Dopo il delitto di Baccaiano del 19 giugno 1992 gli inquirenti seguiranno la cosiddetta pista sarda.

Secondo il ricercatore Marco Aufiero la pista nasce dopo la lettera anonima chiamata poi “lettera del Galluzzo”

https://www.mostrodifirenze.com/1982/06/27/27-giugno-1982-lettera-anonima-a-silvia-della-monica/

Il 27 giugno 1982 giunge una lettera anonima al pm Silvia della Monica la lettera ricava un contenuto così riassumibile, in termini generali:

– i quattro duplici delitti sino ad allora collegati in serie: Borgo San Lorenzo, Scandicci, Calenzano e Baccaiano di Montespertoli, andavano legati ad un ulteriore delitto che l’anonimo ribattezzava il fattaccio del galluzzo

– l’anonimo si sforzava quindi di indicarne le analogie con i duplici delitti del mostro citando in particolare i seguenti fatti: il fattaccio sarebbe accaduto alla vigilia di un giorno festivo nella stessa ora in cui in genere colpiva l’omicida delle coppie, tra le 22 e le 23, e con medesimo intento colpendo una donna e facendo scempio della sua natura con strumenti vari….

– l’ anonimo mittente della lettera al magistrato della Monica fu pensato essere Claudio Marucelli De Biasi, che sarebbe stato più volte sentito in carcere dove era detenuto perché: il 15 aprile 1973 infatti aveva sparato sette colpi di pistola ad una coppia appartata in un’auto in un campo alle porte di Firenze, poiché aveva creduto in quella vettura ci fosse la propria moglie con l’amante. Venne condannato a otto anni e recluso del carcere delle Murate.

Quindi dopo la lettera del Galluzzo ci fu la richiesta alle forze dell’ordine del pm Della Monica di indagare su altri omicidi di coppiette.

Inoltre in quei giorni del 1982 gli inquirenti iniziarono a sospettare di Francesco Vinci perché Il 21 giugno 1982, quindi 3 giorni dopo il delitto di Baccaiano la sua autovettura, una Renault 4 bianca targata FI 695592, venne trovata nascosta infrattata in località “Corbaie” a Civitella Paganica in provincia di Grosseto.

Il ricercatore Marco Aufiero ha letto alle notti del mostro dei verbali dove il testimone Luigi Nesi riferirà di aver visto l’auto di Francesco Vinci una renault bianca con una portiera grigia, vicino alla piazzola di Baccaiano.

https://www.mostrodifirenze.com/1982/12/20/20-dicembre-1982-testimonianza-di-luigi-nesi/

Per i carabinieri il Vinci era coinvolto in un furto di pecore andato male, forse la macchina era guasta o forse serviva da staffetta. Questo insospettì la procura, perché controllando il fascicolo di Francesco Vinci scoprirono che era stato indagato per un alto duplice delitto cioè quello della coppia Barbara Locci e Antonio Lo Bianco a Signa nel 1968. Gli inquirenti pensarono che Francesco Vinci sapendo di essere stato visto e individuato da Mainardi cercasse di scappare. In effetti quando Francesco Vinci fu arrestato, il 14 Agosto 1982 a casa di Giovanni Calamosca, un imprenditore di origine sarda stava cercando di scappare all’estero con un passaporto falso. Giovanni Calamosca aveva legami e faceva affari sia con la malavita sarda che con l’anonima sarda.

In quei giorni e siamo ai primi di luglio, il maresciallo Fiori parlò con l’appuntato Piattelli di questi argomenti e si ricordarono di un delitto, sul quale avevano indagato, del 1968 a castelletti di Signa: una coppia Barbara Locci e Antonio Lo Bianco venne uccisa con colpi di beretta 22 mentre amoreggiavano in una piazzola vicino al cimitero. Tra i sospettati del delitto c’era proprio Francesco Vinci in correità con Stefano Mele il marito di Barbara Locci. La dichiarazione del maresciallo Fiori, che non era in servizio nei giorni del delitto del 68, ma che partecipò alle indagini successive, è a verbale che cito:

