l’articolo è disponibile nel formato originale al seguente link: https://drive.google.com/file/d/1COykxH3iMibwM_FCATq1XZbEe4aAda_Z/view?usp=sharing
tutti gli articoli della serie the master of San Casciano
sono disponibili al seguente link:
https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
quella che segue è una versione ottimizzata per la pubblicazione sulla piattaforma wordpress del sito-database: https://www.mostrodifirenze.com/
the master of San Casciano n.26 – 28 febbraio 2025
“l’incomprensione del presente nasce inevitabilmente dall’ignoranza del passato” Marc Bloch.
IL NODO FIORENTINO
Luca Pingitore, Franz Grumbach e dr. parker1
Premessa.
Questo articolo propone un’analisi del nodo fiorentino ovvero della figura di Giovanni Senzani, il cui profilo presenta elementi che meritano di essere esaminati con una prospettiva più ampia. Alcune coincidenze geografiche, insieme a episodi insoliti e ancora inspiegabili, collocano il suo nome, seppur in modo indiretto, all’interno di un contesto che sfiora i confini del caso dei mostri di Firenze. Non si tratta di una connessione diretta né di una sovrapposizione tra le due vicende, ma di una serie di circostanze che, se analizzate con attenzione, sollevano interrogativi e mostrano possibili “sfondi” ridondanti. Nel corso di questo articolo, ci concentreremo sulla figura di Senzani non per formulare ipotesi affrettate, ma per mettere in luce quegli aspetti che, per la loro natura, meritano di essere esplorati. Se vi siano effettivi legami tra alcuni aspetti che esamineremo e il caso del mostro di Firenze è una domanda che lasciamo aperta, ma che riteniamo valga la pena porsi.
Giovanni Senzani.
Giovanni Senzani nasce a Forlì il 21 novembre 1942, due anni prima della liberazione della città da parte degli Alleati. I suoi genitori, Aldo e Giovanna, di origini contadine, gli impartiscono un’educazione cattolica. Dopo aver frequentato l’Università di Bologna, si laurea in Giurisprudenza nel novembre del 1966 con una tesi2 in diritto del lavoro.
Un paio di mesi dopo la laurea, possibilmente per ottenere uno stipendio regolare, entra nella Scuola allievi ufficiali di complemento di Ascoli Piceno, grazie alla raccomandazione di un notabile locale della Democrazia cristiana: Baldassarre Carnaccini, ex-asso del volo ed eroe pluridecorato della Seconda guerra mondiale3. Durante il servizio militare, Senzani sarebbe stato addestrato alle comunicazioni criptate e di intelligence e nello stesso periodo, proprio ad Ascoli Piceno, conobbe Luciano Bellucci4, in seguito suo commilitone anche in una seconda fase del servizio militare nella caserma di Pesaro5 e considerato, anni dopo, un informatore del cd. Supersismi, la tecnostruttura di stampo piduista ancora avvolta nel mistero6. Bellucci, per circa 4 anni, tra i tra il 1968 ed il 1972, visse nell’appartamento romano di Senzani, in via della Vite n.66, durante il periodo in cui quest’ultimo si trasferì prima a Torre del Greco (NA) ed in seguito negli Stati Uniti per una borsa di studio. L’appartamento di via della Vite dato in uso a Senzani ed alla sua giovane sposa Anna Fenzi, era una “bellissima casa […] a tre minuti a piedi da piazza di Spagna e Trinità dei Monti [che loro] pagavano pochissimo a una famiglia di dentisti genovesi7”. Nell’inverno ’81-’82, l’appartamento risulterà essere uno dei covi romani delle BR8. Nello stesso periodo in cui la famiglia Senzani aveva in uso la casa di via della Vite, nella stessa strada aveva sede un ufficio di un nucleo speciale del (ex)Sid guidato dal Capitano Labruna (P2) il quale risiedeva proprio in un altro appartamento sempre nella stessa via della Vite.
Il vecchio commilitone di Senzani nel frattempo si era dato al mondo cinematografico, lavorando prima come ispettore di produzione e poi divenendo produttore in proprio, tramite la Herald Films. Tra le diverse pellicole prodotte da Bellucci in ambito horror e sexy, alcune delle quali gli causarono anche problemi di censura, il lavoro forse più celebre risulta “Baila Guapa” del 1979. Risulta particolare il fatto che alcuni personaggi associati all’estremismo politico e ad altre vicende collegate abbiano operato nel campo del cinema. Tuttavia, l’argomento sarà approfondito in pubblicazioni future.
Nel 1974 Bellucci diventa anche amministratore delegato della CIM, aziende di proprietà del Principe Lanza di Scalea, operante nel commercio di motori anche nautici. In base alcune voci Bellucci era introdotto nella Massoneria e, fattore non consequenziale, sarebbe stato collegato sia al Sismi che al Sisde. Secondo il faccendiere piduista Francesco Pazienza, Bellucci nel Sisde sarebbe stato introdotto dal criminologo Franco Ferracuti9, iscritto alla Loggia P2, ed avrebbe avuto come secondo garante proprio Giovanni Senzani. Sempre secondo Pazienza10 “i contatti di Senzani con il Sismi erano tenuti tramite l’agente Luciano Bellucci”.
La formazione impartita a Giovanni Senzani durante il servizio militare sarebbe stata di natura altamente specializzata e mirata a sviluppare competenze specifiche. In particolare, è plausibile ipotizzare che i soldati selezionati e formati per operazioni di intelligence durante il periodo di addestramento potessero entrare in contatto diretto con ambienti riconducibili ai servizi segreti militari. Questo tipo di addestramento non si sarebbe limitato a fornire semplici nozioni tattiche o operative, ma avrebbe comportato anche l’acquisizione di conoscenze riservate, nonché di tecniche avanzate di comunicazione. La possibilità di instaurare rapporti con strutture appartenenti all’intelligence militare suggerisce che tali soldati potessero essere coinvolti, in misura più o meno diretta, in attività coperte di natura strategica.
È significativo notare anche come l’organizzazione delle Brigate Rosse facesse uso di sistemi di comunicazione altamente sofisticati, tra cui ponti radio e tecnologie avanzate per l’epoca. Un esempio emblematico è rappresentato dal sequestro dell’onorevole Aldo Moro, durante il quale è stato segnalato il funzionamento di un ponte radio che collegava la zona di via Gradoli – un’area caratterizzata da una forte presenza di covi delle BR, nonché da attività dei servizi segreti e della criminalità organizzata – con la zona montuosa tra Lago del Salto e Lago della Duchessa11. Questo sistema di trasmissione avrebbe permesso comunicazioni sicure ed efficienti tra le diverse cellule operative delle BR, incluse quelle attive nel Nord Italia. L’impiego di tali tecniche di comunicazione, estremamente avanzate per il contesto clandestino in cui operavano le BR, solleva interrogativi sulla disponibilità di risorse e sulla natura delle competenze tecnologiche da parte dell’organizzazione brigatista. Per inciso, la zona montuosa del Reatino, nei pressi del Lago del Salto e del Cicolano, dove si suppone fosse operativo questo ponte radio utilizzato dalle Brigate Rosse per le comunicazioni, sarebbe stata caratterizzata da una frequenza estremamente elevata anche di campi paramilitari12 legati ad attività eversive dell’estrema destra. Non a caso, proprio in questi contesti furono rinvenute apparecchiature radio di derivazione NATO in possesso di gruppi riconducibili a tali ambienti.
Ritornando alla biografia di Senzani, il suo percorso professionale lo porta ad intraprendere la carriera di ricercatore in ambito storico-sociale e criminologico, diventando “di casa in ambienti ministeriali e scientifici anche a livello internazionale13”. Tra il 1972 ed il 1973 completò la sua formazione accademica negli Stati Uniti a Berkeley. Fu vincitore di una borsa di studio della durata di 6 mesi in materia di sociologia e devianze. Il progetto di studio era finanziato dal CNR con una compartecipazione da parte dell’Usis, United States Information Service. Emanazione dell’Usis a Roma era il Centro Studi Americano con sede in via Caetani, la piccola strada dove fu rinvenuto il cadavere dell’on. Aldo Moro. Senzani scrive anche un libro14 sulla sua esperienza di lavoro coi ragazzi detenuti nei vari istituti di correzione d’Italia, pubblicato con discreto successo dalla Jaca Book, casa editrice legata a Comunione e Liberazione.
Oltre ad aver insegnato all’Università di Siena, avrebbe collaborato con diverse istituzioni, tra cui l’INPS, l’Unione Italiana per la promozione dei Diritti del Minore, la Cassa del Mezzogiorno, la Scuola Ufficiali di Ascoli Piceno e il Ministero di Grazia e Giustizia15, affiancando a questa attività di consulenza anche rapporti con la sinistra più estrema.
Alla luce della sua levatura culturale, potrebbe essere stato considerato un uomo cerniera, in grado di muoversi tra lo Stato e le Brigate Rosse. Tuttavia anche per i suoi stessi compagni di lotta resta un personaggio misterioso, Alberto Franceschini uno dei fondatori delle BR dirà di non averlo mai conosciuto: “per me Senzani potrebbe essere chiunque: un pazzo, un estremista della peggior specie. Qualcuno ha parlato anche di servizi segreti. Non so davvero come definire Senzani”.
Il presunto ruolo nelle BR.
Le vicende di Senzani all’interno delle Brigate Rosse sono complesse e presentano discrepanze tra il piano giudiziario, basato su accertamenti ufficiali e quello storico, arricchito da recenti sviluppi storiografici. In questa sede, senza l’ambizione di fornire un’analisi esaustiva, ci limiteremo a sintetizzare le circostanze principali.
Fino al 1981 non vi sono tracce documentate di un coinvolgimento eversivo di Giovanni Senzani. Il suo nome compare per la prima volta nelle indagini relative al sequestro del giudice Giovanni D’Urso, ma sarà soprattutto – seppur a posteriori – associato al caso Moro. Tuttavia, per quanto riguarda la verità giudiziaria, Senzani non ha avuto alcun ruolo nel rapimento e nell’uccisione dell’onorevole Aldo Moro.
È tuttavia significativo che una sua fotografia (o una fotografia a lui somigliante) sarebbe stata inclusa nel cosiddetto volantone, il Bollettino delle Ricerche diffuso due giorni dopo il sequestro di Moro. In questo documento, che riportava le immagini di venti terroristi ricercati, figurava una foto “somigliante” a Senzani, ma attribuita a Corrado Alunni. Se l’immagine fosse realmente quella di Senzani, l’errore, la svista o il messaggio trasversale sarebbe da imputare al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Infatti, gli uomini del suo reparto antiterrorismo avrebbero rinvenuto quella foto durante un’operazione a Pavia, volta alla cattura – poi non riuscita – di Alunni.
Alcuni testimoni, tra cui l’ingegnere Alessandro Marini, l’infermiere Mario D’Achille e il netturbino Ernesto Proietti, affermarono di aver visto Alunni nei pressi di via Fani il giorno del rapimento di Moro, nel 1978. Tuttavia, è opportuno sottolineare che Marini subì minacce di morte già la sera stessa del sequestro e temendo per la propria sicurezza, decise in seguito di trasferirsi in Svizzera. Inoltre, resta da chiarire su quale fotografia gli altri testimoni abbiano effettivamente riconosciuto Alunni: si basarono sull’immagine diffusa nel volantone, che potrebbe essere stata somigliante a quella di Senzani? Le loro testimonianze risultano talvolta discordanti da quelle inizialmente rese, quasi come se si volesse dissipare ogni dubbio su un possibile scambio di identità.
