine telefoniche con minacce registrate nella caserma di Borgo San Lorenzo la notte dell’omicidio di Vicchio e della telefonata da parte di un ignoto alla casa della magistrata della procura fiorentina Silvia Della Monica, nel 1985. Riguardo alla Beretta, l’uomo che desta l’attenzione di questa parte civile, fu perquisito dalla questura di Firenze nel 1966 e gli “furono rinvenute altre armi nonché due cartucce e 10 bossoli (quindi già percossi) tutti calibro 22 anche se – sottolinea Tranfa – tale materiale risulterebbe purtroppo andato perduto dopo il suo deposito”.
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