Assieme ci riecammo dal colonnello Dell’Amico che seguiva le indagini il quale… informò subito il dottor Tricomi che dapprima contattò il perito balistico dell’epoca (il colonnello Innocenzo Zuntini) e poi fece richiesta la cancelleria della corte d’Appello di Perugia e successivamente a quella di Firenze per l’acquisizione degli atti processuali”

Questa è la genesi della pista sarda secondo il maresciallo Fiori e parte da una lettera anonima: quella del Galluzzo, come scrisse la stampa ai tempi

https://www.mostrodifirenze.com/1986/11/28/28-novembre-1986-testimonianza-di-francesco-fiori/

Inoltre il 3 Luglio 1982 il brigadiere Vincenzo Parretti redige un fascicolo sull’omicidio di Signa ch everrà trasmesso il 7 Luglio alla procura, dove scrive che cito:

– il delitto era stato compiuto da Salvatore Vinci coadiuvato dal fratello Francesco Vinci, il quale lo aveva ivi accompagnato, soltanto perché in grado di conoscere il luogo esatto ove la Locci usava appartarsi;

la pistola di piccolo calibro, mai ritrovata, doveva provenire da Salvatore Vinci;

vi era un bambino in auto, appunto il figlio della Locci, al momento della consumazione del delitto;

i fratelli Vinci si sarebbero recati sul posto con una Lambretta.”

https://www.mostrodifirenze.com/1982/07/07/7-luglio-1982-il-fascicolo-del-brigadiere-vincenzo-parretti/

Quindi il pm Tricomi chiede a Perugia, l’invio del fascicolo del duplice omicidio del 68 e dei corpi di reato cito:

In uno al procedimento mi si vorrà trasmettere anche il corpo di reato onde effettuare le comparazioni balistiche tra i bossoli repertati in occasione dell’omicidio Locci Lo Bianco con quelli repertati nei duplici omicidi commessi in Firenze e in oggetto indicati.”

E’ come se Tricomi fosse certo che ci fossero ancora i bossoli e i proiettili, forse perché Zuntini lo assicurò su questo.

Al vecchio fascicolo processuale passato per Perugia e qui definito e restituito alla Cancelleria della Corte d’Assise di Firenze il 1 aprile 1974 sono allegati i bossoli e i proiettili repertati in occasione del delitto del 1968. Non è la prassi ma i reperti del 1968 non andavano distrutti, perché la pistola non era stata trovata quindi i bossoli e i proiettili sarebbero serviti per identificare l’arma in futuro, inoltre nella sentenza condanna Stefano Mele in correità con ignoti. Infatti nessun giudice ordinò di distruggere i bossoli e i proiettili, del delitto del 68. I reperti andavano archiviati altrove, ma furono spillati al fascicolo, come altre cose ad es gli effetti personali di Barbara Locci.

L’avvocato Nino Filastò intervistò il colonnello Innocenzo Zuntini secondo il quale la pistola che sparò nel 68 era la stessa che sparò nel 74.

https://www.youtube.com/watch?v=62sJqP3-OsY

mostro di Firenze – Intervista a Zuntini di Filasto’

Era usanza del colonello Innocenzo Zuntini pinzare i corpi di reato al fascicolo, in modo che non si perdessero, in attesa di essere archiviati. (min 28 30)

https://www.youtube.com/watch?v=62sJqP3-OsY

mostro di Firenze – Intervista a Zuntini di Filasto’

Il brigadiere D. Ricci della caserma di Borgo ogni santi di Firenze in un appunto conferma il ritrovamento dei corpi di reato del 1968 nella classica busta rossa, che si usava allora allegata al fascicolo.

Questa è la versione del maresciallo Fiori, Spezi invece racconterà un’altra versione su come nacque la pista sarda e cioè da lettere anonime che già la giornalista Franca Selvatici citava nel novembre 1982 su “La Città” cito:

un autore anonimo ricordò agli inquirenti di un duplice omicidio avvenuto sei anni prima di quello di Borgo San Lorenzo”.