Durante i cinquantacinque giorni del sequestro Moro, per Senzani però fu fornito un alibi che lo dava nuovamente negli States per un ulteriore stage. Fu proprio il Sismi, tramite il suo direttore del momento il generale Santovito (anche egli iscritto alla P2), a fornirgli l’affidavit che lo collocava oltre oceano. Alibi comunque mai verificato ufficialmente. Si tratta di un aspetto interessante che meriterebbe ulteriori approfondimenti. Per il caso Senzani, ad esempio, si ipotizzerebbe possibilmente l’esistenza di tracce di pagamenti che attesterebbero la sua presenza negli Stati Uniti. Analogamente, un’altra vicenda, apparentemente slegata, potrebbe presentare un pattern analogo: la presenza del medico F.N. negli USA a settembre 1981, in concomitanza con uno dei delitti del mostro di Firenze.
Giovanni Senzani potrebbe essere stato un irregolare brigatista fino all’autunno del 1978. Ovvero potrebbe aver militato nell’organizzazione in maniera non ufficiale e non strutturata. Solo successivamente potrebbe stato promosso a militante regolare delle Brigate Rosse. La scelta di mantenere inizialmente un profilo di irregolare potrebbe essere stata dettata dalla necessità di garantire una maggiore schermatura all’organizzazione sovversiva dalle indagini della magistratura. Questo aspetto troverebbe riscontro anche nella Risoluzione Strategica delle BR del novembre 1975, che stabiliva che il comitato di controllo dovesse essere composto “esclusivamente da forze irregolari”.
Vari indizi fanno ritenere che Senzani abbia iniziato a frequentare i brigatisti proprio nel 1975, a Genova16. A conferma di ciò, nelle sue memorie pubblicate nel 2014 con il titolo “Sangue”, egli stesso scrive: “c’è un episodio avvenuto quando non ero ancora un brigatista, ma facevo comunque parte di un dibattito. Non ero ancora dentro l’organizzazione ma ricorderò sempre l’uccisione della compagna Mara Cagol, la sua morte e l’immagine di un fiore rosso sbocciato, come scrissero allora i compagni per ricordarla, sono indimenticabili per me17”. Quindi Senzani faceva “parte di un dibattito” con l’area brigatista già il 5 giugno 1975, quando la moglie di Renato Curcio rimase uccisa ad Acqui Terme, in uno scontro a fuoco con i carabinieri del Nucleo Speciale Antiterrorismo del generale Dalla Chiesa.
Secondo la brigatista pentita Ave Maria Petricola, che lo avrebbe riconosciuto in alcune fotografie, Giovanni Senzani avrebbe cambiato frequentemente il proprio nome di battaglia ed era già parte dell’organizzazione prima del sequestro Moro. A tal proposito, la Petricola avrebbe dichiarato senza esitazioni: “sì, fa parte delle BR […] è conosciuto col nome di Blasco”. È rilevante evidenziare che il compagno Blasco è anche il protagonista del fumetto “16 marzo”, pubblicato da Metropoli, una testata fondata dai capi della colonna romana delle BR e da esponenti di Autonomia Operaia. Nel fumetto, Blasco è raffigurato come la figura centrale che comunica ai compagni la decisione di morte per il sequestrato. Il suo disegno sembrerebbe avere tratti somiglianti a Senzani. Un appunto del Ministero dell’Interno del 1979, declassificato nel 2014, evidenzia come il fumetto sia stato “elaborato da persone che sanno tutto sull’epilogo della vicenda”. Merita attenzione anche il fatto che la rivista Metropoli sarebbe stato stampata dalla tipografia Rotografica Fiorentina, nonostante si trattasse di un’opera editoriale della colonna romana.
Senzani sarebbe da molti considerato come punto di contatto tra le Brigate Rosse e la fantomatica scuola di lingue di Parigi, Hyperion, considerata centro di coordinamento di diverse agenzie di intelligence internazionali. Relazioni internazionali che, come risulterebbe da un appunto ritrovato ed a lui riconducibile, avrebbe gestito per conto del BR dopo l’arresto di Moretti.
Si muovono i magistrati Vigna e Chelazzi.
Nel settembre 1973 Giovanni Senzani avrebbe partecipato a un convegno di criminologia a Impruneta, nei pressi di Firenze. Sebbene fosse ospitato nel centro studi della Cgil e “l’Unità” lo presentasse quasi come un’iniziativa di partito18, il convegno, con il prof. Mario Simondi a fare da maestro di cerimonie, “riuniva quanto di più radicale esisteva al mondo tra criminologhi, giuristi, antropologi, e psichiatri19”. Secondo i servizi segreti della Germania occidentale, che lo segnalarono al servizio segreto SID, l’evento avrebbe avuto in realtà lo scopo di creare una rete di collegamento tra terroristi di sinistra e ambienti carcerari.
Tuttavia, è soprattutto nel 1978 che Senzani diventa oggetto di particolare interesse: in quell’anno sarebbe stato fermato e la procura di Firenze avrebbe eseguito perquisizioni nei suoi cassetti al Magistero e in una cassetta di sicurezza a lui intestata presso una banca, senza però ottenere alcun esito.
L’anno successivo, i magistrati Pier Luigi Vigna e Gabriele Chelazzi perquisirono la sede del “Progetto Prato”, un’iniziativa promossa dalla Regione Toscana per lo sviluppo della formazione tecnica. Tuttavia, la responsabile della sede avrebbe riferito ai pm che, dieci giorni prima, Senzani si era recato nel suo ufficio presso il Progetto per prelevare alcuni documenti. A seguito delle successive indagini condotte dal pm Pier Luigi Vigna, nel 1979, quest’ultimo avrebbe notificato a Senzani un avviso di reato per banda armata, indiziandolo “del reato di banda armata con particolare riferimento alla organizzazione Brigate Rosse-Comitato rivoluzionario toscano”. È presumibile che ciò si verificò a causa della vicinanza di Senzani al brigatista e “membro del comitato rivoluzionario toscano” Salvatore Bombaci, di cui tratteremo successivamente. Durante la perquisizione del 19 marzo 1979 a carico di Senzani fu rinvenuta un’agenda contenente due enigmatici codici (198409 e 198209), la cui natura non è mai stata definitivamente chiarita. Inoltre, molti dei numeri telefonici annotati sull’agenda risultarono inesistenti dopo gli accertamenti. I magistrati Vigna e Chelazzi ritennero insoddisfacenti le spiegazioni fornite da Senzani riguardo ai contenuti contestati della sua agenda, al punto da disporne la detenzione per alcuni giorni nel carcere delle Murate. Dopo quattro giorni, il 23 marzo, fu rilasciato ma a quanto pare, gli fu concesso un nuovo visto per gli Usa per un nuovo breve viaggio. Dal giugno del 1979 si diede poi alla clandestinità, fino al suo arresto avvenuto due anni dopo. Nella sua agenda furono trovati i numeri di telefono dell’Ambasciata Americana a Roma e del già citato Centro Studi Americano di via Caetani.
Prato, provincia di Firenze.
A partire dal 1977, per il periodo in cui insegnò all’interno del “Progetto Prato”, Senzani in base ai suoi orari di lavoro utilizzava la corriera delle Autolinee Lazzi o in alternativa quella della Cap per raggiungere Prato dalla sua residenza di Firenze. Nella cittadina che all’epoca non era ancora capoluogo di provincia, il criminologo, quando non teneva lezioni in piazza Ciardi, scendeva alla fermata di piazza San Francesco e si recava a piedi nel suo ufficio di via Ceppo Vecchio. Proprio in quella strada, a pochi metri dai locali attigui alla biblioteca dove aveva sede “Progetto Prato”, il 10 febbraio 1978 fu ucciso il notaio Gianfranco Spighi. Secondo le evidenze processuali, il notaio Spighi era diventato un bersaglio per alcuni ambienti estremisti di sinistra dell’area pratese – fiorentina. Questo poiché considerato “strozzino degli operai” in quanto garante di lecite operazioni creditizie inerenti compravendite di automobili. La verità giudiziaria indicò come autore dell’omicidio Elfino Mortati, assiduo frequentatore del bar Haiti, considerato il ritrovo per eccellenza della gioventù pratese nel periodo che va dagli anni Sessanta fino ad almeno alla fine degli anni Ottanta, prima cioè che cadesse in declino arrivando poi a chiudere definitivamente.
Il bar Haiti vantava una frequentazione interclassista non mancando quindi di essere luogo di ritrovo e di scambio di idee anche di appartenenti a movimenti extraparlamentari locali. Proprio tra gli estremisti di sinistra che frequentavano il bar cresce la figura di Elfino Mortati il quale si sarebbe sacrificato come capro espiatorio non rivelando i nomi dei suoi due complici nell’omicidio del professionista. E’ plausibile che a Senzani capitasse di fermarsi al bar Haiti nella vicina piazza San Francesco, a pochi metri dal suo ufficio, proprio di fronte la fermata della corriera che prendeva quasi quotidianamente.
Come forse occasionalmente da Senzani e più assiduamente da Mortati il bar Haiti era frequentato nei primi anni Ottanta anche dal playboy, ex modello ed in seguito facoltoso imprenditore di moda Paolo Poli. Il giovane pratese a metà degli anni Ottanta finì implicato in un presunto tentativo di violenza sessuale perpetrato ai danni di una ragazza conosciuta in un nightclub di Firenze. Il tentativo di stupro si consumò in un appartamento nella disponibilità di Poli ubicato nel centro storico. In base ad alcune ipotesi di studio, ancora oggetto di dibattito, inerenti gli appunti investigativi redatti dall’Ispettore della Squadra Mobile di Perugia Luigi Napoleoni, la garçonnière fiorentina veniva utilizzata anche dal medico perugino F.N. Il gastroenterologo avrebbe conservato nell’appartamento i cosiddetti “feticci”, le parti anatomiche femminili asportate da alcune delle vittime del cosiddetto Mostro di Firenze. Dettaglio da rilevare è quello che per F.N. non sarebbe stato inusuale presentarsi a diversi suoi interlocutori come originario di Prato. A volte in qualità di medico, a volte di fotografo. Non è esclusa quindi, data la probabile conoscenza tra F.N. e Paolo Poli e del suo mostrarsi a volte di origine pratesi, la possibilità che F.N. avesse anch’egli messo qualche volta piede nel celebre bar Haiti nei primi anni Ottanta o forse anche prima.
