Il “mostro di Firenze”, un caso da riaprire? A deciderlo i giudici genovesi
Presentata dai parenti di Mario Vanni, uno dei condannati, la richiesta di revisione del processo alla luce di nuove prove e perizie
Emanuela Pericu
Una Beretta 22 e otto duplici omicidi in cerca di autore. Tutte coppiette appartate di innamorati che vennero brutalmente uccise. Potrebbe riaprirsi a Genova il caso del Mostro di Firenze, un incubo che durò quasi vent’anni dal 1968 al 1985. Gli esiti giudiziari portarono a processo un gruppo di uomini di campagna Pietro Pacciani e quelli che vennero indicati come suoi complici Mario Vanni e Giancarlo Lotti.
Per Pacciani l’ergastolo, poi l’assoluzione in appello, sentenza annullata in Cassazione. Morì prima del nuovo processo. Lotti fu condannato a 30 anni anche se la sua confessione venne considerata spesso confusa e contradditoria. Vanni ebbe l’ergastolo, ma si proclamò sempre innocente.
Sono proprio i suoi parenti ad aver chiesto la revisione del caso. Troppi gli aspetti fumosi a partire dall’arma, la Beretta 22 mai ritrovata. E poi quella perizia balistica effettuata dell’ex generale dell’Esercito, Ignazio Spampinato, indagato successivamente per azioni di depistaggio dei servizi segreti sulla strage dell’Italicus e su quella di Bologna e anche su un caso di malavita a Genova. Una nuova perizia entomologica infine basata su elementi non disponibili negli anni 90 potrebbe smontare alcune testimonianze di allora. Tutti elementi contenuti in oltre 70 faldoni che ora i giudici genovesi dovranno esaminare per decidere se se riaprire uno dei più inquietanti casi di cronaca nera, che lasciò Firenze e l’intero paese per decenni in allarme.