Mai sapremo se il riferimento riguardava la lettera del galluzzo o un altro biglietto anonimo del cittadino amico

Mentre Mario Spezi nel libro “dolci colline di sangue” scriveva:

Me lo raccontò lo stesso giudice Vincenzo Tricomi, il magistrato che aveva visto quel ritaglio. Era il giorno di una solenne cerimonia, l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nell’aula più grande di cui la magistratura fiorentina dispone erano riuniti, avvolti nelle loro severe toghe nere e scarlatte bordate di ermellino, quasi tutti i magistrati della zona. Durante una pausa, il giudice istruttore Vincenzo Tricomi uscì in un corridoio per fumare una sigaretta e lì incontrò un altro incallito fumatore come me. Chiacchierammo per un po’ del più e del meno, e poi io, credendo di poter approfittare della circostanza che il magistrato fino a pochi mesi prima si era occupato del Mostro, portai lentamente il discorso sul caso. Parlammo del delitto di Montespertoli, l’ultimo, e a un tratto chiesi al giudice, senza una vera ragione: “Ma davvero fu solo per la memoria del maresciallo Fiori che vi accorgeste che le pallottole del 1968 erano le stesse degli altri delitti?” […]

Macché! Può anche essere che quel maresciallo si sia ricordato del delitto del ’68, ma la verità è che ricevemmo un’informazione precisa”.

Un’informazione? E da chi? Che tipo d’informazione?” lo incalzai, annusando una notizia clamorosa.

Arrivò un biglietto”, riprese Tricomi per nulla agitato “un biglietto anonimo, scritto in stampatello. Anzi, la scritta era su un vecchio ritaglio di giornale che parlava dell’omicidio del ’68. Si leggeva: Perché non andate a rivedere il processo di Perugia contro Stefano Mele?” […]

E dov’è ora quel biglietto?” balbettai, troppo eccitato per la notizia appena ricevuta.

Non c’è. Non c’è più. Scomparso.[…] Lo richiesi tempo fa ai carabinieri che lo avevano ricevuto, ma dopo un po’ mi risposero che, nonostante le ricerche fatte, il biglietto non si trovava più.”[…]

Di quel messaggio, nessuno tra gli inquirenti aveva fatto cenno. Come se non ci fosse mai stato. La notizia che pubblicai su La Nazione a qualcuno sembrò inventata. Tanto che ai giornalisti che domandarono al giudice Piero Luigi Vigna se fosse davvero esistito, la risposta parve una smentita.

Agli atti”, replicò il procuratore, “non esiste alcun biglietto del genere.”

Io, invece, mi ero fatto rilasciare una dichiarazione scritta da Tricomi, che ho sempre, con la quale mi confermava la storia.”

https://www.mostrodifirenze.com/2002/01/15/15-gennaio-2002-testimonianza-di-vincenzo-tricomi-sul-cittadino-amico/

Mario Spezi affermò più volte che questo anonimo si firmava : “cittadino amico”. In effetti ci furono almeno tre lettere firmate così.

La dichiarazione vergata dal Tricomi diceva:

In ordine all’episodio di cui mi si chiede, premesso il notevole lasso di tempo sbiadito ed incerto ogni ricordo, posso dire di ricordare che presumibilmente nell’inverno 1982, venne il Maresciallo Fiore con un ritaglio di giornale di cui ignoro di come e con quale modalità erano venuti in possesso i carabinieri che riferiva della conferma della condanna in sede definitiva avvenuta a Perugia. Mi chiese se era possibile acquisire il processo e io lo ritenni del tutto possibile.”

Vincenzo Tricomi.

In questo caso Tricomi si confuse di certo sul periodo perché non era inverno ma Luglio e parla di un articolo sulla sentenza di Perugia, proprio come quello, ch egiunse in procura allegato al fascicolo dell’avvocato di Mele, Dante Ricci ( qui apro una parentesi: Dante Ricci fu l’avvocato che difese Pacciani per il delitto di Severino Bonini nel 1951, un omicidio assurdo e violentissimo. Il dante Ricci era molto legato a Pacciani perché da partigiano fu ferito e portato a spalle fino ai soccorsi proprio dal Pacciani.)