Tra i frequentatori, abituali o occasionali, degli ambienti dell’estremismo di sinistra pratese aventi legami personali con Mortati e, chissà, forse anche con Senzani, spicca Maria Cappello. Militante delle Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente, gruppo i cui membri locali erano soliti frequentare il noto bar, Cappello fu arrestata a Prato nel 1984 in via Ferrara n. 62. Un dettaglio curioso, sebbene privo di un collegamento diretto con la nostra vicenda, è che, proprio in quegli anni, al civico n.30 di via Ferrara risiedeva in regime di confino obbligato il mafioso Francesco Lombardo. Nonostante le restrizioni imposte, Lombardo continuava a gestire traffici illeciti tra Prato e Firenze, fino al momento suo arresto avvenuto successivamente a Lucca. Nell’appartamento in questione continuò a vivere il figlio finché, anche nei suoi confronti, fu spiccato un mandato d’arresto. Nel 1993 un bigliettino con su scritto l’indirizzo di via Ferrara n.30 fu trovato in tasca all’autista di Totò Riina il giorno dell’arresto di quest’ultimo.
Prato ed il suo hinterland, soprattutto in quegli anni, rappresentavano uno dei principali centri dell’industria tessile e del suo indotto. Era quindi naturale che molti dei personaggi coinvolti in queste vicende, spesso emigrati da altre regioni d’Italia o dall’estero, trovassero impiego in questo settore. Tra loro oltre alla stessa Maria Cappello che lavorava presso il lanificio Fabbricone troviamo anche numerosi protagonisti inerenti alla vicenda del mostro di Firenze. Questo tema, appena accennato, sarà però poi approfondito in futuri aggiornamenti della ricerca.
Il Comitato rivoluzionario toscano.
Il Comitato rivoluzionario toscano era una organizzazione brigatista con sede a Firenze e con diramazioni a Pisa, Livorno, e Massa Carrara. L’esecutivo nazionale delle Brigate Rosse avrebbe affidato a Mario Moretti il compito di gestire i rapporti con questa specifica cellula brigatista, la quale non aveva il ruolo di una semplice “colonna” dell’organizzazione. Del comitato avrebbero fatto parte “Gianpaolo Barbi, Paolo Baschieri, Stefano Bombaci e Dante Cianci20”. Il gruppo sarebbe stato arrestato il 19 dicembre de 1978 dalla Digos di Firenze. Salvatore Bombaci fu trovato in possesso di carte riferite a Senzani, che come detto che venne fermato ma poi rilasciato. Da segnalare che il 28 marzo 1977 era stato arrestato per banda armata Umberto Catabiani mentre faceva la leva presso la capitaneria del porto di Livorno. Da studente di Economia presso l’Universita di Siena nel 1976 Catabiani sarebbe stato “a fianco di Senzani21”. Catabiani fu condannato in appello con 4 anni e 10 mesi. Successivamente alla condanna si diede alla latitanza dal 1980. Catabiani mori nel 1982 in uno scontro a fuoco con la polizia. Lo stesso sarebbe stato tra i fondatori della Brigata d’Assalto Dante Di Nanni, che aveva rivendicato l’omicidio del notaio pratese Spighi, già menzionato in precedenza e per il quale il solo Mortati fu condannato. Da segnalare come lo stesso Mortati avrebbe anche iniziato a collaborare con il giudice istruttore Rosario Priore, fornendogli indicazioni su un possibile collegamento tra il delitto Moro, le BR e il ghetto ebraico di Roma. Tuttavia, la pubblicazione di alcune informazioni sulla collaborazione di Mortati da parte del quotidiano La Nazione, in un articolo firmato da Guido Paglia, incluse indiscrezioni sulle dichiarazioni rese dallo stesso Mortati durante l’interrogatorio, suscitò in lui il timore per la propria incolumità, alimentando il sospetto di un interesse da parte dei servizi segreti e inducendolo a interrompere la collaborazione con il gi Priore.
Le Commissioni Parlamentari d’Inchiesta.
Oltre al processo “Moro Ter”, i principali approfondimenti sulla figura di Giovanni Senzani sono stati condotti nell’ambito delle Commissioni di Inchiesta Parlamentari sul terrorismo in Italia, con un ruolo particolarmente rilevante svolto dalle commissioni della XII e XXIII legislatura.
In questo contesto, il senatore Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi (1996-2001), insieme al suo vice, il generale Vincenzo Ruggero Manca, furono tra coloro che, negli anni Novanta, riportarono l’attenzione su Senzani e sulla gestione fiorentina del caso Moro. A tal proposito dichiarò: “la mia impressione è che Senzani sia un nervo dolente che non va stuzzicato. Secondo me, attorno a lui e al cognato Enrico Fenzi, c’è stato qualche prezzo di impunità che si è pagato”. Secondo Pellegrino, dunque, il silenzio su Senzani e sul suo presunto ruolo nel caso Moro non sarebbe casuale, ma imposto per proteggere qualcuno o qualcosa. Secondo quanto riferito dal magistrato fiorentino Tindari Baglione in Commissione Stragi nel 2000, in relazione alle BR dirà “noi e loro avevamo gli stessi consulenti, cioè il Senzani22”. L’ex magistrato genovese Luigi Carli avrebbe riportato anche flussi relativi al traffico di armi che secondo lo stesso sarebbero stati gestiti dal prof. Senzani che “aveva una certa propensione ad appoggiarsi sulla malavita”.
Secondo il Generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo, assistente del Generale Dalla Chiesa, Senzani sarebbe stato in rapporto di confidenza, almeno fino al suo arresto, con il Generale Francesco Delfino quando questi operava in seno al Sismi (1977 – 1987).
Il ruolo di Firenze.
Firenze, insieme a Genova – di cui si parlerà successivamente – sarebbe stata una città chiave nel rapimento di Aldo Moro. Ciononostante, restano ancora molti punti oscuri riguardanti il capoluogo toscano, soprattutto in relazione a chi abbia realmente gestito la prigionia di Moro e a chi ne abbia decretato la condanna a morte.
Nella città fiorentina risiedeva il professor Giovanni Senzani e anche altri brigatisti vi hanno fatto riferimento. Tra loro, il pentito Patrizio Peci dichiarò che Firenze era la sede del comitato esecutivo BR durante il sequestro Moro. Tuttavia, indicò anche una località precisa, “Chiusi”, che si trova in provincia di Siena, generando dubbi sulla reale collocazione del centro decisionale. Nella sede di Chiusi secondo Peci si sarebbe riunito in “sede permanente” il comitato brigatista durante i 55 giorni del sequestro Moro. Questo covo potrebbe anche essere ricondotto alle dichiarazioni del pentito Antonio Savasta che descrive una struttura moderna dotata di “una cripta o tomba di famiglia dove erano custodite le armi”.
Anche Edoardo Di Giovanni, storico avvocato delle Brigate Rosse, parlò di una villa signorile alla periferia di Firenze, indicandola come il centro esecutivo dell’organizzazione. Tuttavia, secondo le sue dichiarazioni, dopo circa quindici giorni la base operativa sarebbe stata trasferita a Rapallo, in Liguria, a seguito di un evento non meglio precisato, ma che avrebbe comportato la necessità da parte di questo nucleo decisionale nascosto di lasciare Firenze. Sempre secondo Di Giovanni, Mario Moretti avrebbe rappresentato l’anello di congiunzione tra la componente esecutiva e quella operativa delle BR. Moretti avrebbe, secondo lo sviluppo di questa lettura, fatto da tramite tra il nucleo decisionale e quello operativo dei brigatisti ad oggi noti. Anche l’ex deputato Umberto Giovine avrebbe riferito in Commissione Stragi nel 1998 in merito a questo contesto fiorentino, arrivando a indicare nell’aristocrazia terriera l’ambiente in cui andrebbe ricercata la villa sede del comitato.
Firenze, quindi, potrebbe rappresentare il nervo scoperto del sequestro e dell’omicidio Moro, in grado di rivelare gli altri assetti che si mossero con e sopra le BR. Alla Commissione Moro, Valerio Morucci pose la seguente questione: “Chi era l’anfitrione, chi era l’irregolare che batteva a macchina e realizzava i comunicati delle BR nel covo di Firenze?”. Sempre secondo Morucci, i comunicati e le domande da porre a Moro arrivavano dal capoluogo toscano. Questo comitato esecutivo toscano delle BR, che avrebbe diretto le operazioni durante il sequestro, sarebbe stato composto da 27 membri che, secondo il senatore Giovanni Pellegrino, “sono tutti irregolari e tutti di un livello intellettuale superiore alla media dei militanti”. Nel 2000 sempre Pellegrino all’ANSA dichiarerà: “era Senzani a guidare da Firenze, anche dal punto di vista politico, il processo cui Moro fu sottoposto”.
Anche il magistrato Antonio Marini, che indagò sul caso Moro, confermò in un’intervista al quotidiano Il Tirreno: “da sempre sappiamo che buona parte del sequestro è stata gestita da Firenze, ma non siamo riusciti a trovare elementi”. Dello stesso avviso l’ex questore Arrigo Molinari, il quale dichiarò in Commissione Stragi che Senzani “lavorò col Comitato Toscano delle BR dall’inverno ’77-‘78 alla preparazione logistica del sequestro Moro”. Ulteriori riferimenti a Firenze furono tracciati anche dal magistrato fiorentino Gabriele Chelazzi in Commissione Stragi nel 2000.
A Firenze, quindi, sulla base dei lacerti di informazioni che è possibile ricavare da questa prospettiva, avrebbe avuto sede il livello decisionale più alto delle Brigate Rosse, lo stato maggiore, un organo che concentrava la funzione pensante e strategica, trasmettendo poi le direttive al movimento attraverso un sistema di compartimentazione. Questo nucleo, composto prevalentemente da irregolari, insospettabili e figure di alto livello culturale, avrebbe avuto anche il compito di selezionare quali scritti di Moro rendere pubblici e quali occultare. Tra questi ultimi vi erano i documenti ritrovati solo parzialmente in via Monte Nevoso a Milano, rinvenuti in due momenti distinti e che, secondo Mario Moretti, sarebbero stati trasferiti da Firenze a Milano. È forse una pura coincidenza che questo presunto trasferimento avvenga proprio in quel preciso momento, un blitz da tempo rimandato nell’appartamento di via Montenevoso, fu effettuato il 1° ottobre 1978 dal Generale Dalla Chiesa. Blitz che nel successivo dicembre portò poi all’arresto di quattro membri del Comitato Toscano.
In quei documenti, Moro avrebbe ammesso l’esistenza di Gladio e degli apparati stay-behind di matrice atlantica. Tuttavia, il direttivo segreto e compartimentato delle BR, invece di divulgare tali informazioni – che avrebbero garantito il consenso nella base del movimento – scelse di nasconderle. Questa circostanza rende facilmente intuibile a quale reale potere rispondessero gli irregolari del nucleo decisionale BR.
Il pentito Antonio Savasta avrebbe riferito de audito di aver sentito parlare da Moretti e da Riccardo Dura di questo organo decisionale parallelo e diverso da quello regolare, capeggiato dallo stesso Mario Moretti. Nondimeno, vicino a Firenze avrebbe abitato anche un medico ungherese con passaporto tedesco che avrebbe dato assistenza medica a Moro durante il sequestro.
Anche Franceschini avrebbe orecchiato alcune informazioni su Firenze, dirà infatti: “da discorsi che si facevano tra noi eccetera, ebbi la sensazione precisa che certamente a Firenze c’era un luogo importante”. Poi aggiunse che nessuno dei brigatisti da lui conosciuti ha mai menzionato Firenze e che, in particolare, Moretti sosteneva che la città “non c’entrava niente”, un atteggiamento di Moretti che lo avrebbe insospettito.
Sembra emergere un quadro coerente dalle dichiarazioni di diversi protagonisti. Vale la pena ricordare, per inciso, che Mario Moretti, già membro del Fronte logistico nazionale delle BR e soprattutto poi riconosciuto come il capo pubblico delle BR, rimasto orfano di padre, fu sostenuto economicamente dalla marchesa Casati-Stampa, aristocratica milanese. Moretti frequentò il movimento cattolico di destra Gioventù Studentesca e ottenne un impiego alla Siemens, anche grazie a una lettera di raccomandazione della marchesa Casati-Stampa. Degli Stampa si occupò anche Mario Spezi negli anni Novanta, arrivando a ipotizzare che Orsola Stampa fosse sua sorella acquisita23. Varie circostanze e dichiarazioni (Semeria, Curcio, Franceschini) potrebbero farci ipotizzare che Moretti fosse un agente. Tuttavia non esiste nessun riscontro per permettere di fare questa dichiarazione, ma anche alla luce del presunto contatto tra Moretti e la misteriosa scuola di lingue parigina Hyperion-Superclan24 BR, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa avrebbe detto in sede di Commissione Parlamentare: “le Brigate Rosse sono una cosa, le Brigate Rosse più Moretti un’altra”.
Resta dunque aperta una domanda fondamentale: perché proprio a Firenze si sarebbe insediato questo particolare comitato di controllo e istruzione operativa delle BR? La risposta potrebbe risiedere nel ruolo storico della città e nel milieu che si sarebbe creato dal dopoguerra nel contesto fiorentino, una commistione tra nobili, stranieri, intellettuali ed esponenti dell’intelligence.
Il nodo fiorentino.
Per approfondire maggiormente il nodo fiorentino, ovvero il particolare ruolo che Firenze avrebbe ricoperto nella direzione delle BR, è significativa la testimonianza di Antonio Perri. Questi aveva stretto amicizia con i Senzani nei primi anni Settanta, quando la famiglia viveva a Torre del Greco. Durante un interrogatorio alla Digos di Roma, il 13 gennaio 1981, Perri riferì un dettaglio che potrebbe chiarire alcuni aspetti: “So con certezza che i Senzani hanno un’abitazione di campagna, presa in fitto mi pare a Bivigliano”. Marcello Altamura, nella sua biografia su Senzani25, ricollegherebbe questa località a una villa cinquecentesca dotata di un magnifico giardino e “persino una grotta naturale”. Un altro elemento rilevante, che si evince dal lavoro della Commissione Stragi, riguarda una persona impiegata presso l’azienda vinicola Antinori a San Casciano Val di Pesa, che alla fine degli anni Settanta frequentava l’abitazione di Senzani in via di Borgo Ognissanti n.10426.
Borgo Ognissanti.
Giovanni Senzani avrebbe vissuto in un appartamento situato nel quartiere fiorentino di Borgo Ognissanti, precisamente al civico numero 104, all’interno di una palazzina a quattro piani.
Sebbene abbia ufficialmente preso la residenza a Firenze solo nel 1979, in realtà si sarebbe trasferito in città già nel 1973 per motivi lavorativi. In quell’anno, infatti, fu assunto dall’ENAIP della Toscana e nominato responsabile della Scuola per Operatori Sociali di Firenze, incarico che mantenne fino al 1975. Pur cessando il ruolo, continuò comunque a svolgere attività professionali come docente.
Dal gennaio 1975 al gennaio 1979, Senzani sarebbe stato impiegato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Siena, nel dipartimento di Sociologia, senza però mai trasferire la propria residenza nella città senese.
Nel panorama accademico fiorentino, il sociologo Antonio Carbonaro, direttore dell’Istituto di Sociologia, sarebbe stato “in strettissimi rapporti col brigatista”. Di Carbonaro si è già parlato nell’articolo “Il Centro Culturale G. Sarchiani27”, in cui è descritto il prof. Carbonaro come legato al prof. Franco Lumachi, con cui avrebbe collaborato a una ricerca sociologica sui giovani della provincia fiorentina 28.
La scelta di collocare un covo delle BR in via di Borgo Ognissanti a poche centinaia di metri dal Comando Provinciale dei Carabinieri e al Consolato Generale degli Stati Uniti, sarebbe l’esatta negazione delle normali cautele adottate dai brigatisti nella scelta dei loro covi. Tali cautele sarebbero state previste anche da documenti interni delle BR. Sia per l’appartamento di Borgo Ognissanti n. 104 sia per il covo romano di via Gradoli n.75, tali omissioni sono sospette e indicative di altri schemi che furono attuati.
Immagine n.1 – Firenze, 1km quadrato caratterizzato da una particolare coincidenza di strutture.
I covi fiorentini delle BR.
Sempre a Firenze, si ritiene che le Brigate Rosse abbiano avuto in città, più di un covo. Secondo il senatore Giovanni Pellegrino, durante il sequestro Moro vi sarebbe stato un appartamento nel quartiere di Rifredi, in via Barbieri. Altri brigatisti, tra cui Stefano Ciucci, Mario Moretti e Barbara Balzerani, avrebbero avuto a disposizione o alloggiato in un appartamento situato in via Unione Sovietica, indicativamente dal 1978. Parallelamente, nel 1982 il brigatista Giovanni Ciucci riferirà dell’esistenza di un altro appartamento in via Pisana, abbandonato dopo il dicembre 1978. Quest’ultimo, stando alla testimonianza di Bombaci riportata in una memoria dall’avvocato Biscotti, sarebbe stato ufficialmente affittato da Giovanni Senzani nel settembre 1978, probabilmente a seguito della nuova normativa sulla registrazione dei contratti. Questo covo sarebbe stato il più rilevante durante il sequestro Moro e la sua posizione sarebbe parzialmente confermata dalla descrizione che ne darà il brigatista Prospero Gallinari nel suo libro29, indicandolo come limitrofo al carcere di Sollicciano e messo a disposizione dei brigatisti sempre da Senzani. Per la Commissione Stragi, l’appartamento di via Pisana potrebbe essere stato il luogo in cui “Senzani batteva a macchina i comunicati diramati dalle BR durante i giorni del sequestro Moro”. Anche Valerio Morucci avrebbe confermato questa ipotesi dichiarando che “i comunicati dati ai giornali, in qualunque città venissero diffusi dalle Brigate Rosse, provenivano tutti dalla stessa macchina e dallo stesso ciclostile che erano a Firenze… […] La macchina usata dal Comitato esecutivo si trovava verosimilmente a Firenze, nello stesso luogo in cui il Comitato si riuniva durante il sequestro”.
Secondo un’ipotesi specifica, la rete fiorentina delle Brigate Rosse sarebbe riuscita a sopravvivere all’ondata di arresti e alla bonifica dei covi degli anni Ottanta. Questa deduzione si basa sulla presenza, ancora nei primi anni 2000, di una cellula operativa, successivamente definita dai media “Nuove Brigate Rosse” per distinguerne le azioni da quelle del gruppo originario, in particolare gli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi. La figura di spicco di questa nuova cellula brigatista fiorentina fu Nadia Desdemona Lioce, nata a Foggia ma formatasi a Pisa durante gli anni universitari. Il suo arresto avvenne il 2 marzo 2003, a seguito di uno scontro a fuoco a bordo di un treno regionale Roma-Firenze, nel quale perse la vita l’agente di polizia ferroviaria Emanuele Petri. L’agente Emanuele Petri avrebbe svolto un ruolo – sebbene non sia chiaro in quale veste e per conto di quale servizio di intelligence – in indagini sul medico perugino F.N. figura come già visto coinvolta nel caso del mostro di Firenze. Nel 1985, Petri avrebbe tentato di fermarlo ad un posto di blocco, forse perché a conoscenza di qualcosa di rilevante che F.N. avrebbe trasportato in quel momento. Successivamente Petri ebbe colloqui con la sig.ra Mariella Ciulli, moglie del farmacista di San Casciano Val di Pesa, F.C., anche lui sospettato in merito alla vicenda degli omicidi avvenuti nell’hinterland fiorentino.
Durante lo scontro a fuoco in cui perse la vita l’agente Emanuele Petri, fu ucciso anche il brigatista Mario Galesi. Il poliziotto Bruno Fortunato, ferito nello stesso conflitto a fuoco, sopravvisse ma nel 2010 si tolse la vita ad Anzio.
Nel 2003 anche l’arresto dell’impiegato di Bruno Di Giovannangelo contribuì alla scoperta di una cellula brigatista fiorentina o toscana sopravvissuta, impegnata in rapine per finanziare l’organizzazione. Le forze dell’ordine avviarono quindi ricerche per individuare un covo brigatista nella zona ovest di Firenze, concentrandosi su Scandicci, Vingone, Casellina e Ponte a Greve. La successiva condanna del dipendente del Comune di Firenze, Simone Boccaccini, per il suo ruolo logistico nell’omicidio di Marco Biagi, confermò che la rete brigatista fiorentina era ancora attiva e operativa nei primi anni Duemila.
Salvatore Bombaci.
A questo punto, è opportuno approfondire la figura di Salvatore Stefano Bombaci, nato a Lentini (SR).
Il pm Gabriele Chelazzi dichiarerà in Commissione Stragi nel 2000 che “Bombaci ha abitato fino alla fine del 1977 in via Borgo Ognissanti n.104, nello stesso stabile in cui abitava Senzani”. Secondo il pm Tindari Baglione, a seguito dell’arresto di Salvatore Bombaci il capo dell’allora UCIGOS30 dott. M.F., avrebbe telefonato a Senzani per avvertirlo dell’arresto del Bombaci. Nell’appartamento fiorentino sarebbero stati ospiti anche altri due brigatisti come Rocco Micaletto e Franco Bonisoli.
Bombaci oltre ad essere studente del Magistero, sarebbe stato anche impiegato come lavoratore stagionale nel 1978, presso le cantine dei marchesi Antinori a San Casciano Val di Pesa. Nel dicembre dello stesso anno, Bombaci viene arrestato per possesso di armi insieme ad altri compagni tra cui Paolo Baschieri, figlio di un luminare della medicina ed in seguito ricercatore al CNR, ma anche considerato tra gli appartenenti al misterioso direttorio fiorentino delle BR, clamorosamente mai coinvolto nelle indagini sul sequestro e l’omicidio Moro31. Anzi Baschieri godrà sempre di facilitazioni carcerarie, “inspiegabili” per la Commissioni stragi, e sarà graziato nel 1994 dal Presidente della Repubblica Scalfaro.
Leggendo il rapporto declassificato nel 2018 in merito al Comitato rivoluzionario toscano, si dice che Bombaci avrebbe avuto anche un’abitazione in San Casciano Val di Pesa, che sarebbe stata oggetto di perquisizione. Al momento dell’arresto infatti “risultava residente anagraficamente in una località nella provincia di Firenze, in una strada che congiunge San Casciano a Mercatale Val di Pesa”. Si tratterebbe di via Crespello. In precedenza Bombaci avrebbe abitato senza prendere residenza anche in via Fibonacci a Firenze. Senzani dirà anche in merito a Stefano Bombaci che lo stesso “andò a fare il militare fin verso la metà del 1977, tornato andò per un certo periodo ad abitare con tale Renato Proietti architetto in una casa di campagna di colore arancione posta sulla strada che porta a Borgo San Lorenzo passando Polcanto, 5 o 6 chilometri prima di Borgo San Lorenzo”.