Cito a riguardo l’avvocato Vieri Adriani:

Si tratta di una pagina intera della cronaca de “La Nazione” riportante nel taglio basso un articolo con la notizia dell’annullamento, pronunciato il 31 gennaio 1972 da parte della Prima Sezione della Corte di Cassazione, con rinvio a Perugia, della condanna di secondo grado nei confronti di Stefano Mele. Essa si trova conservata nel fascicolo che l’avv. Ermanno Ugolini, collega di Studio dell’avv. Dante Ricci, deceduto nel 1978, consegnò al Sost. Proc. dr.ssa Silvia della Monica il 6 settembre 1982 su richiesta di quest’ultima…….. La nascita della “pista sarda” non trova dunque alcun’altra spiegazione documentata se non il verbale di sommarie informazioni testimoniali del Maresciallo Francesco Fiori, del 28 novembre 1986, a dire del quale egli, nel corso di quel 1982, subito dopo il delitto della coppia di Baccaiano, si sarebbe sovvenuto del delitto di Signa del 1968 proprio per alcuni tratti similari che avrebbe condiviso con i quattro delitti perpetrati, dal 1974 fino a quel 1982, dal “maniaco delle coppiette”.”

https://www.avvocatoadriani.it/wp/wp-content/uploads/2022/12/30-tre-doc1968.pdf

Certo è davvero difficile pensare che un anonimo nel 1982 abbia a disposizione un articolo del 74 o peggio del 68, molto più probabile che fosse dell’avv Dante Ricci, che aveva seguito il caso fin dal primo grado, come ipotizza l’avv Vieri Adriani.

Dimenticandosi, forse, l’origine di questo articolo Tricomi lo giustificò come” pervenuto da anonimo”. Ma mai fu trovato questo biglietto anonimo: probabilmente Tricomi si confuse.

Il fascicolo del delitto Locci Lo Bianco giunse al pm Tricomi nel 17 Luglio del 1982 mentre la perizia Spampinato Castiglioni, che sancì che a sparare nel 68 era stata la stessa pistola del mostro, arrivò a fine anno. Va ancora aggiunto che le risultanze della perizia sui proiettili del ’68 sono state non univoche almeno per quanto riguarda il proiettile estratto dal corpo di ANTONIO LO BIANCO, perché, mentre il Colonnello ZUNTINI ha colto sul proiettile in questione n. 6 rigature destrorse, gli altri periti hanno individuato sempre nello stesso proiettile, solo n. due frammenti di impronta di rigature con andamento destrorso (..). (perché fatte successivamente quindi dopo ossidazione erano infatti ramate, ma 2 righe destrorse non significano nulla, non esistono pistole a due righe, se ne vedono solo due a causa dell’ossidazione subita delle palle ramate negli anni.

Questo invece l’appello dei carabinieri rivolto all’anonimo “cittadino amico” comparso intorno al 20 di luglio del 1982 su “La Nazione” proprio vicino all’identikit dell’uomo visto a Calenzano sulla spider rossa.

Un appello è rivolto dal comando del nucleo investigativo dei carabinieri di Borgo Ognissanti a una persona che ha dato più volte il suo contributo anonimo all’indagine sui delitti del maniaco perché si rimetta in contatto con loro. L’uomo, che nella sua ultima lettera si è firmato “un cittadino amico” e che ha scritto tre volte affermando di non rivelare la sua identità per non essere preso per mitomane, dovrebbe fornire di nuovo la sua collaborazione, magari anche solo telefonando al nucleo investigativo.”

Tutti i dubbi sulla nascita della pista sarda: la lettera anonima del Galluzzo, quella del cittadino amico o l’anonima di BABBO, e alcuni errori nella perizia sui bossoli del 1968 del colonnello Innocenzo Zuntini fecero nascere l’ipotesi di un depistaggio verso la pista sarda da parte dei ricercatori:

  • D’altilia

https://www.mostrodifirenze.com/2001/01/01/1-gennaio-2001-mostro-dautore-di-tommaso-daltilia/

  • e De Gothia,

https://www.mostrodifirenze.com/2009/02/01/1-febbraio-2009-la-notte-del-cittadino-amico-di-de-gothia/

  • Aurelio Mattei,

https://www.mostrodifirenze.com/1993/01/01/1-gennaio-1993-coniglio-il-martedi-di-aurelio-mattei/

21 Dicembre 2024 Come nasce la pista sarda di Claudio Costa
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