Considerando il lavoro, seppur stagionale, di Bombaci in agricoltura e la sua residenza a Mercatale Val di Pesa, viene naturale chiedersi se possa aver conosciuto Pietro Pacciani. Inoltre, ci si potrebbe domandare se tra i due, oltre a una semplice conoscenza, si siano potute magari creare le condizioni per una possibile collaborazione in qualche ambito specifico. È interessante ipotizzare che Bombaci, artista e grafico, possa aver condiviso queste passioni con altri soggetti legati all’area di Mercatale e San Casciano Val di Pesa. Inoltre si ricorda di come, in località Crespello, nei pressi di un tabernacolo, venne rinvenuto in un “barattolo schiantato” un pezzo di arma da fuoco, precisamente l’asta guidamolla, che fu attribuito a un tentativo di Pacciani di disfarsi della pistola o comunque di occultarla. Tale rinvenimento sarebbe avvenuto da parte di un anonimo che avrebbe deciso di informare e trasmettere il pezzo al allora comandante della stazione dei carabinieri di San Casciano, Arturo Minoliti.
Il centro controspionaggio di Firenze.
Il colonnello F.M.B. è stato il responsabile del centro di controspionaggio di Firenze dal 29 gennaio 1971 al 28 febbraio 1991, un incarico insolitamente lungo per il ruolo, prima di passare alla direzionale nazionale del SISMI a Roma. Formatosi presso la base principale di Gladio a Campo Marrargiu (Sardegna), sarebbe stato specializzato nell’uso degli esplosivi e diventerà una figura chiave in numerosi eventi oscuri della storia italiana, dal caso Ustica all’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Secondo il generale Pasquale Notarnicola, F.M.B. “è coinvolto in tutte le storie più strane successe in Italia, ma nessuno ha mai pensato di rimuoverlo”. Inoltre, il colonnello avrebbe avuto rapporti con Augusto Cauchi, esponente toscano del gruppo terroristico Ordine Nero, finanziato da Licio Gelli. Nel 1989, sempre il gen. Notarnicola, allora capo del controspionaggio, riferì alla Commissione Stragi che su Senzani “era stata chiesta un’informativa al controspionaggio di Firenze, che però lesinò le informazioni”.
Ma è soprattutto intorno alla figura di F.M.B. che ruota anche il misterioso caso dell’appartamento di via Sant’Agostino n. 3. Nel 1993, durante i lavori di ristrutturazione al primo piano, vennero rinvenute armi e munizioni, alcune delle quali avvolte in giornali del 1978, periodo del sequestro Moro. L’immobile apparteneva al defunto marchese Bernardo Pianetti Lotteringhi della Stufa. Suo figlio Alessandro avrebbe dichiarato che l’appartamento era stato messo a disposizione “di un amico importante” per incontri e colloqui, anche telefonici, con una “fonte” in grado di riferire informazioni sul sequestro Moro.
Durante il processo per la Strage di Ustica, F.M.B. avrebbe affermato che il locale era stato utilizzato per attività estranee al servizio e non relate alla raccolta informazioni sul terrorismo. Tuttavia, nella sentenza di condanna di F.M.B. del 22 aprile 1997 si legge che “l’imputato ha spiegato che nel 1977 il Centro SISMI di Firenze ebbe la possibilità di realizzare dei contatti con una persona che si riteneva vicina alle Brigate Rosse. In funzione di questa attività, che richiedeva una particolare riservatezza, si rese necessario acquisire la disponibilità di un luogo specifico in cui contattare il soggetto con adeguate misure di sicurezza”.
Risulta particolare il fatto che questa fonte, attiva anche durante il sequestro Moro, terminerà l’attività informativa dopo gli arresti di Senzani e del già citato Giovanni Ciucci, poi divenuto pentito, avvenuti nel 1982.
Secondo il colonnello Giorgio Morandi, vicecapo del centro CS di Firenze dal 1972 al 1984 e successivamente capo dal 1993, il SISMI avrebbe avuto una sede “occulta” nell’appartamento di via Sant’Agostino dal 1977 all’ottobre 1990, situata però al terzo piano. All’interno dell’appartamento sarebbe stata installata una particolare segreteria telefonica accessibile dall’esterno tramite un codice, attraverso la quale una “fonte” lasciava messaggi. Tuttavia, poiché l’apparecchiatura sarebbe risultata molto rumorosa, dei tecnici giunti da Roma avrebbero successivamente spostato tutto al primo piano, all’interno di un armadio. La segreteria sarebbe rimasta operativa almeno fino al 1982.
Secondo il magistrato Libero Mancuso, i pubblici ministeri fiorentini non sarebbero stati presenti alla perquisizione dell’appartamento nel 1993, perché “fu la compagnia dei carabinieri di Borgo Ognissanti a provvedere al sequestro tre giorni dopo il rinvenimento”. Tali prassi, ovvero il ritardo nel sequestro dell’appartamento e nel coinvolgimento dell’autorità giudiziaria, potrebbero indicare la volontà di alcuni apparati di intelligence di bonificare i locali da materiale che la magistratura non avrebbe dovuto rinvenire.
Intervenendo alla Commissione Moro il 13 ottobre 2015, sempre Mancuso dichiarò: “Senzani è il nodo delicato della questione di Firenze, noi andiamo a fare una perquisizione del SID di Firenze, che si era reso responsabile della copertura di Gelli, e troviamo un locale che era occulto, non facendo parte ufficialmente del servizio, dove c’erano registratori e alcune armi da guerra micidiali, pronte all’uso. Veniamo così a sapere che quella base serviva per avere rapporti molto delicati con uomini della criminalità organizzata e delle Brigate Rosse, un ambiente torbidissimo che circonda questi avvenimenti. Siccome noi operiamo insieme al procuratore della Repubblica di Firenze, Vigna, siamo convinti che di lì a poco Mannucci Benincasa, un personaggio che ne ha fatte di tutti i colori, verrà arrestato. Invece il tempo passa e, nonostante i figli insultino i nostri collaboratori, resta impunito. Lui ci dice che questa base serviva per avere rapporti delicati con la criminalità e le BR. La base era vicina a via Ognissanti, dove abitava anche Senzani…”.
Anche il giornalista de La Nazione, Stefano Brogioni, così come alcuni ricercatori e appassionati del caso dei mostri di Firenze prima di lui, ha collegato nel suo libro32, l’appartamento – o meglio, il Nasco – di via Sant’Agostino n.3 alle indagini del caso del mostro di Firenze. Uno degli elementi che hanno attirato l’attenzione su questo luogo è la presenza di proiettili calibro .22 Winchester serie H, lo stesso tipo utilizzato nei delitti del mostro.
Tuttavia, l’ipotesi di un collegamento tra il Nasco e Giovanni Senzani rimane largamente ignorata. Anche Brogioni, nel suo libro, vi accenna soltanto con una breve frase: “probabilmente l’informatore era Giovanni Senzani, un professore che abitava proprio sulla sponda opposta del fiume, anche lui vicino al comando provinciale dell’Arma di Borgo Ognissanti.”
Dettaglio particolare che in occasione di questa pubblicazione viene reso noto è quello che proprio a poca distanza dal monolocale di via Sant’Agostino fu in precedenza rinvenuto un altro deposito di armi in uso ad una banda di personaggi che gravitavano tra estremismo nero, forze dell’ordine e gruppi attivi nel calderone delle vicende accadute in quegli anni. Ma questa è un’altra storia. Forse.
Una comunità fiesolana.
In precedenza si è parlato dell’ambiente che avrebbe preso forma nel contesto fiorentino del dopoguerra. In questo senso potrebbe essere associata l’allusione che il brigatista dissociato o pentito Valerio Morucci33, farebbe in uno dei suoi libri, circa il delitto Moro, accostandolo all’omicidio del fascista Giovanni Gentile, avvenuto a Firenze il 15 aprile 1944. È probabile che in questo riferimento si celasse un messaggio in codice. Anche nel libro34 di Luciano Mecacci, si sosterebbe che l’assassinio di Gentile, solitamente attribuito a un’azione dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), avesse in realtà una matrice intellettuale. Mecacci menziona Villa I Tatti, situata a Settignano, tra Fiesole e Firenze, come un luogo chiave: un ambiente dove nobili e intellettuali, impegnati nella resistenza, intrattenevano al contempo contatti con nazisti e fascisti.
In una dépendance di quella villa avrebbe vissuto, durante la guerra e nei primi anni ‘50, il compositore Igor Markevitch (coniugato dal 1947 con la duchessa Topazia Cateani35, figlia di Cora Antinori e del duca Michelangelo Cateani), ritenuto “il più alto conoscitore degli insegnamenti della spiritualità di Gurdjieff36” a Firenze, convivendo con uno dei maggiori responsabili del Psychological Warfare Branch37 alleato in Italia, Michael Noble, che gli aveva poi aperto le porte della carriera da direttore d’orchestra. Oltre a ciò, Markevitch sarebbe stato anche un ex partigiano; figure quelle degli ex partigiani, come dichiarato da Alberto Franceschini, i brigatisti le avrebbero considerate dei punti di riferimento. Secondo un’ipotesi, sarebbe stato proprio Giovanni Senzani, durante i 55 giorni del sequestro Moro, a introdurre Markevitch a Mario Moretti presentandolo come “l’Anfitrione fiorentino” od “il Conte rosso”.
Per il giornalista e saggista Valerio Riva, Markevitch non era una spia prezzolata, ma “potrebbe essersi prestato a fare da canale per i finanziamenti sovietici alle BR”38. Secondo il colonnello Niccolò Bozzo, stretto collaboratore del generale Dalla Chiesa, il generale, prima di essere ucciso, stava portando avanti una strategia ben definita. Bozzo affermava in Commissione Stragi che Dalla Chiesa “era convinto che a tirare le fila fosse una rete messa in piedi durante la Resistenza, dagli USA, da uomini infiltrati nelle organizzazioni di sinistra come ex partigiani rossi, ma in realtà di opposta ideologia”. Un altro punto di contatto tra la filosofia di Gurdjeff39 e gli ambienti brigatisti si ritroverebbe nelle dichiarazioni di una studentessa pisana, tale A. A., che sarebbe stata seguace degli insegnamenti di Gurdjeff e di certe tecniche yoga.
In sintesi, già dall’Ottocento, in una villa fiesolana – forse una villa medicea – si sarebbe formata un’“enclave angloamericana”, una sorta di “Commonwealth extraterritoriale, micro-stato dentro lo stato, abitato da una piccola comunità di expatriates, intellettuali italianizzati, governanti svizzere, giardinieri italiani e pedagoghi di varie nazionalità”40.
L’intera vicenda potrebbe essersi sviluppata ulteriormente dal contesto in cui maturarono le trattative per conferire a Firenze lo status di città aperta, evitando così i bombardamenti Alleati e le devastazioni causate dall’armata tedesca in ritirata. Tra le ipotesi più volte avanzate, vi è il possibile ruolo di Igor Markevitch come intermediario o staffetta tra le parti. In questa veste, Igor potrebbe aver avuto legami con ambienti antifascisti della Resistenza, inclusa una connessione con Alessandro Sinigaglia, comandante dei GAP, addestrato in URSS alla guerriglia urbana e ucciso in un agguato dalla cosiddetta “Banda dei Quattro Santi41“, che, dopo la sua morte, gli avrebbe persino strappato i denti d’oro. È inoltre possibile che, attraverso Sinigaglia, Markevitch sia entrato in contatto con l’ORI (l’organizzazione segreta della Resistenza) e con Peter Tompkins, vice capo della struttura responsabile della guerra psicologica e membro dell’OSS42.
Al termine di questa fase, negli anni del dopoguerra, Markevitch continua come detto a intrattenere stretti rapporti con Noble, membro del Psychological Warfare Branch. Parallelamente, Markevitch è legatissimo sin dagli anni ’30 all’artista Jean Cocteau. Quest’ultimo si sarebbe interessato alla riforma di un antico e segreto ordine cavalleresco, destinato a inserirsi in una più ampia strategia occulta su scala internazionale. In questo scenario, l’inquilino della dependance di Villa I Tatti emerge come una figura chiave, “una punta di diamante43” all’interno di questa rete sotterranea. L’ordine iniziatico che Cocteau avrebbe cercato di riformare, rimuovendo alcuni elementi di stampo puramente medievalistico, si sarebbe fuso con la Teosofia di Helena Blavatsky e con diverse correnti occultiste e spiritiste. Questo ordine cavalleresco avrebbe operato sotto molteplici denominazioni, tra cui l’Ordine di San Giovanni44 e l’Ordine della Rosa-Croce.
È interessante segnalare che Igor Markevitch successivamente ha diretto l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, dal 1973 al 1975. Durante il suo soggiorno a Roma, sia lui che suo figlio Oleg ebbero rapporti con il compositore e direttore d’orchestra Franco Ferrara, con il quale Oleg avrebbe anche studiato. In merito ai delitti del mostro di Firenze, il maestro Ferrara sarà menzionato al pm di Perugia, dott. Mignini, nel 2005 e nel 2006, rispettivamente da Elisabetta Marinacci e Simonetta Farci. La prima sarebbe stata avvicinata dalla giornalista Gabriella Pasquali Carlizzi, la quale le chiese informazioni in merito a Ferrara e a cui lei riferii dell’incidente occorso al proprio padre, della frequentazione con maghi e cartomanti, di alcune circostanze relative al dottor Gian Eugenio Jacchia e all’incontro, nella farmacia di San Casciano, con Mario Spezi, il quale consigliò una visita dal già citato gastroenterologo F.N. di Foligno. Dopo alcuni giorni, si sarebbe incontrata con F.N. nella stessa farmacia. La sig.ra Simonetta Farci, invece, avrebbe riferito al pm Mignini in merito alle confidenze ricevute dalla nonna materna sarda e amica dei Vinci. Secondo il racconto della Farci, la nonna le avrebbe raccontato del musicista Ferrara che sarebbe stato cliente della Locci, che sarebbe stato implicato nei delitti e che sarebbe stato il padre biologico di Mario Spezi, considerando poi quest’ultimo un personaggio dei servizi segreti. Mario Spezi tramite il suo legale avv. Traversi depositò denuncia per calunnia. Franco Ferrara muore a Firenze il 7 settembre 1985.
La figura di Igor Markevitch è senza dubbio affascinante e proprio come quella di Giovanni Senzani, potrebbe essere considerata un punto di connessione tra diverse fazioni e interessi. Differenti schieramenti che potrebbero aver trovato una terra di mezzo, una sorta di camera di compensazione nel territorio fiorentino, sfruttata anche durante la guerra, in cui i servizi segreti anglofoni avrebbero potuto tessere reti, instaurare relazioni e orchestrare trame funzionali ai loro piani strategici. Negli anni Sessanta e Settanta, questi piani si sarebbero contrapposti, nello scacchiere mediterraneo, alle politiche morotee. La Gran Bretagna, fortemente interessata al controllo del Mare Nostrum, vedeva con preoccupazione l’autonomia strategica che Aldo Moro ed Enrico Mattei avevano sapientemente pianificato e avviato. La deterrenza nei confronti della politica di Moro, sostenuta dagli ambienti strategici britannici, rappresenta una delle componenti degli interessi che contribuirono alla realizzazione delle azioni legate alla strategia della tensione.
La comunità per minori.
Un aspetto suggestivo del caso Senzani riguarda il ruolo delle comunità per minori di matrice catto-comunista, un contesto che è stato più volte accostato anche alla vicenda dei mostri di Firenze, sollevando interrogativi sulle possibili connessioni. In particolare, si fa riferimento alla nota comunità per minori tra Vicchio e Dicomano (Firenze), citata nelle recenti dichiarazioni dell’ex legionario Giampiero Vigilanti, secondo il quale anche il medico perugino F.N. ne sarebbe stato frequentatore. Questi elementi emergono inoltre nelle dichiarazioni e nel memoriale di Domenico Maria Rizzuto, di cui si è tracciato un quadro prospettico nel già citato articolo “Il Centro Culturale G. Sarchiani45”.
Per quanto riguarda Senzani, si riscontra come lo stesso avrebbe frequentato per lavoro alcune comunità per minori a Genova e dintorni. La città genovese rappresenta una città chiave nella vita di Giovanni Senzani, poiché vi si sarebbe trasferito nel maggio del 1968, dopo aver lasciato il suo impiego presso l’INPS di Forlì. L’ingresso di Senzani nell’ambiente dei riformatori e delle comunità per minori si dovrebbe ad Andrea Canevaro. Mentre era recluso nella cella di punizione della caserma di Falconara per essersi presentato in ritardo alla leva militare, il futuro professor Canevaro conobbe Senzani in servizio di guardia, e nonostante questi avesse tentato di privarlo dei libri durante la detenzione, “una qualche alchimia finì per crearsi tra i due46”. Un incontro segnante per Senzani, secondo quanto scrive Sergio Luzzato: “prima dell’incontro con Canevaro, – avrebbe scherzato con una giornalista, di lì a un paio di anni – mi piaceva la stecca del biliardo al bar. – Dopo l’incontro gli piacquero cose ben diverse47”.
Il professor Canevaro aveva già avuto contatti con la comunità per minori genovese della nave-scuola Garaventa, un istituto particolarmente rigido, caratterizzato da regole paramilitari e sistemi di punizione severi. La durezza del regime disciplinare, unita forse alla presenza di abusi sommersi, avrebbe spinto molti minori affidati alla struttura a tentare ripetutamente la fuga. In seguito, ispirandosi agli esempi di Don Zeno di Nomadelfia e di Don Milani a Barbiana (Vicchio), Canevaro fondò la Comunità del Molo in vico Malatti n. 8 a Genova, insieme ad altri due ex scout come lui. A differenza delle esperienze rurali di Nomadelfia e Barbiana, la sua fu una comunità urbana, che riuscì a ottenere finanziamenti anche dal Ministero di Grazia e Giustizia, anche occupandosi della rieducazione dei ragazzi inviati alla Comunità dal Tribunale dei Minori di Milano. Secondo Beppe Battaglia, uno dei membri fondatori della Banda XXII ottobre, considerata la progenitrice delle Brigate Rosse, la Comunità del Molo era: “[…] una sorta di comune allargata anche ai minori in difficoltà. Ci vivevano diverse coppie di quelli che venivano definiti i cattolici del dissenso”.
Introdotto da Canevaro, Senzani avrebbe iniziato a lavorare presso la Comunità del Molo a Genova, per poi ampliare la sua attività a livello nazionale, come già accennato in precedenza, conducendo un’indagine su tutti gli istituti per minori con l’obiettivo di studiare le problematiche legate al disagio giovanile. Tra i primi istituti oggetto della sua ricerca vi fu la nave-scuola Garaventa, descritta da Senzani come una “comunità sadica”, dove molti minori, per sfuggire alle dure condizioni, si davano alla fuga attraversando gli angiporti e finendo spesso nelle mani “della Morena”, un noto travestito del quartiere nei pressi di via del Campo, zona resa celebre da Fabrizio De André. Qui, i minori avrebbero trovato rifugio, dormendo con il travestito e offrendo servizi in cambio di denaro.
Proprio nei caratteristici e malfamati vicoli genovesi, i caruggi, nel 2001 il dott. Michele Giuttari si sarebbe recato per eseguire due perquisizioni, a seguito di alcune lettere anonime. Durante le operazioni, sarebbero state rintracciate due donne, dal cui interrogatorio sarebbe emersa anche la frequenza dei vicoli a luci rosse da parte di Pietro Pacciani, alla fine degli anni Settanta e agli inizi degli Ottanta48.
Tornado alla nave-scuola-riformatorio Garaventa, anche Don Andrea Gallo, fu legato a questa esperienza in una prima fase, ma poi allontanato dalla Curia. Don Gallo ricordò il suo rapporto con Senzani con queste parole: “io e Giovanni eravamo come fratelli”. Nel frattempo l’indagine nazionale sui riformatori minorili condotta da Senzani ha generato, oltre al libro citato in precedenza49, un vivace dibattito che ha raggiunto anche il Senato. Lo stesso Senzani presenterà l’inchiesta alla Camera, affrontando il tema delle “comunità per minori sadiche” alla luce di un principio tipicamente sessantottino, che solleva dubbi su chi forma i formatori.
Successivamente Senzani si sarebbe spostato presso la Comunità-alloggio a Struppa (GE) che sarebbe anche questa stata convenzionata con il Ministero di Grazia e Giustizia, infine avrebbe collaborato con la Comunità Oregina in cui sarebbe stata presente sempre una matrice “catto-comunista”.
BR = Rote Armee Fraktion.
Con l’ampio materiale raccolto durante l’inchiesta sulla condizione dei minori negli istituti, Senzani realizzò un documentario impiegando immagini e registrazioni. In maniera analoga in Germania farà la stessa cosa Ulrike Meinhof realizzando il documentario “Bambule”, per denunciare la condizione delle ragazze negli istituti riformatori tedeschi. La stessa Meinhof darà vita alla Rote Armee Fraktion (RAF), nota giornalisticamente come la Banda Baader-Meinhof. Un parallelismo evidente, che oggi indica un copione condiviso, emerge dalle analogie tra il rapimento di Aldo Moro (BR) e quello del dirigente Hanns Martin Schleyer, rapito l’anno precedente in Germania dalla RAF. Con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, le similitudini nelle fasi operative – dalla tecnica del “cancelletto” alla gestione della propaganda e della prigionia – rappresentano un punto debole che mostra chiaramente l’evidenza degli stessi pattern. In sostanza, le BR e la RAF sembrano proprio il prodotto delle stesse dinamiche ideologiche e operative. Proprio Senzani, pur trovandosi in carcere, si dedicherà alla traduzione in italiano di “Bambule”.
A proposito della RAF, nel 2023 dr. parker osservava che il giornalista Nin Guarienti riceveva nel corso del 1988 messaggi anonimi minatori, caratterizzati da “una simbologia complicatissima”, in relazione al caso Ludwig. Tali messaggi potrebbero richiamare quelli inviati al giornalista Paolo Vagheggi più volte menzionati come possibilmente relati al caso dei mostri di Firenze e contenere allusioni addirittura alla stessa RAF.
Le logge delle basi NATO.
Approfondendo le possibili connessioni legate alla città di Genova, è fondamentale tornare su un altro personaggio: l’ex questore piduista Arrigo Molinari, assassinato nel 2005 in una “rapina finita male”. Nel 1986, Molinari avrebbe accusato Giovanni Senzani attraverso un appunto inviato al Ministero dell’Interno e alla DIGOS. In quel documento, l’ex questore avrebbe segnalato i movimenti genovesi del professor Senzani e ne avrebbe tracciato le frequentazioni. Parte delle informazioni di Molinari sarebbe derivata dalle confidenze di William Rosati, descritto come un “faccendiere massone legato alla P2”. Inoltre, sempre secondo Molinari, “Senzani era in realtà un personaggio del SISMI deviato di cui facevano parte anche Gelli e Pazienza”.
Molinari sosteneva inoltre che Rosati fosse solito frequentare una “potente loggia massonica nella sede NATO di Affi” o, più precisamente, che “apparteneva a due potenti logge massoniche controllate dagli americani: la prima aveva sede vicino a Tirrenia, in Toscana, e si riuniva all’albergo Astoria di Livorno, cui era affiliato anche un ufficiale della base NATO di Camp Darby; la seconda aveva invece sede ad Affi”.
La località di Tirrenia riemergerebbe anche in un articolo pubblicato su Paese Sera il 24 gennaio 1981. Il pezzo delineava uno scenario simile, titolando: “A Tirrenia covo di lusso del ricercato Senzani”. Secondo l’articolo, nel 1980 il professore avrebbe soggiornato “a Tirrenia (Pisa), in una villa vicina agli ex stabilimenti cinematografici Cosmopolitan”.
In questa prospettiva, si potrebbe considerare la dichiarazione del senatore Pellegrino, secondo cui Senzani avrebbe potuto essere parte di un apparato straniero in chiave atlantica. Questa ipotesi fu duramente contestata dallo stesso Senzani, tanto da indurre Pellegrino a modificare la relazione finale della Commissione d’Inchiesta. Tuttavia, pur non potendo provare un’appartenenza all’esercito occulto di matrice atlantista (Gladio), Pellegrino sarebbe rimasto comunque convinto della doppiezza del personaggio.
Non approfondiremo questo aspetto in questo testo, ma Senzani è citato anche in relazione a un possibile coinvolgimento nel sequestro Cirillo (per il quale secondo alcune fonti avrebbe possibilmente ricevuto 1400 milioni di lire dalla cifra del riscatto), nonché ai legami che deriverebbe dal caso citato con la Nuova camorra organizzata, il SISMI, il SISDE e il cosiddetto Anello, o Noto Servizio. Vale comunque la pena segnalare che Adalberto Titta, figura legata al Noto Servizio o Anello, coinvolto nel caso del rapimento Cirillo, possedeva una casa non solo a Colle Val d’Elsa, ma anche a Napoli, dove, secondo alcune fonti, “avrebbero frequentato ufficiali della base NATO di Bagnoli”.
L’arresto.
Giovanni Senzani viene arrestato il 9 gennaio 1982 al civico 38 di via Tor Sapienza, a Roma. Secondo alcune ipotesi, potrebbe essere stato scaricato da un servizio di intelligence estero, (possibilmente il Mossad), che fino a quel momento avrebbe sostenuto il movimento brigatista con fondi e armi, per poi decidere di interrompere il proprio appoggio, ritenendo conclusa la stagione della destabilizzazione. In questo senso si collocano le dichiarazioni di ex BR come Alfredo Bonavita e Alberto Franceschini, i quali raccontarono che i servizi segreti israeliani avrebbero offerto un significativo supporto in termini di armi e addestramento, in cambio di un’intensificazione delle azioni terroristiche. Particolarmente significativo è anche un episodio avvenuto durante il sequestro dell’ingegner Michele Mincuzzi, nel giugno del 1973: in quell’occasione, Mario Moretti fece appendere al petto del sequestrato un cartello recante la stella a sei punte (la Stella di David, simbolo di Israele) anziché la classica stella a cinque punte, emblema delle Brigate Rosse. Curiosa in questa direzione potrebbe essere l’analogia con i delitti dei mostri di Firenze, dove l’arma utilizzata per “firmare” i crimini fu una pistola calibro .22, notoriamente associata e precedentemente utilizzata dal servizio segreto israeliano. Mossad che era “abilmente riuscito nel passato ad avvicinare lo stesso Moretti.”
Il 18 dicembre 1985, il tribunale di Firenze condanna Senzani a 7 anni di reclusione. L’anno successivo, riceve una condanna all’ergastolo per l’omicidio di Roberto Peci. Nel 1999 ottiene la semilibertà e torna a Firenze, dove lavora presso la casa editrice Edizioni Dalla Battaglia. Successivamente, il 28 ottobre 2004, gli viene concessa la libertà condizionale, fino a essere completamente libero dal febbraio 2010.
Conclusioni.
Il nodo fiorentino emerge come un crocevia polifunzionale, in cui s’intrecciano interessi, relazioni con i servizi di intelligence internazionali e azioni sovversive. Questo intreccio complesso suggerisce che le attività dei gruppi estremisti non debbano essere considerate come atti isolati di terrorismo, ma come espressione di dinamiche di potere e alleanze strategiche che travalicano il mero campo dell’illegalità.
Giovanni Senzani, pur lasciando aperta la questione della sua eventuale appartenenza ai servizi segreti, incarna la figura dell’individuo “di frontiera”: colui che, operando in ambienti apparentemente inconciliabili, riesce a fare da ponte tra il mondo istituzionale e quello clandestino. La sua capacità di instaurare rapporti anche con la criminalità comune, come suggerito nel caso Cirillo, apre la possibilità al fatto che il nucleo ideologico delle Brigate Rosse all’epoca agisse non in modo autonomo, ma come strumento al servizio di interessi più ampi.
In questo contesto, si può ipotizzare l’esistenza di una strategia della tensione radicata nei rapporti geopolitici del Mediterraneo, in cui la linea politica di Aldo Moro e gli interessi anglofili si trovavano in contrasto. Seguendo questa prospettiva, dopo gli arresti della leadership originaria, l’organizzazione brigatista non sarebbe più stata una struttura isolata, bensì sarebbe stata segretamente cooptata come “braccio operativo” di una più ampia strategia di guerra psicologica.
Tale strategia avrebbe potuto utilizzare anche i mostri di Firenze non solo come strumento d’intimidazione, orchestrato dalla “mano destra” più che dalla “mano sinistra”, ma anche come mezzo per depistare le indagini della magistratura, rallentandone l’azione sia nei confronti del terrorismo brigatista sia in relazione ad altri episodi eversivi di matrice neofascista, come quelli legati all’Italicus e al Rapido 904.
Il mostro, in questa lettura, diventa così un meccanismo di destabilizzazione, volto a disorientare e delegittimare l’azione giudiziaria, contribuendo a creare un clima di confusione e sospetto. A sostegno di questa ipotesi vi è anche la misteriosa corrispondenza dell’Anonimo Fiorentino50, che fa riferimento a Gladio, al Rapido 904 e a numerosi altri episodi51, oltre alle opere letterarie di “Coniglio il martedì” del criminologo Aurelio Mattei e de “Il violinista verde” di Mario Spezi, i quali sembrano suggerire messaggi nascosti che vanno oltre agli eventi noti del caso criminale fiorentino.
Questa interpretazione si inserisce in un quadro più ampio in cui l’impiego di pratiche esoteriche, strumenti coercitivi abusanti e persino omicidi commissionati, potrebbe aver costituito una forma di controllo e manipolazione volta a consolidare un potere alternativo e occulto. Logge ermetiche ed esoteriche accompagnano infatti anche alcuni dei personaggi della comunità fiesolana. Riferimenti esoterici emergono anche nel caso del rapimento Moro, in particolare attraverso il celebre messaggio di via Gradoli. Tale messaggio potrebbe essere interpretato come “Grado – LI”, ovvero grado 51 con i numeri romani. In un raro testo francese del 1870, “Le mystères de l’horoscope”, viene rivelato che il grado LI corrisponda al “Maître du Glaive – il Signore del Gladio” all’interno del cerchio della Rosa+Croce. Di “Gran Signore” parlerà anche un articolo contenuto nel secondo numero della citata rivista dell’Autonomia “Metropoli”. In particolare, nell’articolo “L’Oroscopone” si racconta di una seduta con la cartomante Ester, impegnata a decifrare il destino dei “grandi capi” detenuti: “i capi dell’Autonomia, che non sono i veri capi, debbono uscire dal carcere entro due anni oppure si dovrà affrontare il capitolo del Gran Signore […]”.
È possibile che una componente esoterica di Gladio non sia, fino ad oggi, mai emersa? È possibile che questa componente esoterica sia stata utilizzata come strumento per il mantenimento del segreto dei segreti ovvero della rete stessa, oltre che come mezzo per la compartimentazione della rete stay-behind verso l’interno cioè nei confronti degli appartenenti? Sono solo domande.
In questo scenario, Firenze non rappresenta semplicemente uno sfondo geografico, ma diventa una protagonista attiva nella definizione delle strategie operative dei gruppi sovversivi. La città, con la sua storia, il suo tessuto culturale e la presenza di forze occulte anglofile, appare come il laboratorio in cui si sono mescolate pratiche esoteriche e manipolazioni informative e psicologiche. Un possibile laboratorio di devianze in chiave di guerra non ortodossa.
In sintesi, l’analisi del nodo fiorentino mostra che dietro ad eventi criminali apparentemente isolati si possono nascondere strategie di potere e meccanismi di controllo operanti al di fuori dei tradizionali schemi istituzionali legittimi.
Luca Pingitore, Franz Grumbach, dr. parker
Il titolo “the master of San Casciano” può essere tradotto sia come i signori di San Casciano sia come il capo di San Casciano. La scelta di questo titolo ambivalente è intenzionale.
hanno pubblicato su the master of San Casciano:
(in ordine di pubblicazione)
Sandro Sainati
dott. Claudio Costa
dott. Leslie Hammond
dott. Jacopo Cioni
Luca Pingitore
dott.ssa Tiziana Portera
dott. Stefano Lodi
dott. Carlo Palego
Aldo Villagrossi Crotti
Franz Grumbach
È possibile inviare articoli di ricerca sul caso (saranno soggetti a valutazione prima della pubblicazione). Il sito, la disgraziata pagina facebook ed il canale youtube dr. parker, non sono monetizzati per una precisa scelta etica.
nei numeri precedenti di the master of San Casciano:
n.25 “enigma Corsini remaster” dott. Claudio Costa
n.24 “O9A – Ordine dei Nove Angoli” Aldo Villagrossi Crotti
n.23 “Gladio e il mostro, un’analisi dei pattern ricorrenti” dott. Carlo Palego e dr. parker
n.22 “Il violinista verde” dr. parker
n.21 “Il catalogatore, dal Vietnam a San Casciano” dott.ssa Tiziana Portera e dott. Stefano Lodi
n.20 boots on the ground: “il Centro Culturale G. Sarchiani” Luca Pingitore e dr. parker – “Alberto Bevilacqua e le Officine Grafiche Stianti” Sandro Sainati
n.19 one step closer: “Miller o Millen” – “il farmacista di San Casciano” – “le lettere di Vanni” – “la villa del mugello” – “il gruppo fiorentino” dr. parker
n.18 “Santo Giovanni” Jacopo Cioni e dr. parker – “l’opera del mostro prosegue indisturbata: the monster of SanCa evolution” Leslie Hammond
n.17 “cut’n paste job” Leslie Hammond e dr. parker
n.16 “10 domande a Flanz Vinci” dr. parker
n.15 “una proposta storiografica sullo studio del caso del mostro” dr. parker
n.14 “la Chicago Ripper Crew” dr. parker
n.13 “enigma Corsini” dottor Claudio Costa
n.12 “postfascismo e neofascismo a Perugia” dr. parker
n.11 “il Santo non Santo” dr. parker
n.10 “Italia misteriosa di Giorgio Medail” dr. parker
n.9 “sulla necessità di una Associazione Familiari delle Vittime dei mostri di Firenze” dr. parker
n.8 “esoterismo e coincidenze: decoding of Voci Notturne” Sandro Sainati – “Nocturnus voces” dr. parker
n.7 “lo spot nella VHS Anna” dr. parker – “siamo Donne e Uomini o mostrologi?” dr. parker
n.6 “dico solo Angelo Izzo” dr. parker
n.5 “lo spirito legionario” dr. parker
n.4 “il fratello di JB era presente in Liguria?” dr. parker
n.3 “Genova connection” dr. parker
n.2 “come un film, apparentemente banale, può aver ispirato Zodiac Killer” dr. parker
n.1 “i muti murders o ritual murders” dr. parker – “una possibile connessione tra i safari africani e il mostro di Firenze” dr. parker
n. zero2 “Il quadrilatero nella Calvana pedemontana sul versante di Prato e Calenzano” dr. parker – “il traffico di droghe da e verso gli Stati Uniti” dr. parker
n. zero1 “i campi paramilitari dell’eversione di destra negli anni ‘70” dr. parker
tutti gli articoli sono ospitati a questo link:
https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
“il contesto è tutto” Marco Montemagno
1 doctor.parker20@gmail.com
2 Tesi di laurea dal titolo “L’interposizione delle prestazioni di lavoro”, relatore prof. Federico Mancini, voto 99/110.
3 Cristopher Shores & Giovanni Massimello, “A History of the Mediterranean Air War 1940-1945”, Vol. III, Grub Street, 2016.
4 Luciano Bellucci, nato a Roma 12 dicembre 1939 e deceduto nel 2016. Vedi “Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia P2, IX Legislatura, Serie II, Vol. III, Tomo XIX, 1984”.
5 Ibid.
6 Elena Di Giovacchino, “Il mistero Senzani”, Il Fatto Quotidiano Blog, 6 Novembre 2010.
7 Sergio Luzzato, “Dolore e Furore”, Einaudi, 2023.
8 Giuseppe De Lutiis, “Il golpe di via Fani”, Sperling & Kupfer, 2007.
9 Alla memoria del prof. Franco Ferracuti e del misterioso colonello Alberto Mario Corsi, risulterà dedicato lo strano libro di Aurelio Mattei, “Coniglio il martedi”, Sperling & Kupfer, 1993. Una recensione è disponibile qui: https://doctor-parker.blogspot.com/2020/08/coniglio-il-martedi-aurelio-mattei.html
10 Al processo per la strage di Bologna il 3 giugno 1987.
11 La località del Lago della Duchessa, situata nell’Appennino tra Lazio e Abruzzo, è stata al centro della vicenda legata al falso comunicato delle Brigate Rosse durante il sequestro di Aldo Moro. Questo comunicato annunciava falsamente la morte dell’onorevole Moro, indicando il lago come luogo di occultamento del corpo. L’operazione è considerata una psyop (operazione psicologica) mirata sia a preparare l’opinione pubblica all’eventualità della morte di Moro, sia a inviare un messaggio alle stesse Brigate Rosse, influenzandone le decisioni.
12 Per un approfondimento si veda l’articolo di dr. parker “I campi paramilitari dell’eversione di destra negli anni ‘70”, disponibile al seguente link: https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
13 Marcello Altamura, “Il professore dei misteri”, Ponte alle Grazie, 2019.
14 “L’esclusione anticipata: rapporto da 118 case di rieducazione per minorenni”, Jaca Book, 1970.
15 Il ruolo di Giovanni Senzani come collaboratore in veste di criminologo in ambiti istituzionali è stato a lungo negato dallo Stato. Tuttavia, in un’intervista rilasciata a Panorama il 29 gennaio 2014, è lo stesso Senzani a confermarlo. Inoltre, un documento declassificato nel 2013 fornisce una prova concreta del suo rapporto di collaborazione con il Ministero di Grazia e Giustizia.
16 Giuseppe De Lutiis, Op. cit.
17 Pippo Delbono e Giovanni Senzani, “Sangue”, Edizioni Clichy, 2014.
18 Ugo Baduel, “Manicomi e carceri nella società di oggi”, “l’Unità”, 15 settembre 1973; e ID. “Il ruolo del movimento operaio per un’alternativa ai ghetti sociali”, ivi, 16 settembre 1973.
19 Sergio Luzzato, Op. cit.
20 Sergio Flamigni, “Il covo di stato e la prigione fantasma”, Kaos edizioni, 2016.
21 Giorgio Sgherri, “l’Unità” del 7 marzo 1982.
22 Cfr. Audizione della Commissione Stragi del 21 marzo 2000.
23 Per approfondire le connessioni tra Mario Spezi e Orsola Stampa si rimanda all’articolo “il violinista verde”, dr. parker, 24 gennaio 2025, disponibile al seguente link: https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
24 Del Superclan dirà Franceschini che tutti gli appartenenti pensavano di “infiltrare tutti i gruppi della sinistra e della destra per poi orientali in un certo modo. Loro comunque operarono in Italia fino al 1973-1974, poi sciolsero questa organizzazione e se ne andarono a Parigi dove aprirono l’Hyperion”. Durante il sequestro Moro, una succursale romana della scuola di lingue parigina sarebbe stata aperta a Roma in via Angelico.
25 M. Altamura, Op. cit.
26 G. Fasanella G. Rocca, “La storia di Igor Markevic”, Chiarelettere, 2014.
27 Luca Pingitore e dr. parker, “Il Centro Culturale G. Sarchiani” disponibile al seguente link: https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
28 Carbonaro A., Lumachi F. (1962), “Giovani in provincia”, Firenze, La Nuova Italia.
29 Prospero Gallinari, “Un contadino nella metropoli”, Bompiani, 2006.
30 L’UCIGOS (acronimo di Ufficio Centrale per le Investigazioni Generali e le Operazioni Speciali) era una struttura della Polizia di Stato, operativa fino al 2012.
31 G. Fasanella G. Rocca, Op. cit.
32 Stefano Brogioni, “Il mostro nero”, Intermedia Edizioni, 2021.
33 Cfr. “La peggio gioventù”, Rizzoli, 2004.
34 Cfr. “La ghirlanda fiorentina”, Adelphi, 2014.
35 I Caetani, proprietari a Roma del Palazzo Caetani, nei pressi del quale fu ritrovata la Renault con il corpo senza vita di Aldo Moro. Il palazzo avrebbe avuto un mini-appartamento nascosto, utilizzato durante la guerra. Secondo alcune ipotesi, proprio in quel appartamento segreto, Moro potrebbe essere transitato durante la sua prigionia. Degno di nota che Topazia Cateani avrebbe fatto conoscere a Markevitch “Il paradiso perduto” di Milton.
36 Gero Grassi, “Aldo Moro: la verità negata”, Csl Pegasus Edizioni, 2021.
37 Il Psychological Warfare Branch (PWB) era una divisione incaricata della guerra psicologica e della propaganda contro le forze dell’Asse. Dopo il conflitto, parte dei suoi membri e delle sue attività potrebbero essere confluite in strutture segrete.
38 Valerio Riva, “Oro da Mosca: i finanziamenti sovietici al PCI dalla Rivoluzione d’Ottobre al crollo dell’URSS”, Mondadori, 2002.
39 Georges Ivanovič Gurdjieff (1866-1949) è stato un filosofo e maestro spirituale. La sua dottrina, conosciuta come il Quarto Cammino, combina elementi di esoterismo, sufismo, buddismo e cristianesimo.
40 Sergio Romano, “I volti della storia”, Rizzoli, 2001.
41 La Banda dei Quattro Santi rappresentava uno dei sottogruppi all’interno della Banda Carità, un’unità operativa della Repubblica Sociale Italiana, nata a Firenze a partire dal 1943, diretta da Mario Carità. Questo sotto-gruppo, composto da Natale Cardini, Valerio Menichetti, Luciano Sestini e Arnolfo Natali, faceva parte del Reparto Servizi Speciali (RSS), una struttura organizzata con l’obiettivo di eliminare la resistenza e intimidire gli oppositori del regime. I “Quattro Santi”, insieme agli altri reparti – come la “squadra degli assassini” e quella della “labbrata” – operavano con estrema brutalità, ricorrendo a metodi di tortura e repressione.
42 l’Office of Strategic Services era un servizio segreto statunitense operante nel periodo della seconda guerra mondiale. Fu il precursore della CIA.
43 G. Fasanella G. Rocca, Op. cit.
44 In merito agli strani riferimenti a San Giovanni fatti nel libro “Il sospetto” di Laura Grimaldi, Mondadori, 1988, si veda l’articolo di Jacopo Cioni e dr. parker “Santo Giovanni” disponibile al seguente link: https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
45 Luca Pingitore e dr. parker, “Il Centro Culturale G. Sarchiani” disponibile al seguente link: https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
46 S. Luzzato, Op. cit.
47 S. Luzzato, Op. cit.
48 Si veda l’articolo di dr. parker “Genova connection” disponibile al seguente link: https://doctor-parker.blogspot.com/p/dr.html
49 “L’esclusione anticipata: rapporto da 118 case di rieducazione per minorenni”, Jaca Book, 1970.
50 L’Anonimo Fiorentino è una figura emersa durante le indagini sul mostro di Firenze nei primi anni Novanta. Attraverso lettere anonime inviate a giornali e autorità, difese l’innocenza di Pietro Pacciani e criticò l’operato degli inquirenti, dimostrando una conoscenza approfondita del caso. La sua identità resta ignota, tra le ipotesi avanzate figurano: un inquirente, il mostro di Firenze stesso o un semplice cittadino. Tuttavia, nessuna teoria è stata confermata.
51 Si veda una delle tre lettere dell’Anonimo Fiorentino del 5 marzo 1992 spedita al pm Pier Luigi Vigna.